Sentenza 15057/2014 della Tribunale Di Milano Sezione Specializzata In Materia Di Impresa sezione A
Sentenza n. 15057/2014 pubbl. il 17/12/2014
RG n. 38238/2009
Repert. n. 12847/2014 del 17/12/2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MILANO
Sezione specializzata in materia di impresa
Sezione A Il Tribunale in composizione collegiale, nella persona dei seguenti magistrati:
Dott. giu1 Dott. giu2 Dott. giu3
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al N. 38238/2009 R.G. promossa da:
L SPA (c.f. 01508340286 ), con il patrocinio degli avv. MM e GG (XXX) VIA
XXX;
ATTRICE contro:
T E G M SPA (C.F. XXX ), con il patrocinio dell'avv. MSE
CONVENUTA
Conclusioni delle parti:
come precisate all‟udienza del 4/6/14 e qui integralmente richiamate
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 12/5/09 la s.p.a. L chiamava in giudizio la s.p.a. T e G M, per sentirla dichiarare responsabile di contraffazione del brevetto di cui alla domanda PD2007A00008, nonché del modello comunitario registrato al n. 643069-0021, oltre che di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c. , con conseguenti inibitoria, ordine di ritiro dal commercio, risarcimento dei danni e pubblicazione della sentenza. Narrava l'attrice, titolare delle privative in questione, di avere dapprima presentato ricorso per descrizione, eseguito al Salone del Mobile del 2008, quindi –fallite le trattative per una bonaria composizione della controversia- un ricorso cautelare, conclusosi con l'accoglimento delle pretese, sia in relazione alla contraffazione del brevetto che del modello comunitario. Quanto alla concorrenza sleale, l'attrice lamentava che l'avere la convenuta presentato la sua linea “Crossing" come espressione di un nuovo concetto di libreria che consente alle “scaffalature di poter essere sospese" rappresenterebbe atto confusorio, nonché appropriazione di pregi e concorrenza parassitaria. Si costituiva la convenuta, sottolineando come, in sede di reclamo cautelare il Collegio avesse respinto le pretese di contraffazione del brevetto, ritenendo sussistenti seri dubbi di nullità della privativa, qui reiterati nelle difese. Quanto alla contraffazione dei modelli comunitari, la convenuta contestava la sussistenza del requisito del carattere individuale e comunque della contraffazione, non ricavabile da un semplice disegno del listino prezzi. In via riconvenzionale, M svolgeva domanda di dichiarazione di nullità di entrambe le privative. Con successivo atto di citazione notificato il 3/6/09 L proponeva analoghe domande di contraffazione del brevetto e concorrenza sleale, in relazione ad un diverso dispositivo utilizzato da M. Le due cause venivano portate avanti al medesimo G.I. con provvedimento 25/2/10 e riunite all'udienza del GG/MM/AA. All'esito della concessione di termini ex art. 183,VI c.p.c., veniva disposta consulenza tecnica su validità e contraffazione del brevetto, con duplici approfondimenti a chiarimento, quindi il G.I. ordinava a M l'esibizione delle scritture contabili relative alla commercializzazione dei prodotti in dedotta contraffazione, quindi, all‟udienza del 4/6/14 la causa veniva rimessa in decisione. Su istanza concorde delle parti, veniva fissata discussione orale avanti al Collegio per l'udienza del 20/11/14, all'esito della quale veniva riservata la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Come accennato, L lamenta la contraffazione di due diversi titoli di proprietà industriale, che debbono essere separatamente esaminati. BREVETTO 1.380.711
Il titolo di privativa, concesso il GG/MM/AA su domanda PD2007A00008, depositata il GG/MM/AA, ha per oggetto “dispositivo regolabile di aggancio a muro per librerie e scaffali in genere", con sistema di regolazione della quota e della posizione di fissaggio. Secondo la descrizione, il problema tecnico affrontato dall'invenzione è quello di evitare che, nel caso di montaggio di mobile che deve essere agganciato al muro e composto di elementi affiancati, sia necessario, in caso di piccoli errori di misura smontare i ganci dalla parete e praticare nuovi fori. Lo scopo principale dichiarato dall'inventore è quindi quello di permettere una regolazione della posizione della spalla della scaffalatura dopo l'applicazione degli agganci al muro, senza necessità di rimuovere i ganci e procedere a praticare nuovi fori
nella parete. La correzione della quota permette di sollevare o abbassare la spalla in modo che questa risulti correttamente allineata alle spalle affiancate, agendo sul sistema di regolazione del dispositivo dopo l‟applicazione al muro. Inoltre il dispositivo secondo l'invenzione permette di regolare la distanza delle spalle affiancate, sempre senza richiedere rimozione, essendo possibili traslazioni orizzontali della spalla anche di qualche millimetro. Al fine di raggiungere lo scopo, è previsto un gancio provvisto di una parte piana adatta ad essere appoggiata e fissata al muro ed una parte sporgente per sorreggere la spalla. Il dispositivo prevede altresì un perno, fissato solidale alla spalla e provvisto di un foro filettato, nel quale si impegna una vite la cui estremità inferiore va ad insistere sulla parte sporgente del gancio. L'azione di rotazione della vite fa sì che il perno (solidale alla spalla del mobile) e la spalla vengano traslati verticalmente verso l‟alto o verso il basso (secondo il verso di rotazione della vite), consentendo la regolazione della quota della spalla rispetto al gancio. L'originaria rivendicazione 1 recitava quindi:
“dispositivo di aggancio per spalla (L) di librerie, armadi, scaffali, e scaffalature in genere, comprendenti una o più spalle verticali e una o più spalle trasversali, caratterizzato dal fatto di comprendere:
- almeno un gancio o elemento (G) di attacco al muro (M) a sua volta comprendente almeno una parte piana (G1) atta ad essere applicata e vincolata solidalmente al muro (M) e almeno una parte sporgente (2);
- almeno un elemento, una lama, un cilindro o un perno (P) vincolato solidalmente alla relativa spalla (L) e comprendente almeno un foro (P1) passante internamente filettato;
- almeno una vite (V) avvitata, in modo passante, in detto foro (P1) di detto perno (P) e dotato di un‟estremità inferiore (V3) insistente su detta parte sporgente (G2) di detto gancio di attacco (G);
- e dove la rotazione di detta vite (V) nel verso di avvitamento o nel verso contrario provoca la traslazione verticale di detto perno (P) e della spalla (L) ad esso solidale". Già nel corso della consulenza esperita in sede cautelare, la rivendicazione in questione è stata ritenuta nulla per carenza di novità, in quanto interamente anticipata dalla anteriorità GB „687 e FR „444. Le rivendicazioni 2 e 3 invece, pure se nuove, sono state ritenute prive di altezza inventiva, in quanto alla portata del tecnico del ramo (rappresentando mere varianti della tecnica nota, non atte a risolvere un problema tecnico specifico). Diversamente, in quella sede, si è concluso per la rivendicazione 4 -nuova ed inventiva- sicchè, nella presente fase di merito, le parti hanno incentrato il contraddittorio tecnico sulla premessa della validità della combinazione tra la rivendicazione 1, che viene ad integrare la parte pre-caratterizzante, e la rivendicazione 4 che recita “dispositivo di aggancio come da rivendicazione 1 caratterizzato dal fatto che detto perno (P), detta vite (V) e detto gancio (G) sono completamente inseriti entro una o più sedi (S1, S2, S3) ricavate sulla parte posteriore, prospicente il muro (M) di detta spalla (L) e dove le pareti laterali di una o più di dette sedi (S1, S2, S3) delimitano le traslazioni orizzontali di detta spalla". Pertanto, l'elemento caratterizzante della nuova rivendicazione 1+4 riguarda il fatto che il gancio (G), il perno (P) e la vite di regolazione (V) sono totalmente inseriti in una o più sedi ricavate sulla parte posteriore della spalla (L) e che queste sedi sono dotate di pareti laterali che delimitano le traslazioni orizzontali della spalla (L). In proposito, nella descrizione brevettuale si afferma che “le sedi di alloggiamento di detto perno, di detta vite e di detto gancio di attacco, ricavate in detta spalla, permettono non solo di nascondere completamente alla vista il dispositivo di aggancio, che risulta infatti completamente incassato nel corpo spalla, ma delimitano anche le traslazioni orizzontali della spalla stessa, limitandone così gli spostamenti indesiderati". All'esito di un –tormentato- dibattito tecnico- è emerso come l‟anteriorità più vicina è rappresentata dal FR „444 che prevede un gancio 3 provvisto di una porzione piana destinata ad essere fissata alla parete e una porzione sporgente sulla quale insiste l'estremità inferiore di una vite di regolazione 13, avvitata in un foro filettato, ricavato in un elemento 15 -assimilabile al perno o lama- il quale, tramite una vite è fissato al pannello 2 che deve essere regolato in altezza. Il documento, oltre ad anticipare tutte le caratteristiche di cui alla rivendicazione 1, anticipa anche quella della rivendicazione 4 secondo cui il perno, la vite ed il gancio sono alloggiati in una sede definita del pannello. Secondo il consulente, reiteratamente richiesto di chiarimenti in proposito (anche in relazione al testo della privativa francese), l'anteriorità in questione non anticipa la caratteristica secondo cui la sede di accoglimento del gancio, della vite di regolazione e del perno è provvista di pareti laterali che delimitano traslazioni orizzontali del pannello e/ della spalla. Parte convenuta ha invece radicalmente eccepito la carenza di novità, in quanto l'anteriorità francese, utilizzando il termine cavità per definire la sede di accoglimento del dispositivo di aggancio indica che la stessa presenta necessariamente delle pareti laterali. Richiesto di chiarimenti in proposito, il CTU ha ribadito che FR „444 non in alcun modo la “cavità" e tanto meno ne definisce le pareti come delimitanti lo spostamento trasversale della spalla del mobile. Secondo il CTU il fatto che l'anteriorità sia silente sulla tipologia della cavità e non identifichi il problema della regolazione orizzontale, ma solo quello della regolazione in altezza esclude che lo stesso possa minare il requisito della novità, ed anche quello dell'altezza inventiva. In proposito rileva il Tribunale come la privativa francese indichi la problematica della regolazione orizzontale, prevedendo che due “giochi" dei supporti 3 e 4 distanti orizzontalmente consentano la regolazione orizzontale dell'elemento sospeso. Tuttavia, manca la specifica previsione che le sedi di alloggiamento del gancio, vite di regolazione e perno siano provviste di pareti laterali, che permettono di limitare la traslazione orizzontale, ottenendo un posizionamento definito e preciso della spalla. Siffatta conclusione non trova concorde il CTP della convenuta, che insiste sulla carenza di novità anche della rivendicazione 4, considerando che “ancorchè non esplicitamente citato nel brevetto FR „444, le pareti laterali della cavità in cui sono ospitati i dispositivi di aggancio inevitabilmente e necessariamente delimitano gli spostamenti laterali della spalla", sicchè “per il tecnico medio tutte le caratteristiche della rivendicazione 1+4 del brevetto in questione sono rinvenibili chiaramente ed inequivocabilmente nel documento FR „444, con il conseguente venir meno del requisito della novità". Come è noto, ai fini della valutazione del requisito di novità occorre esaminare se una specifica realizzazione descritta in una divulgazione – di qualsiasi tipo essa sia – resa disponibile al pubblico in data anteriore alla data di priorità della privativa di cui si esamina un dato oggetto di rivendicazione, comprenda o meno identicamente e inequivocabilmente tutte le caratteristiche tecniche, con le relative relazioni funzionali, rivendicate dalla privativa in esame. Qualora tale esame porti a concludere che non vi sia sostanziale identità tra le caratteristiche rivendicate e quelle appartenenti alla specifica realizzazione dello stato della tecnica considerata, allora tale requisito di novità sarà presente, altrimenti verrà giudicato assente. In proposito, il Collegio ricorda che al fine di distruggere la novità, invero, deve considerarsi il contenuto complessivo della pubblicazione anteriore quale ricavabile dall'esperto del ramo, senza integrazione alcuna del suo sapere specialistico al fine di
modificare o integrare il trovato, sia pure in modo ovvio, questione rilevante, invece, in relazione al diverso requisito dell'altezza inventiva. Eventuali modifiche o sviluppi dell'informazione tecnica contenuta nel documento non fanno parte di ciò che viene rivelato dal documento anteriore. Se per la valutazione del requisito di novità possono considerarsi anche eventuali caratteristiche implicite derivabili da un documento appartenente allo stato della tecnica, le stesse devono risultare leggibili dall'esperto del ramo, da quel documento direttamente e senza ambiguità. Viceversa, non possono considerarsi, ai fini della valutazione del requisito della novità dell'oggetto di una data rivendicazione, tutte quelle caratteristiche implicite, ma equivocabili, descritte in relazione ad una certa anteriorità, e neppure si considereranno quelle caratteristiche estrapolate arbitrariamente dalla descrizione di una anteriorità, senza tenere conto delle relative relazioni funzionali con le restanti caratteristiche. Pertanto, considerato che il ragionamento suggerito dalla convenuta impone, sulla conformazione della sede di alloggiamento del dispositivo, una integrazione probabilistica del contenuto di FR „444, in nessun modo esplicita o suggerita dallo stesso -che rimane del tutto silente in proposito- il Tribunale ritiene di poter escludere che l'anteriorità francese possa minare il requisito della novità del titolo di Lago, per assenza di uno degli elementi caratterizzanti del trovato. Quanto all'altezza inventiva, ex art. 48 CPI, il Tribunale ritiene necessario fare riferimento al noto criterio del “problem-and-solution approach", che impone innanzitutto di determinare la “tecnica anteriore più vicina" -individuando quella anteriorità che costituisce il punto di partenza più promettente per giungere alla soluzione rivendicata della privativa in esame e che normalmente ha il maggior numero di caratteristiche in comune con la soluzione oggetto di rivendicazione, o che permette il minimo numero di modifiche per giungere alla soluzione rivendicata- selezionando poi le caratteristiche (“caratteristiche distintive") che ne distinguono la soluzione rivendicata. Va quindi determinato il “problema tecnico oggettivo" risolto dalla o dalle caratteristiche distintive della soluzione rivendicata (ossia da quella o quelle caratteristiche che non sono descritte o suggerite dalla “tecnica anteriore più vicina") e debbono essere individuate le competenze dell'esperto del ramo, per considerare se lo stesso, partendo dalla “tecnica anteriore più vicina", avrebbe risolto in modo ovvio il problema tecnico oggettivo, e quindi sarebbe giunto banalmente alla soluzione rivendicata in esame, eventualmente combinando tra loro gli insegnamenti della tecnica anteriore più vicina con un‟altra diversa anteriorità o con gli insegnamenti generali del settore tecnico della soluzione rivendicata in esame. Ora, al fine di valutare l'inventività di IT „711, FR „444 rappresenta effettivamente l'arte nota più vicina, prevedendo, come detto, tutte le caratteristiche rivendicate nell'invenzione L, tranne le pareti laterali della sede di accoglimento del dispositivo come delimitanti lo spostamento trasversale della spalla del mobile. Come accennato, l'anteriorità francese pur menzionando lo spostamento laterale, neppure identifica il problema della sua limitazione, per definire il posizionamento orizzontale dell'elemento del mobile sostenuto dal dispositivo di aggancio. Occorre quindi valutare se altri documenti o le conoscenze comuni del settore offrano la soluzione cui è pervenuta L. Individuate le caratteristiche (“caratteristiche distintive") che distinguono la soluzione rivendicata dalla “tecnica anteriore più vicina" e determinato il “problema tecnico oggettivo" risolto dalle stesse, va infatti considerato se la mutua combinazione della “tecnica anteriore più vicina" con una diversa anteriorità, ad esempio costituita da una realizzazione illustrata in un altro documento anteriore, o talora anche con gli insegnamenti generali comuni del settore, consenta di ottenere la medesima soluzione oggetto della rivendicazione in esame. Ai fini di evitare analisi a posteriori va considerato (utilizzando il c.d. criterio “Could – Would") se tale combinazione sarebbe stata logicamente e quasi certamente compiuta dall‟esperto del ramo (“would"), alla data di deposito/priorità della privativa in esame, o se l‟esperto del ramo avrebbe solo potuto (“could") compiere tale combinazione, senza in realtà avere alcuno stimolo a porla in atto. Infatti, solo se la combinazione di cui si è detto sarebbe stata ovvia per l‟esperto del ramo (“would") allora si può giungere pacificamente ad una valutazione negativa del requisito di attività inventiva, mentre se tale combinazione non sarebbe stata ovvia (“could"), allora si può ritenere soddisfatto tale requisito di attività inventiva. La combinazione di due anteriorità, ossia quella individuata come “tecnica anteriore più vicina" con un‟altra differente anteriorità, è logicamente ammissibile, per determinare la presenza o meno di attività inventiva nella soluzione rivendicata sotto esame, solo se le anteriorità da combinare, ivi comprese le conoscenze comuni generali del settore, appartengano al medesimo settore della tecnica, se sia poi probabile che l'esperto del ramo combini tali anteriorità cercando una soluzione al suddetto “problema tecnico oggettivo", e dunque vi sia un qualche collegamento logico tra le anteriorità da combinare, quale ad esempio la risoluzione di un identico problema tecnico in un contesto fisico simile, o ancora la presenza di suggerimenti o puntatori verso soluzioni presenti in altra tecnica anteriore nota, che spinga l'esperto del ramo a cercare in una anteriorità differente dalla tecnica anteriore più vicina la soluzione al problema tecnico individuato nella privativa in esame. Deve concordarsi con il CTU laddove afferma che l‟insegnamento che il tecnico del ramo riceve da FR „444 consiste nel prevedere una cavità nella spalla del mobile entro cui occultare il dispositivo di aggancio, ove si osservi il mobile frontalmente, e prevedere una regolazione della vite dall'alto e dal basso, mentre qualsiasi interpretazione che consenta di prevedere pareti laterali della cavità per consentire una traslazione orizzontale limitata è frutto di un ragionamento ex post, non suggerita in alcun modo dalla privativa francese. Partendo quindi dal documento francese il tecnico del ramo si trova di fronte al problema di -a partire da una cavità non meglio precisata- delimitare le traslazioni laterali della spalla del mobile. In assenza di indicazioni univoche dalla tecnica nota, secondo il CTU l'inventore ha reso le cavità di dimensioni assai contenute “al fine di sfruttare le pareti laterali come elementi di contenimento della traslazione laterale, in virtù del fatto che la vite, che insiste sull‟elemento, lama, cilindro o perno, non può disimpegnarsi da detto elemento, cosa che accadrebbe se la cavità non fosse opportunamente dimensionata in modo da contenere il dispositivo consentendone solo piccoli spostamenti". Delle altre anteriorità prodotte, DE „589 insegna al tecnico del ramo a delimitare traslazioni orizzontali della spalla, ricorrendo tuttavia ad un elemento aggiuntivo in cui sono definite delle asole che permettono tale traslazione. Il Tribunale concorda con il consulente d‟ufficio nel senso che tali insegnanti non contengano alcuna indicazione univoca ad utilizzare, per raggiungere il medesimo risultato, mezzi così differenti quali sono le pareti laterali di una cavità per accogliere accessori di montaggio. Il CTU sottolinea infatti come non sia sufficiente che un documento anteriore fornisca una qualsiasi soluzione per delimitare la traslazione laterale, ma occorrerebbe, per escludere l'altezza inventiva, poter individuare un documento anteriore che fornisca già l'insegnamento che il limite alla traslazione orizzontale della spalla del mobile sia dato dalla presenza di pareti laterali di una sede di contenimento del dispositivo di aggancio, realizzata nella spalla del mobile o scaffalatura. Tale concetto di regolazione laterale mediante le pareti di una cavità siffatta non è individuale secondo il consulente, in nessuno dei documenti anteriori citati e neppure risulta dalle conoscenze comuni del tecnico del ramo, come documentate in atti (es. manuali, dizionari, libri di testo, articoli, nulla essendo stato prodotto in proposito dalla convenuta). Pertanto, partendo dalla tecnica anteriore più vicina, come sopra definita, risulta essere evidente che l'esperto del ramo non sarebbe stato in grado di individuare, nelle conoscenze tecniche generali del settore, o nelle anteriorità logicamente correlabili all'oggetto di invenzione, alcun ovvio ed esplicito puntatore alla soluzione rivendicata, sicchè deve riconoscersi anche il requisito dell‟altezza inventiva. In conclusione, il brevetto IT 1.380.711, concesso il GG/MM/AA, su domanda presentata il GG/MM/AA, deve essere dichiarato parzialmente nullo, riconoscendosi validità alla combinazione della rivendicazione 1 (parte precaratterizzante) con la rivendicazione 4, che ne viene a costituire la parte caratterizzante (ferma la rivendicazione 5 dalla stessa dipendente). CONTRAFFAZIONE
Il modello di parte convenuta, secondo quanto dalla stessa dichiarato, “comprende un primo organo atto ad essere fissato ad una parete ed un secondo ed un terzo organo associati al mobile. Il primo organo comprende una piastrina metallica atta ad essere fissata alla parete a cui è solidarizzato un gancio di forma sostanzialmente trapezoidale in modo da risultare sporgente rispetto alla parete e rivolto verso l'alto. Il secondo organo comprende un contenitore avente forma parallelepipeda con un'apertura che permette l'inserimento del gancio. Nel contenitore è presente un cursore dotato di nottolini posizionatori scorrevoli nelle asole, presenti sulle pareti laterali del contenitore. Al di sopra del contenitore è presente un perno ortogonale al contenitore ed un foro posteriore come prova di una vite che si ancora in un secondo perno, parallelo al contenitore, inserito in un foro presente nel mobile. Detto secondo perno trattiene il contenitore quando è in posizione unitamente al perno, garantendo che il mobile possa sostenere pesi notevoli. Una vite opera in relazione al foro filettato presente nella prima parte superiore al contenitore ed agisce sul cursore. Il cursore presenta una parte inferiore tagliata in senso speculare rispetto al gancio, così che il cursore coopera con il gancio portando costantemente il mobile a contatto della parete. E' previsto un regolatore di verticalità del mobile". Più semplicemente, il dispositivo di aggancio di M comprende un gancio provvisto di una porzione piana destinata ad essere fissata alla parete ed una porzione sporgente atta a sostenere il peso del mobile. Il dispositivo comprende altresì un elemento scatolare che è inserito in una cavità ricavata nello spessore della spalla del mobile da sorreggere e che è fissata solidalmente a tale spalla tramite appositi perni di ancoraggio. Il dispositivo comprende inoltre una vite di regolazione verticale, che si avvita in un foro filettato, presente sulla parte superiore dell'elemento scatolare ed è provvista di un'estremità inferiore che poggia su un inserto cursore di forma trapezioidale, che a sua volta poggia al di sopra della parte sporgente del gancio. La superficie inferiore del'inserto cursore è inclinata con inclinazione corrispondente in modo complementare a quella del profilo superiore della parte sporgente del gancio. L'inserto cursore comprende due nottolini laterali che possono scorrere su scanalature formate sui fianchi opposti dell'elemento scatolare, per guidare la traslazione verticale del cursore rispetto all'elemento scatolare ed alla spalla. La porzione sporgente del gancio è accolta con gioco in direzione laterale all'interno dell'elemento scatolare, le cui pareti laterali formano due riscontri che limitano la possibilità di traslazione relativa tra spalla e gancio fissato alla parete. I consulenti d'ufficio, della fase cautelare e di merito, hanno ritenuto che il modello comprende tutto quanto rivendicato nella originaria rivendicazione 1, salva la circostanza che la vite di regolazione non insiste con la parte inferiore sulla parte sporgente del gancio di attacco, essendo interposto un elemento intermedio, ossia un cursore. Peraltro il cursore, dopo l'installazione, è in ogni momento solidale al gancio e non modifica il fatto che la forza verticale è trasmessa dalla vite al gancio, non rilevando eventuali funzioni aggiuntive dell'elemento interposto. Pertanto la soluzione di M sarebbe tecnicamente equivalente a quella rivendicata in IT „711. Quanto agli elementi caratterizzanti di cui alla originaria rivendicazione 4, secondo i consulenti è presente la caratteristica secondo cui il gancio e l‟elemento solidale alla spalla che presenta il foro filettato che in cui si impegna la vite sono completamente inseriti entro una sede ricavata nella parte posteriore della spalla, prospicente al muro. Per quanto riguarda la caratteristica della delimitazione delle traslazioni orizzontali della spalla del mobile delimitata dalla realizzazione delle pareti laterali della sede nella spalla, la stessa non è riprodotta letteralmente nel prodotto della convenuta (definito Modello A), posto che la delimitazione delle traslazioni laterali è realizzata dall'elemento scatolare che è inserito nella sede della spalla. Quindi le pareti della sede della spalla sono sostituite dalle pareti sottili dell‟elemento scatolare, che formano superfici di riscontro atte a delimitare lo spostamento del gancio. Secondo i CTU “tali pareti sottili sono aderenti e solidali rispetto alle pareti laterali della sede della spalla a cui sono vincolate e pertanto si può assumere che, per equivalenza le pareti della spalla sono sostituite dalle pareti dell‟elemento scatolare, tale sostituzione non alterando in alcun modo il concetto inventivo della rivendicazione 4". Analogamente dovrebbe opinarsi per il modello C, mentre nel modello B non sembrerebbe possibile la regolazione in senso orizzontale. Il Collegio ritiene di non concordare con tale conclusione, premesso che, come visto, i modelli M non riproducono letteralmente, ma, secondo i CTU, solo per equivalente, gli insegnamenti del titolo di L. Questo Tribunale, nell'analisi della interferenza per equivalenza tecnica ritiene utile avvalersi del cosiddetto “triple test" o “test FWR" (dalle iniziali delle parole inglesi Function, Way, Result, ovvero funzione -cioè attività, ruolo tecnico-, modo e risultato) che consiste essenzialmente nel verificare se, per ciascun elemento tecnico presente nell‟oggetto di cui valutare l'eventuale interferenza, ma non letteralmente rivendicato dalla privativa in esame, questo svolga sostanzialmente la medesima funzione (ruolo tecnico), sostanzialmente nello stesso modo (e quindi con mezzi tecnici simili), per ottenere sostanzialmente il medesimo risultato. Il “test FWR" da un lato meglio si adatta alla novella del comma 3.bis dell'Art. 52 CPI (peraltro modellato sul Protocollo di Interpretazione dell‟Art. 69 CBE – Convenzione del Brevetto Europeo) che sostanzialmente prescrive l'analisi elemento per elemento della eventuale interferenza per equivalenti tecnici, dall‟altro fornisce uno schema logico più obiettivo rispetto al criterio della ovvia sostituibilità per l‟esperto del ramo, lasciato maggiormente alla interpretazione soggettiva di chi valuta. Mentre funzione e risultato di un certo mezzo tecnico sono elementi, talora immediatamente correlati, deducibili e confrontabili grazie alla descrizione brevettuale e alla rispettiva osservazione del funzionamento di tali mezzi, una maggiore cura deve essere riservata alla valutazione comparativa delle modalità con cui i due mezzi tecnici da confrontare operano. La verifica del “modo" (“Way") con cui due mezzi tecnici presumibilmente equivalenti operano, non può prescindere dalla comparazione delle caratteristiche strutturali dei mezzi tecnici esaminati, dato che banalmente tali caratteristiche strutturali determinano appunto il loro modo di operare. Nel caso di mezzi meccanici, ad esempio, la loro struttura determina il modo con cui i moti, le forze e le sollecitazioni (sforzi interni, attriti, ecc.) agiscono su di essi e quindi in definitiva determina le modalità con cui tali mezzi meccanici funzionano. Qualora si prescindesse, per definire il modo (“Way") con cui tali mezzi tecnici – presumibilmente equivalenti – operano, da una analisi delle loro caratteristiche strutturali, non si potrebbero correttamente definire le modalità operative di tali mezzi tecnici e quindi si priverebbe sostanzialmente di significato questo aspetto del test FWR, il quale sarebbe dunque evidentemente limitato alla sola analisi della funzione (“Function") svolta (ossia della attività o ruolo tecnico) e del risultato (“Result") ottenuto dai mezzi tecnici sotto esame. Al fine di salvaguardare i diritti del titolare di una valida privativa, senza per questo ledere i diritti dei terzi ad avere una ragionevole certezza circa ciò che è oggetto di protezione da parte di tale privativa, l'equivalenza tecnica deve essere valutata al momento della (presunta) contraffazione. Nel caso che ci occupa, se, in relazione alla sola limitazione delle traslazioni orizzontali, i due dispositivi in confronto svolgono la medesima funzione, i mezzi non sembrano affatto essere sostanzialmente uguali ed operare nello stesso modo. Ora, delle caratteristiche esplicitamente rivendicate in IT „711 mancano entrambe quelle di cui alla rivendicazione 4 ed innanzitutto quella per cui il gancio (G) è completamente inserito nella sede ricavata nella spalla. Si tratta di caratteristica esplicitamente rivendicata ed a cui l'inventore ha assegnato importanza, non solo sotto il profilo “estetico", peraltro in relazione alla funzionalità perseguita di “nascondere completamente alla vista il dispositivo di aggancio", ma anche funzionale, in quanto finalizzata alla stessa limitazione degli spostamenti orizzontali. Non può condividersi la conclusione del CTU, secondo cui “la presenza di una parte esterna non compromette l'occultamento dei dispositivi di fissaggio entro la spalla del mobile, in quanto lo spessore della parte esterna è estremamente ridotto e l'effetto finale è quello di avere la spalla del mobile “quasi" a contatto con la parete e quindi occultante i dispositivi di fissaggio", ovviamente ad una veduta frontale. Tale osservazione appare meramente estetica (oltre che eccessivamente approssimativa) e prescinde dalla ragioni anche funzionali di tale opzione costruttiva di M, che, tra l‟altro, consente di più facilmente adeguare la fissazione del mobile alle eventuali asperità della parete, ampliando anche la capacità di escursione laterale. Quindi, se sorgono dubbi sull'identità di funzione, anche il risultato conseguito non pare dello stesso tipo e qualità. Con riferimento alla casistica UBE –che fornisce utili elementi per formulare un giudizio altrimenti aleatorio- deve infatti considerarsi che per essere equivalenti i mezzi devono conseguire un risultato dello stesso tipo e qualità; un mezzo non può infatti ritenersi equivalente se, in conseguenza della diversità della forma realizzativa, conduce ad un risultato dello stesso tipo, ma avente diversa qualità o diverso grado di efficienza. Non è poi presente un perno in senso stretto, in quanto a traslare verticalmente sembrerebbe essere un ulteriore elemento scatolare (21). Tuttavia è lo stesso inventore di IT „711 che enuncia nella sua rivendicazione 1 una sostanziale identità, ai fini della soluzione del problema tecnico tra perno, elemento, lama o cilindro, né il CTP della convenuta è stato in grado di fornire elementi in senso contrario in relazione alla sostanziale identità dei mezzi in questione ed al significato tecnico della limitazione al solo perno nella rivendicazione 4. Appare poi rilevante -in relazione all‟altra caratteristica di cui alla rivendicazione 4- la circostanza che nei prodotti M le pareti laterali della sede nella spalla non delimitano le traslazioni orizzontali della spalla, in quanto sono le pareti laterali dell'elemento scatolare a fornire superfici di riscontro atte a delimitare lo spostamento del gancio. Tale mezzo è stato però dai consulenti ritenuto equivalente, anche in considerazione del fatto che, nei prodotti oggetto di descrizione, le pareti dell‟elemento scatolare sono risultati aderenti e solidali rispetto alle pareti laterali della sede in cui sono vincolati e sono relativamente sottili rispetto alle dimensioni della cavità. Risulta tuttavia evidente che il posizionamento del corpo scatolare nella cavità e la sua permanenza in posizione sono determinati non dall'aderenza alle pareti della sede ricavata nella spalla, ma da due perni (31 e 33, v. relazione in sede cautelare). Pertanto, ai fini della dedotta contraffazione non rileva la circostanza, casuale, dell'aderenza alle pareti della sede (S) bensì quella della possibile equivalenza tra dette pareti e quelle dell'elemento scatolare di M, che certamente svolgono la medesima funzione, ottenendo il medesimo risultato, ma utilizzando un mezzo opinabilmente uguale. Non va pretermesso che i medesimi criteri debbono in linea di massima essere utilizzati ai fini di considerare la distanza del trovato dall'arte nota, per il giudizio di originalità e per la valutazione della dedotta contraffazione per equivalenti (salvi i miglioramenti dipendenti ex art. 68,II CPI). Ora, come sottolineato dai CTP della convenuta, le anteriorità esaminate mostrano sistemi di aggancio nei quali le traslazioni laterali sono definite e limitate da dispositivi vari (v. FR „290 e DE „589), la cui rilevanza ai fini della valutazione dell‟inventività è stata esclusa in quanto non suggeriscono univocamente di utilizzare a tal fine le pareti della sede ricavata nella spalla. Pare quindi opinabile che l'utilizzazione di un dispositivo, estraneo ed ulteriore alla predetta sede, sia pure in essa collocato, possa considerarsi mezzo sostanzialmente identico a quello rivendicato nel trovato di L ed operante nello stesso modo. Lo stesso CTU, esplicitamente richiesto di una valutazione in tal senso, ha nel secondo supplemento di relazione affermato che “l'utilizzo delle pareti della cavità per delimitare la traslazioni laterali era stato ritenuto inventivo (e quindi non equivalente) rispetto all'utilizzo di dispositivi meccanici e ora, nella valutazione dell'interferenza, senza alcuna contraddizione logica, l'utilizzo del dispositivo meccanico, ossia il corpo scatolare dei dispositivi della convenuta, viene considerato equivalente all'utilizzo delle pareti della cavità. Ciò è vero in quanto il dispositivo meccanico è, nei prodotti A e C della convenuta, inserito in una cavità, con le pareti della cavità che sono aderenti al dispositivo meccanico, ossia del corpo scatolare. Tale sostanziale coincidenza tra le pareti laterali della cavità e le pareti laterali del corpo scatolare fa sì che il concetto inventivo del brevetto di parte attrice sia ripreso nei dispositivi A e C della convenuta". Il consulente ha invece ritenuto che, laddove tale coincidenza non via sia e le pareti del corpo scatolare siano distanziate dalle pareti della cavità, nessuna interferenza possa darsi. Se ne deduce che la contraffazione sarebbe determinata dalla circostanza, del tutto casuale da un punto di vista costruttivo, della contiguità delle pareti in questione. Ma siffatta conclusione, non necessitata da caratteristiche strutturali o funzionali dei dispositivi M (bensì solo dallo spessore della spalla da appendere, irrilevante ai fini del trovato), atti ad essere indifferentemente collocati a ridosso o distanziati dalle pareti della cavità, senza incidenza alcuna sulla funzionalità e modalità di soluzione del problema tecnico, sembra dimostrare indirettamente proprio la sostanziale non identità dei mezzi utilizzati e quindi la loro non equivalenza ai fini del giudizio di contraffazione. Analoghe considerazioni debbono farsi per tutti i dispositivi oggetto di doglianza, di cui uno (indicato come B) non ritenuto contraffattivo neppure dal CTU. Il Tribunale ritiene quindi che, malgrado il parere contrario dei CTU, in causa non siano stati raggiunti elementi di giudizio sufficienti a dimostrare la contraffazione del brevetto di titolarità di L (onere che, non va dimenticato, incombeva su quest'ultima). Pertanto, non risultando che tutti gli elementi previsti nella rivendicazione 1+4 siano presenti, neppure in forma equivalente, nel prodotto di M, le domande fondate sulla dedotta contraffazione di IT „711 non possono trovare accoglimento. MODELLO COMUNITARIO n. 643069
Come già esposto, l'attrice lamenta anche la violazione della privativa comunitaria per disegno/modello n. 643069. Nell'atto introduttivo L ha allegato come oggetto della tutela dovessero ritenersi gli effetti estetici di flessibilità e leggerezza che caratterizzano le sua linee di arredi. Nel corso del giudizio (e della sua precedente fase cautelare) il contraddittorio si è incentrato, trattandosi di registrazione multipla che include quarantaquattro varianti, sul modello 643069-21. La convenuta ha contestato a sua volta tanto la validità che la contraffazione del titolo azionato. Va premesso che la privativa comunitaria, registrata il GG/MM/07 su domanda GG/MM/06 è nelle more scaduto il GG/MM/11, non risultando la richiesta di proroga di durata della protezione (ed anzi emergendo l‟intervenuta scadenza proprio dalla riproduzione del titolo effettuata durante la discussione orale, con visura informale datata 5/9/14). In ogni caso, alla luce della pretesa di contraffazione dovranno comunque esaminarsi le difese della convenuta in tema di validità. Non risulta contestato che la nullità derivi dalla registrazione di caratteristiche dell'aspetto del prodotto dettate unicamente dalla sua funzione, mentre la resistente si concentra sull‟assenza dei requisiti di novità e carattere individuale. Come è noto, il primo requisito è di non identità rispetto alle anteriorità rilevanti, da considerarsi l'una isolatamente dall'altra e confrontare con la privativa azionata, per valutare se sussista un‟ oggettiva identità di forme, essendo sufficiente anche un modesto gradiente di differenziazione per la sussistenza del requisito. Quanto al requisito principale di protezione, cioè il carattere individuale, è ormai pacifico che lo stesso, introdotto dalle riforme normative imposte dall'adeguamento alla direttiva CE 98/71 , risulta assai meno pregnante rispetto a quella vera e propria potenzialità di far evolvere il gusto richiesta dalla normativa previgente (“speciale ornamento"), sicchè l'ambito delle forme tutelabili ne risulta ampliato a tutte quelle che presentano una originalità estetica che possa da sola orientare le scelte di acquisto del consumatore finale. Il “carattere individuale" presuppone infatti che la forma sia distinguibile sul mercato per l‟ utilizzatore informato, che nel campo che ci occupa, è rappresentato da quell'acquirente finale sensibile alle forme dei prodotti e che possiede una conoscenza media del settore merceologico di riferimento, in quanto attento alle novità del mercato. Trattandosi di prodotti con limitazioni indotte da esigenze funzionali e quindi con ridotto margine di differenziazione è necessario che l‟ impressione di insieme offerta dal modello susciti in un siffatto consumatore una sensazione di evidente dissomiglianza rispetto alle anteriorità rilevanti. Inoltre la forma protetta deve avere un livello di individualità tale non solo da attirare l'attenzione del consumatore, ma anche da costituire motivo di preferenza per l'acquisto. Spetta al registrante, laddove la registrazione, come d'uso, non sia accompagnata da rivendicazioni specifiche, allegare gli elementi che conferiscono al disegno/ modello siffatto carattere individuale –così definendo i confini della privativa- mentre è onere di chi sia convenuto in contraffazione la rigorosa prova della carenza di entrambi requisiti, offrendo al giudice un panorama dei modelli e prodotti presenti sul mercato, per consentire un'adeguata valutazione della privativa e comunque la definizione dei suoi confini. In proposito, come detto, l'attrice non ha esplicitamente definito tali elementi, che tuttavia sono stati indicati dal consulente in sede cautelare e implicitamente posti a fondamento del contraddittorio. Il Tribunale peraltro concorda che gli elementi individualizzanti del disegno vadano circoscritti alla particolare presenza di porzioni sporgenti lateralmente a sbalzo che definiscono volumi pieni, mentre il corpo delle libreria prevede principalmente vani vuoti aperti frontalmente, pure privi di pannello di sfondo, a loro volta, le porzioni piene si protraggono per un tratto verso l'interno della libreria sovrastando o rimanendo sovrastate da vani vuoti della libreria stessa, il tutto in una libreria “aerea", priva di base di appoggio a terra. Considerato il panorama di settore, che già prevedeva librerie “aeree" e, in un caso, con elementi pieni a sbalzo (v. le anteriorità prodotte da M) il carattere individuale è conferito dalla forma perimetrale della libreria registrata e dalla disposizione ed alternanza fra gli spazi rettangolari pieni e vuoti, questi ultimi di lato inferiore di misura più ridotta rispetto ai primi. Siffatti elementi di per sé attribuiscono alla forma registrata una adeguata distinguibilità sul mercato per l'utilizzatore informato, anche se indubbiamente lo specifico abbinamento di colori conferisce un'ulteriore ragione di acquisto. La convenuta non è invece stata in grado di comprovare l'intervenuta standardizzazione della forma in questione e neppure l'esistenza sul mercato di librerie che ripropongano unitariamente tutte le caratteristiche sopra indicate, sicchè può confermarsi, ormai ai soli fini della valutazione di interferenza, la validità del modello. Ora, la proposta compositiva CR06 del catalogo M (doc. 17 att.) presenta porzioni a sbalzo a volumi pieni che sporgono lateralmente rispetto al corpo della libreria, costituito da vani vuoti aperti frontalmente e privi di pannello di sfondo, che si protraggono per un tratto verso l'interno della libreria, rimanendo sovrastate da vani vuoti, il tutto in una libreria “aerea", priva di base di appoggio a terra. Anche la proporzione tra altezza e larghezza della libreria appare simile, ad un esame sintetico e non contestuale, al modello registrato, fornendo la medesima impressione generale all'utilizzatore informato, attento alle novità del settore arredamenti ed adeguato conoscitore delle stesse. Anche il Tribunale ritiene quindi l'interferenza della proposta compositiva in questione con la privativa di L. Cessata l'efficacia del titolo, deve essere esaminata la sola conseguenza risarcitoria della condotta della convenuta.
Dagli esiti dell'ordine di esibizione che pure ha specificamente riguardato anche il modello non è peraltro emerso alcun atto di commercializzazione della proposta compositiva CR06 in quanto tale (vedasi la relazione notarile in proposito), né l'attrice questione, con quello specifico rapporto tra scaffalature piene e vuote. Tuttavia, non va dimenticato come la semplice pubblicizzazione, anche attraverso il catalogo ed il listino prezzi, con conseguente offerta in vendita, di un prodotto interferente con l'altrui privativa rappresenta atto di diretta contraffazione. Spettava innanzitutto all‟attrice la prova di avere subito conseguenze negative nella sua organizzazione imprenditoriale a causa della condotta contraffattiva della convenuta, infatti “nel vigente ordinamento il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo non é riconosciuto con caratteristiche e finalità punitive ma in relazione all'effettivo pregiudizio subito dal titolare del diritto leso né il medesimo ordinamento consente l'arricchimento se non sussista una causa giustificatrice dello spostamento patrimoniale da un soggetto ad un altro; ne consegue che, pure nelle ipotesi di danno "in re ipsa", in cui la presunzione si riferisce solo all'"an debeatur" (che presuppone soltanto l'accertamento di un fatto potenzialmente dannoso in base ad una valutazione anche di probabilità o di verosimiglianza secondo l'"id quod plerumque accidit") e non alla effettiva sussistenza del danno e alla sua entità materiale, permane la necessità della prova di un concreto pregiudizio economico ai fini della determinazione quantitativa e della liquidazione del danno per equivalente pecuniario (così Cass. 15814/08 , analogamente, in tema di violazione dei diritti di marchio Cass. 16647/08 ). Tuttavia, anche se il nostro ordinamento non conosce l'istituto del “danno punitivo", nessuna contraffazione dell‟ altrui privativa può considerarsi improduttiva di danni la condotta contraffattiva. La garanzia offerta da una registrazione deve essere infatti considerata alla stregua di un bene normalmente produttivo -sia sotto il profilo del vantaggio monopolistico attribuito al titolare che produca, sia sotto quello della redditività assicurata dalla concessione di licenza a terzi- dotato di un valore capitale che viene irrimediabilmente eroso dall'attività contraffattiva. Nel caso che ci occupa non essendo provate altre condotte oltre alla pubblicizzazione del catalogo non possono essere utilizzati i criteri di cui all‟art. 125,II CPI, né la retroversione degli utili di cui all‟art. 125,III CPI. Tuttavia, non può non considerarsi l'erosione della attrattività commerciale subita dalla libreria L nelle forme tutelate dalla registrazione comunitaria in ragione della offerta al pubblico da parte di M di un prodotto che riproduce la medesima impressione di insieme. La prova di una siffatta conseguenza di mercato appare, nella sua impalpabilità, pressoché diabolica, sicchè se il danno è certo nella sua esistenza ontologica, ma non può essere provato nel suo preciso ammontare il giudice è chiamato ad esercitare i poteri equitativi attribuitigli dall‟ art. 1226 c.c. , che gli impongono di procedere alla liquidazione facendo ricorso a prove indiziarie ed a criteri probabilistici suggeriti dalle nozioni di comune esperienza. Il Tribunale ritiene, considerato che l'offerta rappresentava solo l'indicazione di una fra le molte possibilità di composizione offerte agli acquirenti da M, che non ha avuto altra comunicazione al pubblico che nei confronti di soggetti potenzialmente già orientati all'acquisto, e che quindi l‟erosione delle potenzialità insite nella privativa è stata minima, che tale voce di danno possa essere liquidata in euro 30.000,00 in moneta attuale, comprensivi di interessi ad oggi e su cui decorrono gli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo. Non pare invece al Tribunale, considerato la natura dell'atto contraffattivo riconosciuto e la cessazione della validità della privativa, che vi siano gli estremi per disporre inibitoria assistita da sanzione o le altre conseguenze sanzionatorie di cui all'art. 124 CPI e neppure pare opportuno di disporre quella particolare forma di risarcimento in via specifica rappresentata dalla pubblicazione della sentenza. I profili di concorrenza sleale proposti da L sono fondati sui medesimi fatti costituitivi contraffattori e di pubblicazione del listino prezzi, sicchè non possono costituire fonte di un‟ulteriore obbligazione aquiliana autonoma. Quanto all'appropriazione di pregi rappresentati dalla presentazione delle librerie M come potenzialmente sospese ed aeree, come già detto, si tratta di caratteristiche già presenti sul mercato di prodotti consimili, sicchè L non può lamentarsi se altri se le attribuisca. In sintesi, devono essere disattesa le domande proposta in via riconvenzionale da M in relazione alla integrale nullità delle due privative azionate (parzialmente peraltro accolta in relazione ad IT „711) e di converso, neppure può trovare accoglimento la pretesa di L fondata sulla contraffazione del brevetto IT „711, mentre è risultata fondata quella relativa alla registrazione comunitaria per disegno/modello n. 643069 (nelle more scaduta).
Pertanto, considerato il rapporto tra le reciproche soccombenze sopra evidenziato, il Tribunale ritiene di potere compensare per il 50% tra le parti le spese di procedura, ponendo a carico di M il residuo 50%.
Considerato che la descrizione ha avuto per oggetto le prove di una contraffazione rivelatasi insussistente, che il procedimento cautelare si è concluso con esiti differenti tra la prima e la seconda fase, limitatamente al brevetto (sicchè sussistono equi motivi per compensare interamente le relative spese), la quota del 50% viene quindi liquidata in relazione alle due cause riunite, in euro 20.000,00, oltre accessori di legge.
Le spese di CTU, come liquidate in corso di causa, debbono quindi essere poste per il 50% a carico di ciascuna delle parti.
P.Q.M.
Il Tribunale definitivamente pronunciando nelle domande proposte nelle due cause riunite n. 38238/09 e 44006/09, instaurate da L s.p.a. nei confronti di T e GM s.p.a., ogni altra domanda ed eccezione disattesa:
A) dichiara la nullità parziale del brevetto n. IT 1.380.711, concesso il 13/9/10, su domanda presentata l'11/1/07, riconoscendosi validità alla combinazione della rivendicazione 1 (parte precaratterizzante) con la rivendicazione 4, che ne viene a costituire la parte caratterizzante (ferma la rivendicazione 5 dalla stessa dipendente);
B) rigetta la domanda di contraffazione del brevetto IT „711 da parte dei dispositivi prodotti e commercializzati dalla convenuta;
C) dichiara cessata la materia del contendere per domanda riconvenzionale proposta dalla s.p.a. M di nullità della registrazione per disegno/modello comunitario n. 643069 per intervenuta scadenza della privativa in data 22/12/11;
D) in accoglimento domanda proposta da L s.p.a dichiara che la pubblicizzazione della proposta compositiva CR06 nel catalogo M rappresenta atto di contraffazione del disegno/modello comunitario n. 643069 e per l'effetto condanna la s.p.a. T e G M a rifondere all'attrice il danno come sopra liquidato in euro 30.000,00 in moneta attuale, comprensivi di interessi ad oggi e su cui decorrono gli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo;
E) rigetta le domande di L fondate sulla concorrenza sleale ex art. 2598 c.c. ;
F) compensa per il 50% tra le parti le spese di procedura, e condanna T e G M s.p.a. a rifondere a L s.p.a. il residuo 50%, come sopra liquidato in euro 20.000,00, oltre accessori di legge;
G) pone le spese di CTU, come liquidate in corso di causa, per il 50% a carico T e GM s.p.a. e per il 50% di L s.p.a.;
H) manda la Cancelleria a trasmettere la presente sentenza all'UIBM per gli adempimenti di legge.
Così deciso in Milano, Camera di Consiglio del GG/MM/14. Il Presidente dott. giu1 Il giudice rel. dott. giu2