stoccaggio, reato, acquisto, sentenza penale assolutoria, Amministrazione finanziaria, prove acquisite in sede penale, scrittura privata di acquisto, verbale di vendita immobiliare, strumenti tracciabili, assegni bancari
Al riguardo, occorre premettere che l’orientamento giurisprudenziale è nel senso che nel processo tributario, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario non spiega automaticamente efficacia di giudicato, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali 1’ Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta sentenza è destinata ad operare. Questo principio risulta più volte riproposto anche nelle sentenze di merito, nella consapevolezza che il giudice non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie, ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 cod. proc. civ. ), deve comunque procedere ad un apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli altri elementi di prova, acquisiti nel giudizio. Quanto ai pagamenti delle operazioni asseritamente inesistenti, basta rilevare che gli stessi sono stati effettuati tutti con strumenti tracciabili (assegni bancari) e che i relativi prospetti, prodotti dalla ricorrente in prime cure, non risultano oggetto di alcuna contestazione da parte dell’Ufficio.
regime del margine, natura dei beni, esenzione, riparazione, oggetti d'arte, inversione contabile, cessioni imponibili, oro da investimento, territorio dello Stato, rivendita
Sicché, ove l'impresa acquirente operi esclusivamente nel settore del recupero dei metalli preziosi e non svolga attività di commercializzazione di gioielli, l'imposta sugli acquisti di rottami d’oro, destinati ad essere sottoposti al procedimento industriale di fusione e successiva affinazione per il recupero del materiale prezioso contenuto, soggiace alla procedura prevista dall'art. 17, comma 5, del D. P. R. n. 633 del 1972 (il cosiddetto reverse charge appunto), procedura che non è facoltativa, ma risulta dunque essere obbligatoria. In altre parole, si deve distinguere tra vendita da parte del- «Compro oro», con cessione al soggetto autorizzato di materiale in oro da rottamare e il caso diverso di vendita di parti di gioielli da riutilizzare senza rottamazione. Nel primo caso il reverse charge non è una facoltà, ma è obbligatorio. Nel secondo caso il reverse charge non deve e non può mai essere utilizzato. Il “compro oro” che acquista da privati può utilizzare il regime del margine solamente nel caso in cui acquisti materiale non da rottamare. In quanto speciale, il regime si caratterizza per la struttura derogatoria rispetto alle regole generali vigenti in materia di Imposta sul Valore Aggiunto, anche al fine di perseguire la ratio suindicata. Siffatte risultanze escludono che potesse e possa farsi applicazione del regime del margine, la cui applicazione sarebbe stata possibile solo ove si fosse concretamente accertato, tramite verifica fiscale presso la fonderia cessionaria, il concreto utilizzo e destinazione dei beni, al di là della qualificazione merceologica indicata nelle fatture dalla cedente. La destinazione del prezioso al processo di lavorazione; da parte del cessionario è dunque condizione essenziale, nonché unica circostanza che consente di assimilare l'acquisto di oro “usato” a quello di oro “industriale”, soggetto, ex art. 17, comma 5 del D. P. R. n. 633/1972, al meccanismo del reverse charge, non rilevando a tal fine la natura dei beni sottoposti a lavorazione e trasformazione, potendo riguardare non solo rottami in senso stretto, ma qualsiasi bene di “oro usato”, a prescindere dalle condizioni in cui si trova. Se ne deduce che - in materia di applicabilità del regime di reverse charge alle cessioni di oro, usato - si deve aver riguardo alla destinazione finale dell'oggetto venduto...nonché vall’attività del soggetto cessionario, che deve essere o esclusivamente finalizzata al processo di fusione e affinazione chimica del materiale prezioso e non anche alla commercializzazione dell'usato. Laddove è dimostrato che l’attività consiste nell'acquisto’ di oggetti preziosi usati da privati cittadini e nella successiva rivendita direttamente alle fonderie specializzate nel recupero di metalli preziosi, il cedente diviene soggetto obbligato ad emettere la relativa fattura di cessione ai sensi e per gli effetti del citato art. 17.
beni mobili, rivendita, acquisto, ammortamento, onere di provare, recupero di IRES ed IRAP, contratto, fornitura di servizi, entità economica
Pertanto, il presente giudizio verte semplicemente sulla seconda parte dell'atto di accertamento relativa al recupero di IRES ed IRAP. Ora, dagli atti di causa risulta con chiarezza che. i beni acquistati dalla società G SDA srl non siano idonei a rappresentare la cessione di un ramo di azienda. Per quanto riguarda invece i beni mobili, erano state ceduti esclusivamente le scaffalature e non prodotti destinati alla rivendita. Inoltre, dalle cessioni erano stati esclusi i debiti ed i crediti rimasti, insieme ai contratti di fornitura e somministrazione, in capo alle venditrici.
prestazioni (servizi) dati in"outsourcing", gestione di servizi/sistemi di pagamento elettronico, gestione di carte di credito, servizi finanziari, esenzioni, operazioni finanziarie, operazioni di finanziamento
L'esenzione ex art. 13, parte B, lett. d), punti 3 e 5, della sesta direttiva 77/388 non è poi soggetta, secondo la detta giurisprudenza eurounitaria, alla condizione che la prestazione sia effettuata da un istituto di credito che intrattenga rapporti con il cliente finale della banca. Non osta, infatti, all' esenzione di un'operazione il fatto che quest' ultima, sia effettuata da un terzo, ma si presenti per il cliente finale della banca come una prestazione della medesima. A tale riguardo assume rilievo dirimente il grado di responsabilità del centro informatico nei confronti delle banche, ed in particolare la verifica in concreto della natura della predetta responsabilità, vale a dire se questa sia limitata agli aspetti tecnici o si estenda di converso agli elementi specifici ed essenziali delle operazioni. Pertanto secondo l'orientamento condivisibile dell'Agenzia delle Entrate, le operazioni di giroconto, poste in essere da un terzo nell' interesse di una banca, rientrano negli ambiti operativi dell' esenzione IVA prevista dal detto art. 10 n. 1, ove il servizio non si limiti a mettere a disposizione della banca un sistema informatico, mediante una fornitura materiale o tecnica, ma il terzo prestatore del servizio: a) sia in grado di modificare, mediante operazioni di trasferimento di fondi, i conti correnti dei clienti della banca interessati con operazioni di accredito e di addebito; b) si assuma la responsabilità della corretta esecuzione delle operazioni bancarie, senza limitarsi a rispondere della correttezza di singoli aspetti tecnici del servizio.
amministratore di condominio, reddito d'impresa, partitari, dichiarazione dei redditi integrativa, compenso, ritenuta d'acconto
Da parte sua, CS nell’originario ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale ha:- eccepito che in ognuno dei Modelli 770/2008 al punto 21 è stato indicato l'ammontare del compenso percepito compresa l'Iva al 20%, mentre al punto 23 è stata indicata l’lva come elemento non soggetto a ritenuta d'acconto, per cui si perviene immediatamente (per differenza tra l'importo del punto 21 e l'importo del punto 23) all'imponibile soggetto a ritenuta d'acconto, che coincide con l'imponibile dei partitari imputati ai clienti da CS;- trascritto, a maggiore chiarezza di quanto sopra esposto, una tabella esplicativa nella quale ha riportato l'elenco di ogni singolo cliente nella stessa progressione indicata nell’avviso di accertamento e con l’analitica indicazione, per ognuno di essi, del compenso imponibile corrisposto, dell’Iva relativa e della somma dei due importi precedenti. L'importo complessivo dei compensi imponibili risultanti da tale tabella esplicativa è di € 116.208, 72 e pertanto corrisponde a quanto dichiarato da CS nel Modello Unico 2008. Nel corso dei due gradi del giudizio l'Agenzia delle Entrate non ha specificamente contestato i conteggi contenuti nella tabella esplicativa riportata in seno all’originario ricorso della contribuente, per cui deve ritenersi provato, ai sensi dell’art.115. c. p. c. , primo comma, che dai Modelli 770/2008 richiamati dall'Agenzia delle Entrate nell'impugnato avviso di accertamento non risultano maggiori compensi non dichiarati da CS e da recuperare a tassazione.
contribuente, prescrizione, socio accomandatario, notifica della cartella di pagamento, tributi erariali, tributi locali
In tema di prescrizione, la Corte di Cassazione SS. UU con sentenza n. 23397/2016, pur trattando di crediti di natura previdenziale, ha stabilito un principio di carattere generale che è quello di far riferimento al termine sostanziale per ogni singolo tributo, e che la ”’conversione con effetto novativo” del termine di prescrizione ex art.2953 cod. civ. attenga soltanto al “giudicato giurisdizionale”, ipotesi che, nella fattispecie, non ricorre in quanto il ruolo esecutivo e le conseguenti cartelle di pagamento sono atti amministrativi. Da ciò consegue che, in linea di principio, la prescrizione ordinaria decennale ex art.2946 cod. civ. sl applichi ai tributi erariali (ad es. IRPEF, IRAP e IVA), in cui la prescrizione si calcola dal giorno in cui il tributo è dovuto o dal giorno dell’ultimo atto interruttivo tempestivamente notificato al contribuente.
regime del margine, cessioni di beni, beni mobili, riparazione, prezzo di vendita, inversione contabile, cessioni imponibili, oro da investimento, soggetto passivo, territorio dello Stato, fattura, frode fiscale, oggetti preziosi usati, rivendita, soggetto obbligato, acquisto dei beni, contabilità
In altre parole, si deve distinguere tra vendita da parte del «Compro oro», con cessione al soggetto autorizzato di materiale in oro da rottamare e il caso diverso di vendita di parti di gioielli da riutilizzare senza rottamazione. Nel primo caso il reverse charge non è una facoltà, ma è obbligatorio. Nel secondo caso il reverse charge non deve e non può mai essere utilizzato. Il “compro oro” che acquista da privati può utilizzare il regime del margine solamente nel caso in cui acquisti materiale non da rottamare. In quanto speciale, il regime si caratterizza per la struttura derogatoria rispetto alle regole generali vigenti in materia di Imposta sul Valore Aggiunto, anche al fine di perseguire la ratio suindicata. Lo scopo del reverse charge è, infatti, impedire la detrazione dell'IVA sugli acquisti e combattere le frodi “carosello”, evitando che l'acquirente detragga l'imposta anche in mancanza di versamento da parte del fornitore; e ciò proprio sulla base delle fatture emesse dalla società contribuente.
acquisto, fattura, agevolazioni fiscali, interpretazione estensiva, sistema comune dell'Iva, attività agricola, allevamento del bestiame, schede carburanti, rivendita
Con riferimento al dato normativo nazionale, il numero 21-bis, nel prevedere le agevolazioni fiscali per le costruzioni rurali destinate a uso abitativo del proprietario del terreno e di altri addetti alla coltivazione dello stesso all'allevamento del bestiame e alle attività connesse, si riferisce necessariamente alle sole abitazioni rurali utilizzate sia dal proprietario che da altri addetti all'attività agricola o attività connesse (tra le quali, appunto, "l'allevamento del bestiame"). Alla luce di tali argomentazioni, la norma che prevede l’agevolazione fiscale dell’applicazione dell’IVA al 4%, appare norma insuscettibile di applicazione estensiva, anche alla luce della normativa comunitaria. In ordine alla contestazione relativa “alla \ deducibilità dei costi carburante per il mini escavatore, appare corretta la sentenza di primo grado che ha ritenuto corretta la contestazione imquanto manca una fatturazione dei costi, non essendo sufficiente’a tal proposito l'istituzione della scheda carburante. Si tratta, infatti, di macchina operatrice non ammessa alla circolazione stradale, e, pettanto, il costo di acquisto del carburante deve essere documentato da’fattura ordinaria al fine di provare l’effettivo utilizzo dello stesso carburante per il funzionamento del veicolo in questione adibito all'esercizio dell’attivita economica e, di conseguenza, l’inerenza del costo di acquisto ai fini delladeterminazione del reddito.
prelievi, assenza di documentazione contabile, accertamento a fini IVA
Questo limpido ragionamento deve necessariamente trovare applicazione anche in sede di accertamento a fini IVA, atteso che la presunzione di cui al comma 2 dell'art. 51 ha la stessa matrice della presunzione dichiarata costituzionalmente illegittima: anche in questo caso, difatti, il contribuente è chiamato a dimostrare, con riferimento alle operazioni contestate, che ne ha"tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono a operazioni imponibili". Per cui da dette operazioni contestate debbono escludersi i prelievi, essendo arbitrario ipotizzare, per un libero professionista, che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari siano destinati a un investimento nell'ambito della sua attività professionale.3