Sentenza 241/2015 della Commissione Tributaria Provinciale Di Asti Sezione 2


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI XXX SEZIONE 2 riunita con l'intervento dei Signori:
giu1 Presidente giu2 Relatore giu3 Giudice


Ha emesso la seguente sentenza REG. GENERALE N° 177/15

- sul ricorso n. 177/15 depositato il DD/MM/2015
- avverso AVVISO DI ACCERTAMENTO n° T7L014101165 IRPEF-ALTRO 2010 IVA - INPS contro: AG.ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI XXX Proposto dal ricorrente:
TF
XXX


Difeso da:
SM
XXX

CONCLUSIONI DELLE PARTI
Per il ricorrente:
accertata la sospensione chiede a Codesta Onorevole Commissione Tributaria Provinciale, in accoglimento del presente ricorso: in diritto e in merito: dichiarare la nullità dell'avviso di accertamento impugnato


istanza di sospensione:

ai sensi e per gli effetti dell' art. 47 D.lgs 546/1992 , in riferimento all'avviso impugnato, si formula, altresi, rituale istanza di sospensione dell'esecuzione in quanto sussistono, nel caso di specie, i requisiti del periculum in mora e del fumus boni juris; periculum in mora.

Periculum in mora
Quanto a tale presupposto, la gravità del danno è in re ipsa stante l'entità delle somme determinate dall'ufficio risultano pari ad euro 5.942,32. Con riguardo all'irreparabilità, si precisa che la stessa consiste nella irreversibilità del pregiudizio conseguente all'esecuzione e nell'impossibilità, anche nelle ipotesi di successivo rimborso delle somme versate e degli interessi, della restitutio in integrum. E' di tutta evidenza, infatti, che l'indebito versamento di qualsiasi somma prima della favorevole sentenza in merito di codesta commissione comporterebbe un esborso finanziario tale da compromettere la situazione economica del ricorrente.

Fumus boni iuris

Per quel che concerne tale profilo, le motivazioni fin qui adottate sono, ad avviso del ricorrente, oggettivamente, in questa fase preliminare del giudizio, a negare la fondatezza e la legittimità dell'atto impugnato.

Le considerazioni dinanzi svolte e per tutte quelle che si riserva di svolgere ed ampliare nei modi di legge, vagliati i documenti in atti e quelli che eventualmente saranno prodotti, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, il ricorrente chiede:

1) accertata la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato ai sensi e per gli effetti dell' articolo 47 del Decreto Legislativo numero 546/1992 ;

2) la condanna dell'Ufficio alla rifusione delle spese di giudizio, secondo quanto previsto dall' articolo 15 del D.Lgs. 546/1992 , nella misura in cui Codesta Onorevole Commissione riterrà di giustizia, in ragione del comportamento assolutamente carente di qualsivoglia collaborazione con il contribuente finalizzata a limitare gli organi del contenzioso, in palese violazione dell'articolo 10 dello Sta tutodei diritti del Contribuente e delle regole correttezza, di buon andamento e di rigore morale dell'amministrazione finanziaria sancite dall' articolo 97 della costituzione .

3) a norma dell' articolo 33, primo comma, del decreto numero 546/1992 , che la discussione della controversia avvenga in pubblica udienza"

per la resistente:

"previo rigetto dell'istanza di sospensione in atto, la conferma dell'operato dell'Ufficio e il rigetto del ricorso di parte.

Con vittoria di spese, competenze e compensi maggiorate di diritto del cinquanta per cento per la rifusione delle spese del procedimento di mediazione, ai sensi dell' art. 17 bis, comma 10, del D.Lgs. n. 546/1992 "
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISONE

Con ricorso depositato in data DD.MM.15, TF chiedeva l'annullamento dell'avviso di accertamento n. T7L014101165/2014 relativo a IRPEF, IVA, INPS, addizionali e relative sanzioni per l'anno di imposta 2010. L'Agenzia delle Entrate si costituiva nel processo con controdeduzioni, resistendo alla pretesa avversaria e ribadendo la correttezza dell'accertamento.


All'udienza del DD.MM.15, la Commissione, sentite le parti, deliberava la decisione, respingendo le pretese di parte ricorrente.

Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la nullità dell'avviso impugnato per mancanza assoluta del contraddittorio preventivo, come chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 19667/14 e dalla CEDU e statuito dall'art. 41 Carta di Nizza. L'Agenzia sostiene, per contro, di aver invitato il contribuente a comparire e fornire i dati e documenti richiesti e di aver ricevuto la documentazione il giorno DD.MM.14 dal consulente delegato. Evidenzia che la ricorrente non ha fornito alcun elemento atto a modificare le risultanze cui è pervenuto l'ufficio. Osserva che l'accertamento impugnato è di tipo analitico-induttivo ex art. 39 co. 1 d.p.r. 600/73 , per il quale non è previsto il contraddittorio preventivo. Questa Commissione ritiene questo primo motivo infondato. E' noto, invero, che l'esigenza del c.d. "contraddittorio preventivo" tra il contribuente e il Fisco (nel corso della fase della verifica che precede la emissione del provvedimento impositivo) tiene espressamente conto degli specifici riferimenti tratti dalla giurisprudenza comunitaria secondo cui "il rispetto dei diritti di difesa costituisce un principio generale del diritto comunitario che trova applicazione ogniqualvolta l'amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo" (cfr. Corte giustizia DD.MM.2008, causa C-349/07 , S1; id. DD.MM.2013, causa C-276/12, S2), ne segue che "i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l'amministrazione intende fondare la propria decisione" (cfr. Corte di giustizia DD.MM.1996, causa C-32/95 P, L ; id. DD.MM.2000, causa C-462/98 P, M; id. DD.MM.2002, causa C-395/00, C; id. S1, cit.; id. S2, cit.). Peraltro, la Corte di Cassazione ha recentemente statuito che: «a prescindere da talune non univoche e circoscritte linee di tendenza isolatamente espansive di garanzie endoprocedimentali in peculiari fattispecie limitative della sfera giuridica del contribuente es. Cass., Sez. U, 19667-19668/2014, sull'iscrizione ipotecaria - nel quadro istituzionale e normativo generale disegnato dalla Costituzione (art. 97) il principio di legalità dell'azione amministrativa declina il potere pubblico esclusivamente in termini di esercizio tipico e formale v. Cass., Sez. U. 4648/2010 . Così ogni enfatizzazione, recentemente criticata in dottrina, dell'orientamento espresso dalla Corte di giustizia sul caso S1, non può che fare i conti con le precisazioni contenute nelle successive decisioni sul caso S2 e soprattutto sul caso K. Quest'ultima recentissima pronunzia, infatti, da copertura comunitaria al principio giuspubblicistico di strumentalità delle forme v. Cass., sez. trib., 5518/2013 e chiarisce che "il giudice nazionale, avendo l'obbligo di garantire la piena efficacia del diritto dell'Unione, può, nel valutare le conseguenze di una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di essere sentiti, tenere conto della circostanza che una siffatta violazione determina l'annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso"». ( Cass. civile sez. trib. Sentenza n. 960 del DD.MM.2015 ; conf. Cassazione civile sez trib. DD MM 2015 n. 959; Cass. civile sez. trib. Sentenza n. 4314 del DD /MM/2015). Nel caso in esame, poiché la ricorrente risulta essere stata avvisata dell'accertamento avviato a suo carico e invitata a produrre la relativa documentazione, non è ravvisabile alcuna violazione del diritto di difesa. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la falsa applicazione dell' art. 39 d.p.r. 600/73 , evidenziando che l'Ufficio a pag. 3 scrive che la rettifica del valore dei ricavi avviene ai sensi dell'art. 39 co. 2, me a pag. 4 scrive che rettifica avviene ai sensi dell'art. 39 co. 1 lett. b) e poche righe dopo che la rettifica avviene ai sensi dell'art. 39 co. 1. Con il terzo motivo, lamenta la totale assenza dei presupposti per l'applicazione dell' art. 39 d.p.r. 309/90 ed evidenzia che le percentuali di uno studio di settore non possono essere causa di disattendibilità delle scritture contabili e non possono essere equiparate a indizi gravi, precisi e concordanti tali da giustificare l'accertamento induttivo; osserva che il rigo RG2 non è un rigo dichiarativo, ma contiene un'informazione aggiuntiva e che, ricalcolando lo studio di settore con i dati corretti, non varia il risultato contabile; aggiunge che il risultato contabile non varia neppure modificando la sezione "Altri dati al rigo D50 e D52. Con il quarto motivo, la ricorrente osserva che i ricavi emergenti dalla dichiarazione per € 107.261,00 sono congrui e coerenti con un reddito di € 19,558,00 per lo studio di settore, anche applicando le variazioni in dicate dall'Ufficio. Ritiene prive di logica e motivazione le eccezioni sollevate quanto alla compilazione del rigo RG2 e dei righi D17,D18, D30, D31, D32, D33, D50 ed 52, in quanto trattasi di dati non oggetto di tassazione e non in fluenti nella definizione del reddito. Osserva che l'Ufficio ha ritenuto di disattendere le risultanze dello studio di settore e ha applicato un ricarico medio diverso da quello emergente dallo studio di settore. Precisa, infine, che il disconoscimento dei costi relativi alle schede carburante e ai costi relativi all'autovettura non è stato dettagliato e spiegato solo sommariamente. L'Agenzia, per contro, osserva che l'obbligo di motivazione dell'atto di accertamento deve ritenersi assolto ogniqualvolta il contribuente è messo in grado di conoscere sia l'an, sia il quantum della pretesa erariale; rileva che nell'atto impugnato la violazione riscontrata è dettagliatamente descritta e non smentita dalla ricorrente, che illaziona su un refuso (contenuto a pag. 4, ove citato il co. 2 in luogo del co. 1 dell'art. 39).
Evidenzia che l'accertamento induttivo è stato motivato con la scarsa redditività e l'inattendibilità dei dati dichiarati nello studio di settore, anche dopo il riscontro con la ricostruzione-accertamento ex art. 39 co. 1 lett. d) D.P.R. 600/73 .
Sottolinea che la ricorrente non ha dimostrato l'effettività dei ricavi dichiarati e non ha smentito le inesattezze riscontrate negli studi di settore (ha solo affermato che non incidono sul reddito dichiarato), lamentandosi dell'applicazione di una percentuale di ricarico medio, che costituisce un valore di riferimento assoluto e prescinde dalla corretta compilazione del singolo studio di settore da parte del contribuente; rileva, inoltre, di aver individuato un giro d'affari più attendibile di quello dichiarato dal contribuente. Quanto alle schede carburante, rileva che il d.p.r. 444/97 stabilisce le indicazioni da riportare nelle stesse, in deroga al principio generale di cui all' art. 21 d.p.r. 633/72 (obbligo di emissione di fattura per ogni operazione rilevante ai fini IVA), e l'Ufficio ha dettagliatamente indicato per ogni scheda carburante contestata i numeri di registrazione della stessa, gli automezzi a cui si riferisce e i dati mancanti rispetto ai requisiti essenziali normativamente richiesti (targa, casa costrut trice, timbro e firma dell'addetto alla distribuzione, tipo di veicolo). Evidenzia, inoltre, che alcune schede carburante si riferiscono alla F M, che non risulta essere utilizzata nell'esercizio dell'impresa, ma a scopo personale, e che i relativi costi non possono essere dedotti in assenza del requisito dell'inerenza.

L'Agenzia ha fondato su questi elementi i presupposti per l'accertamento induttivo del reddito del contribuente: nel modello Unico al rigo RG 2 (ricavi con emissione di fattura) è stato indicato l'importo di € 14.928,00 mentre dalle fatture emesse e prodotte risulta un importo di € 31.601,00; nello studio di settore ai righi D17 e D18 sono state indicate percentuali di ricavo per le manutenzioni di verde pubblico e privato dell'1% e per la progettazione e realizzazione di impianti di irrigazione del 2%, mentre dall'analisi delle fatture sono risultate per queste attività percentuali del 15,46 %, di talché sono risultate erronee anche le percentuali indicate per fiori freschi recisi e le piante da interno, con conseguente diversa percentuale di ricarico (nelle fatture per manutenzione è preponderante la prestazione di servizi e minimo prodotto utilizzato); nello studio di settore ai righi da D30 a D33 sono indicate le tipologie di clientela (84 % privati, 5% socie tà e imprese, 4% enti pubblici e 7% imprese funebri) diverse da quelle emerse dall'esame delle fatture (71 % privati, 24% società e imprese, 3 % enti pubblici e 2% imprese funebri); nello studio di settore al rigo D50 (ammontare di vendite con fattura) è stato indicato l'importo di € 15.573,00 inferiore rispetto a quello emerso dal controllo delle fatture prodotte) e nel rigo D52 (sezione automezzi) è stato indicato un solo automezzo, mentre nel registro dei cespiti ammortizza bili risultano 2 furgoni.

A pag. 4 riga 7 dell'avviso l'Ufficio ha scritto testualmente: "il comportamento posto in essere alla ditta determina l'applicazione della sanzione per infedele indicazione dei dati nello studio di settore in violazione dell' art. 3 del D.P.R. n. 195/1999 . Le anomalie indicate nei punti di cui sopra costituiscono elementi, dati e notizie tali da giustificare, da parte dell'ufficio, l'adozione di un procedimento induttivo di ricostruzione dei ricavi conseguiti nell'esercizio dell'attività d'impresa e delle operazioni imponibili ai sensi dell'articolo 39 comma 2 del d.p.r. 600 e art. 54 del d.p.r. n. 633/72 , così come pacificamente riconosciuto da costante orientamento giurisprudenziale". Appare evidente da quanto sopra riportato che l'accertamento è stato fondato non sull'inattendibilità delle scritture contabili della ricorrente (in relazione alle quali non sono mossi rilievi) ai sensi dell' art. 39 co. 1 lett. d) d.p.r. 309/90 , ma proprio sull'erronea/infedele indicazione di dati nello studio di settore, ai sensi dell' art. 39 co. 2 d.p.r. 600/73 .
Ritiene questa Commissione che l'impugnazione proposta colga, quindi, nel segno allorché evidenzia che le percentuali indicate nello studio di settore non possono essere causa di inattendibilità delle scritture contabili. Infatti, il legisiatore ha previsto all' art. 39 co. 2 d.p.r. 600/73 una fattispecie particolare che legittima l'accertamento induttivo in presenza di un'infedele compilazione degli studi di settore. E' noto, invero, che l' art. 8 co. 5 D.L. 16/12 convertito in L. 44/12 ha così modificato il disposto della lett. d-ter del 2° comma dell'art. 39 D.P.R. 600/73 , prevedendo che l'Amministrazione finanziaria possa procedere ad accertamento induttivo del reddito di impresa "in caso di omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'appli cazione degli studi di settore o di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, nonché di infedele compilazione dei predetti modelli che comporti una differenza superiore al 15 per cento, o comunque ad euro 50.000, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in dichiarazione". Se si pone mente al fatto che nel caso in esame i maggiori ricavi stimati risultano pari ad € 10,833,00 a fronte di un reddito dichiarato di € 112.649,00, non risulta integrata la condizione richiesta dall' art. 39 co. 2 d.p.r. 600/73 per legittimare l'accertamento induttivo, ovvero l'emergere di una differenza superiore al 15 % tra il reddito stimato e il reddito dichiarato o comunque di maggiori ricavi pari a € 50.000,00. Simili considerazioni esimono dalla valutazione degli ulteriori motivi di ricorso, imponendone l'accoglimento e per l'effetto l'annullamento dell'atto impugnato, con condanna di parte resistente, siccome soccombente, alla rifusione delle spese sostenute dalla ricorrente, nella misura liquidata in dispositivo (in applicazione dei parametri di cui al D.M. 55/14 , in relazione allo scaglione della lite).
P. Q. M.

la Commissione Tributaria Provinciale di XXX, Il Sezione, accoglie il ricorso e per l'effetto annulla l'atto impugnato e condanna la resistente alla rifusione al ricorrente delle spese processuali, che liquida in € 3.000,00 oltre pesi di legge. XXX , li DD MM 2015