Sentenza 14770/2015 della Tribunale Di Milano Sezione Specializzata In Materia Di Impresa Sezione A

Sentenza n. 1 4770/ 2 015 pubbl. il 2 8/1 2 / 2 015
RG n. 51 3 3 5/ 2 01 3
Repert. n. 1 2 666/ 2 015 del 2 8/1 2 / 2 015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI MILANO
Sezione specializzata in materia di impresa
Sezione A
Il Tribunale in composizione collegiale, nella persona dei seguenti magistrati:
giu1 Presidente giu 2 Relatore giu 3 Giudice

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al N. 51 3 3 5/ 2 01 3 R.G. promossa da:
GM SRL (c.f. XXX), con il patrocinio degli avv. CM e LMM (XXX) XXX; ,
ATTRICE;
contro:
EB (C.F. XXX), con il patrocinio dell’avv.
LS e CB (XXX) XXX;
CONVENUTA
C SRL (C.F. XXX), con il patrocinio dell’avv. BC
e IL(XXX) XXX; CONVENUTA
Conclusioni delle parti, come precisate all’udienza del DD/MM/15:
per l’attrice:
Contestata ogni avversa domanda, eccezione, deduzione, documento, Voglia il
Tribunale adito accogliere le seguenti
CONCLUSIONI
1) respingere le domande riconvenzionali delle convenute in quanto inammissibili per
intervenuta decadenza come pure le eccezioni preliminari perché infondate;
2 ) accertare e dichiarare che la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, la
commercializzazione, la pubblicità e promozione anche in fiera e su internet, nonché
la detenzione a tali fini, degli orologi di C s.r.l. referenze 0 2 6 3 819 (doc. A), e
0 2 6 3 8 2 0 (doc. B) e di altri orologi dalla medesima forma anche con altri colori e
codice prodotto della C s.r.l. (nel seguito gli orologi oggetto di contestazione
sopra indicati, ed altri identici o simili ai modelli comunitari azionati comunque
denominati, saranno indicati come gli “Orologi Contestati”), costituiscono
contraffazione:
a. delle forme oggetto del design comunitario n. N. 476775-1 2 , depositato
l’8. 2 . 2 006 e/o
b. della forma oggetto del design comunitario n. 476775- 2 1, depositato
l’8. 2 . 2 006;
3 ) accertare e dichiarare che la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, la
commercializzazione, la pubblicità e promozione anche in fiera e su internet, nonché
la detenzione a tali fini, degli Orologi Contestati della C s.r.l. integra pure
contraffazione del marchio di fatto della attrice costituito dalla forma della cassa e del
quadrante dell’orologio MANUALE a marchio G descritto in narrativa;

4) dichiarare inoltre le convenute responsabili di atti di concorrenza sleale ex art. 2 598
c.c. n. 1 , 2 e 3 c.c. per i fatti esposti in narrativa;

5) inibire conseguentemente in via definitiva alle convenute la produzione,
importazione, esportazione, pubblicità, promozione, vendita degli Orologi Contestati
e del relativo materiale promozionale e di confezionamento, ex art. 1 2 4/1 c.p.i.;

6) ordinare alle convenute il ritiro dal mercato degli Orologi Contestati, nei confronti di
chi ne sia proprietario o di comunque ne abbia la disponibilità, e del relativo materiale
promo-pubblicitario, obbligando le resistenti al riacquisto dai terzi acquirenti per
adempiere l’obbligo di ritiro dal mercato ex art. 1 2 4/1 c.p.i.;

7) disporre una penale non inferiore a € 1.000,00 per ogni singolo atto in violazione
della inibitoria e per ogni giorno di ritardo nell’adempimento della medesima ex art.
1 2 4/ 2 c.p.i.;

8) ordinare la distruzione a spese delle convenute degli Orologi Contestati ex art. 1 2 4/ 3 c.p.i.;
9) ordinare l’assegnazione in proprietà alla attrice di due esemplari di Orologi Contestati
per ogni referenza o colore, ex art. 1 2 4/4 c.p.i.

10) condannare le convenute al risarcimento dei danni patiti e patiendi dall’attrice ai
sensi degli artt. 125 c.p. i. e 2 600 c.c. anche ove occorra in via equitativa, anche di
carattere non patrimoniale del lesione della immagine commerciale, ed il danno
morale, da liquidarsi in questo giudizio ai sensi dell’ art. 125 c.p. i. secondo le
risultanze di causa e le presunzioni che ne deriveranno o secondo equità;

11) condannare in ogni caso le convenute a restituire all’attrice gli utili realizzati con
la vendita degli Orologi Contestati, la liquidarsi in questo giudizio, ai sensi dell’art.
1 2 5/ 3 c.p.i.;

1 2 ) ordinare la pubblicazione dell’intestazione e del dispositivo della emananda
sentenza, a cura della attrice ed a spese delle convenute, in caratteri doppi, in grassetto
ed incorniciatura, su Il Corriere della Sera ed il Sole 2 4 Ore, con diritto dell’attrice
all’immediato rimborso dietro presentazione delle relative fatture;

1 3 ) condannare le convenute a rifondere interamente all’attrice le spese legali di
causa, anche della fase cautelare, inclusi eventuali spese per consulenze tecniche, oltre
spese generali, CPA ed IVA;

per le convenute, v. verbale udienza 2 4/6/15.


****

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO.
Con atto di citazione notificato il DD/MM/1 3 GM s.r.l. chiamava in giudizio
C s.r.l. e l’IINDBE per sentire
dichiarare che la fabbricazione, importazione, commercializzazione, promozione di
orologi C n. 0 2 6 3 819 e 0 2 6 3 8 2 0 costituiscono contraffazione delle privative per
design comunitario n. 476775-1 2 e 476775- 2 1, depositati in data 8/ 2 /06, nonché del
marchio di forma di fatto di titolarità attorea. Inoltre l’attrice chiedeva di dichiarare che
le condotte delle convenute integravano gli illeciti di cui all’ art. 2598 n. 1, 2 e 3 c.c. , il
tutto con inibitoria, ordine di ritiro dal mercato, fissazione di penale, ordine di
distruzione, assegnazione in proprietà di due esemplari per tipo di orologi contraffattivi,
condanna al risarcimento dei danni, alla retroversione degli utili e pubblicazione del
dispositivo della sentenza.
Si costituiva C s.r.l. eccependo l’improcedibilità della domanda per mancata
notificazione del sequestro concesso in sede cautelare
e nel merito chiedendo
pronunciarsi la nullità della privativa azionata
e comunque il rigetto nel merito della
domande.

Si costituiva EB, rilevando come il provvedimento di sequestro non
fosse stato azionato nei suoi confronti e chiedendo a sua volta dichiararsi la nullità del
modello registrato
ed il rigetto di tutte le domande proposte nei suoi confronti.
Concesso lo scambio di memorie ex art. 18 3 ,VI c.p.c., il G.I. ordinava alle convenute
l’esibizione delle scritture contabili e ammetteva l’interrogatorio dei relativi legali
rappresentanti, che peraltro non si presentavano a renderlo (sia pure inviando, quello di
C, documentazione medica attestante l’impossibilità di presenziare all’udienza).
All’udienza del DD/MM/15 la causa veniva rimessa in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE.
Innanzitutto deve essere disattesa l’eccezione di improcedibilità per mancata
notificazione del verbale di sequestro, eseguito il DD/MM/1 3 presso la sede di C,
considerato che il termine di inefficacia di cui all’art. 1 3 0,V CPI si riferisce alla sola
ipotesi che oggetto di sequestro siano stati beni di proprietà di un terzo, che
evidentemente deve essere messo al corrente della pendenza della procedura.
Nel caso
che ci occupa, invece, il sequestro è stato eseguito nei confronti di una delle parti della
procedura cautelare, che ha potuto ampiamente interloquire sulla legittimità e fondatezza
della misura subita.

Pure non può essere messa in discussione la legittimazione ad agire per la contraffazione
dell’ attrice, all’epoca licenziataria esclusiva delle privative azionate e, nelle more,
divenuta titolare delle stesse (così da essere anche legittimata passiva della domanda
riconvenzionale di nullità proposta dalle convenute).
Nel merito, pare al Tribunale che anche in questa sede possano essere ribadite le
considerazioni già svolte in sede cautelare.
Come accennato in narrativa, l’attrice è titolare di due registrazioni per modello
comunitario n. 476775-1 2 , depositato in data 8/ 2 /06, e n. 476775- 2 1, depositato il
8/ 2 /0 3 , rispettivamente relative alla forma della cassa di un orologio ed al suo quadrante,
di cui le convenute contestano in radice la validità.
Non risulta peraltro contestato che la nullità derivi dalla registrazione di caratteristiche
dell’ aspetto del prodotto dettate unicamente dalla sua funzione, mentre la resistente si
concentra sull’assenza dei requisiti di novità e carattere individuale.
Come è noto, il primo requisito è di non identità rispetto alle anteriorità rilevanti, da
considerarsi l’ una isolatamente dall’ altra e confrontare con la privativa azionata, per
valutare se sussista un’ oggettiva identità di forme, essendo sufficiente anche un
modesto gradiente di differenziazione per la sussistenza del requisito.
Quanto al requisito principale di protezione, cioè il carattere individuale, è ormai
pacifico che lo stesso, introdotto dalle riforme normative imposte dall’ adeguamento alla
direttiva CE 98/71 , risulta assai meno pregnante rispetto a quella vera e propria
potenzialità di far evolvere il gusto richiesta dalla normativa previgente (“speciale
ornamento”), sicchè l’ ambito delle forme tutelabili ne risulta ampliato a tutte quelle che
presentano una originalità estetica che possa da sola orientare le scelte di acquisto del
consumatore finale.
Il “carattere individuale” presuppone infatti che la forma sia distinguibile sul mercato
per l’ utilizzatore informato, che nel campo che ci occupa, è rappresentato da quell’
acquirente finale sensibile alle forme dei prodotti e che possiede una conoscenza media
del settore merceologico di riferimento, in quanto attento alle novità del mercato.
Trattandosi di prodotti con limitazioni indotte da esigenze funzionali e quindi con ridotto
margine di differenziazione è necessario che l’ impressione di insieme offerta dal
modello susciti in un siffatto consumatore un’ impressione di evidente dissomiglianza
rispetto alle anteriorità rilevanti.
Inoltre la forma protetta deve avere un livello di individualità tale non solo da attirare l’
attenzione del consumatore, ma anche da costituire motivo di preferenza per l’ acquisto.
Spetta al registrante, laddove la registrazione, come d’ uso, non sia accompagnata da
rivendicazioni specifiche, allegare gli elementi che conferiscono al disegno/ modello
siffatto carattere individuale –così definendo i confini della privativa- mentre è onere di
chi sia convenuto in contraffazione la rigorosa prova della carenza di entrambi requisiti,
offrendo al giudice un panorama dei modelli e prodotti presenti sul mercato, per
consentire un’ adeguata valutazione della privativa e comunque la definizione dei suoi
confini.
Ora, l’attrice chiarisce nel contesto dell’atto introduttivo ciò che comunque risulta
evidente dall’ esame della privativa, e cioè che la cassa, perfettamente rotonda, presenta
due coppie di elementi di serraggio al cinturino con forma lievemente ricurva ed in alto,
perfettamente centrale, una rotellina di caricamento assai evidente, dotata di un colletto
che la distanzia dalla base e di un cappello rotondo con zigrinatura, dalle dimensioni
accentuate.
A sua volta, il quadrante ha un particolare stile di scrittura della
numerazione, che si estende per quasi tutta la superficie, con il numero due con la parte
inferiore che scende a tipo “virgola” il numero tre “grassotello”, il quattro molto
slargato, il dieci e l’undici con la parte alta più inspessita rispetto alla bassa, il tutto con
precise angolazioni e distanza.
Le convenute non sono invece state in alcun modo in grado di comprovare l’ intervenuta
standardizzazione della forma in questione e neppure l’ esistenza sul mercato di orologi
che in qualche modo ripropongano tali forme.
Pertanto la domanda di nullità del modello deve essere rigettata. Può quindi procedersi alla valutazione della dedotta contraffazione, considerando se il
carattere individuale, cioè l’ impressione di insieme prodotta nel consumatore informato,
dei due modelli coincide o comunque presenta differenze impercettibili (soprattutto ad
una comparazione non contestuale) oppure se se ne discosti adeguatamente
Ora, risulta del tutto evidente che tutti gli elementi che conferiscono carattere
individuale, nessuno escluso, risultano pedissequamente riprodotti negli orologi di
C, commercializzati da B.
Né vale ad escludere la contraffazione la circostanza che gli elementi che conferiscono
carattere individuale siano ripresi su un prodotto imitativo in materiale “vile”, a
bassissimo prezzo e contrassegnato da altro segno denominativo (che, secondo le
convenute, eviterebbe qualsiasi rischio di confusione) trattandosi di sfruttamento
indebito di linee stilistiche di per sé oggetto di privativa per modello, indipendentemente
dai materiali utilizzati.
Ritenuta la contraffazione della privativa registrata -da parte anche di B, che ha
partecipato, sia pure in misura residuale, alla commercializzazione degli orologi
contestati- solo un accenno merita la doglianza attorea secondo cui gli orologi
commercializzati dalle convenute sarebbero anche in violazione del suo marchio di fatto,
coincidente con la forma tridimensionale degli orologi G.
Il richiamo deve anche essere fatto agli impedimenti assoluti alla registrazione, nel
nostro sistema consacrati dall’art. 9 CPI e –quanto al marchio comunitario- all’art. 7
Reg. CE 2 07/ 2 009, la giurisprudenza comunitaria ha avuto modo di fissare alcuni
principi cardine.
Sin dalla sentenza 18/6/02 in C 299/99 (P), la Corte di Giustizia ha statuito che
“ va anzitutto ricordato in proposito che, conformemente all'art. 2 della direttiva, un
segno che riproduce la forma di un prodotto può, in linea di principio, costituire un
marchio a condizione che, da un lato, possa essere riprodotto graficamente e, dall'altro,
sia adatto a distinguere il prodotto o servizio di un'impresa da quelli di altre imprese.
Inoltre, va anche ricordato che i motivi dell'impedimento alla registrazione dei segni
costituiti dalla forma di un prodotto sono esplicitamente menzionati all'art. 3 , n. 1 , lett.
e), della direttiva.
Ai sensi di tale disposizione sono esclusi dalla registrazione o, se
registrati, possono essere dichiarati nulli i segni costituiti esclusivamente dalla forma
imposta dalla natura stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per
ottenere un risultato tecnico, e dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto.
Conformemente al settimo „considerando‟ della direttiva, tali impedimenti alla
registrazione sono enumerati esaurientemente in quest'ultima.
Va infine rilevato che i
marchi che possono essere esclusi dalla registrazione per i motivi elencati all'art. 3 , n.
1, lett. b)-d), della direttiva possono, in conformità del n. 3 della stessa disposizione,
acquisire un carattere distintivo per l'uso che ne è stato fatto.
Invece un segno che è
escluso dalla registrazione sulla base dell'art. 3 , n. 1 , lett. e), della direttiva non può
mai acquisire un carattere distintivo ai fini dell'art. 3 , n. 3 , per l'uso che ne è stato fatto.
Detto art. 3 , n. 1 , lett. e), prende dunque in considerazione determinati segni che non
sono idonei a costituire marchi ed è un ostacolo preliminare che può impedire che un
segno costituito esclusivamente dalla forma di un prodotto possa essere registrato.
Se è
soddisfatto uno solo dei criteri menzionati in tale disposizione, il segno costituito
esclusivamente dalla forma del prodotto, se non addirittura da una riproduzione grafica
di tale forma, non può essere registrato in quanto marchio.
I vari motivi
d'impedimento alla registrazione elencati all'art. 3 della direttiva vanno interpretati alla
luce dell'interesse generale sottostante a ciascuno di essi.
La ratio degli impedimenti
alla registrazione di cui all'art. 3 , n. 1 , lett. e), della direttiva consiste nel fatto di evitare
che la tutela del diritto di marchio sfoci nel conferimento al suo titolare di un monopolio
su soluzioni tecniche o caratteristiche utilitarie di un prodotto, che possono essere
ricercate dall'utilizzatore nei prodotti dei concorrenti.
In tal modo, l'art. 3 , n. 1 , lett. e),
intende evitare che la tutela conferita dal diritto di marchio si estenda, oltre i segni che
permettono di distinguere un prodotto o servizio da quelli offerti dai concorrenti,
erigendosi in ostacolo a che questi ultimi possano offrire liberamente prodotti che
incorporano dette soluzioni tecniche o dette caratteristiche utilitarie in concorrenza con
il titolare del marchio”.
Anche considerato che non si verte in tema di registrazione come marchio di
caratteristica utilitaria, bensì solo di forme che conferiscono un valore sostanziale al
prodotto, orientando le motivazioni di acquisto dei consumatori, parrebbe, nel caso
concreto, sussistente il medesimo impedimento alla registrazione, e quindi all’acquisto
di un “secondary meaning”, in una prospettiva proconcorrenziale che l’interprete è
sempre chiamato a fare propria, affinchè il titolo di privativa industriale non si tramuti,
alla scadenza della privativa per modello, da premio per gli sforzi (innovativi e
comunicazionali) del titolare, in insormontabile barriera alla libera competizione sul
mercato ed allo stesso esplicarsi della attività produttiva.
Ovviamente, anche laddove sussistano perplessità in relazione alla possibilità di
qualificare come veri e propri marchi di fatto le forme dei prodotti nulla osta (come
suggerito dalla stessa Corte di Giustizia) a che le forme stesse, ove individualizzanti,
possano trovare più confacente tutela nel disposto dell’ art. 2598 n. 1 c.c. , peraltro nel
contesto di un’operazione di evidente carattere parassitario compiuta da C.
Invero non pochi elementi, soprattutto riferibili alle ampie iniziative pubblicitarie della
ricorrente (anche sotto forma di sponsorizzazione di importanti eventi sportivi) inducono
a ritenere il carattere individualizzante della forma della cassa e del quadrante degli
orologi G.
Ma, oltre il rischio di confusione, la scelta di commercializzare una versione low cost del
noto orologio di G evidenzia l’intenzione delle convenute di approfittare, senza
alcuno sforzo o costo, dell’accreditamento sul mercato e delle potenzialità attrattive
frutto delle scelte stilistiche e delle campagne promozionali della ricorrente,
appropriandosi indebitamente dei relativi pregi ex art. 2598 n. 2 c.c. e operando con
evidente slealtà concorrenziale ex art. 2598 n. 3 c.c.
Se quindi risultano fondate le doglianze attoree in tema di contraffazione delle sue
privative per modello e di illecito concorrenziale ai suoi danni, possono trovare
accoglimento innanzitutto la domanda di inibitoria della fabbricazione, importazione,
esportazione commercializzazione, pubblicità, promozione, anche in fiere e via web,
degli orologi riproducenti le forme del design comunitario n. 476775-1 2 e n. 476775- 2 1
e comunque degli orologi di GM “Manuale 40”, in tutte le varianti e colori, con
fissazione di penale di euro 50,00 per ogni orologio che risulti ulteriormente
commercializzato dalle convenute dalla comunicazione della presente sentenza.
Può altresì essere accolta la domanda di ritiro dal mercato, nonché di distruzione degli
orologi C in questione, salva l’assegnazione in proprietà dell’attrice di due
esemplari di orologi contestati per ogni forma e colore.
All’accertamento della responsabilità consegue anche la condanna al risarcimento dei
danni, con riferimento, trattandosi essenzialmente di contraffazione di privativa, alle
disposizioni speciali di cui all’art. 1 2 5 CPI.
La norma richiama le disposizioni codicistiche sia in tema di presupposti soggettivi che
di nesso causale, ma impone di tenere conto di “tutti gli aspetti pertinenti” nella
valutazione delle conseguenze economiche negative, esaltando i poteri equitativi del
giudice, laddove, al secondo comma, autorizza alla liquidazione di una “somma globale,
stabilita in base agli atti della causa ed alle presunzioni che ne derivano”, secondo i
criteri del primo comma, peraltro con una soglia minima (royalties figurate). L’obbligo
di assicurare un risarcimento effettivo ed adeguato al titolare del diritto leso è stato
infatti imposto dalla Dir. CE 2004/48 ed impone la considerazione anche di elementi che
potrebbero non essere rilevanti ex art. 1223 e 2056 c.c. Sotto il profilo dell’elemento psicologico, nel caso che ci occupa risulta del tutto
evidente come (anche escludendo la più probabile ipotesi dolosa) ricorrendo alla pur
minima diligenza non poteva sfuggire ad entrambe le convenute l’evidente imitazione,
in materiale “vile”, dei noti orologi di GM da parte dei prodotti importati e
commercializzati.
Dall’istruttoria è emersa con certezza solo l’importazione da parte di C di 1 2 0
orologi imitativi, dato peraltro che il Tribunale stima assai improbabile, ove si consideri
che C gode incontestatamente di un’amplissima rete distributiva, che non avrebbe
potuto essere rifornita con le modeste quantità riconosciute.
In ogni caso, dal punto di vista oggettivo, quale lucro cessante le attrici chiedono di
valutare il mancato fatturato della vendita di 1 2 0 orologi.
Appare tuttavia altamente improbabile che le vendite realizzate dalle convenute si siano
in qualche modo riverberate negativamente su quelle dell’attrice.
Risulta infatti evidente che gli orologi C non possano in alcun modo essere
considerato prodotto intercambiabile con il prestigioso prodotto attoreo, appartenendo ad
una fascia di prezzo incommensurabilmente più bassa ed essendo potenzialmente rivolto
ad un pubblico con esigenze del tutto diverse.
Può quindi ragionevolmente escludersi che, ove gli orologi C non fossero stati
presenti sul mercato, gli acquirenti si sarebbero rivolti all’attrice, per soddisfare le
predette esigenze.
Mancano quindi adeguati elementi, anche indiziari, per ritenere sussistente un nesso
causale tra le vendite delle convenute e potenziali mancate vendite di GM.
Sotto il profilo del danno emergente, l’attrice chiede poi di considerare una sostanziale
sottrazione parassitaria degli investimenti pubblicitari.
Anche se deve essere escluso, per gli elementi sopra ricordati, che vi sia stata una
perdita di avviamento o di immagine commerciale degli orologi attorei a causa
dell’illecito di cui si controverte, non può certo disconoscersi l’effetto di traino
parassitario degli investimenti pubblicitari di cui ha goduto C in uno con i suoi
distributori.
Pare al Tribunale che non possa seguirsi la ricostruzione dell’attrice, che commisura
l’erosione del suo vantaggio comunicativo in una percentuale dei costi; si può tuttavia
fare ricorso ad una valutazione equitativa, considerato che proprio gli enormi
investimenti pubblicitari dell’attrice hanno di per sé costituito ragione per l’immissione
in commercio di orologi imitativi e di prezzo vile, e sono quindi stati direttamente
sfruttati dalle convenute per accreditare e promuovere il proprio prodotto contraffattivo.
Inoltre GM chiede di considerare le conseguenze negative della condotta
illecita accertata con riferimento all’utile del contraffattore, di cui chiede la reversione
(domanda autonomamente svolta si dall’atto di citazione) ex art. 1 2 5 CPI.
La norma del CPI (modificata sempre in adempimento della direttiva CE 2004/48 )
afferma chiaramente che nel campo della proprietà industriale il risarcimento può andare
oltre il semplice lucro cessante, ma non introduce una forma di danno punitivo,
ponendosi in una prospettiva non strettamente indennitaria bensì riparatoria, che si
propone di annullare le conseguenze negative che l’illecito ha avuto sul corretto
equilibrio di mercato.
Vengono così attribuite al titolare della privativa tutte quelle utilità, a lui riservate in via
esclusiva, realizzate da terzi sfruttandola, anche se non strettamente valutabili sotto il
profilo del lucro cessante in una rigorosa prospettiva controfattuale.
Tuttavia, nel caso che ci occupa, gli effetti risarcitori per tale voce ripristinatoria sono
minimi, attestandosi il potenziale utile, realizzato con gli orologi pacificamente
riconosciuti importati da C (dato, come detto, scarsamente attendibile) intorno ad
euro 1.500,00 (risulta che gli orologi, acquistati per 6 euro venissero rivenduti a 18),
quasi del tutto eroso dall’intervenuto sequestro di 78 orologi.
Il Tribunale ritiene quindi di dover fare ricorso ai suoi poteri equitativi, come imposto
dall’art. 1 2 5,II CPI, e fare una valutazione omnicomprensiva del danno in una somma
globale (anche alla luce degli elementi presuntivi che emergono dagli atti), che
considera unitariamente i guadagni del contraffattore, l’approfittamento parassitario
degli sforzi pubblicitari dell’attrice e l’indubbio discredito commerciale causato a GM dalla presenza sul mercato di imitazioni vili dei suoi prestigiosi prodotti. Può
pertanto riconoscersi in via equitativa la somma di euro 60.000,00 in moneta attuale,
comprensiva di interessi ad oggi e su cui decorreranno gli interessi al tasso legale dalla
pubblicazione della sentenza al saldo.
Alla rifusione di tale somma deve essere condannata C s.r.l., mentre EB, che ha partecipato solo ad una parte minimale dell’illecito contraffattivo
complesso, deve essere condannata in via solidale solo fino alla concorrenza di un
decimo, pari ad euro 6.000,00.
Può infine essere accolta la domanda di risarcimento in forma specifica rappresentata
dalla pubblicazione del dispositivo della presente sentenza per una volta, a caratteri
doppi del normale su “Il Sole 2 4 Ore”, a cura dell’attrice ed a spese delle convenuta
C.
Le convenute, soccombenti nel merito devono altresì essere condannate, in via tra loro
solidale, a rifondere all’attrice le spese di lite, qui liquidate (tenuto anche conto della
fase cautelare) in euro 19.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Il Tribunale definitivamente pronunciando sulle domande introdotte con atto di citazione
notificato il DD/MM/1 3 da GM s.r.l. nei confronti di C s.r.l. e dell’IINDBE, ogni altra domanda ed eccezione
disattesa,
A) rigetta le domande riconvenzionali di nullità delle privative dell’attrice svolte
dalle convenute;

B) dichiara che la fabbricazione, importazione, commercializzazione, promozione di
orologi C n. 0 2 6 3 819 e 0 2 6 3 8 2 0 costituiscono contraffazione delle privative
per design comunitario n. 476775-1 2 e 476775- 2 1, depositati in data 8/ 2 /06, di
titolarità attorea,
nonché illecito concorrenziale ex art. 2598 n. 1, 2 e 3 c.c. ;
C) inibisce la fabbricazione, importazione, esportazione commercializzazione,
pubblicità, promozione, anche in fiere e via web, degli orologi riproducenti le
forme del design comunitario n. 476775-1 2 e n. 476775- 2 1 e comunque degli
orologi di GM “Manuale 40”, in tutte le varianti e colori
e fissa penale
di euro 50,00 per ogni orologio che risulti ulteriormente commercializzato dalle
convenute dalla comunicazione della presente sentenza;

D) ordina il ritiro dal mercato, nonché la distruzione degli orologi C in
contraffazione,
salva l’assegnazione in proprietà dell’attrice di due esemplari di
orologi contestati per ogni forma e colore;

E) condanna C s.r.l. a rifondere all’attrice i danni come sopra liquidati in euro
60.000,00 in moneta attuale, comprensivi di interessi ad oggi e su cui
decorreranno gli interessi al tasso legale dalla pubblicazione della sentenza al
saldo;

F) condanna EM al risarcimento dei danni, in via solidale con
C fino alla concorrenza di euro 6.000,00 oltre interessi dalla pubblicazione
della sentenza;

G) ordina la pubblicazione del dispositivo della presente sentenza per una volta, a
caratteri doppi del normale su “Il Sole 2 4 Ore”, a cura dell’attrice ed a spese delle
convenuta C;

H) condanna le convenute, in via tra loro solidale, a rifondere all’attrice le spese di
lite, qui liquidate (tenuto anche conto della fase cautelare) in euro 19.500,00 per
compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Milano, camera di Consiglio del 2 2 /10/15. Il Presidente
giu1
Il giudice rel.
giu 2