Sentenza 3924/2016 della Tribunale Di Milano Sezione Specializzata In Materia Di Impresa sezione A

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MILANO
Sezione specializzata in materia di impresa
Sezione A
Il Tribunale in composizione collegiale, nella persona dei seguenti magistrati:
giu1 Presidente giu2 Relatore giu3 Giudice

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al N. 88710/2013 R.G. promossa da:
AAI SOCIETA A RESPONSABILITA
LIMITATA (c.f. XXX), con il patrocinio degli avv. CM e
CGP (XXX) XXX; CB (XXX)
XXX; ,
ATTRICE;
contro:
AI S.R.L. (C.F. XXX), con il patrocinio dell’avv.
GLA e CG (XXX)
XXX;
CONVENUTA
BI S.R.L. (C.F. XXX), con il patrocinio dell’avv. GLA e CG (XXX) XXX;
CONVENUTA
Conclusioni delle parti:
per l’attrice:
con opposizione ad ogni nuova e tardiva prospettazione, eccezione e domanda, voglia il
Tribunale:
 rilevata la ulteriore registrazione di un marchio comunitario “AUDIUM”1 dalla
società (del gruppo a cui appartengono le convenute) SH AG, che
aggrava la reverse confusion lamentata in causa;
 riformata l’ordinanza del 15/10/2014 che ha rigettato le istanze istruttorie della
Attrice;
Nel merito:
1) dichiarare la nullità delle seguenti registrazioni di marchio italiano: 0001405643,
depositato in data 09/04/2010 e registrato il 17/01/2011 nelle Classi 10 e 44;
0001425552, depositato in data 09/09/2010 e registrato il 25/02/2011 nelle Classi 10 e
44; 0001473075, depositato in data 03/06/2011 e registrato il 15/12/2011 nella Classe
35; 0001505343, depositato in data 11/01/2012 e registrato il 17/08/2012 nella Classe
35; 0001505448, depositato in data 09/02/2012 e registrato il 17/08/2012 nelle Classi 10
e 35; 0001505449, depositato in data 09/02/2012 e registrato il 17/08/2012 nelle Classi
10 e 35;

2) dichiarare la illiceità della ditta/denominazione sociale “Audium Italia S.r.l.”, delle
insegne “Audium” e del domain name www.audium.it;

3) dichiarare che i segni distintivi di cui ai precedenti nn. 1 e 2 costituiscono
contraffazione del marchio registrato 0001364473, nonché della ditta/denominazione
sociale, delle insegne e del domain name dell’attrice;

4) inibire alle convenute l’utilizzo dei succitati marchi e segni distintivi;
5) disporre la distruzione del materiale (pubblicitario, promozionale, informativo)
recante i succitati marchi e segni distintivi;

6) disporre la pubblicazione dell'intestazione e del dispositivo dell'emananda sentenza,
per due volte non consecutive, sulle pagine locali dei quotidiani "Il Corriere della Sera"
e "La Repubblica" a cura della attrice ed a spese della convenuta;

7) condannare A2 e BHBL, in solido tra loro, al risarcimento dei danni per
l'ammontare che verrà determinato anche eventualmente in via equitativa;

8) condannare A2 alla retroversione dell’utile;
9) condannare le controparti a pagare una penale pari ad € 500,00 per ciascuna
violazione dell’inibitoria e pari ad € 1.000,00 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione
di quanto disposto in sentenza;

10) con vittoria di spese e compensi professionali, oltre IVA, CPA, spese generali
(15,00%), e successive occorrende.
In via istruttoria:
11) disporre prova testimoniale (delegata presso il tribunale di Roma) sui seguenti
capitoli di prova; “vero che:
1. il doc. 20 è stato da me redatto e sottoscritto ed illustra quanto da me constatato
in occasione dei miei rapporti con la clientela A1. In almeno 5 occasioni nel
corso di 12 mesi (tra il 2012 ed il 2014) clienti mi hanno chiesto informazioni sul
“nostro” negozio in XXX. Ho sempre risposto che non si tratta di
un nostro negozio. Ho poi appurato che si tratta di un negozio A2. Tra i
clienti che mi hanno domandato queste informazioni c’erano i sigg. BG, SAMM, BR, DE.
Teste: ER, XXX
2. il doc. 21 è stato da me redatto e sottoscritto ed illustra quanto da me constatato
personalmente. Quale promoter A1 nel periodo 2012 - 2014 ho contattato
medici di base e farmacisti operanti nel XXX ed in particolare in XXX, per
promuovere presso di loro sessioni di controllo gratuito dell’udito di loro clienti.
In diverse occasioni mi è stato risposto che la sessione con A1 era stata già
fissata; ciò non essendo, ho poi accertato che la sessione era stata concordata
con A2.
Tra i medici, ricordo che così accadde con il dott. CP; e, tra le
farmacie, con lo studio medico dott. AF – CF.
Teste: AS, XXX.
3. Il doc. 101 è stato da me redatto e sottoscritto ed illustra l’attività di
telemarketing da me svolta presso A1. Nel corso degli anni dal 2007 al 2014
per conto di A1 ho effettuato campagne di promozione telefonica dei
prodotti/servizi A1. Tali campagne di promozione telefonica si svolgevano
cinque giorni a settimana, tutti i mesi dell’anno (ad esclusione di MM).
I contatti telefonici erano rivolti quotidianamente a circa n. 40 consumatori
residenti in XXX e provincia.
teste: SR, XXX
4. i docc. 37.1 e 37.2 sono prospetti contabili relativi a ricavi ed utili effettivi nonché
ricavi ed utili potenziali, da me redatti sulla base della documentazione contabile
di A1 s.r.l.
5. i docc. 39, 39bis e 39ter sono i prospetti degli investimenti pubblicitari nel
periodo 2002-2014 (sino al 30/04/2014) e trovano riscontro nella
documentazione contabile di A1 s.r.l.
Teste: dott. MD, XXX
6. sono una cliente del centro A1 – filiale XXX. Nei mesi scorsi sono
stata contattata telefonicamente ed ero convinta di parlare con A1, mentre in
realtà si trattava di A2.
Teste: EB, XXX
7. sono una cliente del centro A1 – filiale XXX. Nei mesi scorsi ho visto un
negozio che ho “preso” per A1, con insegna colorata, in via XXX.
Successivamente, parlando del fatto con il Sig. G, dipendente A1 presso
la filiale XXX, mi è stato riferito che A1 non ha alcun negozio in via XXX.
Teste: MA, XXX
8. sono un dipendente di A1 - filiale XXX. Nei mesi scorsi la Sig.ra MA mi ha riferito di aver visto un negozio A1 con insegna colorata in
XXX.
Teste: MG, XXX
9. sono una cliente del centro A1 – filiale XXX. Nei mesi scorsi ho visto un
negozio che ho “preso” per A1 sulla via XXX.
Teste: EM, XXX
10. sono una cliente A1. Nei mesi scorsi ho visto un negozio che ho “preso” per
A1 sulla via XXX.
Teste: CB, XXX
11. sono l’ex collaboratrice domestica della Sig.ra LP. Nei mesi scorsi sono
stata contattata telefonicamente da A2, ma ero convinta di parlare con
A1, tanto che pregavo l’operatore di portare i miei saluti alla Sig.ra P e
quest’ultimo annuiva, omettendo di essere, in realtà, operatore di A2.
Teste: CMP, XXX
12. sono una cliente del centro A1 – filiale XXX. Verso l’inizio di aprile 2013
sono stata contattata da A2, ma inizialmente ero convinta di parlare con
A1. L’operatore mi ha proposto uno screening dell’udito. Tuttavia, poiché
avevo da poco ordinato un apparecchio acustico presso la sede A1 di via
XXX, l’ho fatto presente ed a seguito di spiegazioni ho capito che parlavo con
A2. Di ciò ho ritenuto opportuno informare la Dott.ssa ER, la
quale mi ha confermato l’esistenza della società A2.
Teste: SAMM, XXX
12) l’ammissione dei seguenti capitoli di interrogatorio per richiesta di informazioni dei
legali rappresentanti delle Convenute;
1. quanto, nel 2012, nel 2013, nel 2014 e successivamente, A2 s.r.l. ha
fatturato, rispettivamente per vendite di prodotti e per erogazione di servizi
2. quanto, nel 2012, nel 2013, nel 2014 e successivamente, A2 s.r.l. ha speso
per pubblicità
3. quanti clienti nel periodo 2012, 2013, 2014 e successivamente A2 s.r.l. abbia
conseguito, rispettivamente: nel Comune di XXX, nella provincia di XXX, nel
XXX, nel resto d’Italia.
13) ordine di esibizione
1. del libro giornale, del libro inventari, del registro delle fatture clienti, nonché del
fascicolo fatture clienti, delle schede di analisi dei costi di produzione, delle
schede di analisi dei costi di distribuzione del 2011, 2012, 2013, 2014 e
successivamente, al fine di consentire la ricostruzione quantitativa delle vendite
dei prodotti e delle erogazioni di servizi sotto i segni distintivi A2, nonché
del margine operativo lordo, dell’utile lordo e dell’utile netto
2. della documentazione dell’investimento pubblicitario
14) l’ammissione di CT contabile su quesito di CTU, finalizzato a confermare l’entità
del danno, quale derivante dal calo del fatturato di vendita dei prodotti e dei servizi
dell’Attrice, nonché quale risultante dal fatturato della convenuta AI s.r.l. in
relazione a margine operativo lordo ed utile, rispettivamente perso e guadagnato, nonché
l’utile da restituire, con formulazione del seguente incarico:
letti atti e documenti di causa, lette le prove testimoniali, compiuto ogni opportuno
accertamento documentale anche presso terzi, ricostruito il conto economico relativo ai
prodotti e servizi oggetto di causa:
1. dica il CTU quale sia stato il fatturato dell’Attrice, nei 36 mesi antecedenti e
successivamente alla apparizione sul mercato delle Convenute, esponga il CTU
tali dati trimestre per trimestre
2. dica il CTU quale sia stato il margine operativo lordo, l’utile lordo e l’utile netto
che l’Attrice ha conseguito nei 36 mesi antecedenti e successivamente alla
apparizione sul mercato delle Convenute, esponga il CTU tali dati trimestre per
trimestre.
3. dica il CTU quale sia stato il fatturato della convenuta AI s.r.l. negli
anni 2012, 2013, 2014 e successivamente, esponga il CTU tali dati trimestre per
trimestre
4. dica il CTU quale sia stato il margine operativo lordo, l’utile lordo e l’utile netto
che la Convenuta AI s.r.l. ha ritratto da tali vendite dal 2012 al 2014 e
successivamente, esponga il CTU tali dati trimestre per trimestre.
Per le convenute:
vedi udienza DD/MM/15
*****
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO.
Con atto di citazione notificato il DD/MM/13 AAI s.r.l. -
società operante nel campo della vendita di apparecchi elettroacustici per l’uditochiamava
in giudizio AI s.r.l. e B Italia s.r.l. L’attrice allegava di essere
titolare del marchio “AUDIN” n. 0001364473, depositato il 20/2/08 e registrato il
28/10/10 per la classe 10 e precedentemente del marchio “AUDIN Il piacere di udire” n.
0555649, dal 13/4/89 al 24/2/09, nonché di avere utilizzato la denominazione sociale
AUDIN sin dal 12/11/52, anche quale insegna di numerosi negozi. B tra settembre
2010 e agosto 2012 aveva a sua volta depositato sei marchi nazionali, per le classi 10, 35
e 44, aventi come cuore l’espressione AUDIUM, nonché un marchio comunitario
depositato il 9/9/10. L’altra convenuta A2 s.r.l. era licenziataria dei predetti segni e
comunque li utilizzava come ragione sociale, insegna e nome a dominio. Ritenendo che
l’uso del segno AUDIUM interferisse con il suo antecedente diritto di marchio -come
testimoniato anche da episodi di concreta confusione della clientela-
l’attrice iniziava il
presente giudizio, chiedendo dichiararsi la nullità dei marchi italiani di titolarità di BHL,
l’illiceità del loro uso come denominazione sociale, insegna e nome a dominio, in
quanto in contraffazione del proprio marchio, con conseguenti inibitoria, distruzione del
materiale promozionale, pubblicazione della sentenza, fissazione di penale e
risarcimento dei danni.
Inoltre A1 lamentava il compimento ai suoi danni di illecito concorrenziale, sotto
forma di parassitismo delle sue iniziative pubblicitarie-promozionali, consistenti in
omaggio alla clientela di un ombrello, controllo gratuito dell’udito, revisione gratuita
dell’apparecchio acustico, consegna di una “carta fedeltà” con garanzia in caso di
smarrimento, presenza di propri addetti presso le farmacie per offrire controlli gratuiti
dell’udito, attività di telemarketing.
Si costituiva B, rilevando di fare parte del gruppo multinazionale SH,
titolare di numerosi marchi, tra cui AUDIUM, prescelto per taluni mercati, compreso
quello italiano (insieme a svedese, danese e brasiliano). La registrazione era stata
preceduta da una ricerca, che pur avendo individuato “Audin” aveva ritenuto l’assenza di
interferenza. La convenuta negava comunque la confondibilità, sottolineando come si
trattasse di marchi complessi, con forti caratterizzazioni grafiche, con la radice “audi”
riferibile al campo semantico dell’udito (circostanza percepibile dal pubblico), coniugata
con altri elementi che li differenziano, soprattutto alla comparazione fonetica, per il
ruolo centrale della U che tende ad assorbire quello della M.
Inoltre la convenuta contestava qualsiasi rinomanza del marchio attoreo, allegando al contrario la sua
conoscenza in sede puramente locale, in quanto utilizzato per contraddistinguere
l’attività di soli cinque negozi nell’area di XXX, contro i 68 di A2 s.r.l., presenti in
tutto il territorio nazionale. La convenuta chiedeva quindi il rigetto delle domande per
mancanza di confondibilità tra i segni o in subordine per la notorietà puramente locale
del marchio attoreo e ancora per la distintività assunta dal segno AUDIUM nel periodo
intercorso tra il deposito e la domanda di A1.

Si costituiva anche AI s.r.l., facendo proprie le difese di B e, per il suo
ruolo attivo sul territorio italiano, negando recisamente ogni dedotto illecito
concorrenziale per parassitarietà.
La convenuta sottolineava come le iniziative
promozionali contestate fossero comuni agli altri operatori del settore.
Concessi i termini di cui all’art. 183,VI c.p.c., senza istruttoria, all’udienza del DD/MM/15
la causa veniva rimessa in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE.
Marchi
L’attrice agisce facendo valere i propri diritti di preregistrante in forza del marchio
1364473, registrato il 28/10/10 su domanda 20/2/09 (doc. 2 att.).
Si tratta di un marchio figurativo, registrato per la classe 10 (apparecchi acustici per non
udenti) costituito “dalla dicitura in caratteri speciali “audin”, sotto di essa sono scritte
in caratteri più ridotti le parole “alta tecnologia per l’udito” a fianco di detta
composizione denominativa è disegnata una impronta quadrata al cui interno è
tracciata una “a” stilizzata”.
Pertanto, quello azionato è un marchio complesso, da riguardarsi nella sua componente
grafico-denominativa, come pure lo era il segno registrato nel 1989 (doc. 3 att.)
rinnovato sino al 24/2/08 (doc. 3 bis att.), del quale rappresenta una evoluzione che non
ne altera le caratteristiche distintive.
Tuttavia, appare fondata l’allegazione attorea >secondo cui nel marchio in questione il
nucleo ideologico in cui si riassume l’ attitudine individualizzante (c.d. “cuore”) -dotato
di autonoma potenzialità evocativa nella memoria del consumatore- si concentrerebbe
nell’espressione “Audin”.
Peraltro, risulta che il lemma predetto sia stato utilizzato come
ragione sociale sin dal 12/11/52 (doc. 1 att.) ed (incontestatamente) come insegna dei
suoi negozi, sicchè non vi è alcun dubbio che Audin sia segno distintivo attoreo da più
di sessant’anni.
A sua volta, BI è titolare di molteplici marchi nazionali -concessi tra gennaio
2001 e agosto 2012, su domande depositate tra aprile 2010 e febbraio 2012 (doc. 11 att)-
sia meramente verbali che figurativi, registrati sia per la classe 10 ( destinati a
contraddistinguere prodotti acustici per audiolesi) sia per le classi 44 e 35 (destinati a
contrassegnare servizi di vario genere, serventi alla commercializzazione di siffatti
prodotti).
Non vi è quindi alcun dubbio in relazione alla identità dei prodotti ed affinità dei servizi
per cui i segni successivi sono stati registrati.
Quanto al “cuore” dei segni della convenuta (come detto, anche meramente
denominativi) va necessariamente individuato nella espressione “Audium”.
Ora, è notorio ed evidente come il lemma “audi”, comune ai due segni, sia sintesi di
“audio” -dal latino audire e diffuso nella comunicazione probabilmente in derivazione al
relativo prefissoide inglese- che si riferisce a tutto ciò che riguarda la trasmissione e la
ricezione del suono, indicando relazione con l’udito e la percezione acustica (cfr.
Vocabolario della Lingua Italiana Zingarelli).
Pertanto, di per sé siffatta dicitura non può costituire il cuore di un segno, in quanto, se
non accompagnata da elementi di differenziazione, incontrerebbe ab origine il divieto di
registrabilità di cui all’art. 13 CPI, consistendo esclusivamente dall’indicazione
descrittiva della funzione e destinazione del prodotto, perfettamente percepibile dal
consumatore medio, anche di scarsa formazione culturale.
Come è noto, il divieto previsto dall’ art. 13 CPI. (già 18 lett. b L.M.), riguarda non solo
le denominazioni generiche del prodotto o servizio, ma anche i “segni che in commercio
possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, il valore” del prodotto o
servizio stesso, riferendosi alla loro ontologica attitudine, anche solo potenziale, alla
descrittività, che è indipendente dal loro uso nella pratica.
E’ infatti implicito nel
sistema, per l’ esigenza generale di evitare una concorrenza sfalsata (cfr. Corte Giust.
CE 10/4/08, caso A) un “imperativo di disponibilità” che impone che taluni segni
possano essere liberamente utilizzati da tutti gli operatori del commercio.
In altri termini, la finalità della norma (una delle prime definizioni del punto di
equilibrio necessario tra le contrapposte esigenze dei monopoli legittimi e della libertà di
concorrenza) è quella di impedire che si crei un diritto di esclusiva su parole, figure o
segni che nel linguaggio comune sono collegate o collegabili al tipo merceologico, che
debbono rimanere patrimonio comune onde evitare ogni ingiustificato ostacolo ai
concorrenti, mediante la trasformazione dell’esclusiva sul segno in monopolio di
fabbricazione.
Se i segni di titolarità delle contendenti appaiono entrambi connotati da una rilevante
espressività, che se non descrive il prodotto in sè, si riferisce direttamente al suo uso per
il trattamento dell’ipoacusia, ne consegue che l’elemento su cui si concentra l’attitudine
individualizzante, in grado di far svolgere ai marchi qui contrapposti la loro funzione di
indicatore di provenienza da una precisa realtà imprenditoriale, va individuato nei
suffissi che accompagnano “audi”, che sono di mera fantasia (non essendo
corrispondente al vero che “audium” abbia di per sé un significato nella lingua latina).
Si tratta quindi di segni indubbiamente “deboli”, caratteristica di cui deve tenersi conto
nel raffronto tra loro, sia in astratto che globalmente, con riguardo anche all’ uso
concreto, ai fini di considerare la loro confondibilità nel giudizio del pubblico.
Ritiene il Tribunale che, se dal punto di vista semantico i due marchi rinviano al
medesimo campo di significato -inappropriabile e condiviso con una molteplicità di
marchi registrati per il medesimo settore (cfr. docc. 7 e 8 conv.)-, l’attenzione debba
essere naturalmente concentrata sull’elemento fonetico delle lettere di fantasia che
compongono il suffisso.
Ora, pare al Collegio condivisibile la prospettazione delle convenute secondo cui va
rimarcato che nel marchio dell’attrice una sola consonante nasale “N” segue la vocale I,
di “audi”, mentre in quello della convenuta il fatto che alla I segua altra vocale U,
concentra sulla stessa la percezione fonetica, risultando la consonante M (al pari della N
attorea) pressoché assorbita e la precedente I fortemente depotenziata.
Evidentemente, da un punto di vista fonetico i marchi appaiono adeguatamente
differenziati, e come tali percepibili dal pubblico.
Va aggiunto che in concreto, dalla stessa documentazione attorea (docc. 14-19), risulta
che le parti contrapposte tendono ad utilizzare, non solo come insegna, ma anche nella
pubblicità e comunicazioni via web i marchi nella loro particolare connotazione grafica,
l’attrice affiancando l’impronta quadrata con la “a” all’interno e le convenute il
particolare insieme di caratteri di fantasia minuscoli in una gamma di colori giallo,
arancio e verde, di diverse sfumature in crescendo, con effetti di grande dissomiglianza
visiva (rilevabili persino nelle istantanee in bianco e nero prodotte da parte attrice).
A fronte di tali caratteristiche differenzianti, esaminate globalmente, in astratto ed in
concreto, pare possa escludersi il rischio di una effettiva confondibilità per il pubblico ex
art. 12 lett. b) CPI ed ex art. 20 lett. b) CPI, anche sotto il profilo del rischio di
associazione.
Siffatta conclusione cui il Collegio è giunto non potrebbe essere smentita da un paio di
casi di effettiva confusione da parte di un cliente, che la difesa attrice si è offerta di
provare.
La dedotta rinomanza del marchio attoreo non risulta tempestivamente allegata nell’atto
introduttivo e comunque non sarebbe comprovata dalla documentazione prodotta, che
evidenzia le tipiche pubblicità cui ricorre un commerciante presente al livello locale (sia
pure nella più grande ed importante città del paese): cartellonistica stradale, inserzioni
sulle pagine locali di quotidiani e sulle “Pagine Gialle”.
Non a caso la difesa attorea, negli scritti finali richiama l’attenzione del Tribunale sulla
c.d. reverse confusion , secondo cui il preutente potrebbe essere ritenuto voler
parassitariamente approfittare dell’accreditamento sul mercato del secondo registrante.
In conclusione, il Collegio ritiene che i marchi di BI debbano considerarsi
validi ex art. 12 CPI e la loro utilizzazione non contraffattoria del segno attoreo ex art.
20 CPI.
Concorrenza sleale
Le conclusioni cui si è pervenuti in tema di non interferenza dei marchi delle convenute
rispetto a quello attoreo, escludono che il loro uso possa essere considerato illecito ex
art. 2598 n. 1 c.c.
L’attrice lamenta altresì il carattere confusorio della dedotta imitazione da parte di
AI delle iniziative promozionali di A1.
Ovviamente debbono essere prese in considerazione le sole condotte asseritamente
illecite tempestivamente allegate nell’atto introduttivo, che segnano gli estremi
obbiettivi di identificazione dell’ azione sotto il profilo della c.d. “causa petendi”.
Come è noto, “ai fini dell’ identificazione della causa petendi posta alla base della
domanda non rilevano tanto le ragioni giuridiche addotte a fondamento della pretesa
avanzata in giudizio, bensì l’ insieme delle circostanze di fatto che la parte pone a base
della propria richiesta, sicchè è compito precipuo del giudice la corretta identificazione
degli effetti giuridici scaturenti dai fatti dedotti in causa” ( Cass. 4598/07 ).
Più specificamente, appartenendo quelli risarcitori alla categoria dei diritti c.d.
eteroindividuati, la relativa fonte deve essere compiutamente definita.
Infatti “mentre nei
diritti c.d. autodeterminati il bene giuridico formante oggetto della domanda è
individuabile nella sua essenza indipendentemente dalla causale che ne determina la
richiesta, trattandosi in tal caso, come precisa la dottrina di diritti (tipico quello di
proprietà) che non possono coesistere simultaneamente più volte tra i medesimi
soggetti, nei diritti c.d. eterodeterminati, invece, il bene richiesto acquista
determinatezza solo mediante il collegamento con la causale addotta a sostegno della
pretesa.
In questa seconda ipotesi, infatti, vengono dedotti diritti che richiedono, quale
indispensabile elemento di valutazione, l’ allegazione dei fatti costitutivi sui quali essi si
fondano”(secondo il sempre imprescindibile insegnamento di Cass. 4712/96 ).
Quindi
ogni mutamento ed inserimento di nuovi fatti determina un radicale mutamento della
causa petendi, che non è ammissibile in corso di causa.
Sono infatti “consentite dalla
legge processuale le modificazioni della causa petendi che non integrino domanda
nuova e cioè solo quelle che importano una diversa qualificazione o interpretazione del
fatto costitutivo del diritto; la introduzione di un diverso fatto costitutivo della pretesa,
pur comportando le stesse conseguenze in tema di attribuzione del bene della vita,
costituisce, invece, concreta domanda nuova” ( Cass. 7766/04 ).
Ora, come detto in narrativa, l’attrice si lamenta, sotto il profilo della finalità confusorie,
di alcuni specifici comportamenti consistenti in omaggio alla clientela di un ombrello,
controllo gratuito dell’udito, revisione gratuita dell’apparecchio acustico, consegna di
una carta fedeltà con garanzia in caso di smarrimento, presenza di propri addetti presso
le farmacie per offrire controlli gratuiti dell’udito, attività di telemarketing.
Avendo l’attrice allegato l’illiceità concorrenziale sotto il profilo della fattispecie
confusoria ex art. 2598 n. 1 (“atti idonei a creare confusione con i prodotti e le attività
di un concorrente”), sarebbe stato necessario che l’attrice dimostrasse l’efficacia in
qualche modo “individualizzante” e diversificatrice delle condotte asseritamente imitate
rispetto ad altre simili.
Non possono infatti considerarsi compresi nella tutela medesima gli elementi e le
condotte che, nella percezione del pubblico, non assolvano ad una specifica funzione
distintiva dell’attività della concorrente, intesa nel duplice effetto di differenziarla
rispetto ad attività simili e di identificarle come riconducibile ad una determinata
impresa.
In altri termini deve trattarsi di attività promozionali originali e non generalmente
invalse sul mercato nel settore di riferimento.
Al contrario, dalla documentazione prodotta dalle convenute trova conferma quanto
avrebbe comunque potuto considerarsi notorio: condotte quali controllo gratuito
dell’udito, revisione gratuita dell’apparecchio acustico, omaggio di un ricambio batterie
(qui tardivamente lamentato), periodi di prova e consegna di un piccolo dono (borse,
cornici, ombrelli) per invogliare alla sola visita del negozio sono assolutamente
standardizzate tra gli operatori del settore (in Italia) ed anche contemporaneamente
presenti nelle offerte di moltissimi rivenditori (docc. 9-21 conv.).
Anche le tecniche di vendita, che prevedono la presenza di addetti presso le farmacie per
offrire controlli gratuiti dell’udito o sfruttano sistemi di telemarketing e di promozione
postale, debbono ritenersi del tutto standardizzate per apparecchi elettromedicali.
Ovviamente, la stipula di convenzioni con presidi sanitari sul territorio (pure non
tempestivamente allegata) rappresenta il cuore di tali attività.
Residuerebbe solo la “carta fedeltà”, che tuttavia costituisce una iniziativa banale e di
uso comune in molti ambiti della vendita diretta al pubblico, tanto da non potervi certo
annettere una particolare efficacia “individualizzante”.
In conclusione, anche la compresenza di iniziative simili, attuate anche in via generale e contemporaneamente dagli altri operatori del settore, non consente di qualificarne la
confusorietà o la parassitarietà ai fini dell’illecito concorrenziale.

Pertanto le domande proposte da A1 in questa sede non possono trovare
accoglimento e l’attrice deve essere condannata a rifondere alle convenute le spese di
lite, qui liquidate -tenuto conto del valore indeterminabile elevato e della maggiorazione
del 20% ex art. 4,II DM 55/2014 per assistenza a più parti con posizioni processuali
differenti- in euro 25.664,40 per compensi ed euro 900,00 per rimborso spese
imponibili, oltre accessori di legge e 15% spese generali.
Invece non pare che possa ritenersi qualificata dalla mala fede o colpa grave, necessaria
ad una pronuncia ex art. 96 c.p.c. , la scelta della preregistrante -sia pure di un segno
connotato da una fortissima descrittività e quindi “debole”- di agire nei confronti di chi
ha registrato ed utilizzato un marchio apparentemente simile,
P.Q.M.
Il Tribunale definitivamente pronunciando sulle domande proposte con atto di citazione
notificato il 23/12/13 da AAI s.r.l. nei confronti di
AI s.r.l. e di B Italia s.r.l., ogni altra domanda ed eccezione disattesa,
A) rigetta le domande tutte proposte dall’attrice;
B) condanna l’attrice a rifondere alle convenute le spese di lite, come sopra liquidate
in euro 25.664,40 per compensi ed euro 900,00 per rimborso spese imponibili,
oltre accessori di legge e 15% spese generali.
Così deciso in Milano , Camera di Consiglio del 25/2/16 Il Presidente
giu1
Il giudice estensore
giu2