omesso versamento di IVA, fatture da emettere, autorizzazione allo svolgimento dell'indagine finanziaria, obbligo di motivazione, soci finanziamento infruttifero
Infondato è il primo motivo con il quale l’appellante denuncia la nullità dell'avviso di accertamento per mancanza dell’autorizzazione delle indagini finanziaria nonché per mancanza di motivazione dell'eventuale autorizzazione delle indagini finanziaria. Infondato è anche il secondo. motivo con il quale l’appellante lamenta la mancata ricostruzione dell'effettivo incasso delle fatture da emettere su prestazioni eseguite ma mai incassate. Va qui osservato che, come già ha affermato la CTP di Roma con la sentenza impugnata che va confermata: il conto"fatture da emettere" poteva essere ridotto solo con l'emissione di fatture attive ai sensi dell'art. 6 del d. P. R. 633/1972, relative a ricavi che in base al principio della competenza economica hanno avuto manifestazione in esercizi precedenti. Così come il conto"soci finanziamento infruttifero" accreditato dell'importo di €. 45.000, 00 poteva essere addebitato solo per copertura perdite di esercizio o per parziale restituzione ai SOCI.
regime del margine, natura dei beni, esenzione, riparazione, oggetti d'arte, inversione contabile, cessioni imponibili, oro da investimento, territorio dello Stato, rivendita
Sicché, ove l'impresa acquirente operi esclusivamente nel settore del recupero dei metalli preziosi e non svolga attività di commercializzazione di gioielli, l'imposta sugli acquisti di rottami d’oro, destinati ad essere sottoposti al procedimento industriale di fusione e successiva affinazione per il recupero del materiale prezioso contenuto, soggiace alla procedura prevista dall'art. 17, comma 5, del D. P. R. n. 633 del 1972 (il cosiddetto reverse charge appunto), procedura che non è facoltativa, ma risulta dunque essere obbligatoria. In altre parole, si deve distinguere tra vendita da parte del- «Compro oro», con cessione al soggetto autorizzato di materiale in oro da rottamare e il caso diverso di vendita di parti di gioielli da riutilizzare senza rottamazione. Nel primo caso il reverse charge non è una facoltà, ma è obbligatorio. Nel secondo caso il reverse charge non deve e non può mai essere utilizzato. Il “compro oro” che acquista da privati può utilizzare il regime del margine solamente nel caso in cui acquisti materiale non da rottamare. In quanto speciale, il regime si caratterizza per la struttura derogatoria rispetto alle regole generali vigenti in materia di Imposta sul Valore Aggiunto, anche al fine di perseguire la ratio suindicata. Siffatte risultanze escludono che potesse e possa farsi applicazione del regime del margine, la cui applicazione sarebbe stata possibile solo ove si fosse concretamente accertato, tramite verifica fiscale presso la fonderia cessionaria, il concreto utilizzo e destinazione dei beni, al di là della qualificazione merceologica indicata nelle fatture dalla cedente. La destinazione del prezioso al processo di lavorazione; da parte del cessionario è dunque condizione essenziale, nonché unica circostanza che consente di assimilare l'acquisto di oro “usato” a quello di oro “industriale”, soggetto, ex art. 17, comma 5 del D. P. R. n. 633/1972, al meccanismo del reverse charge, non rilevando a tal fine la natura dei beni sottoposti a lavorazione e trasformazione, potendo riguardare non solo rottami in senso stretto, ma qualsiasi bene di “oro usato”, a prescindere dalle condizioni in cui si trova. Se ne deduce che - in materia di applicabilità del regime di reverse charge alle cessioni di oro, usato - si deve aver riguardo alla destinazione finale dell'oggetto venduto...nonché vall’attività del soggetto cessionario, che deve essere o esclusivamente finalizzata al processo di fusione e affinazione chimica del materiale prezioso e non anche alla commercializzazione dell'usato. Laddove è dimostrato che l’attività consiste nell'acquisto’ di oggetti preziosi usati da privati cittadini e nella successiva rivendita direttamente alle fonderie specializzate nel recupero di metalli preziosi, il cedente diviene soggetto obbligato ad emettere la relativa fattura di cessione ai sensi e per gli effetti del citato art. 17.
operazioni esenti, imposta sul valore aggiunto, sanzioni pecuniarie, dichiarazione IVA, operazioni imponibili, sede legale, contabilità, attività propria dell’impresa, percentuale di detrazione, diritto a detrazione, diritto alla detrazione, ammontare complessivo
Richiamando i criteri interpretativi dettati dalla Suprema Corte non si ravvisano i presupposti per il riconoscimento dell’occasionalità dell'attività oggetto di accertamento poichè “in tema di IVA, costituiscono proventi di un'attività strumentale ed accessoria, tale da non concorrere al calcolo della percentuale di detraibilità dell'IVA"pro rata", quelli derivanti da un'attività assolutamente episodica e, quindi, estranea a quella propria dell'impresa contribuente, dovendosi accertare detta occasionalità in concreto e non in base alle mere previsioni statuarie, avuto riguardo all'attività svolta in via prevalente dall'impresa, con particolare riferimento all'ammontare complessivo dei ricavi derivanti dall'una rispetto a quelli provenienti dall'altra attività. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermatola natura accessoria dell'attività di gestione di"slot machine" svolta negli stessi locali adibiti ad attività principale di bar senza accertare in concreto come essa contribuisse alla generazione dei ricavi)” (vds. Cass. n. 12689/2020 ). [...] • A parte la rilevanza della percentuale rispetto al totale della attività svolta, che esclude l’occasionalità richiesta dalla normativa in argomento (“Nel calcolo della percentuale di detrazione di cui al comma precedente non si tiene, invece, conto delle operazioni di cui all'art. 19 -bis, comma 2, d.P.R. cit. , tra le quali vi sono le operazioni «accessorie alle operazioni imponibili», il cui ammontare viene sterilizzato (e non computato) ai fini del calcolo della suddetta percentuale”), l’appellante si è limitato ad allegazioni generiche e non provate inidonee a confutare quanto accertato con l'avviso impugnato. Non vengono, infatti, in alcun modo provati i rapporti con il proprietario dei giochi posti all’interno dell’esercizio commerciale per cui le pur generiche allegazioni non trovano il minimo riscontro. Peraltro, l'onere della prova da parte dell'Ufficio risulta assolto avendo provato, secondo i dettami indicati dalla Suprema Corte, la percentuale rilevante per la non riconducibilità dell'attività considerata nell’ambito dell’attività occasionale.[...]
prestazioni (servizi) dati in"outsourcing", gestione di servizi/sistemi di pagamento elettronico, gestione di carte di credito, servizi finanziari, esenzioni, operazioni finanziarie, operazioni di finanziamento
L'esenzione ex art. 13, parte B, lett. d), punti 3 e 5, della sesta direttiva 77/388 non è poi soggetta, secondo la detta giurisprudenza eurounitaria, alla condizione che la prestazione sia effettuata da un istituto di credito che intrattenga rapporti con il cliente finale della banca. Non osta, infatti, all' esenzione di un'operazione il fatto che quest' ultima, sia effettuata da un terzo, ma si presenti per il cliente finale della banca come una prestazione della medesima. A tale riguardo assume rilievo dirimente il grado di responsabilità del centro informatico nei confronti delle banche, ed in particolare la verifica in concreto della natura della predetta responsabilità, vale a dire se questa sia limitata agli aspetti tecnici o si estenda di converso agli elementi specifici ed essenziali delle operazioni. Pertanto secondo l'orientamento condivisibile dell'Agenzia delle Entrate, le operazioni di giroconto, poste in essere da un terzo nell' interesse di una banca, rientrano negli ambiti operativi dell' esenzione IVA prevista dal detto art. 10 n. 1, ove il servizio non si limiti a mettere a disposizione della banca un sistema informatico, mediante una fornitura materiale o tecnica, ma il terzo prestatore del servizio: a) sia in grado di modificare, mediante operazioni di trasferimento di fondi, i conti correnti dei clienti della banca interessati con operazioni di accredito e di addebito; b) si assuma la responsabilità della corretta esecuzione delle operazioni bancarie, senza limitarsi a rispondere della correttezza di singoli aspetti tecnici del servizio.
riserve, contratto, risarcimento, contraente generale, base imponibile, accordo bonario, rischio, penalità, forza maggiore
La giurisprudenza, di merito e di legittimità, evidenzia come tutte le somme percepite dal soggetto prestatore - qualunque ne sia la natura — in forza della prestazione eseguita, sono da assoggettare ad IVA, con la sola esclusione di quelle aventi carattere risarcitorio (interessi moratori e penalità per i ritardi o altre irregolarità), determinate dall’inadempimento degli obblighi del committente. In tal senso, le somme richieste dall’appaltatore a titolo di riserve trovano presupposto giuridico e sostanziale nell’esecuzione del contratto di appalto. Pertanto, in linea di principio, le stesse riserve si traducono in maggiori compensi la cui percezione rileva ordinariamente ai fini IVA. La necessaria riconduzione nell’ambito applicativo dell'imposta sul valore aggiunto dell’importo de quo deriva dalla circostanza che le “riserve” equivalgono a richieste di maggiori corrispettivi che, in corso di esecuzione di un contratto di appalto, l’appaltatore ha avanzato nei confronti della stazione appaltante, in base alle modalita ed ai termini di legge, al fine specifico di ottenere dal concedente una revisione in aumento del prezzo contrattualmente pattuito, tale da essere idonea a compensare i maggiori oneri connessi ad un anomalo andamento dei lavori. Gli eventi occorsi non erano quindi imprevisti e imprevedibili, ma rientravano nella normale alea contrattuale e nel rischio a carico dell'appaltatore con la conseguenza che le somme erogate non possono essere considerate neppure come risarcimento danni derivanti dalla sopravvenienza di eventi imprevedibili. Gli eventi che hanno determinato l’anomalo andamento del cantiere e i conseguenti ritardi nell’avanzamento dei lavori rientrano nei rischi tipici dell’attività di appalto, tanto più nel caso del contraente generale che assume un ruolo rilevante nella gestione della costruzione dell’opera pubblica, al punto che questi assume un'obbligazione” di risultato che gli impone di eseguire l’opera con ogni mezzo.
diritto alla detrazione, formazione professionale, esenzione, servizi di formazione, requisiti soggetti, istituti riconosciuti da pubbliche amministrazioni
Coinvolgendo finanziamenti pubblici e risultando soggetta al controllo di un organismo di diritto pubblico, 1’ A va correttamente qualificato quale ente di formazione riconosciuto da pubblica amministrazione. Da ciò l’esenzione IVA e la correttezza della ripresa dell’Ufficio.
contratti di coassicurazione, tributi armonizzati, competenza dell’Unione Europea, prova di resistenza, delegato, esenzione dall’IVA, attività di assicurazione, rischio assicurativo
Tale distinzione comporta che solo per i tributi armonizzati sussiste l'obbligo di previa instaurazione del contraddittorio, la cui violazione verrebbe ad incidere sulla validità dell'atto; invalidità tuttavia da ritenersi sottoposta alla condizione che il contribuente enunci concretamente le ragioni che avrebbe fatto valere nell’omesso contraddittorio. 3.1. In ordine al secondo motivo di appello deve ricordarsi che sul tema oggetto dell'odierna controversia è anche di recente intervenuta la Corte di Cassazione che, peraltro confermando un proprio precedente orientamento, ha avuto modo di affermare che il rapporto di coassicurazione non modifica la ripartizione pro quota del rischio tra i coassicuratori né riguarda aspetti essenziali dell’attività di intermediario o di mediatore di assicurazione (così Cass. 12854/2021)Partendo da tale premessa la Corte ha tratto la conclusione che le prestazioni oggetto di delega non possono considerarsi esenti da IVA ai sensi dell’art. 10 comma primo n. ° 2 DPR 633/1972, atteso che non possiedono natura assicurativa né potendosi esse qualificare come operazioni accessorie rispetto ad una prestazione assicurativa non attenendo alla copertura di un rischio (in tal senso anche Cass. 11442/2018).
regime del margine, cessioni di beni, beni mobili, riparazione, prezzo di vendita, inversione contabile, cessioni imponibili, oro da investimento, soggetto passivo, territorio dello Stato, fattura, frode fiscale, oggetti preziosi usati, rivendita, soggetto obbligato, acquisto dei beni, contabilità
In altre parole, si deve distinguere tra vendita da parte del «Compro oro», con cessione al soggetto autorizzato di materiale in oro da rottamare e il caso diverso di vendita di parti di gioielli da riutilizzare senza rottamazione. Nel primo caso il reverse charge non è una facoltà, ma è obbligatorio. Nel secondo caso il reverse charge non deve e non può mai essere utilizzato. Il “compro oro” che acquista da privati può utilizzare il regime del margine solamente nel caso in cui acquisti materiale non da rottamare. In quanto speciale, il regime si caratterizza per la struttura derogatoria rispetto alle regole generali vigenti in materia di Imposta sul Valore Aggiunto, anche al fine di perseguire la ratio suindicata. Lo scopo del reverse charge è, infatti, impedire la detrazione dell'IVA sugli acquisti e combattere le frodi “carosello”, evitando che l'acquirente detragga l'imposta anche in mancanza di versamento da parte del fornitore; e ciò proprio sulla base delle fatture emesse dalla società contribuente.