regime del margine, natura dei beni, esenzione, riparazione, oggetti d'arte, inversione contabile, cessioni imponibili, oro da investimento, territorio dello Stato, rivendita
Sicché, ove l'impresa acquirente operi esclusivamente nel settore del recupero dei metalli preziosi e non svolga attività di commercializzazione di gioielli, l'imposta sugli acquisti di rottami d’oro, destinati ad essere sottoposti al procedimento industriale di fusione e successiva affinazione per il recupero del materiale prezioso contenuto, soggiace alla procedura prevista dall'art. 17, comma 5, del D. P. R. n. 633 del 1972 (il cosiddetto reverse charge appunto), procedura che non è facoltativa, ma risulta dunque essere obbligatoria. In altre parole, si deve distinguere tra vendita da parte del- «Compro oro», con cessione al soggetto autorizzato di materiale in oro da rottamare e il caso diverso di vendita di parti di gioielli da riutilizzare senza rottamazione. Nel primo caso il reverse charge non è una facoltà, ma è obbligatorio. Nel secondo caso il reverse charge non deve e non può mai essere utilizzato. Il “compro oro” che acquista da privati può utilizzare il regime del margine solamente nel caso in cui acquisti materiale non da rottamare. In quanto speciale, il regime si caratterizza per la struttura derogatoria rispetto alle regole generali vigenti in materia di Imposta sul Valore Aggiunto, anche al fine di perseguire la ratio suindicata. Siffatte risultanze escludono che potesse e possa farsi applicazione del regime del margine, la cui applicazione sarebbe stata possibile solo ove si fosse concretamente accertato, tramite verifica fiscale presso la fonderia cessionaria, il concreto utilizzo e destinazione dei beni, al di là della qualificazione merceologica indicata nelle fatture dalla cedente. La destinazione del prezioso al processo di lavorazione; da parte del cessionario è dunque condizione essenziale, nonché unica circostanza che consente di assimilare l'acquisto di oro “usato” a quello di oro “industriale”, soggetto, ex art. 17, comma 5 del D. P. R. n. 633/1972, al meccanismo del reverse charge, non rilevando a tal fine la natura dei beni sottoposti a lavorazione e trasformazione, potendo riguardare non solo rottami in senso stretto, ma qualsiasi bene di “oro usato”, a prescindere dalle condizioni in cui si trova. Se ne deduce che - in materia di applicabilità del regime di reverse charge alle cessioni di oro, usato - si deve aver riguardo alla destinazione finale dell'oggetto venduto...nonché vall’attività del soggetto cessionario, che deve essere o esclusivamente finalizzata al processo di fusione e affinazione chimica del materiale prezioso e non anche alla commercializzazione dell'usato. Laddove è dimostrato che l’attività consiste nell'acquisto’ di oggetti preziosi usati da privati cittadini e nella successiva rivendita direttamente alle fonderie specializzate nel recupero di metalli preziosi, il cedente diviene soggetto obbligato ad emettere la relativa fattura di cessione ai sensi e per gli effetti del citato art. 17.
regime del margine, cessioni di beni, beni mobili, riparazione, prezzo di vendita, inversione contabile, cessioni imponibili, oro da investimento, soggetto passivo, territorio dello Stato, fattura, frode fiscale, oggetti preziosi usati, rivendita, soggetto obbligato, acquisto dei beni, contabilità
In altre parole, si deve distinguere tra vendita da parte del «Compro oro», con cessione al soggetto autorizzato di materiale in oro da rottamare e il caso diverso di vendita di parti di gioielli da riutilizzare senza rottamazione. Nel primo caso il reverse charge non è una facoltà, ma è obbligatorio. Nel secondo caso il reverse charge non deve e non può mai essere utilizzato. Il “compro oro” che acquista da privati può utilizzare il regime del margine solamente nel caso in cui acquisti materiale non da rottamare. In quanto speciale, il regime si caratterizza per la struttura derogatoria rispetto alle regole generali vigenti in materia di Imposta sul Valore Aggiunto, anche al fine di perseguire la ratio suindicata. Lo scopo del reverse charge è, infatti, impedire la detrazione dell'IVA sugli acquisti e combattere le frodi “carosello”, evitando che l'acquirente detragga l'imposta anche in mancanza di versamento da parte del fornitore; e ciò proprio sulla base delle fatture emesse dalla società contribuente.
prezzo di vendita, AVVISO DI ACCERTAMENTO, imposta sul valore aggiunto, fattura, operazioni oggettivamente inesistenti, cessione di beni, percentuale di ricarico medio
Tanto anche in considerazione del fatto che la merce del valore di € 74.056, 00=/ è stata ceduta al prezzo di soli € 4.000, 00=/ . Sulla scorta di tutto quanto innanzi l’Ufficio, ai fini della rideterminazione dei redditi di impresa ha proceduto, sulla scorta di Processo Verbale di Constatazione, ad una rettifica analitico- induttiva ex art. 39 comma 1 lett. d) DPR n. 600 del 1973 determinando una percentuale di ricarico medio — ponderato attraverso il confronto tra il costo di acquisto ed il prezzo di vendita delle diverse tipologie di capi di abbigliamento attraverso il relativo campionamento delle merci. Tale scelta deve ritenersi legittima nella misura in cui risponde a canoni di coerenza logica e congruità esplicitati dall’ Ufficio.
liquidazione, fattura, spesa, fallimento, prezzo di vendita, perizie, finanziamento, controllo contrattuale, censura
Né le errate conclusioni cui è giunta la perizia bancaria devono sorprendere, tenuto conto che risulta come la perizia stessa sia stata redatta senza alcun sopralluogo nell’immobile; non abbia tenuto conto che l'immobile stesso rientra nella categoria di edilizia popolare, come emerge anche dalla documentazione fotografica depositata nel ricorso introduttivo; indichi valori completamente distonici rispetto agli immobili similari compravenduti nel medesimo complesso e non contestati dall’ Agenzia. D’altro canto, l’esistenza di perizie bancarie approssimative è una realtà ben nota agli addetti ai lavori, e almeno in parte all’origine della crisi finanziaria del 2008 in ragione della concessione di finanziamenti non fondati su adeguate garanzie. [...] • Infatti, nell’accertamento l'Ufficio ha sostenuto unicamente l’ipotesi del controllo di diritto, e quindi la censura in ordine al controllo di fatto è inammissibile perché nuova rispetto a quanto contestato nella fase pregiudiziale; in ogni caso, trattasi di censura infondata nel merito, atteso che il controllo di fatto si avrebbe, da parte di un socio qualificato pur se senza la maggioranza del capitale, nella situazione di polverizzazione del capitale o assenteismo degli altri soci, mentre nel caso che qui occupa nessuno di tali due presupposti è sussistente. Né può parlarsi di influenza dominante per controllo contrattuale ex art. 2359 n. 3 c.c., nulla essendo al riguardo stato concretamente dedotto dall’Ufficio con riferimento a possibili vincoli contrattuali tra le società. [...] • La censura non coglie però nel segno. [...] • Nel merito, poi, tale prelievo può essersi reso necessario per molteplici ragioni (ragionevolmente, l’appellante incidentale ipotizza ad esempio costi per pagare il notaio o l'arredo dell’immobile), e non può quindi essere considerato elemento da solo idoneo a fondare la presunzione, ex art. 2729 c.c., che sia stato effettuato un pagamento in nero ed extracontabile.[...]
contribuente, domicilio fiscale, contabilità, fattura, controllo fiscale, dichiarazioni, prelievi, periodo di riferimento, modalità di pagamento
L'accertamento eseguito dall'Ufficio deve essere pienamente condiviso. [...] • Questi elementi da soli forniscono senza ulteriori considerazioni la prova che la fattura è assolutamente non inerente e certamente non credibile. [...] • Si sottolinea inoltre, che la fattura non rispetta i requisiti prescritti dall' art. 21 comma 2 del DPR 633/72 in quanto la stessa risulta estremamente generica. La giurisprudenza di merito ha ormai consolidato il principio secondo cui l'onere della prova circa l’esistenza dei fatti che danno luogo a oneri e costi deducibili, ivi compresi i requisiti dell'inerenza e dell’imputazione ad attività produttive di ricavi, incombe sul contribuente tale onere al fine di potere dedurre i relativi costi. Nel caso di specie i motivi dianzi riportati il contribuente non ha offerto nessuna prova concreta. [...] • Su questo si osserva che si deve condividere la circostanza dedotta dal giudice di prime cure per cui deve essere il contribuente, ove sia contestata la inerenza e verità della rappresentazione ricavabile dal documento contabile, a dare la dimostrazione della fondatezza e della correttezza del comportamento tenuto. Tale prova bene potrebbe essere fornita anche per via indiziaria ai sensi dell’ art. 2729 c.c.. [...] • Rilevanti ai fini di questo giudizio sarebbero stati: documenti dai quali risultasse uno stato di consistenza dell’utilizzo dei mezzi e cioè una effettiva indicazione di quante fossero state le ore e quali fossero stati i cantieri nei quali i mezzi erano utilizzati. Tali documenti sono usuali nei lavori pubblici ai fini della dimostrazione delle quantità di lavoro effettivamente eseguite; documentazione (che certamente sarebbe dovuta esistere) nella quale il contribuente indicasse nei confronti dei propri committenti (C G etc. ) dei lavori fatti e dell’utilizzo dei mezzi dei quali si tratta; una coerenza per somme e per tempi tra i prelievi bancari e il costo sopportato (anche a non voler considerare l’obbligo di effettuare pagamenti tracciabili con idonei strumento bancario). In assenza di siffatti elementi, che in via presuntiva avrebbero potuto fare giungere questo giudice a conclusioni diverse in via logica, si deve confermare l’esito cui è giunta la commissione provinciale.[...]
contribuente, domicilio fiscale, contabilità, fattura, controllo fiscale, dichiarazioni, prelievi, periodo di riferimento, modalità di pagamento
L'accertamento eseguito dall'Ufficio deve essere pienamente condiviso. [...] • Questi elementi dà soli forniscono senza ulteriori considerazioni la prova che la fattura è assolutamente non inerente e certamente non credibile. [...] • Si sottolinea inoltre, che lafattura non rispetta i requisitiprescritti dall' art. 21 comma 2 del DPR 633/72 in quanto la stessa risulta estremamente generica. La giurisprudenza di merito ha ormai consolidato il principio secondo cui l'onere della prova circa l'esistenza deifatti che danno luogo a oneri e costi deducibili, ivi compresi i requisiti dell'inerenza e dell'imputazione ad attivitàproduttive di ricavi, incombe sul contribuente tale onere alpne di potere dedurre i relativi costi. Nel caso di specie i motivi dianzi riportati il contribuente non ha oflerto nessuna prova concreta. [...] • Su questo si osserva che si deve condividere la circostanza dedotta dal giudice di prime cure per cui deve essere il contribuente, ove sia contestata la inerenza e verità della rappresentazione ricavabile dal documento contabile, a dare la dimostrazione della fondatezza e della correttezza del comportamento tenuto. Tale prova bene potrebbe essere fornita anche per via indiziaria ai sensi dell' art. 2729 C.C. [...] • Rilevanti ai fini di questo giudizio sarebbero stati: documenti dai quali risultasse uno stato di consistenza dell'utilizzo dei mezzi e cioè una effettiva indicazione di quante fossero state le ore e quali fossero stati i cantieri nei quali i mezzi erano utilizzati. Tali documenti sono usuali nei lavori pubblici ai finidella dimostrazione delle quantità di lavoro effettivamente eseguite; (che certamente sarebbe dovuta esistere) nella auale il contribuente indicasse nei confronti dei propri committenti (CESI Gama etc. ) dei lavori fatti e dell'utilizzo dei mezzi dei quali si tratta; una coerenza per somme e per tempi tra i prelievi bancari e il costo sopportato (anche a non voler considerare l'obbligo di effettuare pagamenti tracciabili con idonei strumento bancario). In assenza di siffatti elementi, che in via presuntiva avrebbero potuto fare giungere questo giudice a conclusioni diverse in via logica, si deve confermare l'esito cui è giunta la commissione provinciale.[...]
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