dichiarazioni, immissione in libero pratica, importazioni, inversione contabile, autofatturazione
Tale ragione è da, individuare nella inesistenza del soggetto importatore cioè la BLS e nella complessiva fittizietà dell’intera operazione di reverse charge finalizzata solo dA esclusivamente ad evadere l'IVA da importazione extracomunitaria. In effetti il primo giudice indica tutta una serie di elementi di fatto a cui ha agganciato il proprio convincimento in adesione alla tesi dell'Agenzia delle Dogane. [...] • In sostanza la competenza dell'Agenzia delle Dogane riposa sulla fittizietà dell'intera operazione di importazione inficiata dall’intento di frodare la legge tramite il sistema del reverse charge da cui discende, senza alcuna soluzione di continuità, l'indagine dell'Agenzia medesima sull'attività fideiussoria del garante italiano, cioè la BECOSPED. Se è vero infatti che l'IVA all'importazione va versata per effetto ed in occasione di ciascuna importazione al momento dell'accettazione della dichiarazione in dogana ed il relativo obbligo incombe sul dichiarante o sul suo rappresentante, nel caso in oggetto è accertato che le autofatture siano state emesse proprio dall’appellante, dunque con assoluta consapevolezza della responsabilità che si assumeva con tale attività sostitutiva/fideiussoria.[...]
dichiarazioni, immissione in libero pratica, importazioni, dichiarazione di importazione, inversione contabile, autofatturazione
Tale ragione è da individuare nella inesistenza del soggetto importatore cioè la BLS e nella complessiva fittizietà dell'intera operazione di reverse charge finalizzata solo ed esclusivamente ad evadere l'IVA da ortazione extracomunitaria. In effetti il primo giudice indica tutta una serie di elementi di fatto a cui ha agganciato il proprio convincimento in adesione alla tesi dell'Agenzia delle Dogane. [...] • In sostanza la competenza dell'Agenzia delle Dogane riposa sulla fittizietà” dell'intera operazione di importazione inficiata dall’intento di frodare la legge tramite il sistema del reverse charge da cui discende, senza alcuna soluzione di continuità, l'indagine dell'Agenzia medesima sull'attività fideiussoria del garante italiano, cioè la B S.R.L.. Se è vero infatti che l'IVA all'importazione va versata per effetto ed in occasione di ciascuna importazione al momento dell’accettazione della dichiarazione in dogana ed il relativo obbligo incombe sul dichiarante o sul suo rappresentante, nel caso in oggetto è accertato che le autofatture siano state emesse proprio dall’appellante, dunque con assoluta consapevolezza della responsabilità che si assumeva con tale attività sostitutiva/fideiussoria.[...]
fattura, contratto, clausola contrattuale, cessioni intracomunitarie, amministrazione finanziaria, cessioni non imponibili, non soggetti passivi, fornitore, prezzo di vendita, soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato, liquidazione, regime fiscale, anni successivi, veicoli
In merito alla questione dell'applicabilità del regime di non imponibilità ex art. 41 D.L. 331/93, alle operazioni poste in essere dalla ricorrente la stessa ha prodotto documentazione in lingua straniera al fine di dimostrare di aver stipulato contratti unitari d'appalto con soggetti esteri per i quali è richiesta ad essa fornitrice del prodotto finito di realizzare anche lo stampo necessario a produrlo, differendo alla cessazione del rapporto contrattuale la restituzione o la distruzione dello stampo e che tali contratti prevedono, conformemente alle prassi aziendali, che la fornitura di singoli pezzi di ricambio prosegua per 15 anni oltre la cessazione della produzione delle vetture. La documentazione prodotta in lingua straniera, sin dalle fasi dell'accertamento, è stata utilizzata e discussa dall'Ufficio per prendere le proprie determinazioni in sede di accertamento e nel formulare le proprie deduzioni nel presente giudizio. [...] • Aderendo al principio stabilito anche dalla Suprema Corte secondo il quale l'obbligatorietà dell'uso della lingua italiana - previsto dall' art. 122 c.p.c. - si riferisce agli atti processuali in senso proprio e non anche ai documenti prodotti dalle parti, la commissione acquisendo la produzione ha ritenuto di non esercitare la facoltà (tale essendo definita dalla Suprema Corte s 6093/2013 ) prevista dall' art. 123 c.p.c. di nominare un consulente che traducesse i suddetti ritenendo di non violare i diritti dell'ufficio resistente, il quale ha dimostrato di averne già piena conoscenza. La mancata nomina di un ctu se da un lato ha evitato il prolungarsi della fase istruttoria con aggravio di spese per le parti, ha allungato i tempi della fase decisoria essendo stato necessario riservarsi per poter esaminare nel dettaglio e comprendere il senso della copiosa documentazione non redatta in lingua italiana. Tanto premesso sulla scorta della documentazione prodotta può ritenersi che, come del resto concordemente riconosciuto da entrambe le parti, i contratti stipulati dalla società ricorrente con i clienti esteri sono contratti misti che prevedono sia la realizzazione per conto del committente dello strumento produttivo (lo stampo) sia l'utilizzo dello stesso da parte del produttore per la realizzazione di beni destinati ad essere inviati in altro Stato membro ovvero in territorio extracomunitario. Occorre dunque verificare se ricorrano le condizioni invocate dall'ufficio affinché le operazioni poste in essere dalla ricorrente siano assimilabili ad un'operazione assimilata ad una cessione intracomunitaria, ovverosia: a) tra il committente e l'operatore nazionale venga stipulato un unico contratto di appalto avente ad oggetto sia la realizzazione dello stampo sia la fornitura dei beni che con esso si producono; b) lo stampo, a fine lavorazione, venga inviato nell'altro Paese comunitario, a meno che, in conseguenza dell'ordinario processo di produzione o per accordi contrattuali, sia distrutto o sia divenuto ormai inservibile. In merito al primo requisito che la di ricorrente fa discendere da una propria circolare, richiamata invero dalla Suprema Corte nel decidere analoga fattispecie, osserva la Commissione come la suddetta circolare non possa essere considerata fonte normativa pur essendo facilmente rinvenibile il logico fondamento del requisito individuato dall'agenzia delle Entrate: intanto sarà possibile far rientrare le operazioni poste in essere dalla ricorrente nel più favorevole regime di esenzione delle cessioni intracomunitarie in quando le singole operazioni sottoposte a verifica siano poste in essere ciascuna in esecuzione di un unico e unitario accordo tra le parti avente ad oggetto sia la realizzazione dello stampo sia la fornitura dei beni che con esso si producono. [...] • Unitarietà che emerge dalla suddetta documentazione laddove è prevista sia la realizzazione dello stampo su indicazione del cliente estero che la realizzazione dei ricambi in base a tale stampo realizzato. [...] • Ritenuto pertanto soddisfatto il primo requisito va ribadito che come insegna la suprema Corte di cassazione il materiale trasferimento del bene oggetto della cessione nel territorio del diverso Stato membro, integra... elemento costitutivo del diritto del soggetto nazionale cedente a sottrarre la operazione alla liquidazione ed al pagamento della imposta nello Stato ed in difetto di tale elemento la operazione di cessione resa a favore di soggetto comunitario si intende effettuata nel territorio nazionale, con conseguente applicazione del regime fiscale ordinario. Allorquando, come nel caso sottoposto al vaglio della Commissione, si tratta di beni ad utilizzo ripetuto necessari all'adempimento di un contratto di fornitura, posto che non è in questione nel presente giudizio l'immediata fatturazione del corrispettivo relativo alla costruzione ed alla cessione dello stampo va affrontata la questione della mancata immediata consegna al committente dello stampo in quanto bene destinato ad essere impiegato nella fabbricazione del diverso prodotto finito oggetto del contratto di fornitura e in particolare va verificato se nei contratti è previsto il presupposto del"materiale trasferimento nel territorio dell'altro Stato membro" dello stampo, o l'ipotesi che lo stampo venga"consumato" o"distrutto" in conseguenza del processo di lavorazione del prodotti finito ovvero in esito all'esecuzione, se e per quali contratti l'obbligo è divenuto attuale e se e per quali contratti è stato effettivamente adempiuto. [...] • In tutti i suddetti contratti, in forza delle condizioni generali richiamate dalle award letters e dalle nomination letters è poi previsto l'obbligo di conservazione dello stampo per i quindici anni successivi alla cessazione della produzione dei veicoli cui afferiscono con obbligo di restituzione al committente solo allo scadere di tale data. Ne discende la fondatezza del ricorso e della pretesa della ricorrente di vedersi applicato il regime di non imponibilità Iva previsto art. 41 D.L. 331/93, limitatamente alle fatture sopra indicate. [...] • La mera produzione di una mail che non attesta con certezza la provenienza e la volontà delle parti non può essere ritenuta, ad avviso della Commissione sufficiente a di escludere il difetto di coincidenza evidenziato dall'ufficio e pertanto sul punto il ricorso va rigettato. La parziale soccombenza reciproca e la novità e complessità delle questioni trattate che hanno visto contrasti giurisprudenziali tra pronunzie di merito e della Suprema Corte giustificano la compensazione delle spese di lite.[...]
Va premesso che la effettiva movimentazione del bene dall'Italia a un altro stato membro, indipendentemente dal fatto che il trasporto avvenga a cura del cedente, del cessionario o di terzi per loro conto, è presupposto indefettibile della non imponibilità ex art. 41.1 del D.L. 331/93. L'onere della prova del diritto ad una deroga o esenzione fiscale grava su colui che la richiede secondo il principio generale di cui all' art. 2697 C.c. Ergo il cedente è tenuto a fornire prova dell'effettiva movimentazione del bene, con partenza dall'Italia e arrivo in uno Stato membro, qualunque siano le modalità del trasporto e spedizione utilizzati. [...] • L'invio dei beni in altro Stato dell'Unione europea è elemento costitutivo della fattispecie esentativa, in assenza del quale non può considerarsi legittima l'emissione di una fattura senza applicazione dell'imposta. Quindi il soggetto che effettua una cessione comunitaria deve"acquisire indugio le prove (...) ritenute valide a dimostrare una cessione intracomunitaria, appena la prassi commerciale lo renda possibile" (così anche Cass. n. 12964/2013, 1670/2013, 20575/2011, 3603/2009 ). [...] • Contrariamente a quanto sostenuto dalla CTP, non è verosimile che pagamenti di ingente importo fossero sempre effettuati in contanti, al mercato ortofrutticolo da parte dell'autista della ditta estera acquirente oppure dall'incaricato in mercato della ditta stessa. Non rientra nella normale nonché diligente prassi commerciale che i clienti esteri affidino i soldi agli autisti, di cui non sono note le generalità e le cui firme sui documenti sono quasi sempre illeggibili. Nella prassi commerciale con clienti esteri, invece è uso che prima arrivi il pagamento, generalmente tramite bonifico, poi la merce. Non si effettua, insomma, un trasporto se non vi è un immediato e"visibile", nonché"certo", riscontro del pagamento. Ciò anche in considerazione delle pesantissime sanzioni previste per limitare l'uso del contante ( Cass. 15583/11 ). [...] • Le autodichiarazioni devono essere oggetto di prudente apprezzamento ( Cass. 22874/05 e 21757/05 ): infatti è"elemento di forte spessore indiziario e presuntivo" che comprova che la prestazione non è stata effettivamente resa, che il fatturante sia sfornito della minima dotazione personale e strumentale per eseguire la prestazione, che nel caso esaminato consisterebbe in idonea cella frigorifera.[...]
Pubblico Ufficiale, termine di decadenza, prescrizione, reato, atto della presentazione della dichiarazione, operazioni imponibili, rimborso, valore normale, pagamento dell’imposta, prezzo di vendita, diritto alla detrazione, soggetto passivo, fatture oggettivamente inesistenti, contabilità, rivendita, amministrazione finanziaria, dichiarazioni, fatture passive, veicoli, contenuto delle fatture, applicazione dell'imposta, triangolazione, fattura
Non rappresenta così un onere a carico del Pubblico Ufficiale la valutazione se il reato fosse o meno prescritto oppure che i fatti individuati dalle indagini potessero non essere ritenuti dal giudice penale reati perseguibili. Dovendo, come sostiene anche il giudice di prime cure, il Pubblico Ufficiale addetto alle verifiche fiscali presentare la denuncia penale prontamente, al primo indizio di reato finanziario, questi non era autorizzato o legittimato ad attendere di presentare la denuncia fino a quando lo ritenesse opportuno, onde evitare una qualsiasi prescrizione del reato tributario. [...] • Questi elementi, anche in assenza materiale dell'avvenuta denuncia penale, avrebbero dovuto convincere il giudice di prime cure dell’esistenza, anche presunta, di un reato fiscale, con obbligo, quindi, dell’immediata denuncia penale. [...] • Procedendo quell’obbligatorio adempimento si veniva a raddoppiare i termini per eseguire un completo accertamento e notificare il relativo avviso. La Corte Costituzionale con la sentenza n. 247/2011, richiamata dallo stesso giudice di primo grado, ha sentenziato come il detto termine di decadenza per l’accertamento dovesse considerarsi a tutti gli effetti raddoppiato per permettere all’ Amministrazione finanziaria di considerare in toto le risultanze delle indagini e contestare le eventuali violazioni alle norme fiscali. Stante la non preminenza del giudizio penale sul giudizio tributario, ogni decisione del giudice penale non può influire più di tanto sul processo tributario, non è possibile, perciò, condividere le argomentazioni della sentenza di primo grado sui termini penali influenzanti i termini fiscali. [...] • Le ipotesi portavano a ritenere che o l’unico socio della EC srl, in mancanza di dipendenti, provvedesse personalmente al trasporto dalla Germania all’Italia, dopo averle acquistate colà, oppure con delegazione ad uno o più trasportatori alla presa dei veicoli in Germania, acquistati dalla EC srl, onde trasportarli alla sede italiana dell’EC srl, oppure, a seguito dell’ordine del legale rappresentante di quest’ultima, direttamente presso l’acquirente, se questi avesse già corrisposto il pagamento o parte dello stesso. [...] • Questa verifica ha portato alla evidenziazione della metodologia utilizzata dal cedente e da questo cessionario per poter usufruire dell’importazione privilegiata intra- comunitaria, con acquisto a prezzi favorevoli in Germania, senza applicazione dell'imposta IVA e successiva rivendita, da parte dell’acquirente, ad un prezzo comprendente il recupero del costo dell’acquisto, maggiorato ma sempre inferiore ai prezzi praticati in Italia. In tal modo la Società venditrice, non versando l’IVA acquisita per ogni vendita, poteva contare su un guadagno assicurato. [...] • Questa triangolazione fra ditta venditrice, ditta acquirente e ditta ricevente, porta a ritenere che la EC srl italiana non avesse acquistato direttamente il Germania l’autovettura ma che la stessa fosse stata acquistata dalla sua gemella tedesca e poi rivenduta alla stessa società italiana, che a sua volta l’aveva rivenduta alla ricorrente. Questa circostanza consentiva all’Ufficio di presumere che l’ Autosalone o fosse coinvolto in un giro di affari non corretto. [...] • O per lucrare sull’imposta IVA ricevuta formalmente dalla acquirente senza però versarla all’ Amministrazione finanziaria dello Stato italiano. [...] • Inoltre, trattandosi di autovetture usate, acquistate in Germania, il valore commerciale delle stesse è notoriamente dipendente dallo stato materiale e visivo delle stesse, in, dipendenza dei chilometri percorsi. [...] • Circa la conoscenza di quella triangolazione di interessi non leciti, non si ritiene accoglibile la giustificativa dei ricorrenti circa la loro buona fede e per l'impossibilità di conoscere i mancati versamenti dell’imposta IVA da parte della venditrice formale delle auto.[...]
cessioni di beni, presupposto essenziale, amministrazione finanziaria, contribuente, Paese di origine, soggetto passivo, cessioni intracomunitarie, regime Iva intracomunitario, applicazione dell'imposta, numero di identificazione attribuito, Comunità economica europea, ragione sociale, funzionario, documenti di trasporto, irrogazione delle sanzioni, imprenditore
La circostanza che la merce sia stata consegnata e pagata non ha rilievo dirimente sulla fondatezza della contestazione del compimento di operazioni commerciali intracomunitaria in violazione dei principi in materia di IVA, ove sia acclarata la mancanza della soggettività passiva a fini IVA del soggetto contraente di altro Stato comunitario. [...] • A fronte di tale evenienza, la societa contribuente avrebbe dovuto provare che le sue controparti rivestivano la qualita di soggetti passivi a fini IVA, onere che non ha in alcun modo assolto, continuando anche con l’atto di appello ad affermare la sufficienza ai fini che ne occupa dell’effettività delle transazioni, perché la merce era stata consegnata e il relativo prezzo pagato. In presenza di cessioni di beni, infatti, l’ art. 41 del D.L. n. 331/1993 prevede che dette operazioni divengono non imponibili, per il cedente, nel paese di origine, ed imponibili in capo al cessionario (soggetto passivo) nel paese di destinazione se soddisfano determinati requisiti oggettivi e soggettivi. Sotto il profilo del presupposto soggettivo della deroga al regime generale d’imposizione viene in rilievo la soggettività passiva IVA dell’acquirente dell’altro stato UE. Tale requisito concorre ad integrare la fattispecie derogatoria, unitamente al requisito oggettivo dell’effettività della transazione, con la conseguenza che entrambi devono essere presenti nella fattispecie concreta per poter essere integrato il particolare regime impositivo suindicato. Trattandosi di regime di non imponibilità, o regime di tassazione “a destinazione”, di carattere eccezionale rispetto alla regola generale, grava sul cedente l’onere di provare la sussistenza dei presupposti per la sua applicazione. Con la conseguenza che l'onere probatorio è così ripartito: |’ Amministrazione finanziaria deve fornire gli elementi in base ai quali è legittimo ritenere l’operazione imponibile e, quindi, recuperare l’Iva non applicata; il contribuente deve dimostrare l’esistenza dei presupposti per beneficiare di tale agevolazione. La conseguenza della mancata dimostrazione, come nel caso della ZG G srl, determina la legittima riqualificazione della cessione come operazione imponibile nello stato di origine dei beni. Tali principi sono stati affermati anche di recente dalla Corte di Cassazione nell’arresto n. 15871 del 2016, secondo il quale “In tema d'IVA, le cessioni intracomunitarie, a norma dell' art. 50, commi 1 e 2 del d.l. n. 331 del 1993, conv. in l. n. 427 del 1993, sono effettuate senza applicazione d'imposta nei confronti dei cessionari e dei committenti che abbiano comunicato il numero d'identificazione attribuito dallo Stato di appartenenza a condizione che il soggetto attivo dello scambio dia impulso ad una apposita procedura di verifica, richiedendo al Ministero la conferma della validità attuale del numero d'identificazione attribuito al cessionario; in assenza di tali adempimenti, legittimamente l'Ufficio finanziario può ritenere che lo scambio abbia carattere nazionale e procedere al recupero dell'IVA, restando onere del contribuente provare la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano la deroga al normale regime impositivo” (conf. a Cass. 3603 del 2009 ). I presupposti di fatto indicati dalla sentenza di legittimità sopra evidenziata, non attengono, come pretende la società contribuente, al riscontro dell’effettività della transazione, quanto piuttosto alla verifica, non solo della realizzazione della vendita, ma anche della sussistenza della soggettività passiva ai fini IVA dei soggetti appartenenti ad altri Stati U.E. con cui, di volta in volta, si conclude una vendita, costituendo questo uno dei due presupposti indefettibili e concorrenti per poter applicare il regime Iva intracomunitario.[...]
Contribuente, avviso di ricevimento, censura, richiesta di rimborso, dichiarazione annuale, cessioni all'esportazione, cessioni di navi adibite alla navigazione in alto mare, attività commerciali, prestazioni di servizi, immobilizzazioni, regime fiscale, rimborso dell’imposta
Le modalità di (asserita) consegna all’Ufficio della sentenza qui appellata non sono conformi a quelle previste dalla normativa vigente per far decorrere il termine “breve” per l’appello. Invero, l’art. 16, comma 3, stabilisce che le notificazioni possono essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell'atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento, sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell'atto, ovvero all'ufficio del Ministero delle finanze ed all' ente locale mediante consegna dell'atto all'impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia. [...] • Pertanto è evidente che la consegna delle due sentenze effettuata a corredo delle richieste di rimborso IVA, cioè di domande totalmente avulse dall’oggetto del giudizio, non ha forma né sostanza equiparabile al procedimento notificatorio finalizzato alla conoscenza legale della sentenza nell’ambito del giudizio. [...] • L’ art. 8 bis della L. 172/2003 stabilisce, per quanto qui interessa, che sono assimilate alle cessioni all'esportazione, se non comprese nell'articolo 8: a) le cessioni di navi adibite alla navigazione in alto mare e destinate all'esercizio di attività commerciali; e) le prestazioni di servizi...relativi alla costruzione...delle navi di cui alla lettera a). [...] • Sotto questo punto di vista la sentenza di primo grado è condivisibile nella parte in cui motiva come la predetta norma faccia riferimento anche all’attività di costruzione, cioè prima del varo, quando l’effettiva destinazione e il concreto utilizzo sono solo potenziali. [...] • In più, che la (non contestata) risoluzione del contratto, anche in caso di imposizione, avrebbe in ogni caso imposto l’emissione di note di accredito a storno dei precedenti acconti che, di fatto, avrebbe comportato l’annullamento dell'IVA addebitata in precedenza, tanto che anche l'Ufficio concordava nel ritenere che, in quell’ipotesi, la T avrebbe avuto diritto al rimborso dell’imposta eventualmente versata. [...] • È noto che la materia del cd. comportamento “abusivo/elusivo” è regolata dall’art. 10 bis dello Statuto del contribuente ( L. 212/2000 ) che, disciplinando con efficacia interpretativa l’abuso del diritto, al comma 6 stabilisce che “...l’abuso del diritto è accertato con apposito atto, preceduto, a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di 60 giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto”, aggiungendo al comma 8 che l’atto impositivo deve essere “specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alla condotta abusiva, alle norme o ai principi elusi, agli indebiti vantaggi fiscali realizzati, nonché ai chiarimenti forniti dal contribuente nel termine di cui al comma 6”. [...] • Pertanto l’accertamento è illegittimo, come già sentenziato in primo grado.[...]
Invero, contrariamente alla tesi sostenuta dalla società appellante, l'espressione letterale dell' art. 8 DPR 633/72 (Cessioni all'esportazione) non consente alcuno spazio all'interpretazione estensiva, poiché:"Costituiscono cessioni all'esportazione: a) le cessioni, anche tramite commissionari, eseguite mediante trasporto o spedizione di beni fuori del territorio della Comunità economica europea, a cura o a nome dei cedenti o dei commissionari, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi. I beni possono essere sottoposti per conto del cessionario, ad opera del cedente stesso o di terzi, a lavorazione, trasformazione, montaggio, assiemaggio o adattamento ad altri beni. L'esportazione deve risultare da documento doganale, o da vidimazione apposta dall'ufficio doganale su un esemplare della fattura". [...] • Dunque, il giudice di legittimità, ha inibito qualsiasi interpretazione di contenuto estensivo dell' art. 8 DPR 633/72 cit. , poiché l'onere di fornire la prova dell'avvenuta esportazione incombe, comunque sul primo cedente, il quale deve dimostrare l'avvenuta uscita della merce dal territorio doganale della Comunità, senza che siano ammessi equipollenti diversi da quelli espressamente indicati dalla disciplina tributaria vigente, la quale ha un significato letterale e tassativo su tutti i profili di esenzione oggettiva e soggettiva d'imposta. Il medesimo onere di prova si estende alle cessioni cd. "franco fabbrica" (con trasporto a cura e spese del cessionario estero), poiché la disciplina vigente, puntualmente richiamata dall'amministrazione finanziaria prevede il termine di novanta giorni per gli adempimenti documentali a cura del cessionario, decorso il quale il cedente non può ritenersi esonerato dagli obblighi previsti dalla disciplina tributaria (v. art. 8 DPR 633/72 cit. lett. b)"le cessioni con trasporto o spedizione fuori del territorio della Comunità economica europea entro novanta giorni dalla consegna, a cura del cessionario non residente o per suo conto, ad eccezione dei beni destinati a dotazione o provvista di bordo di imbarcazioni o navi da diporto, di aeromobili da turismo o di qualsiasi altro mezzo di trasporto ad uso privato e dei beni da trasportarsi nei bagagli personali fuori del territorio della Comunità economica europea; l'esportazione deve risultare da vidimazione apposta dall'ufficio doganale o dall'ufficio postale su un esemplare della fattura"). [...] • Sul punto, è significativa la circostanza che la partita Iva attribuita al cliente polacco, dopo un anno dalla transazione commerciale, coincide con il numero di partita comunicato a mezzo fax, in tempo anteriore alla conclusione della transazione.[...]
importazioni, ufficio doganale, irrogazione delle sanzioni, dichiarazioni, territorio doganale della Comunità, versamento dell'imposta, Codice doganale, pagamento degli interessi, anno solare, diritto alla detrazione, tabulati, liquidazione, territorio dello Stato, applicazione dell'imposta, operazioni non imponibili, cessione di beni, prestazione di servizi, cessioni all'esportazione, cessioni intracomunitarie, credito, atto della presentazione della dichiarazione, dichiarazione annuale, soggetto passivo, operazioni intracomunitarie, pagamento dell'imposta, servizi internazionali, volume d'affari, base imponibile, bollette doganali, data della bolletta, avviso di ricevimento, data di consegna, l'accertamento e' nullo, controversie, sanzione amministrativa, imposta sul valore aggiunto, inversione contabile, autofatturazione, pagamento della imposta, esigibilità dell'imposta, termine di decadenza, dichiarazione di importazione, effettuazione dell'operazione, rimborso dell'eccedenza, richiesta di rimborso, traslazione dell'imposta, diritto di detrazione, documentazione doganale
Nel sistema previsto dal D.P.R. 633/1972, le operazioni attive - se rilevanti territorialmente (ossia quelle che, secondo l'art. 7, sono poste in essere sul territorio dello Stato o comunque vengono considerate poste inessere su di esso) - sono suddivise in tre grandi categorie, a seconda dell'incidenza fiscale a cui sono assoggettate: operazioni imponibili, alle quali viene applicata l'imposta secondo le aliquote proprie della particolare tipologia di beni o servizi oggetto di cessione o prestazioni; operazioni esenti, come tali assolutamente esenti dall'applicazione dell'imposta a cagione della particolare rilevanza etica o (più generalmente) sociale della merce o delle prestazioni professionali oggetto di cessione o di prestazione (si pensi, ad esempio, alle prestazioni sanitarie rese dal personalemedico o infermieristico che, come noto, sono esenti da Iva); operazioni non imponibili: si tratta di particolari tipologie di operazioni di cessione di beni o di prestazione di servizi che, in linea generale, sarebbero soggette ad imposta ma che, a cagione della particolare destinazione dei beni oggetto di cessione o dei servizi ad essi relativi, non vengono fatteoggetto di imposizione fi scale. Per quanto riguarda le cessioni di beni, vengono espressamente qualificate (cfr. artt. 8 e 8-bis D.P.R. cit. )"non imponibili" le cessioni all'esportazione o a queste assimilate nonché le cessioni intracomunitarie di beni ( art.41 D.L. 331/1993 e succ. modifiche), e ciò all'evidente fine di evitare che dei beni, incisi da imposta in Italia, siano economicamente meno"appetibili" da parte dell'acquirente estero. Allorchè il contribuente pone in essere operazioni non imponibili, si verrebbe, per il meccanismo di debito/credito proprio del funzionamento dell'Iva, che dà luogo ad una obbligazione unica annuale, a trovare in posizione di costante credito verso l'Erario, sovente per importi notevoli; posizione che potrebbe chiudere giuridicamente solo con cadenza annuale all'atto della presentazione della dichiarazione annuale I.V.A. ovvero, contabilmente, con cadenza mensile o trimestrale, all'atto della compensazione fra imposte mediante utilizzo del modello F.24 e comunque entro i limiti di importo a tale fine previsti dall' art. 27 D.P.R. 633/72. [...] • All'esportatore abituale viene data la possibilità di utilizzare direttamente il credito I.V.A. maturato nei confronti dell'Erario all'atto di ciascuna operazione passiva imponibile; sostanzialmente, il suo fornitore/prestatore d'opera effettua la rivalsa prevista dall' art. 18 D.P.R. 633/1972 non ricevendo in cambio una controprestazione monetaria ma soltanto il"diffalco" di un credito (del soggetto passivo, ossia dell'acquirente) verso l'Erario. Questa facoltà viene chiamata beneficio del"plafond I.V.A." e, in particolare, il quantum di credito verso l'Erario utilizzabile a tale fine nel corso di un periodo di tempo ben determinato (che, a seconda dei casi, può essere l'anno solare o un periodo di 12 mesi continuativi anche non coincidenti con l'anno solare) viene chiamato"plafond I.V.A." (che, a seconda dei casi, viene definito"fisso" o"mobile"). Come previsto dall' art. 8 lett. c) D.P.R. 633/1972, tale facoltà è prevista solo a favore dei"soggetti che, avendo effettuato cessioni all'esportazione o operazioni intracomunitarie, si avvalgono della facoltà di acquistare... o importare beni o servizi senza pagamento dell'imposta". E il legislatore pone, come noto, due requisiti (effettuazione di cessioni all'esportazione o di cessioni intracomunitarie; volume di tali cessioni e di prestazioni servizi internazionali superiore al 10% del volume d'affari) affinché un operatore possa costituire un"plafond IVA" utilizzabile al fine acquistare beni o servizi senza effettivo pagamento d'imposta (ma con utilizzo del credito maturato nei confronti dell'Erario), ricorrendo i quali il contribuente si avvale materialmente di tale facoltà rilasciando al proprio fornitore of prestatore d'opera, all'atto dell'acquisto della merce una apposita comunicazione redatta secondo un modello prestabilito dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, che si chiama"dichiarazione d'intento". [...] • Ma l'Iva alla importazione è un diritto doganale e come tale costituisce obbligazione doganale che va disciplinata dalle leggi doganali, nazionale e comunitaria. [...] • L'obbligazione Iva all'importazione, in quanto diritto di confine ex art. 34 testo unico delle leggi doganali, è governata dall'art. 201 del Codice doganale comunitario ex Reg. CE 2913/1992, sulla scorta anche deglistessi articoli 69 e 70 della legge Iva. [...] • Irrilevante è, poi, la circostanza per cui l'errore di determinazione del valore delle merci da parte dei russi ha tratto in inganno l'operatore doganale italiano che ha riportato sulle bollette di importazione lo stesso valore indicato dall'esportatore russo nelle bollette di esportazione. [...] • Come sostiene l'Agenzia delle Dogane, l'errore commesso dall'esportatore russo, seppur sussistente, non fa venir meno l'obbligo, in capo al dichiarante in Dogana, di dichiarare il corretto valore delle merci importate. [...] • L'ufficio doganale può procedere alla revisione dell'accertamento divenuto definitivo, ancorché le merci che ne hanno formato l'oggetto siano state lasciate alla libera disponibilità dell'operatore o siano già uscite dal territorio doganale. [...] • L'ufficio doganale, ai fini della revisione dell'accertamento, può invitare gli operatori, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, indicandone il motivo e fissando un termine non inferiore a quindici giorni, a comparire di persona o a mezzo di rappresentante, ovvero a fornire, entro lo stesso termine, notizie e documenti, anche in copia fotostatica, inerenti le merci che hanno formato oggetto di operazioni doganali. [...] • Quando dalla revisione, eseguita sia d'ufficio che su istanza di parte, emergono inesattezze, omissioni o errori relativi agli elementi presi a base dell'accertamento, l'ufficio procede alla relativa rettifica e ne da' comunicazione all'operatore interessato, notificando apposito avviso.[...]
cessioni intracomunitarie, contratto, buono fede, fattura, contabilità, contribuente, motivazione degli atti tributari, territorio dello Stato, esenzioni
2.2 La Corte di Legittimità ha rilevato, in termini generali, che l'obbligo di motivazione dell'avviso di accertamento deve ritenersi adempiuto laddove il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente an e quantum dell'imposta e che il requisito motivazionale esige, in particolare, l'indicazione dei fatti astrattamente giustificativi della pretesa tributaria, che consentano di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'ente impositore nell'eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell'atto le questioni riguardanti l'effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva. [...] • Che, poi, l'accertamento sia, o meno, fondato è quaestio facti (et iuris) che, all'evidenza, attiene al momento della verifica giudiziale (e, dunque, all'accertamento riservato a questa sede giurisdizionale, nel contraddittorio delle parti) e che rimane estranea al contenuto dell'atto amministrativo (di accertamento). [...] • Si è quindi, e più specificamente, osservato che nel regime introdotto dalla legge 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, l'obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all'atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, cioè l'insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell'atto o del documento necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione consente al contribuente ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale di individuare i luoghi specifici dell'atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento (cfr. Cass. DD MM 2008 n. 1906 cui adde, ex plurimis, Cass. DD MM 2013 n. 9032, Cass. DD MM 2012 n. 13110, Cass. DD MM 2012 n. 10085, Cass. DD MM 2011 n. 6914 ). [...] • 2.3.2 Con più specifico riferimento al tema degli elementi probatori rilevanti ai fini in discorso la richiamata Giurisprudenza della Suprema Corte ha, quindi, rimarcato - in una alla compatibilità comunitaria dell'onere della prova in questione che detti elementi debbono riguardare"l'effettiva destinazione dei beni ceduti nel territorio dello Stato membro in cui il cessionario è soggetto di imposta" e che"mentre può certamente escludersi che il cedente sia tenuto a svolgere attività investigative sulla movimentazione subita dai beni ceduti dopo che gli stessi siano stati consegnati al vettore incaricato dal cessionario deve invece affermarsi il dovere del predetto di impiegare la normale diligenza richiesta ad un soggetto che pone in essere una transazione commerciale e, quindi, di verificare con la diligenza dell'operatore commerciale professionale le caratteristiche di affidabilità della controparte... dovendo questi procurarsi mezzi di adeguati alle necessità, capaci se non di dimostrare, quanto meno di non lasciare dubbi circa l'effettività dell'esportazione e circa la sua buona fede in ordine a tale dato. " (cfr. giurisprudenza citata sub 2.3 che precede).[...]