Documents - 46 citing "REGIO DECRETO 16 marzo 1942, n. 262 – Approvazione del testo del Codice civile (artt. 2563-2574 – Marchio, ditta e insegna; artt. 2584-2594 – Brevetto; artt. 2598-2601 – Concorrenza sleale)"

regime del margine, natura dei beni, esenzione, riparazione, oggetti d'arte, inversione contabile, cessioni imponibili, oro da investimento, territorio dello Stato, rivendita
Sicché, ove l'impresa acquirente operi esclusivamente nel settore del recupero dei metalli preziosi e non svolga attività di commercializzazione di gioielli, l'imposta sugli acquisti di rottami d’oro, destinati ad essere sottoposti al procedimento industriale di fusione e successiva affinazione per il recupero del materiale prezioso contenuto, soggiace alla procedura prevista dall'art. 17, comma 5, del D. P. R. n. 633 del 1972 (il cosiddetto reverse charge appunto), procedura che non è facoltativa, ma risulta dunque essere obbligatoria. In altre parole, si deve distinguere tra vendita da parte del- «Compro oro», con cessione al soggetto autorizzato di materiale in oro da rottamare e il caso diverso di vendita di parti di gioielli da riutilizzare senza rottamazione. Nel primo caso il reverse charge non è una facoltà, ma è obbligatorio. Nel secondo caso il reverse charge non deve e non può mai essere utilizzato. Il “compro oro” che acquista da privati può utilizzare il regime del margine solamente nel caso in cui acquisti materiale non da rottamare. In quanto speciale, il regime si caratterizza per la struttura derogatoria rispetto alle regole generali vigenti in materia di Imposta sul Valore Aggiunto, anche al fine di perseguire la ratio suindicata. Siffatte risultanze escludono che potesse e possa farsi applicazione del regime del margine, la cui applicazione sarebbe stata possibile solo ove si fosse concretamente accertato, tramite verifica fiscale presso la fonderia cessionaria, il concreto utilizzo e destinazione dei beni, al di là della qualificazione merceologica indicata nelle fatture dalla cedente. La destinazione del prezioso al processo di lavorazione; da parte del cessionario è dunque condizione essenziale, nonché unica circostanza che consente di assimilare l'acquisto di oro “usato” a quello di oro “industriale”, soggetto, ex art. 17, comma 5 del D. P. R. n. 633/1972, al meccanismo del reverse charge, non rilevando a tal fine la natura dei beni sottoposti a lavorazione e trasformazione, potendo riguardare non solo rottami in senso stretto, ma qualsiasi bene di “oro usato”, a prescindere dalle condizioni in cui si trova. Se ne deduce che - in materia di applicabilità del regime di reverse charge alle cessioni di oro, usato - si deve aver riguardo alla destinazione finale dell'oggetto venduto...nonché vall’attività del soggetto cessionario, che deve essere o esclusivamente finalizzata al processo di fusione e affinazione chimica del materiale prezioso e non anche alla commercializzazione dell'usato. Laddove è dimostrato che l’attività consiste nell'acquisto’ di oggetti preziosi usati da privati cittadini e nella successiva rivendita direttamente alle fonderie specializzate nel recupero di metalli preziosi, il cedente diviene soggetto obbligato ad emettere la relativa fattura di cessione ai sensi e per gli effetti del citato art. 17.
ristorante, gestione, metodologia analitico induttiva, vendita, vino, acquisto, settore enoteca, percentuale di ricarico ponderata, meccanismo di evasione
Prive di pregio appaiono le reiterate eccezioni circa l'illegittimità dell'atto, in ragione dell'avvenuto annullamento, in autotutela, di un precedente accertamento avente identica ricostruzione induttiva dei ricavi. Orbene, la ricostruzione operata dall'Ufficio muove da dati contabili certi e dall'analisi di elementi collaterali di riscontro, non disattesi dalla parte, rimasta inerte a fornire chiarimenti in merito, così come richiesti con apposito questionario. In presenza di fatture generiche e di omessa documentazione sui prezzi praticati, e dunque, nell'impossibilità di quantificare una percentuale di ricarico ponderata, l'Ufficio ha fatto riferimento alla media dei ricarichi minimi previsti dagli studi di settore, presentati dal contribuente per gli anni d'imposta dal 2000 al 2003, risultando congrui i ricavi in essi dichiarati. Il procedimento utilizzato poggia, pertanto, su indiscussi elementi probatori e sulla verificata incongruenza dei ricavi, ricostruiti attingendo alla sottostante documentazione fiscale e, per quanto non prodotto, ai dati contabili e strutturali dichiarati dallo stesso contribuente, il quale, come ben rilevato dai giudici di prime cure, si è limitato a sollevare meri"dubbi" sull'accertamento ma non ha provato, pur essendovi tenuto, "a dimostrare l'erroneità degli elementi contabili indicati nell'avviso ed utilizzati per il calcolo”. L'evoluzione dei fatti e i vari passaggi in cui si è articolata la ricostruzione dei maggiori ricavi, nonché gli elementi probatori posti alla base della maggiore pretesa impositiva manifestata dall'Ufficio finanziario appare idonea a rilevare, in modo puntuale, il meccanismo di evasione posto in essere dall'impresa verificata che non ha fornito contrari e adeguati elementi probatori.
beni mobili, rivendita, acquisto, ammortamento, onere di provare, recupero di IRES ed IRAP, contratto, fornitura di servizi, entità economica
Pertanto, il presente giudizio verte semplicemente sulla seconda parte dell'atto di accertamento relativa al recupero di IRES ed IRAP. Ora, dagli atti di causa risulta con chiarezza che. i beni acquistati dalla società G SDA srl non siano idonei a rappresentare la cessione di un ramo di azienda. Per quanto riguarda invece i beni mobili, erano state ceduti esclusivamente le scaffalature e non prodotti destinati alla rivendita. Inoltre, dalle cessioni erano stati esclusi i debiti ed i crediti rimasti, insieme ai contratti di fornitura e somministrazione, in capo alle venditrici.
riserve, contratto, risarcimento, contraente generale, base imponibile, accordo bonario, rischio, penalità, forza maggiore
La giurisprudenza, di merito e di legittimità, evidenzia come tutte le somme percepite dal soggetto prestatore - qualunque ne sia la natura — in forza della prestazione eseguita, sono da assoggettare ad IVA, con la sola esclusione di quelle aventi carattere risarcitorio (interessi moratori e penalità per i ritardi o altre irregolarità), determinate dall’inadempimento degli obblighi del committente. In tal senso, le somme richieste dall’appaltatore a titolo di riserve trovano presupposto giuridico e sostanziale nell’esecuzione del contratto di appalto. Pertanto, in linea di principio, le stesse riserve si traducono in maggiori compensi la cui percezione rileva ordinariamente ai fini IVA. La necessaria riconduzione nell’ambito applicativo dell'imposta sul valore aggiunto dell’importo de quo deriva dalla circostanza che le “riserve” equivalgono a richieste di maggiori corrispettivi che, in corso di esecuzione di un contratto di appalto, l’appaltatore ha avanzato nei confronti della stazione appaltante, in base alle modalita ed ai termini di legge, al fine specifico di ottenere dal concedente una revisione in aumento del prezzo contrattualmente pattuito, tale da essere idonea a compensare i maggiori oneri connessi ad un anomalo andamento dei lavori. Gli eventi occorsi non erano quindi imprevisti e imprevedibili, ma rientravano nella normale alea contrattuale e nel rischio a carico dell'appaltatore con la conseguenza che le somme erogate non possono essere considerate neppure come risarcimento danni derivanti dalla sopravvenienza di eventi imprevedibili. Gli eventi che hanno determinato l’anomalo andamento del cantiere e i conseguenti ritardi nell’avanzamento dei lavori rientrano nei rischi tipici dell’attività di appalto, tanto più nel caso del contraente generale che assume un ruolo rilevante nella gestione della costruzione dell’opera pubblica, al punto che questi assume un'obbligazione” di risultato che gli impone di eseguire l’opera con ogni mezzo.
contribuente, prescrizione, socio accomandatario, notifica della cartella di pagamento, tributi erariali, tributi locali
In tema di prescrizione, la Corte di Cassazione SS. UU con sentenza n. 23397/2016, pur trattando di crediti di natura previdenziale, ha stabilito un principio di carattere generale che è quello di far riferimento al termine sostanziale per ogni singolo tributo, e che la ”’conversione con effetto novativo” del termine di prescrizione ex art.2953 cod. civ. attenga soltanto al “giudicato giurisdizionale”, ipotesi che, nella fattispecie, non ricorre in quanto il ruolo esecutivo e le conseguenti cartelle di pagamento sono atti amministrativi. Da ciò consegue che, in linea di principio, la prescrizione ordinaria decennale ex art.2946 cod. civ. sl applichi ai tributi erariali (ad es. IRPEF, IRAP e IVA), in cui la prescrizione si calcola dal giorno in cui il tributo è dovuto o dal giorno dell’ultimo atto interruttivo tempestivamente notificato al contribuente.
regime del margine, cessioni di beni, beni mobili, riparazione, prezzo di vendita, inversione contabile, cessioni imponibili, oro da investimento, soggetto passivo, territorio dello Stato, fattura, frode fiscale, oggetti preziosi usati, rivendita, soggetto obbligato, acquisto dei beni, contabilità
In altre parole, si deve distinguere tra vendita da parte del «Compro oro», con cessione al soggetto autorizzato di materiale in oro da rottamare e il caso diverso di vendita di parti di gioielli da riutilizzare senza rottamazione. Nel primo caso il reverse charge non è una facoltà, ma è obbligatorio. Nel secondo caso il reverse charge non deve e non può mai essere utilizzato. Il “compro oro” che acquista da privati può utilizzare il regime del margine solamente nel caso in cui acquisti materiale non da rottamare. In quanto speciale, il regime si caratterizza per la struttura derogatoria rispetto alle regole generali vigenti in materia di Imposta sul Valore Aggiunto, anche al fine di perseguire la ratio suindicata. Lo scopo del reverse charge è, infatti, impedire la detrazione dell'IVA sugli acquisti e combattere le frodi “carosello”, evitando che l'acquirente detragga l'imposta anche in mancanza di versamento da parte del fornitore; e ciò proprio sulla base delle fatture emesse dalla società contribuente.
obbligo di motivazione degli atti impositivi, fattura, merci giacenti, rivendita, fatturato della società, scritture contabili obbligatorie, dichiarazioni
Muovendo da tali coordinate ermeneutiche gli atti di accertamento in questione ( accertamenti di tipo analitico-induttivo con specificazione dell’ imponibile accertato, delle aliquote applicate, delle imposte liquidate) presentano un grado di determinatezza ed intelligibilità tali da permettere agli interessati un esercizio adeguato del diritto di difesa, come confermato dalle puntuali difese dispiegate dai contribuenti, già nella fase amministrativa, che attengono al vero e proprio merito della pretesa tributaria. Nella specie deve escludersi il “dolo” della società contribuente che ha, nel prosieguo della operazioni, esibito tali documenti e per altro verso appare fondata la contestazione secondo cui l'Amministrazione finanziaria era a conoscenza della tenuta delle scritture contabili presso lo studio professionale incaricato, trattandosi di dato risultante dall’ Anagrafe Tributaria.
indebita detrazione, costi per carburanti, violazione che comporta obbligo di denuncia, evasione fiscale, onere probatorio, rivendita, frode fiscale, fattura
Il riferimento alla FG ed all’evasione fiscale da questa commesso, con tratti operativi comunque emergenti dalla ricostruzione dei movimenti finanziari intercorsi con la Comipar ed altre societa coinvolte, appare adeguato a considerala quale denuncia di reato. La tempestività di tale denuncia determina quindi il raddoppio del termine di accertamento e la tempestività dell’avviso impugnato. Ritiene il Collegio che, tenuto conto della ripartizione dell’onere probatorio come sopra descritta e del contenuto di tale onere sull’Ufficio (in termini indiziari e non di presunzioni gravi precise e concordanti), nella fattispecie in esame vi siano indizi più che sufficienti per ritenere plausibile non solo l’interposizione soggettiva operata dalla C a vantaggio della FG ma altresì la consapevolezza di quest’ultima della partecipazione ad una frode fiscale. L'esistenza della frode e la piena consapevolezza, pertanto, rendono legittimo l’avviso di accertamento impugnato, tanto per la ripresa fiscale relativa alle operazioni soggettivamente inesistenti quanto per le sanzioni.
operazione soggettivamente inesistente, società cartiera, fattura, onere della prova, dichiarazioni, indebito rimborso, diritto alla detrazione, controllo sostanziale
In proposito giova ricordare che l’inesistenza di un’operazione ai fini IVA (operazioni inesistenti in generale) non va riferita alla mancanza assoluta della stessa ma ad ogni divergenza tra le realtà commerciale e la sua espressione documentale ( Corte Cass. S. n. 23074/12;S. n.30 / 2007 n.1950 ; S. n.1579/ 2007)poiché per il particolare meccanismo di applicazione dell’Iva previsto dall’ art. 19 d. p. r. n.600/73 qualsiasi violazione delle norme in materia di registrazione e contabilizzazione potrebbe tradursi in un indebito rimborso e quindi non si tratta di violazioni formali, come si è verificato nel caso considerato per l’accertata (dall’Ufficio) e non validamente contestata dal contribuente inesitenza della"TI s. r. l”. Più chiaramente la detrazione dell'IVA è indebita poiché l’emissione di fatture noh è di per sé sufficiente a consentire il diritto alla detrazione, sicchè l’appellato contribuente soggetto passivo- iva, non ha diritto ad effettuare la detrazione di cui all’art. 19 d. p. r. n.633/72 in quanto le fatture provengono da soggetti “cartiere” ed incombendo sullo” stesso, per l'ifiversione delllonere della prova, l'onere della prova non ha prodotto nel caso in oggetto alcuna valida prova contraria attestante if pagamento e quindi nom ha’ contrastato Je contestazioni: di:cui all'atto impugnato.