Documents - 9 citing "Sentenza Corte di Cassazione n 24823 del 2015"

documentazione prodotta dal contribuente, motiva dell’avviso di accertamento, per relationem, tributi armonizzati, competenza dell’Unione Europea, prova di resistenza, lesione del diritto di difesa
Al proposito infatti la Cortedi Cassazione ha proposto la distinzione tra i tributi armonizzati (in particolare l'IVA), la cui disciplina è riservata alla competenza dell’Unione Europea, e i tributi non armonizzati, la cui disciplina è invece ‘nazionale. Distinzione per cui solo per i tributi armonizzati sussiste l'obbligo di previa instaurazione del contraddittorio, la cui violazione verrebbe ad incidere sulla validità dell'atto; invalidità seppur sottoposta alla condizione che il contribuente enunci concretamente le ragioni che avrebbe fatto valere nell’omesso contraddittorio. E’ la c. d. prova di resistenza, in forza della quale la illegittimità dell’atto impositivo risulterebbe condizionata alla dimostrazione, fornita dal contribuente, che sisia davvero verificata in suo danno una lesione del diritto di difesa (in tal senso Cass. 24823/2015).
contratti di coassicurazione, tributi armonizzati, competenza dell’Unione Europea, prova di resistenza, delegato, esenzione dall’IVA, attività di assicurazione, rischio assicurativo
Tale distinzione comporta che solo per i tributi armonizzati sussiste l'obbligo di previa instaurazione del contraddittorio, la cui violazione verrebbe ad incidere sulla validità dell'atto; invalidità tuttavia da ritenersi sottoposta alla condizione che il contribuente enunci concretamente le ragioni che avrebbe fatto valere nell’omesso contraddittorio. 3.1. In ordine al secondo motivo di appello deve ricordarsi che sul tema oggetto dell'odierna controversia è anche di recente intervenuta la Corte di Cassazione che, peraltro confermando un proprio precedente orientamento, ha avuto modo di affermare che il rapporto di coassicurazione non modifica la ripartizione pro quota del rischio tra i coassicuratori né riguarda aspetti essenziali dell’attività di intermediario o di mediatore di assicurazione (così Cass. 12854/2021)Partendo da tale premessa la Corte ha tratto la conclusione che le prestazioni oggetto di delega non possono considerarsi esenti da IVA ai sensi dell’art. 10 comma primo n. ° 2 DPR 633/1972, atteso che non possiedono natura assicurativa né potendosi esse qualificare come operazioni accessorie rispetto ad una prestazione assicurativa non attenendo alla copertura di un rischio (in tal senso anche Cass. 11442/2018).
reddito, spesa, contribuente, riparazione, garanzie difensive, delega del titolare dell’ufficio, capo dell'ufficio, indeducibilità dei costi
Il vizio di insufficiente motivazione sussiste allorché la sentenza impugnata manifesti illogicità consistenti nell’attribuire agli elementi di giudizio un significato estraneo al senso comune, o mostri, nel suo insieme, un’obiettiva deficienza nell’individuazione del criterio logico che ha condotto il Giudice alla formazione del proprio convincimento. Tale esigenza non si pone invece in relazione alla attività di controllo dei dati acquisiti attraverso"inviti e richieste" di trasmissione agli uffici finanziari di dati, documenti ed informazioni, ai sensi degli artt. 32 DPR n. 600/73 e 51 DPR n. 633/72, in ordine alla quale il legislatore ha ritenuto prevalenti le esigenze di funzionalità degli uffici ed efficienza della azione amministrativa rispetto alla"anticipata" partecipazione del privato già nella fase istruttoria della ricerca, individuazione ed acquisizione di dati ed informazioni che dovranno essere poi sottoposti a controllo ai fini dell'esercizio -peraltro solo eventuale- della potestà di accertamento. L’art. 42 DPR 600/73 dispone che l'accertamento deve essere sottoscritto dal capo dell'Ufficio da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Nella specie, l’Amministrazione ha dimostrato l'esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore, in presenza di delega del titolare dell’ufficio (cfr delega prodotta). Controvertendosi, infatti, di deducibilità di costi e spese dal reddito di impresa, è necessario premettere che essi sono tali, quando riguardano beni ed attività da cui derivano ricavi ed altri proventi che concorrono a formare il reddito. Un costo, affinchè possa essere incluso tra le componenti negative del reddito, richiede che ne sia certa l’esistenza e comprovata l’inerenza, vale a dire che si tratti di spesa che si riferisce ad attività da cui derivano ricavi o proventi che concorrono a formare il reddito di impresa. Il costo, per essere portato in deduzione, deve essere anche ben documentato e proporzionato al tipo di attività svolta. La generica descrizione della prestazione indicata in fattura comporta la indeducibilità del costo ai fini delle imposte dirette e la indetraibilità dell’Iva. Sia la prova dell’esistenza che quella dell’inerenza grava sul contribuente.
prestazioni di servizi, irrogazione delle sanzioni, traffici internazionali di merci, contribuente, amministrazione finanziaria, mezzi di trasporto
Innanzitutto occorre esaminare la questione relativa alla presunta nullità del provvedimento per violazione dell' art. 12, co. 7 L. 212/2000 denunciata da parte ricorrente e motivo di appello incidentale, in particolare sul fatto che l'Ufficio avrebbe emesso l'atto impositivo impugnato"sulla base delle risultane del PVC notificato... facendo propri i rilievi e le considerazioni in esso contenuti...", nonché sulla circostanza che non sarebbero state debitamente valutate le argomentazioni della ricorrente stessa ai sensi della normativa in questione e, da ultimo, sul fatto che nella motivazione dell'avviso non sarebbe stata fatta alcuna menzione dell'esistenza di chiarimenti forniti dalla Capitaneria di Porto e prodotti nel corso del contraddittorio. Si ritengono prive di fondamento le argomentazioni di controparte in quanto la validità dell'avviso di accertamento non può in alcun caso essere subordinata al mancato riferimento nella motivazione dell'atto alle considerazioni contenute nella memoria della ricorrente ex art. 12 L. 212/2000, così come all'ulteriore documentazione presentata nella fase amministrativa antecedente l'emissione dell'atto impugnato. [...] Invero, sulla materia in questione, è opportuno prendere atto della rilettura giurisprudenziale sul tema del contraddittorio endoprocedimentale, nel senso se esista o meno un diritto generalizzato al contraddittorio preventivo, un tema sicuramente a lungo dibattuto che è stato nuovamente riesaminato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 24823 deposita il DD/MM/2015. [...] Un tanto trova conferma anche in considerazione della peculiarità di dette verifiche, in quanto caratterizzate dall'intromissione dell'amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutativi a lui sfavorevoli e che giustificano, quale contro bilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire nell'interesse del contribuente e della stessa amministrazione gli elementi acquisiti presso i locali dell'azienda. [...] Preme evidenziare che i porti, spesso situati in prossimità delle città, assumono un ruolo essenziale nel sistema logistico di trasporto, in quanto consentono il collegamento fra le rotte marittime e terrestri del commercio e del traffico passeggeri. Appare, quindi, evidente l'esigenza di salvaguardare la sicurezza del porto, potenziali obiettivi di attività illecite se non addirittura i azioni terroristiche, organizzando un sistema di protezione efficace, fattore importante anche per la crescita ed incremento del volume di merci e passeggeri, poiché tanto più un porto è sicuro, tanto più sarà prediletto nella scelta di un porto invece che un altro. La citata direttiva europea ha dunque contribuito ad ampliare i concetti di security portuale emanando una serie di prescrizioni che coinvolgono l'intero sistema di approdo di navi, la movimentazione di persone e di merci provenienti dal mare e non solo, prevenendo difatti un controllo più accurato e selettivo anche per gli accessi al terminal stesso. Tale procedura presuppone l'applicazione di strumenti di valutazione del rischio e di pianificazione dei piani di sicurezza in un'area molto estesa e complessa, caratterizzata da spazi comuni, aree di transito e viabilità, depositi, parcheggi, sosta di container sia vuoti che pieni. [...] E ciò in quanto i porti, in aderenza con la normativa europea e quella del legislatore nazionale, devono potere operare in condizioni di sicurezza attraverso l'applicazione di misure previste in specifici piani e regolamenti (Programma nazionale di sicurezza Marittima contro eventuali azioni internazionali (PNSM) ed il Piano di sicurezza (PFSP) e dirette a prevenire l'ingresso negli impianti portuali di persone non autorizzate, nonché, come già enunciato, a prevenire ogni azione illecita atta a proteggere tutta l'area portuale e le navi presenti. Ciò presuppone che l'attività di security debba essere mantenuta per tutto il tempo di sosta della nave, ma anche in assenza della nave in quanto il terminalista deve potere garantire un adeguato sistema di sicurezza e meglio ancora una continuità operativa del terminale in condizioni di prevenzione di qualsiasi attività illecita. In conclusione, è di tutta evidenza che l'attività di security posta in essere dalla ricorrente ha tutti i presupposti dei"servizi prestati nei porti... che riflettono direttamente il funzionamento e la manutenzione degli impianti ovvero il movimento di beni o mezzi di trasporto" e pertanto tutte le caratteristiche previste dall'art. 9, comma 6 del DPR 60 O 17 3 per essere esente dall'imposta IVA, considerando la complessità delle attività portuali che comprendono non solo le operazioni di imbarco e sbarco delle merci ma anche, come appena detto, le attività di controllo degli accessi.[...]
censura, funzionario, fattura, debito, delega di firma, prova di resistenza, dichiarazioni, contratto, documenti di trasporto
L’appello è infondato e merita di essere rigettato in quanto non risulta condivisibile nessuna delle censure mosse alla decisione dei primi giudici: infondato anzitutto il primo motivo della censura circa l’obbligo di allegazione agli atti della delega di firma del dirigente al funzionario che ha sottoscritto l’atto atteso che l’ art. 42 DPR 600/73 “non contiene alcuna specificazione in ordine alla modalità di rilascio della delega, alla sua funzione ed ai requisiti di validità”. Non sussiste pertanto alcun obbligo di allegare agli atti impositivi la delega di firma del dirigente - direttore dell’ufficio e tale principio è stato affermato costantemente dalla Corte di Cassazione e, da ultimo, con sentenze nn. 11013 e 19190/19 cosicchè la motivazione degli appellanti risulta pretestuosa anche in considerazione del fatto che l’ufficio ha prodotto in giudizio la documentazione comprovante l’esistenza della delega avente data certa ed anteriore alla sottoscrizione degli atti da parte dei funzionari che, quali appartenenti alla ex carriera direttiva (ora terza area funzionale), hanno ed avevano la piena rappresentanza dell’ufficio e del suo potere impositivo. [...] Nella specie di causa il controllo è stato solo documentale cioè effettuato dall’ufficio “a tavolino” trattandosi in gran parte di imposte c.d. “non armonizzate” (IRPEF, IRAP, IRES); invece per quanto concerne l’IVA, per la quale, secondo la sopracitata sentenza delle SS. UU. sussiste invece obbligo di contraddittorio preventivo endo-procedimentale confermato dall’ormai consolidato orientamento della Corte di Cassazione (cfr. sent. 17782/18 ), gli appellanti non hanno comunque fornito la c.d. prova di resistenza cioè la prova che dall’esito dell’eventuale contraddittorio preventivo sarebbero potute derivare conclusioni diverse, da parte dell’Agenzia, in relazione alla recuperata tassazione, prova che la Cassazione ritiene essenziale al fine di sanzionare l’atto con la invalidità. [...] Circa la censura sulla errata interpretazione dei fatti da parte dei primi giudici in relazione alla confermata inesistenza oggettiva delle operazioni fatturate dal sig. LT, il collegio evidenzia che la documentazione prodotta dagli appellanti tendente a smentire la presunzione dell’ufficio è inidonea a provare che il debito della PS Di CF e C SNC nei confronti del sig. LT sia stato pagato; la società non ha infatti esibito alcun contratto di appalto né altri documenti equipollenti nonostante si trattasse di lavori per somme ingenti e le quattro fatture in contestazione per i cantieri di XXX e XXX non riguardano solo prestazioni di posa in opera ma soprattutto forniture di beni e ciò in totale assenza di documenti di trasporto mai prodotti in giudizio (lavori del capannone).[...]
credito, liquidazione, controversie, avviso di ricevimento, prova di resistenza, violazione che comporta obbligo di denuncia, termine di decadenza, amministrazione finanziaria, diritto alla detrazione, operazioni passive, dichiarazione annuale, immobilizzazioni, sede legale
Sul punto, basta osservare che, secondo il piano dettato letterale della norma, ai sensi del primo comma l’articolo in questione si applica nei casi di “accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali” del contribuente, e quindi l'emissione di un processo verbale di contestazione è previsto solo nel caso di accertamento emesso a seguito di accessi, ispezioni e verifiche nei locali destinati all’esercizio dell’attività; mentre nel caso che qui occupa non vi è stato alcun accesso, ispezione o verifica, essendo stato svolto un accertamento a tavolino, ciò che spiega l’assenza di un processo verbale di contestazione. [...] Ciò che rileva è solo la sussistenza dell'obbligo, perché essa soltanto connota, sin dall'origine, la fattispecie di illecito tributario alla quale è connessa l'applicabilità dei termini raddoppiati di accertamento”. Infatti, i termini raddoppiati “non costituiscono una proroga di quelli ordinari. [...] Gli avvisi di accertamento già notificati alla data di entrata in vigore delle nuove norme rimangono pertanto assoggettati alla disciplina dell’ art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, ivi incluse fe disposizioni che fanno salvi gli effetti degli atti impositivi già notificati al 2 settembre 2015, in vigenza delle precedenti disposizioni, per i quali, pertanto, il raddoppio dei termini per l’accertamento opera in presenza di violazione che comporti l’obbligo di denuncia, a prescindere dalla trasmissione o presentazione della stessa entro il termine ordinario dell’accertamento. [...] In realtà, se è vero che il diritto alla detrazione dell’imposta afferente ad operazioni passive viene esercitato in primo luogo in sede di liquidazioni periodiche, è altrettanto vero che tale diritto viene riepilogato in sede di dichiarazione annuale Iva ed è proprio tale dichiarazione che ha la funzione di portare a conoscenza dell’amministrazione finanziaria i relativi dati, affinché venga esercitato il controllo sulla corretta applicazione delle disposizioni di legge. Ne consegue che le liquidazioni periodiche costituiscono solo una determinazione provvisoria del debito e del credito del contribuente, mentre la dichiarazione riepilogativa annuale adempie alla funzione di liquidazione definitiva, salvo il potere di rettifica o accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria, che può esercitarsi soltanto in sede di dichiarazione annuale, così come stabilito dall’ articolo 54 DPR n. 633/1972. Pertanto, essendo state le società cessionarie del credito TVA a presentare la dichiarazione annuale, sono tali società cessionarie del credito a dover fornire all’Ufficio i documenti per dare contezza di quanto esposto, sia con riferimento al diritto alla detrazione connesso alle operazioni passive, sia con riferimento all’imposta a debito connessa alle operazioni attive costituenti il volume d’affari. Correttamente, quindi, l'Ufficio ha richiesto alle società cessionarie del credito IVA la documentazione a giustificazione di tale credito, poiché sono state tali società le reali utilizzatrici del credito stesso; e tali società cessionarie, attuali appellanti, non hanno in alcun modo prodotto documenti giustificativi che provassero l’esistenza e l’ammontare del citato credito. A nulla vale replicare, da parte dell’appellante, che la documentazione potrebbe essere in possesso delle cedenti, poiché è del tutto evidente che, nel caso di cessione del ramo d’azienda e dei relativi crediti, il cessionario, utilizzando la media diligenza dell’operatore economico, avrebbe dovuto richiedere al cedente copia dei registri IVA e delle fatture attive e passive poste a fondamento del credito ceduto, ciò che anche sancito dall’ articolo 1262 c.c., al fine di fare valere detto credito verso il Fisco. Né può opinarsi che l'Ufficio avrebbe dovuto richiedere direttamente al cedente la giustificazione del credito ceduto e poi portato in compensazione dal cessionario: in realtà, ribadito che l'Ufficio ha correttamente contestato la sussistenza del credito a chi tale preteso credito ha azionato nei suoi confronti, e cioè al cessionario, è pienamente coerente anche con il sistema civilistico di cessione del credito il principio per cui il debitore può opporre al cessionario le eccezioni che erano opponibili al cedente. Risulta invece evidente una programmata strategia di non documentare il credito IVA fruito, invocando la responsabilità di soggetti economici ormai non più esistenti e trasferiti all’estero poco dopo la cessione. [...] In proposito, va replicato che l’elemento soggettivo della colpa che giustifica la sanzione tributaria, deve ritenersi normaimente connesso all’esistenza della violazione tributaria, salvo casi eccezionali e particolari di situazioni quali contrasto giurisprudenziale, legittimo affidamento o causa di forza maggiore, tutti casi che nella vicenda per cui è causa non sono provati, ed in realtà nemmeno dedotti.[...]
contribuente, provvedimento impugnare, decorrere del termine, tributi armonizzati, buono fede
1a) Con il primo motivo di appello, la contribuente eccepisce la nullità del provvedimento impugnato per violazione del contraddittorio, sul presupposto che il provvedimento stesso sarebbe stato assunto senza attendere il termine dilatorio previsto dall’ articolo 11 comma 4 bis D.Lgs. n. 374/1990, secondo il quale, dopo la contestazione e prima dell’avviso di accertamento, il contribuente ha trenta giorni per formulare osservazioni. [...] Invero, indipendentemente dal fatto che il termine di 30 giorni decorra dal verbale di contestazione notificato il DD/MM/2014 (così come sostiene I’Ufficio, con la conseguenza che il provvedimento impugnato sarebbe stato ritualmente emesso dopo il decorso del termine) ovvero decorra dalla rettifica operata in autotutela dall'Ufficio il gg/mm/2014 (così come sostiene l’appellante, con la conseguenza che il provvedimento impugnato sarebbe stato emesso prima del decorso del termine dilatorio), dirimente è rilievo per cui in nessun modo il provvedimento può ritenersi nullo. Infatti, secondo l’insegnamento della Corte di cassazione a Sezioni Unite, che il Collegio condivide e dal quale non ha motivo di discostarsi, nel caso di tributi armonizzati, quale quello relativo ai dazi doganali per cui è processo, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’ Amministrazione comporta l'invalidità dell’atto solo se “il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto” (cfr. Cass. Sez. Un. n. 24823/2015 ; conformi le successive Cass. n. 2875/2017, Cass. n. 10030/2017, Cass. n. 20799/2017, Cass. n. 21017/2017, Cass. n. 26943/2017, Cass. n. 2873/2018 ). [...] Né l’obbligo motivazionale, diversamente da quanto dedotto dall’appellata, risulta rispettato da una esplicitazione chiara ed autonoma, nel provvedimento impugnato, della motivazione dell’atto impositivo: sul punto, si osserva infatti che' risulta del tutto generico, e non in grado di fare comprendere autonomamente l’ifer logico ed il procedimento motivazionale seguito, l’inciso dell'Ufficio “vista l'indagine OLAF, dalla quale è emerso che l’origine della merce venduta dalla società MUI è cinese e non può pertanto beneficiare dell’origine preferenziale”.[...]
fattura, contratto, clausola contrattuale, cessioni intracomunitarie, amministrazione finanziaria, cessioni non imponibili, non soggetti passivi, fornitore, prezzo di vendita, soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato, liquidazione, regime fiscale, anni successivi, veicoli
In merito alla questione dell'applicabilità del regime di non imponibilità ex art. 41 D.L. 331/93, alle operazioni poste in essere dalla ricorrente la stessa ha prodotto documentazione in lingua straniera al fine di dimostrare di aver stipulato contratti unitari d'appalto con soggetti esteri per i quali è richiesta ad essa fornitrice del prodotto finito di realizzare anche lo stampo necessario a produrlo, differendo alla cessazione del rapporto contrattuale la restituzione o la distruzione dello stampo e che tali contratti prevedono, conformemente alle prassi aziendali, che la fornitura di singoli pezzi di ricambio prosegua per 15 anni oltre la cessazione della produzione delle vetture. La documentazione prodotta in lingua straniera, sin dalle fasi dell'accertamento, è stata utilizzata e discussa dall'Ufficio per prendere le proprie determinazioni in sede di accertamento e nel formulare le proprie deduzioni nel presente giudizio. [...] Aderendo al principio stabilito anche dalla Suprema Corte secondo il quale l'obbligatorietà dell'uso della lingua italiana - previsto dall' art. 122 c.p.c. - si riferisce agli atti processuali in senso proprio e non anche ai documenti prodotti dalle parti, la commissione acquisendo la produzione ha ritenuto di non esercitare la facoltà (tale essendo definita dalla Suprema Corte s 6093/2013 ) prevista dall' art. 123 c.p.c. di nominare un consulente che traducesse i suddetti ritenendo di non violare i diritti dell'ufficio resistente, il quale ha dimostrato di averne già piena conoscenza. La mancata nomina di un ctu se da un lato ha evitato il prolungarsi della fase istruttoria con aggravio di spese per le parti, ha allungato i tempi della fase decisoria essendo stato necessario riservarsi per poter esaminare nel dettaglio e comprendere il senso della copiosa documentazione non redatta in lingua italiana. Tanto premesso sulla scorta della documentazione prodotta può ritenersi che, come del resto concordemente riconosciuto da entrambe le parti, i contratti stipulati dalla società ricorrente con i clienti esteri sono contratti misti che prevedono sia la realizzazione per conto del committente dello strumento produttivo (lo stampo) sia l'utilizzo dello stesso da parte del produttore per la realizzazione di beni destinati ad essere inviati in altro Stato membro ovvero in territorio extracomunitario. Occorre dunque verificare se ricorrano le condizioni invocate dall'ufficio affinché le operazioni poste in essere dalla ricorrente siano assimilabili ad un'operazione assimilata ad una cessione intracomunitaria, ovverosia: a) tra il committente e l'operatore nazionale venga stipulato un unico contratto di appalto avente ad oggetto sia la realizzazione dello stampo sia la fornitura dei beni che con esso si producono; b) lo stampo, a fine lavorazione, venga inviato nell'altro Paese comunitario, a meno che, in conseguenza dell'ordinario processo di produzione o per accordi contrattuali, sia distrutto o sia divenuto ormai inservibile. In merito al primo requisito che la di ricorrente fa discendere da una propria circolare, richiamata invero dalla Suprema Corte nel decidere analoga fattispecie, osserva la Commissione come la suddetta circolare non possa essere considerata fonte normativa pur essendo facilmente rinvenibile il logico fondamento del requisito individuato dall'agenzia delle Entrate: intanto sarà possibile far rientrare le operazioni poste in essere dalla ricorrente nel più favorevole regime di esenzione delle cessioni intracomunitarie in quando le singole operazioni sottoposte a verifica siano poste in essere ciascuna in esecuzione di un unico e unitario accordo tra le parti avente ad oggetto sia la realizzazione dello stampo sia la fornitura dei beni che con esso si producono. [...] Unitarietà che emerge dalla suddetta documentazione laddove è prevista sia la realizzazione dello stampo su indicazione del cliente estero che la realizzazione dei ricambi in base a tale stampo realizzato. [...] Ritenuto pertanto soddisfatto il primo requisito va ribadito che come insegna la suprema Corte di cassazione il materiale trasferimento del bene oggetto della cessione nel territorio del diverso Stato membro, integra... elemento costitutivo del diritto del soggetto nazionale cedente a sottrarre la operazione alla liquidazione ed al pagamento della imposta nello Stato ed in difetto di tale elemento la operazione di cessione resa a favore di soggetto comunitario si intende effettuata nel territorio nazionale, con conseguente applicazione del regime fiscale ordinario. Allorquando, come nel caso sottoposto al vaglio della Commissione, si tratta di beni ad utilizzo ripetuto necessari all'adempimento di un contratto di fornitura, posto che non è in questione nel presente giudizio l'immediata fatturazione del corrispettivo relativo alla costruzione ed alla cessione dello stampo va affrontata la questione della mancata immediata consegna al committente dello stampo in quanto bene destinato ad essere impiegato nella fabbricazione del diverso prodotto finito oggetto del contratto di fornitura e in particolare va verificato se nei contratti è previsto il presupposto del"materiale trasferimento nel territorio dell'altro Stato membro" dello stampo, o l'ipotesi che lo stampo venga"consumato" o"distrutto" in conseguenza del processo di lavorazione del prodotti finito ovvero in esito all'esecuzione, se e per quali contratti l'obbligo è divenuto attuale e se e per quali contratti è stato effettivamente adempiuto. [...] In tutti i suddetti contratti, in forza delle condizioni generali richiamate dalle award letters e dalle nomination letters è poi previsto l'obbligo di conservazione dello stampo per i quindici anni successivi alla cessazione della produzione dei veicoli cui afferiscono con obbligo di restituzione al committente solo allo scadere di tale data. Ne discende la fondatezza del ricorso e della pretesa della ricorrente di vedersi applicato il regime di non imponibilità Iva previsto art. 41 D.L. 331/93, limitatamente alle fatture sopra indicate. [...] La mera produzione di una mail che non attesta con certezza la provenienza e la volontà delle parti non può essere ritenuta, ad avviso della Commissione sufficiente a di escludere il difetto di coincidenza evidenziato dall'ufficio e pertanto sul punto il ricorso va rigettato. La parziale soccombenza reciproca e la novità e complessità delle questioni trattate che hanno visto contrasti giurisprudenziali tra pronunzie di merito e della Suprema Corte giustificano la compensazione delle spese di lite.[...]
Intitolazione: Contraddittorio nei tributi armonizzati - principio generale comunitario diretta applicabilità diritto europeo.
In tema di tributi armonizzati quali quelli di cui al presente procedimento e applicabile il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite della Cassazione, nella sentenza n. 24823/2015, laddove si riconosce resistenza di un generalizzato diritto del contribuente al contraddittorio endoprocedimentale con riferimento ai tributi ed. "armonizzati". [...] Orbene alle considerazione sopra esposte va aggiunto che il contraddittorio endoprocedimentale in ambito tributario realizza la partecipazione del contribuente all'attività di accertamento fiscale e consiste nel diritto del destinatario del provvedimento di poter addurre le proprie ragioni in ordine agli elementi che l'Amministrazione finanziaria intende porre a fondamento dell'atto impositivo cosicché la stessa amministrazione dovrà non solo valutare le osservazioni del contribuente ma congruamente motivare le ragioni per le quali non ha ritenuto di accogliere le deduzioni proposte e ciò a maggior ragione si verifica allorquando le deduzioni sono tratte unilateralmente dalla documentazione acquisita ovvero esibita dal contribuente che deve essere posto nella condizione di dare spiegazioni sulle ragioni che lo hanno indotto ad effettuare le sue scelte. Orbene nell'ordinamento europeo l'obbligo del contraddittorio endoprocedimentale costituisce, nell'ambito del procedimento amministrativo e tributario, un principio fondamentale, espressivo del diritto di difesa, trovando la propria fonte normativa nell' art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell' Unione Europea, rubricato come"diritto ad una buona amministrazione". Tale garanzia comporta, da un lato, "il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio": dall'altro, "l'obbligo per l'amministrazione di motivare le proprie decisioni" (art. 41 cit). La Corte di Giustizia ha precisato che il principio in parola deve trovare applicazione ogni qualvolta l'Amministrazione finanziaria si proponga di adottare un provvedimento lesivo per il contribuente, in modo tale che quest'ultimo, pena la caducazione del provvedimento stesso, sia posto preventivamente nella condizione di far valere le proprie osservazioni, in ordine agli elementi sui quali l'Ufficio intende fondare la propria decisione. Nell'ordinamento unionale, pertanto, il principio del contraddittorio in ambito tributario prescinde dalla natura del tributo e deve trovare applicazione ogni qualvolta l'amministrazione sulla base della documentazione esibita ritenga dovere dare alla stessa documentazione interpretazione diversa da quella data dal contribuente invitandolo, come detto fornire nel corso del contraddittorio le ragioni della propria scelta. Dall'esame del complesso di norme emergerebbe con estrema chiarezza che la pretesa tributaria trova legittimità nella formazione procedimentalizzata di una"decisione partecipata", mediante la promozione (anche) nella fase endoprocedimentale del contraddittorio tra amministrazione e contribuente, realizzandosi, in tal modo, il diritto di difesa ex art. 24 Cost. e il buon andamento dell'amministrazione, presidiato dall' art. 97 Cost.. Una tale interpretazione è tanto più rafforzata dal fatto che l'Agenzia delle Entrate ha opportunamente avviato un'opera di sensibilizzazione dei propri apparati, orientandoli verso un generalizzato riconoscimento al contribuente del principio di partecipazione al procedimento tributario e, quindi, al contraddittorio preventivo. [...] Deve, pertanto, darsi atto di una accelerata evoluzione dell'ordinamento nel suo insieme in favore del riconoscimento della cittadinanza del principio del contraddittorio endoprocedimentale anche nell'ordinamento tributario, quale misura di buona amministrazione.[...]