Documents - 10 citing "COSTITUZIONE"

obbligo di motivazione degli atti impositivi, fattura, merci giacenti, rivendita, fatturato della società, scritture contabili obbligatorie, dichiarazioni
Muovendo da tali coordinate ermeneutiche gli atti di accertamento in questione ( accertamenti di tipo analitico-induttivo con specificazione dell’ imponibile accertato, delle aliquote applicate, delle imposte liquidate) presentano un grado di determinatezza ed intelligibilità tali da permettere agli interessati un esercizio adeguato del diritto di difesa, come confermato dalle puntuali difese dispiegate dai contribuenti, già nella fase amministrativa, che attengono al vero e proprio merito della pretesa tributaria. Nella specie deve escludersi il “dolo” della società contribuente che ha, nel prosieguo della operazioni, esibito tali documenti e per altro verso appare fondata la contestazione secondo cui l'Amministrazione finanziaria era a conoscenza della tenuta delle scritture contabili presso lo studio professionale incaricato, trattandosi di dato risultante dall’ Anagrafe Tributaria.
contribuente, amministrazione finanziaria, diritto alla detrazione, fattura
Sull'invocata richiesta di nullità della sentenza per carenza ed erroneità della motivazione si nutrono molteplici perplessità. L'obbligo di motivare la sentenza trova la sua fonte direttamente nella legge; la ratio di tale incombenza va ricercata essenzialmente nella necessità di rendere controllabile la decisione, quale atto conclusivo del processo, ad opera delle parti e dei Giudici del riesame nel caso di impugnazione e va correlata ai principi di legalità, che vuole i Giudici soggetti solo alla legge, e di effettività del diritto di difesa. Oggetto del giudizio tributario è l'impugnativa da parte del contribuente di atti fi impositivi di un tributo o di una sanzione o di altri atti relativi ad operazioni di cui il contribuente sostiene la illegittimita per i motivi che devono essere specificamente indicati a pena di inammissibilità e che possono riguardare questioni di merito concernenti l'assenza di presupposti di fatto previsti dalla legge oppure l'errata applicazione o interpretazione di una norma giuridica. Anche la Corte di Cassazione, in diverse pronunce, ha precisato che l'obbligo di motivazione dell'atto impositivo “persegue il fine di porre il contribuente in condizioni di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli sia di valutare l'opportunità di esperire l'impugnazione giudiziale, sia in caso positivo, di contestare efficacemente l'an e il quantum debeatur. Detti elementi conoscitivi devono essere forniti all'interessato non solo tempestivamente (e cioè inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo) ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilita che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso “ ( Cassazione 5842/2006; 25064/2006; 23009/2009 ). [...] Nel caso di specie la motivazione, anche se non condivisa dall'Ufficio, è congrua e sufficiente ad espletare il ragionamento del giudicante e ad esprimere l'iter argomentativo da lui seguito offrendo anche ai contendenti, contribuente ed Ufficio, l'opportunità di determinarsi in ordine alla facoltà di insistere ulteriormente nelle proprie richieste. Ne fa prova, oltre alla ricca esposizione in sentenza dei fatti e delle ragioni, anche la ridondanza di esposizione, a volte anche romanzata del contribuente, il quale prendendo spunto proprio dalla sentenza (varie prospettazioni dell'inerenza nel diritto tributario) ha allestito idonea difesa a proprio favore, con ciò dimostrando di conoscere nel dettaglio le motivazioni che hanno portato all'adozione dell'avviso di accertamento impugnato, che riporta esattamente le risultanze del verbale dal quale è scaturito. [...] Si concorda, pertanto, con tale impostazione nel senso che siffatto onere grava sull'Amministrazione, la quale dovrà comprovare la non inerenza dei costi astrattamente riconducibili all'attività commerciale. [...] Eventualmente, ave ne sussistano i presupposti, potrebbe essere attivata l'operazione di rimborso. Sulla base di quanto rilevato, si ritengono, pertanto, prive di pregio le conclusioni sul punto sia dei Giudici di prime cure che di parte contribuente, perché non conclusive per la risoluzione del problema all'esame.[...]
Intitolazione: Contenzioso - Conciliazione giudiziale ed extragiudiziale - Esame e definizione preventiva della controversia - Perfezionamento della conciliazione - Con la conciliazione si esaurisce il rapporto e ne sorge un altro sulla base. dell'accordo conciliativo.
L'estinzione del giudizio pronunciata l'DD-MM-13 produce come effetto o la definitività dell'atto impugnato o, come nel caso de quo, il sorgere di un nuovo rapporto sulla base di un accordo conciliativo. [...] L'inadempimento non può far rivivere un rapporto estinto ed anzi obbliga l'Ufficio al recupero delle somme non riscosse. La conciliazione giudiziale è equiparabile ad una transazione con la quale le parti, facendosi reciproche concessioni, hanno posto fine alla lite. [...] Il pagamento, come giustamente rilevato dall'appellato, è relativo alla fase esecutiva e la sua omissione non incide sulla validità dell'accordo che definisce la lite ed esaurisce il rapporto. L'incostituzionalità della norma non retroagisce fino a travolgere rapporti già definitivi.[...]
contribuente, corrispondenza
Tuttavia, nel caso qui in esame, la Comm/ne non può esercitare il suo potere sostitutorio in quanto il contribuente non proponeva fra i motivi d’appello alcuna questione di merito che potrebbe giustificare l'accoglimento del ricorso contro l’intimazione. [...] Inoltre ( Cass. 2.9.2013 n. 20064 ) “qualora la sentenza impugnata, nel definire il giudizio, abbia deciso esclusivamente una questione preliminare di rito (nella specie dichiarando improcedibile l’opposizione a decreto ingiuntivo, per tardività di costituzione dell’opponente), sebbene l’appellante possa limitarsi a riproporre, ai sensi dell’ art. 346 cod. proc. civ. , la domanda non esaminata, non è tuttavia sufficiente, ad evitare la declaratoria di inammissibilità dell’appello, un generico richiamo al precedente giudizio di primo grado, privo di ogni rinvio alle difese ed ai contenuti della domanda di merito posta al giudice di primo grado”. [...] Infatti risulta dagli atti che il DD. MM.2016 non era possibile al portalettere consegnare al contribuente, assente dalla sua residenza, la corrispondenza raccomandata costituente notificazione della intimazione. [...] Risulta pertanto irrilevante, ai fini della decorrenza dei termini per l’impugnazione, la successiva data dell’effettivo ritiro della corrispondenza (DD. MM.2016) da parte del contribuente.[...]
RIMBORSO, contribuente, acquisto di beni e servizi, diritto alla detrazione, attività imponibili, acquisti di beni, detrazioni, soggetto passivo, imposta sul valore aggiunto
L’indetraibilita dell'IVA sugli acquisti da parte di chi ha effettuato una prestazione esentata, generando un’IVA occulta sul consumatore finale, sarebbe a suo dire lesiva dei principi sanciti dagli artt. 3, 10, 23, 35, 53 della Costituzione Italiana. L’ art. 10 DPR 633/72 fornisce un elenco tassativo delle operazioni esenti dall’imposta IVA e al comma 1 n. 18 sono contemplate “le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza...”. [...] Pertanto, ai fini del riconoscimento della detraibilità dell’IVA sugli acquisti, è presupposto necessario che le operazioni effettuate siano da un lato agevolmente riconducibili all’oggetto dell’attività svolta dall’impresa o dal professionista, dall’altro, che non rientrino nelle ipotesi di deroga di cui al co. 2 dell’art. 19 in esame. Nel successivo comma 5 dell’art. 19 viene stabilito il principio del pro-rata, secondo il quale in presenza di attività imponibili e di attività esenti la detrazione non è disciplinata in base all’utilizzo concreto dei beni e dei Servizi acquistati, essendo invece prevista una percentuale forfettaria di detrazione che è applicata a tutti gli acquisti, calcolata con i criteri dettati dal successivo art. 19 bis. Del resto, il comma 2 dell’art. 19 bis individua espressamente talune operazioni che non influenzano la percentuale di detraibilità e tra queste non rientrano le operazioni esenti di cui all’art. 10, co. 1 nn. 18 e 19. [...] Se così fosse il citato art. 17 conterebbe disposizioni inapplicabili: un problema di deducibilità dell’IVA assolta su acquisti destinati ad attività esenti neanche si porrebbe, in quanto gli stessi acquisti dovrebbero essere necessariamente esenti, secondo la tesi dell’appellante. [...] Quanto alla dedotta violazione del divieto di aiuti di Stato e del principio di non discriminazione tra operatori comunitari, non può assolutamente ritenersi che la applicabilità dell'IVA alle prestazioni sanitarie erogate, prevista in alcuni paesi comunitari, con diritto alla detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti a monte delle stesse, integri ex sé un aiuto di Stato o trattamento di favore, a prescindere cioè da un completo esame e comparazione dei rispettivi trattamenti fiscali nelle legislazioni di settore dei diversi ordinamenti, soprattutto per quanto riguarda la eventuale deducibilità fiscale del corrispettivo della prestazione sanitaria (in Italia riconosciuta come è noto al 19%), anch’essa evidentemente in grado di incidere il costo netto della prestazione per il consumatore finale, non diversamente dal riversamento dell'IVA da parte del professionista (e, in ipotesi, di compensarlo in tutto o in parte). Invece, rispetto agli operatori pubblici interni, che vedono ripianate le perdite a carico del bilancio pubblico, l’argomento prova troppo, perché investe la stessa ammissibilità di un sistema di concorrenza tra soggetti privati e servizio pubblico non operante secondo criteri di pura economicità: la indetraibilità dell'IVA sugli acquisti rappresenta, infatti, per entrambi un costo (non diverso, ai fini della ripianabilità o meno delle perdite a carico del bilancio pubblico, dagli altri costi sostenuti), per cui non può ravvivarsi una discriminazione nella stessa diversità strutturale e funzionale dell’operatore concorrente (pubblico o privato), immanente a tutto l’ordinamento sanitario, discriminazione che investirebbe allora in radice la legittimità stessa della loro concorrenza nel settore, trascendendo 1 limiti della prospettazione del contribuente.[...]
Intitolazione: Contraddittorio nei tributi armonizzati - principio generale comunitario diretta applicabilità diritto europeo.
In tema di tributi armonizzati quali quelli di cui al presente procedimento e applicabile il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite della Cassazione, nella sentenza n. 24823/2015, laddove si riconosce resistenza di un generalizzato diritto del contribuente al contraddittorio endoprocedimentale con riferimento ai tributi ed. "armonizzati". [...] Orbene alle considerazione sopra esposte va aggiunto che il contraddittorio endoprocedimentale in ambito tributario realizza la partecipazione del contribuente all'attività di accertamento fiscale e consiste nel diritto del destinatario del provvedimento di poter addurre le proprie ragioni in ordine agli elementi che l'Amministrazione finanziaria intende porre a fondamento dell'atto impositivo cosicché la stessa amministrazione dovrà non solo valutare le osservazioni del contribuente ma congruamente motivare le ragioni per le quali non ha ritenuto di accogliere le deduzioni proposte e ciò a maggior ragione si verifica allorquando le deduzioni sono tratte unilateralmente dalla documentazione acquisita ovvero esibita dal contribuente che deve essere posto nella condizione di dare spiegazioni sulle ragioni che lo hanno indotto ad effettuare le sue scelte. Orbene nell'ordinamento europeo l'obbligo del contraddittorio endoprocedimentale costituisce, nell'ambito del procedimento amministrativo e tributario, un principio fondamentale, espressivo del diritto di difesa, trovando la propria fonte normativa nell' art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell' Unione Europea, rubricato come"diritto ad una buona amministrazione". Tale garanzia comporta, da un lato, "il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio": dall'altro, "l'obbligo per l'amministrazione di motivare le proprie decisioni" (art. 41 cit). La Corte di Giustizia ha precisato che il principio in parola deve trovare applicazione ogni qualvolta l'Amministrazione finanziaria si proponga di adottare un provvedimento lesivo per il contribuente, in modo tale che quest'ultimo, pena la caducazione del provvedimento stesso, sia posto preventivamente nella condizione di far valere le proprie osservazioni, in ordine agli elementi sui quali l'Ufficio intende fondare la propria decisione. Nell'ordinamento unionale, pertanto, il principio del contraddittorio in ambito tributario prescinde dalla natura del tributo e deve trovare applicazione ogni qualvolta l'amministrazione sulla base della documentazione esibita ritenga dovere dare alla stessa documentazione interpretazione diversa da quella data dal contribuente invitandolo, come detto fornire nel corso del contraddittorio le ragioni della propria scelta. Dall'esame del complesso di norme emergerebbe con estrema chiarezza che la pretesa tributaria trova legittimità nella formazione procedimentalizzata di una"decisione partecipata", mediante la promozione (anche) nella fase endoprocedimentale del contraddittorio tra amministrazione e contribuente, realizzandosi, in tal modo, il diritto di difesa ex art. 24 Cost. e il buon andamento dell'amministrazione, presidiato dall' art. 97 Cost.. Una tale interpretazione è tanto più rafforzata dal fatto che l'Agenzia delle Entrate ha opportunamente avviato un'opera di sensibilizzazione dei propri apparati, orientandoli verso un generalizzato riconoscimento al contribuente del principio di partecipazione al procedimento tributario e, quindi, al contraddittorio preventivo. [...] Deve, pertanto, darsi atto di una accelerata evoluzione dell'ordinamento nel suo insieme in favore del riconoscimento della cittadinanza del principio del contraddittorio endoprocedimentale anche nell'ordinamento tributario, quale misura di buona amministrazione.[...]
cooperativa, sede legale, pagamento dell'accisa, trattamento fiscale, energia elettrica, imposta sul valore aggiunto, soggetto obbligato
Ebbene, l' art. 2, comma 2, del D.lgs. 16 marzo 1999, n. 79 ("Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica") definisce"autoproduzione" la destinazione dell'energia prodotta da una"società cooperativa di produzione e distribuzione di energia elettrica" all'uso dei soci della cooperativa stessa. [...] D'altro canto, ai sensi dell' art. 2511 c.c."le cooperative sono società a capitale variabile con scopo mutualistico". Lo scopo prevalente dell'attività d'impresa di una società cooperativa consiste nel fornire beni o servizi od occasioni di lavoro direttamente ai membri dell'organizzazione imprenditoriale a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle rinvenibili sul mercato, con conseguente tendenziale coincidenza tra i soci che usufruiscono dei beni o servizi prodotti dall'impresa sociale e l'impresa sociale cooperativa stessa. [...] Quindi, dal punto di vista civilistico vi è più di un indice normativo in base al quale considerare le Cooperative Elettriche Storiche come la ricorrente"imprese di autoproduzione". Tale qualificazione civilistica ben può essere applicata in via analogica all'ambito tributario, non essendovi, nella disciplina in esame (l'art. 52, comma 2, lett. b, del TUA), alcun riferimento normativo che induca ad accogliere una diversa, speciale definizione di"impresa di autoproduzione" rilevante ai fini tributari in questione. [...] Si tratta, secondo il Collegio, di un dato meramente formale, di per sé inidoneo ad abbattere l'identificazione sostanziale tra soci e cooperativa. [...] Si ritiene, pertanto, che ricorrano tutti i presupposti per l'applicazione dell'esenzione dall'accisa ai sensi dell' art. 52, comma 3, lett. b, del D.lgs. n. 504/1995 e che quindi vada accolto il ricorso avverso i suindicati avvisi di accertamento riguardanti l'IVA afferente l'accisa non versata.[...]
Contribuente, amministrazione finanziaria, delegato, accertamento induttivo, reddito, studi di settore, percentuale di ricarico medio, fattura, prestazione di servizi, operazioni imponibili
Osserva che l'accertamento impugnato è di tipo analitico-induttivo ex art. 39 co. 1 d.p.r. 600/73, per il quale non è previsto il contraddittorio preventivo. [...] Nel caso in esame, poiché la ricorrente risulta essere stata avvisata dell'accertamento avviato a suo carico e invitata a produrre la relativa documentazione, non è ravvisabile alcuna violazione del diritto di difesa. [...] Evidenzia che l'accertamento induttivo è stato motivato con la scarsa redditività e l'inattendibilità dei dati dichiarati nello studio di settore, anche dopo il riscontro con la ricostruzione-accertamento ex art. 39 co. 1 lett. d) D.P.R. 600/73. [...] A pag. 4 riga 7 dell'avviso l'Ufficio ha scritto testualmente:"il comportamento posto in essere alla ditta determina l'applicazione della sanzione per infedele indicazione dei dati nello studio di settore in violazione dell' art. 3 del D.P.R. n. 195/1999. Le anomalie indicate nei punti di cui sopra costituiscono elementi, dati e notizie tali da giustificare, da parte dell'ufficio, l'adozione di un procedimento induttivo di ricostruzione dei ricavi conseguiti nell'esercizio dell'attività d'impresa e delle operazioni imponibili ai sensi dell'articolo 39 comma 2 del d.p.r. 600 e art. 54 del d.p.r. n. 633/72, così come pacificamente riconosciuto da costante orientamento giurisprudenziale". Appare evidente da quanto sopra riportato che l'accertamento è stato fondato non sull'inattendibilità delle scritture contabili della ricorrente (in relazione alle quali non sono mossi rilievi) ai sensi dell' art. 39 co. 1 lett. d) d.p.r. 309/90, ma proprio sull'erronea/infedele indicazione di dati nello studio di settore, ai sensi dell' art. 39 co. 2 d.p.r. 600/73.[...]
ammontare complessivo, importazione di beni o servizi, prestazioni esenti, diritto alla detrazione, doppia imposizione, cessione di beni, prestazione di servizi, rivendita, acquisti di beni, importazione di beni e servizi, soggetto passivo, imposta sul valore aggiunto, diritto a detrazione
Si deve preliminarmente osservare che la sentenza n. 355 del 13 gennaio 2010 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (richiamata nelle controdeduzioni e appello incidentale dell'Agenzia delle Entrate) ha accolto un motivo"con il quale, nella sostanza, l'Agenzia contesta, oltre la legittimazione attiva sostanziale, della società, anche la titolarità in capo a questa del diritto al rimborso" sulla base di valutazioni afferenti il merito della vicenda e non la questione preliminare. Pertanto, il contenuto della decisione richiamata non si profila decisivo per la soluzione della questione. [...] Essa, infatti, è stata proposta per la prima volta nella memoria integrativa depositata dinnanzi alla Commissione Provinciale di Reggio Emilia dopo la costituzione dell’ Agenzia delle Entrate e non ricorrono i presupposti indicati nell'art. 24 c. II D.Lgs 546/92 ("deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione"). [...] Ne discende che -in forza dell'interpretazione autentica data dalla Corte di Giustizia e recepita dalla Corte di Cassazione- non si giustifica il rimborso dell'imposta versata per l'acquisto di beni o servizi destinati in modo esclusivo all'esercizio di un'attività esentata, ancorché esclusi dal diritto a detrazione, non essendo il diritto al rimborso desumibile neppure dalla sentenza 25 giugno 1997, in causa C-45/95, con cui la Corte si è limitata ad accertare l'inadempimento della Repubblica Italiana agli obblighi derivanti dalla medesima disposizione, senza avallare un'interpretazione diversa da quella successivamente fornita con la predetta ordinanza. Dato che la linea interpretativa adottata dalla Suprema Corte è stata dettata proprio dall'applicazione dei principi dettati dal predetto organo giurisprudenziale comunitario, non sussistono motivi per investire della questione la Corte di Giustizia sul punti indicati nelle lettere A), B) e C) dell'atto di impugnazione, come richiesto dall'appellante in via principale.[...]