Sentenza 8711/2015 della Tribunale Di Milano Sezione Specializzata In Materia Di Impresa sezione A

Sentenza n. 8711/2015 pubbl. il 15/07/2015
RG n. 72197/2011
Repert. n. 7492/2015 del 15/07/2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MILANO
Sezione specializzata in materia di impresa
Sezione A
Il Tribunale in composizione collegiale, nella persona dei seguenti magistrati:
giu1 Presidente giu2 Relatore giu3 Giudice

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al N. 72197/2011 R.G. promossa da:
C SRL (c.f. XXX), con il patrocinio degli avv. LB e
ATTRICE
contro:
A SRL (C.F. XXX), con il patrocinio dell’avv. RC e ML (XXX) XXX;
CONVENUTA
Conclusioni delle parti:
per l’attrice:
Nel merito:
1) accertare, dichiarare che la vendita da parte di A S.r.l., ora con sede legale in via XXX presso il punto vendita XXX, delle camicie con marchio “BONINI” e “M.Y.S.”, “Italea Of Italy” e “GARUFFO” ed, in generale, di camicie con marchi di terzi produttori (diversi da C s.r.l.) costituisce uso non autorizzato ed indebito del marchio registrato Zadi Andrew’s Ties, in violazione dell’ art. 20 e 23, comma 3, C.P. I; nonchè
2) accertare, dichiarare che la A S.r.l è responsabile di concorrenza sleale, ai sensi dell’art. 2598, co 1°, 2° e 3° cod. civ. , nei confronti della C S.r.l.; nonché
3) condannare A S.r.l al risarcimento dei danni patrimoniali e di immagine, patiti e patiendi dalla C S.r.l., nonché il danno morale di quest’ultima, da valutarsi e liquidarsi, anche in via equitativa dal Giudice, per la violazione dei propri diritti sul marchio Zadi Andrew’s Ties, nonché per gli atti di concorrenza sleale posti in essere a suo danno; nonchè
4) ordinare la pubblicazione dell’emanando provvedimento, in caratteri doppi del normale, a cura della attrice e a spese della convenuta, sul “Corriere della Sera” e “la Repubblica” per due volte e nelle forme ritenute di giustizia; nonchè
5) con vittoria di spese, diritti e onorari di causa, da distrarsi al procuratore antistatario, anche con riferimento a quelli di cui alla fase cautelare (ricorso e reclamo) che si chiede che vengano liquidati in sede di merito.
In via istruttoria
1) ordinare, ai sensi dell’ art. 210 Cod. Proc. Civ. , ad A S.r.l l’esibizione e la produzione delle proprie scritture contabili, documenti e registri contabili (fatture di acquisto e di vendita, documenti di trasporto, bolle doganali, ricevute, ordinativi e qualsiasi altro documenti utile), i propri documenti commerciali (listini prezzo, scambio di corrispondenza commerciale con fornitori e clienti) e promo - pubblicitari relativi ai prodotti in questione alla data del provvedimento di esibizione del Giudice al fine anche di individuare e quantificare il numero di camicie non marchiate Andrew’s Ties (di produttori terzi) acquistate e commercializzate da A presso il punto vendita di XXX e determinare l’importo dovuto a C S.r.l a titolo di risarcimento dei danni per la violazione del proprio diritto di privativa industriale e per la concorrenza sleale posta in essere a suo danno;
2) ordinare ad A S.r.l di comunicare le informazioni relative all’identità di terzi coinvolti nella contraffazione e nella concorrenza sleale, circa le quantità acquistate e commercializzate, ordinate, nonché il prezzo dei prodotti, ai sensi dell’art. 121 bis CPI;
3) disporsi CTU contabile sulle scritture contabili, documenti e registri, sui documenti commerciali e promo - pubblicitari al fine di individuare il numero di camicie non originali (articoli non marchiati Zadi Andrew’s Ties) acquistate, e commercializzate da A e quantificare il risarcimento dei danni dovuto a C S.r.l. per la violazione del proprio diritto di privativa industriale.
4) disporsi ex art 121 bis Codice della Proprietà Industriale l’interrogatorio formale del legale rappresentante della A S.r.l. sui seguenti capitoli per interrogatorio:
a) “riferisca l’interrogato il nome e l’indirizzo dei venditori (grossisti e produttori) ed di ogni altro soggetto coinvolto nella produzione e commercializzazione delle camicie contestate e di camicie di produttori diversi da C presso il punto vendita XXX;
b) “riferisca l’interrogato per ciascuno dei soggetti indicati alla sub lett. a) la quantità di camicie di cui in narrativa acquistate e commercializzate presso il punto vendita XXX ed il prezzo praticato”;
c) “riferisca l’interrogato, rispetto alle camicie contestate di cui in narrativa le seguenti informazioni:
- data della prima commercializzazione presso il punto vendita XXX;
- quantità vendute a partire dalla data indicata al punto che precede fino ad oggi;
- prezzo unitario praticato indicando le variazioni di prezzo occorse nel tempo e le differenze di prezzo”.
Inoltre, si formulano i seguenti capitoli di prova per testi:
1. Vero che le camicie M e B che si rammostrano al teste sub doc. n. 8 sono state acquistate presso il negozio XXX, gestito da A, XXX;
2. Vero che le camicie sub punto 1) le venivano consegnate all’interno del sacchetto originale Zadi Andrew’s ties, unitamente al materiale promozionale originale Zadi Andrew’s ties che si rammostrano al teste sub docc. nn. 8 e 9;
3. Vero che - in relazione alle camicie sub punto 1) e 2) le veniva rilasciato lo scontrino fiscale che si rammostra al teste sub doc. n. 8, con impresso il marchio Zadi Andrew’s ties e l’indicazione della società A S.r.l.;
4. Vero che la camicia M.K.S. che si rammostra al teste sub doc. n. 11 é stata acquistata presso il negozio XXX, gestito da A S.R.L., XXX;
5. Vero che la camicia sub punto 4) le veniva consegnata all’interno del sacchetto originale Zadi Andrew’s ties, che si rammostra al teste sub doc. n. 11;
6. Vero che in relazione all’acquisto delle camicie sub punto 4) e 5) A S.r.l.le rilasciava lo scontrino fiscale che si rammostra al teste sub doc. n. 11, con impresso il marchio Zadi Andrew’s ties e l’indicazione della società A S.r.l.;
7. Vero che presso il punto vendita XXX, gestito da A S.r.l., XXX, in data 28.10.11, erano esposte e commercializzate camicie con marchio “BONINI”, “M.K.S” e “GARUFFO”;
8. Vero che sulla scaffalatura su cui erano esposte e collocate le camicie a marchio “BONINI” e “M.K.S.” era presente, al suo centro, un cartellino prezzi con impresso il marchio ZADI ANDREW’S TIES e la dicitura “camicie 20,00”, come risulta dalla fotografia sub doc. n. 5;
9. Vero che le fotografie sub doc. n. 5 riproducono la vetrina e l’insegna del punto vendita XXX gestito da A S.R.L., gli espositori ivi presenti, lo zerbino presente all’ingresso del punto vendita e le scaffalature presenti al suo interno alla data del 28.10.11;
10. Vero che il video sub doc. n. 6 riproduce le caratteristiche interne ed esterne del punto vendita XXX al 28.10.11;
11. Vero che la dichiarazione sub doc. n. 7 (o nel caso del teste Z, sub doc. n. 10) è stata da Lei resa;
12. Vero che nel novembre 2010 Lei verificava che presso il punto vendita XXX venivano commercializzate camicie contraddistinte con marchi diversi da ZADI ANDREW’S TIES di società concorrenti di C;
13. Vero che le camicie sub doc. n. 12) venivano commercializzate nel corso della sua verifica (cap. sub 12) in abbinamento a buste e materiale promozionale ZADI ANDREW’S TIES;
14. Vero che il punto vendita XXX all’epoca della sua verifica sub cap. 12) presentava le caratteristiche di cui alle fotografie sub doc. n. 5);
15. Vero che all’interno del negozio le vetrine e gli allestimenti erano tutti contraddistinti dal marchio dell’attrice;
16. Vero che le camicie vendute, nell’esercizio commerciale della convenuta, venivano riposte in confezioni riportanti il marchio Andrew’s ties;
17. Vero che le camicie nell’esercizio commerciale della convenuta erano contraddistinte dal cartellino prezzi Zadi Andrew’s ties;
18. Vero che ogni scontrino battuto dalla cassa riportava il marchio Andrew’s ties;
19. Vero che la convenuta abbinava il marchio Zadi Andrew’s ties a prodotti di concorrenti;
Si indicato a teste:
- sui capitoli nn. 1-2-3-7-8–9-10-11 il signor LS, XXX
- sui capitoli 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 il Sig. CZ, XXX;
- sui capitoli nn. 12, 13, 14 il sig. SM, XXX;
- su tutti i capitoli dedotti (da n. 1 a 19)la sig.ra CM c/o CED snc, con sede in XXX
Nella denegata ipotesi di ammissione dei capitoli di prova della controparte, si chiede di
essere ammessi alla prova diretta e contraria sui capitoli avversi ed a quella indiretta sui
cap. 15, 16, 17, 18, 18, 19 con i propri testi.
Per la convenuta, v. verbale dell’udienza del DD/MM/15
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione DD/MM/11 C s.r.l. chiamava in giudizio A s.r.l. per sentire accertare che la vendita da parte della convenuta, presso il punto vendita “XXX”, di camicie a marchi di terzi produttori costituisce uso indebito del marchio di cui è titolare l’attrice.
L’atto veniva notificato a mezzo del servizio postale presso la sede della convenuta e non ritirato nel termine di dieci giorni.
Effettuata l’ammissione delle prove richieste dall’attrice, all’atto della notifica dell’interrogatorio, si costituiva la convenuta, rilevando la nullità della notifica nei suoi confronti.
All’udienza del DD/MM/13 il G.I., rilevato che la notifica ex art. 8 L. 890/82 va considerata equivalente a quella ex art. 140 c.p.c. -non prevista dall’ art. 145 c.p.c. - rimetteva la convenuta in termini ed autorizzava lo scambio di memorie ex art. 183,VI c.p.c. Ammesse ed esperite le prove dedotte, all’udienza del DD/MM/15 la causa veniva rimessa in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Innanzitutto va condiviso il provvedimento di rimessione in termini della parte contumace, per la nullità della notifica effettuata il DD/MM/11 presso la sua sede, nelle forme di cui all’ art. 8 L. 890/82 , parificabili a quelle di cui all’ art. 140 c.p.c. (cfr. Cass. 18762/11 ord. )
Infatti la notifica alla persona giuridica presso la sua sede ex art. 145 c.p.c. è valida purchè effettuata mediante consegna di copia al legale rappresentante o a persona abilitata a ricevere il piego. In assenza di tali soggetti, l’ art. 145 c.p.c. non autorizza la notifica nelle forme di cui all’art. 140 o 143 c.p.c., imponendo la notifica alla persona
che abbia la rappresentanza legale, nelle forme di cui agli artt. 138, 139 e 141 c.p.c. Regolarmente effettuata la fase istruttoria nel contraddittorio, nel merito pare al Tribunale che le doglianze dell’attrice si siano rivelate fondate. C è titolare del marchio italiano “Zadi Andrew’s Ties” (n. 710745, rinnovato ai n. 1271330 e n. 1275322) per la classe 25, limitatamente alle camicie, calze, boxer, intimi e da bagno, costumi da bagno per uomo, donna e bambino (in forza di cessione parziale in data 24/7/02). La convenuta gestiva, all’epoca dei fatti contestati, un esercizio di vendita al pubblico, anche dei prodotti legittimamente contrassegnati dal marchio in questione. Innanzitutto, è risultata priva di supporti probatori l’allegazione attorea che si trattasse di un negozio “monomarca”, per assenza di un patto contrattuale in tal senso (franchising, licenza non esclusiva o altro), rivestendo A la semplice qualifica di rivenditore autorizzato. Tuttavia, pare al Collegio che le modalità di commercializzazione dei capi di vestiario da parte della convenuta sia stata effettuata con modalità tali da violare i diritti di privativa dell’attrice. Infatti, le prove testimoniali hanno confermato che le camicie a marchi differenti da quello di cui si discute, prodotte da società terze, venivano offerte in vendita su espositori contrassegnati “Zadi Andrew’s Ties”, il relativo prezzo era manoscritto su cartelli -posti sugli scaffali- predisposti con il marchio attoreo, ed erano collocate spesso insieme a quelle di provenienza attorea. Vetrofanie, zerbino, sacchetti confezione e persino lo scontrino fiscale, tutti contenenti esclusivamente il marchio in questione, avvaloravano che ci si trovasse in presenza di un negozio “monomarca”, che offriva
esclusivamente prodotti provenienti dall’organizzazione imprenditoriale dell’attrice.
Le circostanze che precedono sono state confermate dal teste Z, che ha realizzato le fotografie ed il video prodotti in causa nel negozio di XXX gestito da A (docc. 5 e 6). La stessa teste C, commessa del negozio di XXX, pur affermando che le camicie presentate con il prezziario “Anderw’s Ties” sono solo quelle originali, mentre le altre avevano il prezzo sul cartellino individuale, ha confermato quanto risulta dal video sub. 6 (mostratole nel corso della deposizione). Nelle riprese, le camicie di altre marche sono esposte sulle stesse scaffalature e l’unico cartello indicatore del prezzo (comune a tutte) è quello contenente il marchio oggetto di causa. Nei fatti, quindi, la convenuta, pur non avendo alcun vincolo contrattuale che le impedisse di vendere prodotti di terzi produttori, ha scelto modalità di commercializzazione tali da indurre il pubblico a ritenere di trovarsi in una rivendita
esclusivista dei capi “Zadi Andrew’s Ties”, alla cui organizzazione produttiva andavano ricondotte anche le camicie con marchi differenti (che ben potevano contrassegnare altre linee della medesima provenienza imprenditoriale).
Siffatta scelta è certamente tale da determinare un rischio di confusione sulla provenienza dei beni, anche e soprattutto sotto il profilo del rischio di associazione, inteso come probabile errore del pubblico circa l’ esistenza di rapporti contrattuali o di gruppo fra la titolare del marchio ed i terzi produttori di camicie “M.Y.S”, “Bonini”, “Garuffo” e “Tollegno”. Tale rischio risulta amplificato dalla presenza di arredi e modulistica esclusivamente riferiti al marchio attoreo, che inducono a ritenere tutti i prodotti esposti come espressione della medesima fonte imprenditoriale o di un rapporto di licenza concesso dall’ odierna attrice. Invero, la semplice esistenza del cartellino prezzo e della targhetta interni, con il segno dell’effettivo produttore, non esclude siffatto rischio di confusione e di associazione, ben potendo, come detto, essere percepito solo come espressione di diverse denominazioni di linee stilistiche destinato a
contrassegnare altre camicie del medesimo produttore.
L’usurpazione del segno di C non è invero avvenuto mediante utilizzazione dello stesso sul medesimo prodotto, bensì attraverso modalità di commercializzazione confusorie e dirette ad un indebito agganciamento, di cui è esclusivamente responsabile la convenuta. Ci si trova quindi di fronte ad una palese violazione dei diritti della titolare del marchio ex art. 20 CPI, inteso tanto nella sua principale funzione di indicatore di origine, che come veicolo di un messaggio ai consumatori. In proposito, pare al Tribunale che sia necessario riguardare al segno non sotto il profilo della lecita privativa conferita nei confronti dei concorrenti, ma sotto quello (ormai preponderante) di strumento di comunicazione e di relazione tra il titolare ed il pubblico dei consumatori. Accanto alla tradizionale funzione di indicatore di origine, il marchio ha infatti una funzione “pubblicitaria”, che veicola informazioni sull’ immagine, qualità e reputazione dell’ impresa, dei suoi prodotti e dei servizi che è in grado di fornire alla clientela, garanzia di determinati standard produttivi e commerciali (funzione che viene lesa in caso di usurpazione, indipendentemente dalla presenza nei prodotti resi confondibili di analoghe qualità in concreto). Siffatte considerazioni, esimono dall’esame approfondito del profilo di violazione dell’art. 20 lett. c) CPI, sul presupposto che le modalità di commercializzazione prescelte dalla convenuta le consentirebbero di trarre indebitamente vantaggio dalla rinomanza dei segni dell’ attrice e contemporaneamente ne pregiudicherebbero la forza distintiva e la capacità di essere portatore di un messaggio rilevante nel giudizio del pubblico (che non si esaurisce nella sola indicazione di origine), sfruttandone le potenzialità evocative. Ora, il marchio rinomato non coincide con il marchio celebre e non sempre risulta necessaria una grande rinomanza, dovendo ritenersi sufficiente che il segno sia conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o servizi contraddistinti (CG 14/7/99 GM), requisito da valutarsi tenuto conto della quota di mercato detenuta dal marchio, dell’ intensità ed estensione geografica e della durata del suo uso, nonchè dell’ entità degli investimenti realizzati per promuoverlo (cfr. Cass. 21086/05 ). Le norme comunitarie (e poi quelle nazionali) hanno inteso, come detto, tutelare il diritto esclusivo sul segno come elemento attrattivo e comunicazionale, impedendone l’ appropriazione ogni volta che questa possa determinare, in via alternativa, un indebito vantaggio per l’ usurpatore o in pregiudizio al titolare. Esistono tuttavia vari livelli di rinomanza, che va dai segni noti alla generalità della popolazione a quelli solo largamente accreditati presso un segmento del pubblico dei consumatori, cui si accompagnano diverse estensioni della tutela, al di là dell’ ambito merceologico e del rischio di confusione in senso stretto (dovendo ritenersi sufficiente
un ingiustificato agganciamento, che consenta di collocarsi sul mercato sfruttando le valenze evocative del segno rinomato).
La diverso livello di rinomanza incide sull’ onere della prova, ben potendo, in caso di segni notori, farsi ricorso anche alle nozioni di comune esperienza, mentre risulta necessario, a livelli più bassi di conoscenza del pubblico, fornire una prova più compiuta, attraverso indagini di mercato o dimostrando l’ entità della promozione pubblicitaria e la penetrazione della stessa. Siffatta prova, a carico dell’attrice, è del tutto mancata in questa sede, in cui certamente non può farsi ricorso al notorio.
Considerata la condotta contraffattorio-usurpativa, le doglianze relative agli illeciti concorrenziali, fondate sui medesimi fatti costitutivi, risultano assorbite dal riconoscimento della tutela assoluta ex art. 20 CPI Ora, rilevato che la convenuta non aveva alcun vincolo di vendere solo prodotti di provenienza dall’attrice e che solo le modalità di vendita, con effetti confusori e di traino per le altre camicie (per il resto legittimamente commercializzabili all’interno del negozio di XXX) sono risultate illecite, e considerato altresì che nulla depone nel senso che i prodotti di terzi avessero qualità inferiore, le conseguenze risarcitorie debbono, secondo il Collegio essere riguardate solo sotto il profilo dell’approfittamento dell’effetto attrattivo del marchio attoreo e del correlativo depauperamento.
Ai fini liquidativi va considerato che non risulta provata la durata della condotta illecita, posto che l’accertamento da parte dell’attrice è avvenuto nell’ottobre del 2011 e che l’esercizio è stato ceduto il 11/11/11 alla società della teste C (nè, al di là della legittimazione passiva, risulta contestato che, di conseguenza, la commercializzazione
abbia mutato modalità).
Tuttavia la stessa teste C, nel riferire le modalità di vendita sembra dare per implicito un uso di una qualche durata nel tempo, sicchè il Tribunale ritiene di poter liquidare, ex art. 1226 e 125,II CPI il danno in euro 10.000,00 in moneta attuale, comprensivi di interessi ad oggi e su cui decorreranno gli interessi al tasso legale dalla comunicazione della presente sentenza al saldo effettivo.

Considerata la natura dell’illecito e la sua ridotta diffusione, non pare al Tribunale che debba essere riconosciuta anche il risarcimento in forma specifica rappresentato dalla pubblicazione della presente sentenza.
Le spese seguono la soccombenza e pertanto la convenuta deve essere condannata a rifondere all’attrice l’importo qui liquidato (tenuto conto anche dell’effettivo valore della controversia) in euro 4.835,00, a titolo di compensi, oltre accessori di legge, da distrarsi a favore dell’avv. BL, anticipataria.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, sulle domande proposte C s.r.l. nei confronti di A s.r.l. ogni altra domanda ed eccezione disattesa, A) accerta che la condotta della convenuta costituisce violazione dei diritti di marchio di titolarità dell’attrice ex art. 20 lett. b) CPI;
B) condanna la convenuta a rifondere all’attrice i danni causati dalla sua condotta, come sopra quantificati in euro 10.000,00 in moneta attuale, comprensivi di interessi ad oggi e su cui decorreranno gli interessi al tasso legale dalla comunicazione della presente sentenza al saldo effettivo;
C) conanna la convenuta a rifondere all’attrice le spese di lite, come sopra liquidate in euro 4.835,00, a titolo di compensi, oltre accessori di legge, da distrarsi a favore dell’avv. BL, anticipataria. Così deciso in Milano, Camera di Consiglio del 4/6/15 Il Presidente giu1 Il giudice est. giu2