Documents - 3 citing "Sentenza Corte di Cassazione n 22810 del 2015"

regime del margine, natura dei beni, esenzione, riparazione, oggetti d'arte, inversione contabile, cessioni imponibili, oro da investimento, territorio dello Stato, rivendita
Sicché, ove l'impresa acquirente operi esclusivamente nel settore del recupero dei metalli preziosi e non svolga attività di commercializzazione di gioielli, l'imposta sugli acquisti di rottami d’oro, destinati ad essere sottoposti al procedimento industriale di fusione e successiva affinazione per il recupero del materiale prezioso contenuto, soggiace alla procedura prevista dall'art. 17, comma 5, del D. P. R. n. 633 del 1972 (il cosiddetto reverse charge appunto), procedura che non è facoltativa, ma risulta dunque essere obbligatoria. In altre parole, si deve distinguere tra vendita da parte del- «Compro oro», con cessione al soggetto autorizzato di materiale in oro da rottamare e il caso diverso di vendita di parti di gioielli da riutilizzare senza rottamazione. Nel primo caso il reverse charge non è una facoltà, ma è obbligatorio. Nel secondo caso il reverse charge non deve e non può mai essere utilizzato. Il “compro oro” che acquista da privati può utilizzare il regime del margine solamente nel caso in cui acquisti materiale non da rottamare. In quanto speciale, il regime si caratterizza per la struttura derogatoria rispetto alle regole generali vigenti in materia di Imposta sul Valore Aggiunto, anche al fine di perseguire la ratio suindicata. Siffatte risultanze escludono che potesse e possa farsi applicazione del regime del margine, la cui applicazione sarebbe stata possibile solo ove si fosse concretamente accertato, tramite verifica fiscale presso la fonderia cessionaria, il concreto utilizzo e destinazione dei beni, al di là della qualificazione merceologica indicata nelle fatture dalla cedente. La destinazione del prezioso al processo di lavorazione; da parte del cessionario è dunque condizione essenziale, nonché unica circostanza che consente di assimilare l'acquisto di oro “usato” a quello di oro “industriale”, soggetto, ex art. 17, comma 5 del D. P. R. n. 633/1972, al meccanismo del reverse charge, non rilevando a tal fine la natura dei beni sottoposti a lavorazione e trasformazione, potendo riguardare non solo rottami in senso stretto, ma qualsiasi bene di “oro usato”, a prescindere dalle condizioni in cui si trova. Se ne deduce che - in materia di applicabilità del regime di reverse charge alle cessioni di oro, usato - si deve aver riguardo alla destinazione finale dell'oggetto venduto...nonché vall’attività del soggetto cessionario, che deve essere o esclusivamente finalizzata al processo di fusione e affinazione chimica del materiale prezioso e non anche alla commercializzazione dell'usato. Laddove è dimostrato che l’attività consiste nell'acquisto’ di oggetti preziosi usati da privati cittadini e nella successiva rivendita direttamente alle fonderie specializzate nel recupero di metalli preziosi, il cedente diviene soggetto obbligato ad emettere la relativa fattura di cessione ai sensi e per gli effetti del citato art. 17.
regime del margine, cessioni di beni, beni mobili, riparazione, prezzo di vendita, inversione contabile, cessioni imponibili, oro da investimento, soggetto passivo, territorio dello Stato, fattura, frode fiscale, oggetti preziosi usati, rivendita, soggetto obbligato, acquisto dei beni, contabilità
In altre parole, si deve distinguere tra vendita da parte del «Compro oro», con cessione al soggetto autorizzato di materiale in oro da rottamare e il caso diverso di vendita di parti di gioielli da riutilizzare senza rottamazione. Nel primo caso il reverse charge non è una facoltà, ma è obbligatorio. Nel secondo caso il reverse charge non deve e non può mai essere utilizzato. Il “compro oro” che acquista da privati può utilizzare il regime del margine solamente nel caso in cui acquisti materiale non da rottamare. In quanto speciale, il regime si caratterizza per la struttura derogatoria rispetto alle regole generali vigenti in materia di Imposta sul Valore Aggiunto, anche al fine di perseguire la ratio suindicata. Lo scopo del reverse charge è, infatti, impedire la detrazione dell'IVA sugli acquisti e combattere le frodi “carosello”, evitando che l'acquirente detragga l'imposta anche in mancanza di versamento da parte del fornitore; e ciò proprio sulla base delle fatture emesse dalla società contribuente.
reddito, spesa, contribuente, riparazione, garanzie difensive, delega del titolare dell’ufficio, capo dell'ufficio, indeducibilità dei costi
Il vizio di insufficiente motivazione sussiste allorché la sentenza impugnata manifesti illogicità consistenti nell’attribuire agli elementi di giudizio un significato estraneo al senso comune, o mostri, nel suo insieme, un’obiettiva deficienza nell’individuazione del criterio logico che ha condotto il Giudice alla formazione del proprio convincimento. Tale esigenza non si pone invece in relazione alla attività di controllo dei dati acquisiti attraverso"inviti e richieste" di trasmissione agli uffici finanziari di dati, documenti ed informazioni, ai sensi degli artt. 32 DPR n. 600/73 e 51 DPR n. 633/72, in ordine alla quale il legislatore ha ritenuto prevalenti le esigenze di funzionalità degli uffici ed efficienza della azione amministrativa rispetto alla"anticipata" partecipazione del privato già nella fase istruttoria della ricerca, individuazione ed acquisizione di dati ed informazioni che dovranno essere poi sottoposti a controllo ai fini dell'esercizio -peraltro solo eventuale- della potestà di accertamento. L’art. 42 DPR 600/73 dispone che l'accertamento deve essere sottoscritto dal capo dell'Ufficio da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Nella specie, l’Amministrazione ha dimostrato l'esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore, in presenza di delega del titolare dell’ufficio (cfr delega prodotta). Controvertendosi, infatti, di deducibilità di costi e spese dal reddito di impresa, è necessario premettere che essi sono tali, quando riguardano beni ed attività da cui derivano ricavi ed altri proventi che concorrono a formare il reddito. Un costo, affinchè possa essere incluso tra le componenti negative del reddito, richiede che ne sia certa l’esistenza e comprovata l’inerenza, vale a dire che si tratti di spesa che si riferisce ad attività da cui derivano ricavi o proventi che concorrono a formare il reddito di impresa. Il costo, per essere portato in deduzione, deve essere anche ben documentato e proporzionato al tipo di attività svolta. La generica descrizione della prestazione indicata in fattura comporta la indeducibilità del costo ai fini delle imposte dirette e la indetraibilità dell’Iva. Sia la prova dell’esistenza che quella dell’inerenza grava sul contribuente.