Documents - 28 citing "Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, Testo Unico delle Imposte sui Redditi"

contribuente, enti non commerciali, associazioni sportive dilettantistiche, regimi fiscali, pagamento di corrispettivi specifici, scrittura privata autenticata o registrata, associazioni sportive nell’ambito della medesima disciplina
Sicché, la prevalenza della natura dell'intrattenimento dei ragazzi - sia pure sotto forme di gioco, di riposo, di pranzo e di svago- fa venir meno la natura prettamente"sportiva istituzionale" propria della società ricorrente, che proprio nel periodo in cui sono chiuse le scuole, offre questo servizio in concorrenza con altre strutture similari presenti sul mercato». [...] L’adesione ai regimi fiscali sanciti dal TUIR in materia di enti non commerciali impone ai soggetti destinatari il rispetto di determinati requisiti nonché il rispetto di ben precisi obblighi, al venir meno dei quali cessano le previste agevolazioni fiscali. Inoltre, il regime di esenzione di tassazione delle attività esercitate nei confronti degli associati/soci che rientrano tra i fini istituzionali perseguiti delle associazioni/società, si applica solo quando l’ente non abbia effettivamente per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale. Le società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali, ancorché non perseguano il fine di lucro, mantengono, dal punto di vista fiscale, la natura commerciale e sono riconducibili, in quanto società di capitali, nell'ambito dell’art. 73, comma I, lett. a), del TUIR. [...] La disposizione citata stabilisce, in sostanza, la non rilevanza fiscale di corrispettivi specifici versati dagli associati e dagli altri soggetti ivi menzionati, compresi i “tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali”, in favore di enti associativi con particolari finalita. Per beneficiare di detta norma agevolativa le societa sportive dilettantistiche, al pari delle associazioni sportive dilettantistiche, devono integrare le clausole statutarie di cui al citato art. 90 della legge n. 289 del 2002, con quelle previste dal comma 8 dell’articolo 148 del TUIR. Ai fini IRES, l’attività posta in essere dagli enti associativi va opportunamente differenziata in attività esterna (nei confronti di terzi, la quale rimane al di fuori della sfera applicativa dell’ art. 148 del TUIR ed assume generalmente qualificazione commerciale) e attività interna (nei confronti degli associati, che se svolta in conformità alle finalità istituzionali è qualificabile come non rilevante ai fini IRES a meno che, a fronte di essa, non siano percepiti corrispettivi specifici che danno diritto a prestazioni ulteriori rispetto a quelle correlate al pagamento della quota associativa). In ogni caso, nei confronti delle associazioni e società sportive dilettantistiche trova applicazione l’ulteriore agevolazione prevista dal comma 3 dello stesso art. 148 (una disposizione analoga ai fini IVA è contenuta nell’art. 4, comma 4, del DPR 633/72) secondo cui non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti di soci, associati, partecipanti, iscritti o nei confronti di altre associazioni che svolgono identica attività ed appartenenti alla medesima organizzazione locale o nazionale. Per poter usufruire di questa ulteriore agevolazione è però necessario che le associazioni/società sportive dilettantistiche accolgano nei propri statuti, redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, i seguenti contenuti obbligatori ai sensi dell’ art. 90 L. 289/2002: 1) assenza di fini di lucro; 2) rispetto dei principi di democrazia interna; 3) organizzazione di attività sportive dilettantistiche compresa l’attività didattica e per l’avvio, l'aggiornamento e il perfezionamento nelle attività sportive; 4) disciplina del divieto per gli amministratori di ricoprire cariche sociali in altre società e associazioni sportive nell’ambito della medesima disciplina; 5) gratuità degli incarichi degli amministratori; 6) devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle società e delle associazioni; 7) obbligo di conformarsi alle norme e alle direttive del CONI, nonché agli statuti e ai regolamenti delle Federazioni sportive nazionali del CONI o alle discipline sportive associate o a uno degli enti di promozione sportive riconosciuti dal CONI, anche su base regionale.[...]
diritto alla detrazione, formazione professionale, esenzione, servizi di formazione, requisiti soggetti, istituti riconosciuti da pubbliche amministrazioni
Coinvolgendo finanziamenti pubblici e risultando soggetta al controllo di un organismo di diritto pubblico, 1’ A va correttamente qualificato quale ente di formazione riconosciuto da pubblica amministrazione. Da ciò l’esenzione IVA e la correttezza della ripresa dell’Ufficio.
imprenditore, AVVISO DI ACCERTAMENTO, l’anti economicità della spesa, fattura, prestazioni pubblicitarie, restituzione di somme, del rapporto ricavi/sovvenzione, associazioni sportive dilettantistiche, detrazioni
In buona sostanza la funzione pubblicitaria, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici e dall’ufficio, risulta aver svolto efficacia e ciò può costituire un principio che, unito ad altri elementi valutativi, come nella fattispecie, possa corroborare il convincimento del collegio giudicante circa l’avvenuta e reale esistenza della sponsorizzazione per cui è causa. Quando una spesa sia di entità del tutto irragionevole si può pensare che essa sia realmente riferibile a private esigenze dell’imprenditore e non già ai bisogni dell’impresa, e sia perciò non inerente all’attività esercitata. Si tratta però di una valutazione soggettiva, che deve essere ispirata alla massima prudenza, poiché rischia di sovrapporsi illegittimamente alle scelte dell’imprenditore. Questi dati fondamentali non possono essere interamente: sovvertiti dalla mera valutazione quantitativa del rapporto ricavi/sovvenzione, il cui peso ai fini del giudizio sull’inerenza deve limitarsi alla dimensione indiziaria e non può da solo motivare il giudizio di non inerenza, quando non sia accompagnato da altri concordanti indizi che nel caso di specie non vi sono. Non è quindi possibile sanzionare in sede tributaria una condotta dell’imprenditore/contribuente che può essere giudicata finanziariamente avventata o eccessivamente generosa o addirittura venata di prodigalità, ma resta comunque in relazione logica ed economica con l’attività esercitata.
spesa, imprenditore, pubblicità, sponsorizzazione, inerenza della spesa
Tali oggettivi elementi nella fattispecie non possono che corroborare il convincimento del collegio giudicante circa l’avvenuta e reale esistenza della sponsorizzazione per cui è causa. Quando una spesa sia di entità irragionevole si può pensare che essa sia realmente riferibile a private esigenze dell’imprenditore e non già ai bisogni dell’impresa, e sia perciò non inerente all’attività esercitata. Si tratta però di una valutazione soggettiva, che deve essere ispirata alla massima prudenza, poiché rischia di sovrapporsi illegittimamente alle scelte dell’imprenditore. Questi dati fondamentali non possono essere interamente sovvertiti dalla mera valutazione quantitativa, il cui peso ai fini del giudizio sull’inerenza deve limitarsi alla dimensione indiziaria e non può da solo motivare il giudizio di non inerenza, quando non sia accompagnato da altri concordanti indizi che nel caso di specie non vi sono. Non è quindi possibile sanzionare in sede tributaria una condotta dell’imprenditore che può essere giudicata finanziariamente avventata o eccessivamente generosa o troppo ottimistica, ma resta comunque in relazione logica ed economica con l’attività dell’impresa.
contribuente, amministrazione finanziaria, diritto alla detrazione, fattura
Sull'invocata richiesta di nullità della sentenza per carenza ed erroneità della motivazione si nutrono molteplici perplessità. L'obbligo di motivare la sentenza trova la sua fonte direttamente nella legge; la ratio di tale incombenza va ricercata essenzialmente nella necessità di rendere controllabile la decisione, quale atto conclusivo del processo, ad opera delle parti e dei Giudici del riesame nel caso di impugnazione e va correlata ai principi di legalità, che vuole i Giudici soggetti solo alla legge, e di effettività del diritto di difesa. Oggetto del giudizio tributario è l'impugnativa da parte del contribuente di atti fi impositivi di un tributo o di una sanzione o di altri atti relativi ad operazioni di cui il contribuente sostiene la illegittimita per i motivi che devono essere specificamente indicati a pena di inammissibilità e che possono riguardare questioni di merito concernenti l'assenza di presupposti di fatto previsti dalla legge oppure l'errata applicazione o interpretazione di una norma giuridica. Anche la Corte di Cassazione, in diverse pronunce, ha precisato che l'obbligo di motivazione dell'atto impositivo “persegue il fine di porre il contribuente in condizioni di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli sia di valutare l'opportunità di esperire l'impugnazione giudiziale, sia in caso positivo, di contestare efficacemente l'an e il quantum debeatur. Detti elementi conoscitivi devono essere forniti all'interessato non solo tempestivamente (e cioè inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo) ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilita che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso “ ( Cassazione 5842/2006; 25064/2006; 23009/2009 ). [...] Nel caso di specie la motivazione, anche se non condivisa dall'Ufficio, è congrua e sufficiente ad espletare il ragionamento del giudicante e ad esprimere l'iter argomentativo da lui seguito offrendo anche ai contendenti, contribuente ed Ufficio, l'opportunità di determinarsi in ordine alla facoltà di insistere ulteriormente nelle proprie richieste. Ne fa prova, oltre alla ricca esposizione in sentenza dei fatti e delle ragioni, anche la ridondanza di esposizione, a volte anche romanzata del contribuente, il quale prendendo spunto proprio dalla sentenza (varie prospettazioni dell'inerenza nel diritto tributario) ha allestito idonea difesa a proprio favore, con ciò dimostrando di conoscere nel dettaglio le motivazioni che hanno portato all'adozione dell'avviso di accertamento impugnato, che riporta esattamente le risultanze del verbale dal quale è scaturito. [...] Si concorda, pertanto, con tale impostazione nel senso che siffatto onere grava sull'Amministrazione, la quale dovrà comprovare la non inerenza dei costi astrattamente riconducibili all'attività commerciale. [...] Eventualmente, ave ne sussistano i presupposti, potrebbe essere attivata l'operazione di rimborso. Sulla base di quanto rilevato, si ritengono, pertanto, prive di pregio le conclusioni sul punto sia dei Giudici di prime cure che di parte contribuente, perché non conclusive per la risoluzione del problema all'esame.[...]
Intitolazione: Massima n 221/2019 IVA-PRESUPPOSTO SOGGETTIVO- Operazioni soggettivamente inesistenti - Detrazione Esclusione Onere della prova sulla natura fraudolenta dell'operazione Grava sull'Amministrazione - Oneri probatori del contribuente - Non conoscibilità del carattere fraudolento delle operazioni ovvero ignoranza inevitabile.
Sul punto, vale premettere, in termini generali che, in materia di IVA, la fattura è documento idoneo a rappresentare un costo dell'impresa, comprensivo dell'incidenza dell'imposta in parola sul prezzo di acquisto dei beni, attesa la disciplina del suo contenuto di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21. Ed, in tali limiti, essa può certamente costituire una prova a favore dell'imprenditore o del professionista, nei rapporti con il fisco. Peraltro, in ipotesi di fatture che l'Ufficio ritenga relative ad operazioni oggettivamente, o anche solo soggettivamente, inesistenti, o che ancorché effettivamente poste in essere- si iscrivono incombinazioni negoziali fraudolente ai danni del fisco, l'Amministrazione stessa ha l'onere di provare che l'operazione commerciale oggetto della fattura non è stata (nella prima ipotesi) posta in essere, o non lo è stata (nella seconda ipotesi) tra i soggetti che figurano nella fattura, o che tale documento sottende un'operazione fraudolenta cui il cessionario sia partecipe. [...] Ciò posto, è di tutta evidenza che, nel caso di operazioni oggettivamente inesistenti, deve ritenersi escluso in radice che possa configurarsi la buona fede del cessionario o committente, il quale bene se una determinata fornitura di beni o prestazione di servizi l'ha effettivamente ricevuta o meno. Principi più articolati trovano, invece, applicazione in relazione al caso in cui l'Amministrazione contesti al contribuente di avere adoperato, ai fini della detrazione dell'IV A, fatture solo soggettivamente inesistenti, ovverosia che la fattura sia stata emessa da un soggetto diverso dall'affettivo fornitore del bene o prestatore del servizio. [...] Al riguardo, costituisce principio ricevuto, dal quale non sussistono ragioni per discostarsi, quello per cui, qualora l'Amministrazione contesti I contribuente- come nel caso di specie- l'indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni (soggettivamente) inesistenti, e fornisca attendibili riscontri indiziari sull'inesistenza (anche in termini soggettivi) delle operazioni fatturate, ricade sul contribuente medesimo l'onere di dimostrare la fonte legittima della detrazione, altrimenti non operabile. Il cessionario, in particolare, ha l'onere di dimostrare almeno, anche in via alternativa, di non essersi trovato nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilità delle operazioni pregresse intercorse tra il cedente ed il fatturante in ordine al bene ceduto, oppure, nonostante il possesso della capacità cognitiva adeguata all'attività professionale svolta in occasione dell'operazione contestata, di non essere stato in grado di abbandonare lo stato di ignoranza sul carattere fraudolento delle operazioni degli altri soggetti coinvolti nell'evasione ( Cass. 8132/11, 23074/12 ). [...] In sostanza, è corretto l'assunto dell'Ufficio secondo cui, in tema di onere della prova, qualora l'Amministrazione contesti al contribuente l'indebita detrazione di fatture (in quanto relative a operazioni inesistenti) e fornisca attendibili riscontri indiziari sull'inesistenza delle operazioni fatturate, è onere del contribuente dimostrare l'effettiva realizzazione dei costi sostenuti.[...]
contribuente, reddito, associazioni sportive.
Tale disciplina non contrasta affatto con la previsione dell’art. 148 c. 8 DPR 917/86 ma, come richiesto dalla norma, detta una disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo di partecipazione degli associati; non v’è alcuna temporaneità della partecipazione come affermato dai Giudici di primo grado, ma una regolamentazione uguale per tutti delle modalità e condizioni per partecipare e far parte della associazione che può protrarsi per tutti gli anni che il socio riterrà e per i quali pagherà la quota associativa; - le norme di cui agli artt. 11 e 12 dello statuto garantiscono, altresì, un trattamento uniforme ed uguale di tutti i soci nel rispetto dei principi di democraticità ed eguaglianza e non temporaneità della partecipazione alla vita sociale, scongiurando fenomeni abusivi quali i versamenti di somme di denaro semplicemente a fronte di prestazioni; - la norma dell’art. 14 dello Statuto associativo nel subordinare la partecipazione alle assemblee alla regolarità dei pagamenti delle quote associative, garantisce anch'essa un trattamento uniforme dei soci conforme ai principi di eguaglianza e democraticità; - anche la norma dell’art. 16 dello Statuto, che prevede la possibilità di voto per delega scritta alla assemblea, non è in contrasto con il principio del voto singolo, essendo previsto il voto per delega per garantire la partecipazione atutti i soci anche tramite delegati. [...] In particolare l’art. 11 dello Statuto prevede espressamente che solo i soci in regola con il versamento della quota associativa annuale hanno diritto a partecipare alle assemblee con diritto di voto ed a tutte le attività proposte dall’associazione. Tale clausola viene a limitare la partecipazione dell’associato “moroso” nel pagamento della quota associativa con la conseguenza che per i periodi di morosità l’associato non partecipa così violandosi il principio di non temporaneità della partecipazione. [...] Si rileva che è altresì prevista dall’art. 16 dello Statuto associativo la possibilità di voto per delega scritta laddove l’art. 148 c. 8 lett. c) del DPR 917/86 prevede la partecipazione alla attività associativa degli associati (ed anche alle assemblee), che non può essere diretta e fisica, non per interposta persona, ciò contrastando con lo stesso spirito associativo “tutelato” dalla normativa fiscale. [...] Emergono, comunque, elementi tali da far ritenere la natura commerciale della attività svolta dalla Associazione. Decisivi nel ritenere la prevalente natura commerciale della associazione appaiono le attività principalmente svolte dalla Associazione (organizzazione di viaggi ed eventi), e le modalità di svolgimento di tali attività. [...] In tale contesto fattuale appare provato che la prevalente attività svolta dalla associazione consistesse nella intermediazione, sia pur non palesata agli associati né ai terzi, tra i servizi commercializzati dall’ Agenzia Viaggi"C" srl e gli utenti finali (i soci"A" o i terzi che alla Associazione si rivolgevano per partecipare a viaggi, eventi e quant’altro tecnicamente organizzato e fornito dalla Agenzia Viaggi). [...] Tale attività non può che avere natura commerciale e lo svolgimento in via principale di tale attività fa venir meno in capo alla Associazione i benefici e agevolazioni previsti dall’ art. 148 TUIR.[...]
liquidazione, fattura, spesa, fallimento, prezzo di vendita, perizie, finanziamento, controllo contrattuale, censura
Né le errate conclusioni cui è giunta la perizia bancaria devono sorprendere, tenuto conto che risulta come la perizia stessa sia stata redatta senza alcun sopralluogo nell’immobile; non abbia tenuto conto che l'immobile stesso rientra nella categoria di edilizia popolare, come emerge anche dalla documentazione fotografica depositata nel ricorso introduttivo; indichi valori completamente distonici rispetto agli immobili similari compravenduti nel medesimo complesso e non contestati dall’ Agenzia. D’altro canto, l’esistenza di perizie bancarie approssimative è una realtà ben nota agli addetti ai lavori, e almeno in parte all’origine della crisi finanziaria del 2008 in ragione della concessione di finanziamenti non fondati su adeguate garanzie. [...] Infatti, nell’accertamento l'Ufficio ha sostenuto unicamente l’ipotesi del controllo di diritto, e quindi la censura in ordine al controllo di fatto è inammissibile perché nuova rispetto a quanto contestato nella fase pregiudiziale; in ogni caso, trattasi di censura infondata nel merito, atteso che il controllo di fatto si avrebbe, da parte di un socio qualificato pur se senza la maggioranza del capitale, nella situazione di polverizzazione del capitale o assenteismo degli altri soci, mentre nel caso che qui occupa nessuno di tali due presupposti è sussistente. Né può parlarsi di influenza dominante per controllo contrattuale ex art. 2359 n. 3 c.c., nulla essendo al riguardo stato concretamente dedotto dall’Ufficio con riferimento a possibili vincoli contrattuali tra le società. [...] La censura non coglie però nel segno. [...] Nel merito, poi, tale prelievo può essersi reso necessario per molteplici ragioni (ragionevolmente, l’appellante incidentale ipotizza ad esempio costi per pagare il notaio o l'arredo dell’immobile), e non può quindi essere considerato elemento da solo idoneo a fondare la presunzione, ex art. 2729 c.c., che sia stato effettuato un pagamento in nero ed extracontabile.[...]
regime fiscale, enti non commerciali, contribuente, regime tributario, amministrazione finanziaria, detassazione, pagamento
Tanto riferito, è oggettivamente manifesta l'erroneità per contro occorsavi nell’essersi conferita determinante ed anzi esclusiva rilevanza al semplice ed unico dato della affiliazione del Circolo ad un associazione denominantesi A, perché l'esenzione d’imposta contemplata dall' articolo 148 del DPR n. 917/1986 in favore degli enti associativi non commerciali è subordinata non già soltanto all'elemento formale della veste giuridica possedutane, ma altresì all'effettivo svolgimento di una attività senza fini di lucro, una condizione operativa che spetta dunque al soggetto contribuente dimostrare nella sua realtà effettiva, e non meramente avvalendosi della pur necessaria circostanza estrinseca e ancora preliminare dell'essere affiliato ad un ente di natura non commerciale: che è il presupposto per poter poi (eventualmente) usufruire del regime tributario agevolativo. L'appartenenza all’ ambito categoriale suddetto rappresenta, detto altrimenti, la premessa affinchè l’Amministrazione finanziaria possa poi riscontrare, ed in compiuta autonomia, positiva ricorrenza degli elementi e delle condizioni fattuali in base a cui l'ente associativo abbia positivo diritto ad usufruire dell'inerente vantaggio di detassazione, non potendo nominale titolo insito nella sua qualificazione di associazione ricreativa e culturale tradursi di per sé in quello ad una correlata esenzione dall’ imprescindibile, pertinente verifica di carattere invece sostanziale. [...] Ne discende, in conclusione, doversi ritenere che la reale attività esplicatasi dal Circolo nell'anno in esame era stata denotata in misura senz'altro prevalente da una finalità di ordine commerciale, e come tale non suscettiva di giustificare il trattamento tributario di favore ricollegabile alla formale classificazione goduta.[...]
pubblicità, contribuente, anni successivi, spesa, imprenditore, associazioni sportive dilettantistiche, detrazioni, sponsorizzazione
Quando una spesa sia di entità del tutto irragionevole si può pensare che essa sia realmente riferibile a private esigenze dell’imprenditore e non già ai bisogni dell'impresa, e sia perciò non inerente all'attività esercitata. Si tratta però di una valutazione soggettiva, che deve essere ispirata alla massima prudenza, poiché rischia di sovrapporsi illegittimamente alle scelte dell'imprenditore. [...] Questi dati fondamentali non possono essere interamente sovvertiti dalla mera valutazione quantitativa del rapporto ricavi/sovvenzione, il cui peso ai fini del giudizio sull’inerenza deve limitarsi alla dimensione indiziaria e non può da solo motivare il giudizio di non inerenza, quando non sia accompagnato da altri concordanti indizi che nel caso di specie non vi sono. Non è quindi possibile sanzionare in sede tributaria una condotta dell’imprenditore/contribuente che può essere giudicata finanziariamente avventata o eccessivamente generosa o addirittura venata di prodigalità, ma resta comunque in relazione logica ed economica con l’attività esercitata. [...] Le più recenti pronunce sembrano infatti delineare, attorno a questa norma, una presunzione assoluta di deducibilità, a patto che siano rispettate le condizioni formali dettate dalla legge. [...] Conseguentemente, non vi sono sufficienti motivi per giustificare gli atti di accertamento impugnati.[...]