Sentenza 46/2018 della Tribunale Ordinario Di Milano Sezione Specializzata In Materia Di Impresa A Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA “A” CIVILE
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
giu1 Presidente giu2 Giudice Relatore giu3 Giudice

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 47376/2016 promossa da:
SACC GMBH (P.I.V.A. XXX), con il
patrocinio dell’avv. AG e dell’avv. GP,
elettivamente domiciliata in XXX, presso l’avv. AG
ATTRICE
Contro
MI S.R.L. (C.F. e P.I.V.A. XXX)
CONVENUTA-CONTUMACE

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CONCLUSIONI
ATTRICE:

“I accertare e dichiarare negli atti posti in essere dalla odierna convenuta la configurazione di una fattispecie di illegittimo ed indebito sfruttamento ed utilizzo del marchio “Scil” e tanto anche nel caso di adozione della denominazione similare “Scill”, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 20 c. 1 C.P.I., per i motivi esplicitati in narrativa;

II accertare e dichiarare negli atti posti in essere dalla società convenuta, e del conseguente
sviamento di clientela dell’attrice, la configurazione di una fattispecie di concorrenza sleale
“confusoria”, nonché violazione dei doveri di correttezza professionale, ai sensi e per gli effetti di cui all’ art.2598 c.c. , nei termini e per le ragioni esposte in narrativa;

III definitivamente inibire alla società convenuta, ai sensi dell’ art.124 c.p. I., qualsiasi
omportamento e/o condotta consistente nella produzione, fabbricazione, etichettature,
commercializzazione, esportazione di prodotti a marchio “Scil” o “Scill”, comunque, similmente
denominati o contraddistinte;

IV definitivamente ordinare alla suddetta convenuta (ove non vi abbia già provveduto a seguito della notifica del provvedimento cautelare dd. 30.7.2016 e di cui dovrà essere fornita prova nel presente procedimento di merito) il ritiro immediato – a proprie cure e spese – dal commercio sia in Italia, sia all’estero e su internet di tutti i prodotti recanti il marchio “Scil” o “Scill” o, comunque, similmente denominati;

V in caso di accoglimento della domanda, fissare una congrua penale per ogni violazione o
inosservanza successivamente constatata o per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento;

VI - condannare la società convenuta al risarcimento dei danni subiti che saranno quantificati in corso di causa in applicazione dei criteri, anche di equità, previsti dall’ art. 125 C.P. I. ed, in ogni caso, con condanna alla restituzione degli utili realizzati con la contraffazione, nella misura in cui eccedano il risarcimento del danno;

VII ordinare, ai sensi dell’ art. 126 C.P. I. la pubblicazione della sentenza seguenti riviste
specializzate: “Professione Veterinaria” e “La Settimana Veterinaria”;

VIII condannare la società convenuta al pagamento delle spese di lite, comprensive di spese, diritti ed onorari anche del giudizio cautelare ante causam.”


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Ragioni della decisione
1. La SACC GmbH, società specializzata nel settore dello sviluppo
e commercializzazione di prodotti e sistemi per la diagnostica veterinaria, con citazione
notificata in data DD/MM/2016, ha convenuto in giudizio la MI S.r.l. per
sentir dichiarare che la stessa lede i propri diritti di titolare del marchio d’impresa
registrato “Scil”, utilizzando un segno distintivo identico al marchio per prodotti o
servizi identici a quelli per i quali esso è stato registrato, nonché per sentir dichiarare che
la condotta della società convenuta integra una fattispecie di concorrenza sleale
confusoria e viola i doveri di correttezza professionale, ai sensi e per gli effetti di cui
all' art.2598 c.c. L’attrice ha quindi chiesto di inibire alla convenuta, ai sensi dell’ art.124 c.p. i., qualsiasi
comportamento o condotta consistente nella produzione, fabbricazione, etichettatura,
commercializzazione ed esportazione di prodotti a marchio “Scil” o “Scill”, nonché di
ordinare alla MI S.r.l. il ritiro dal commercio, in Italia e all'estero, di detti
prodotti, con la fissazione di una penale.
Sono stati chiesti infine la pubblicazione della sentenza e la condanna al risarcimento del
danno derivante dalla condotta illecita della convenuta.
La MI S.r.l., nonostante la rituale notifica dell’atto di citazione, non si è
costituita ed è stata pertanto dichiarata contumace.
2. Il giudizio di merito è stato preceduto da un procedimento cautelare, promosso
dall’odierna attrice, conclusosi con una pronuncia in data 30 luglio 2016 che ha inibito a
MI ogni ulteriore utilizzo, in qualsiasi forma, del segno "Scil" o "Scill" per
contrassegnare i propri prodotti, ogni ulteriore produzione e commercializzazione, in
qualsiasi forma, dei prodotti contrassegnati dal marchio "Scil" o "Scill", nonché la
produzione delle etichette recanti il marchio "Scil", e con la quale è stato disposto il
sequestro di tutti i prodotti recanti i marchi "Scil" o "Scill".
3. Ritiene il Collegio che la domanda di parte attrice sia fondata e che, pertanto, la stessa debba essere accolta, nei limiti di seguito precisati. SACC lamenta che la MI S.r.l., che non è una sua
rappresentante in Italia, né ha con la stessa alcun collegamento, lede i propri diritti di
titolare del marchio d’impresa registrato, utilizzando un segno distintivo identico al
marchio per prodotti o servizi identici a quelli per i quali esso è stato registrato.
In particolare, l’attrice, che opera con il segno distintivo “Scil” ed è titolare di due
marchi comunitari, n.000989517 e n.010542728 (rispettivamente, all.1 e 1 bis), afferma
di essere stata contattata, nel mese di maggio 2016, da una cliente ("LAAVA"- XXX) al fine di risolvere un problema ad un
apparecchio denominato "Scil Vet abc Pack", e che, in tale occasione, a seguito del
sopralluogo effettuato da un proprio tecnico presso l'ambulatorio della cliente, la stessa è
venuta a sapere che l'apparecchio per il quale era stata richiesta assistenza non era "un
prodotto originale della S" e che all'Ambulatorio erano stati venduti i prodotti
contraffatti recanti il marchio "Scill" da parte della società MI S.r.l.
Come è già stato rilevato nel procedimento cautelare, dalla fattura emessa il 6 aprile
2016, dalla MI S.r.l., emerge che la società convenuta ha venduto
all'ambulatorio “LAAVA” l'apparecchio denominato
"Scill ABC VET pack" (documento 6 allegato al ricorso e nuovamente depositato con
l’atto di citazione).
Nella fase cautelare sono state prodotte anche le fotografie raffiguranti il prodotto
contrassegnato dalla dicitura “scill ABC VET pack” che recano ben evidente la
provenienza dalla MI S.r.l. (all. 4).
Risulta quindi che la convenuta ha apposto un segno simile sul prodotto venduto (la sola
differenza è l'aggiunta della lettera "l" finale), e un segno identico al marchio "Scil", di
cui è titolare la SACC, sulla fattura.
È infatti evidente la somiglianza verbale e fonetica (nel caso della fattura vi è addirittura
un’identità) tra i segni a confronto. Ai sensi dell’art. 20-1 b c.p.i., occorre quindi valutare la eventuale affinità tra i due prodotti.
L’attrice ha precisato che il proprio apparecchio "Scil Vet abc Pack" è una macchina
contaglobuli, i cui reagenti sono compresi nel Pack integrato, in grado di fornire al
veterinario un emocromo completo ("pacco di reagenti integrato", come si evince
dall’allegato 2).
In particolare, l'apparecchio originale, rispetto alla macchina della convenuta,
individuata durante il sopralluogo effettuato dal tecnico della S, si caratterizza per il
sistema di valvole integrate nel Pack che riduce il rischio di contaminazione dei reagenti,
assicurando la massima precisione delle analisi (le caratteristiche della macchina
originale, si desumono dall’allegato 2 già citato).
Dalle fotografie prodotte con l’allegato 4, risulta evidente che, nell'apparecchio per il
quale si era reso necessario l'intervento dei tecnici, riportante la sigla "scill ABC VET
pack", tali reagenti non erano integrati al Pack, ma solo collegati esternamente al blocco
centrale dell'apparecchio tramite tubi.
Sulla base delle risultanze documentali, emerge quindi che i due prodotti posti a
confronto possono ben considerarsi affini.
È vero che le confezioni contenenti gli apparecchi oggetto di causa presentano delle
differenze e che vi sono differenze anche in relazione al formato stesso dei prodotti, in
quanto, come si evince dagli allegati 3 e 4, il prodotto originale si caratterizza per le
ridotte dimensioni del pacco e per il fatto di agganciarsi direttamente all'apparecchio
diventandone parte integrante, mentre il prodotto della convenuta presenta dimensioni
maggiori e si collega all'apparecchio tramite tubi esterni;
tuttavia, i due apparecchi sono
accomunati dall’identità funzionale, essendo entrambi diretti a soddisfare la medesima
esigenza, con la sola differenza che l'apparecchio dell’attrice, sfruttando un sistema
maggiormente innovativo, pare poter assicurare una maggior precisione delle analisi.
Le considerazioni che precedono in merito alla somiglianza tra segni e alla affinità tra
prodotti, sono utili ai fini della valutazione sulla confondibilità tra prodotti da parte del
consumatore.
Appare assai probabile, alla luce dell'identità merceologica e funzionale dei beni
contrassegnati, che si possa determinare un rischio di confusione per il pubblico.
In considerazione del fatto che i due prodotti, rivolti allo stesso settore di mercato, sono
funzionali alla soddisfazione del medesimo tipo di bisogno e in considerazione della loro
peculiarità e della evidente somiglianza verbale e fonetica tra “Scill ABC VET pack”,
segno riportato sulla scatole dell'apparecchio della convenuta, e “Scil Vet Abc Pack”,
segno di parte attrice, considerato inoltre il segno riportato sulla fattura emessa dalla
convenuta, ossia "Scil ABC vet pack", si reputa sussistente una concreta possibilità di
confusione da parte del consumatore all’atto dell’acquisto.
Vi sono, pertanto, molteplici elementi che fanno supporre che la convenuta, che ha
commercializzato apparecchi contrassegnati dal segno "Scill", sia responsabile di
contraffazione del marchio "Scil" di titolarità della SACC, avendo
usato un segno pressoché identico e, in un caso (fattura), del tutto identico, per
contraddistinguere un prodotto affine.
Non va dimenticato infatti che il marchio, coerentemente alla sua funzione distintiva, è
tutelato nei limiti della possibilità di confusione; tale rischio concerne, in primo luogo, la
confusione sull’origine del prodotto.
È lo stesso legislatore infatti, all’art. 20-1b c.p.i., a porre l’identità o somiglianza tra
segni e la identità o affinità tra prodotti su un piano diverso da quello della confusione
per il pubblico.
Perché il comportamento del terzo sia vietato, non basta l’uso da parte del medesimo di
un segno simile per prodotti affini, ma serve qualcosa in più: serve che tale uso sia
idoneo a indurre il pubblico a pensare che i prodotti del terzo provengano in realtà
dall’impresa del segno che si presume essere contraffatto.
Nel caso di specie, in particolare, la prova di tale circostanza risulta dal fatto che il
cliente finale, ossia l’Ambulatorio Veterinario sopra richiamato, quando sono sorti
problemi sul funzionamento dell’apparecchio, ha contattato proprio la società attrice, e
non la società che concretamente le aveva venduto il bene, chiedendone l'intervento.
Sotto il profilo del rischio di associazione, nel caso concreto, si ritiene che il
consumatore potrebbe perciò facilmente essere indotto a supporre che vi sia un
collegamento tra i segni e dunque a collegare i medesimi alla stessa fonte produttiva.
La commercializzazione degli apparecchi in oggetto da parte della convenuta può
indurre il consumatore finale a pensare che i prodotti del terzo provengano in realtà
dall’impresa titolare del marchio registrato.
Tale circostanza rischia di creare nel pubblico anche il falso affidamento che tali
prodotti presentino tutta una serie di qualità e offrano tutta una serie di garanzie legate
invece al valore del marchio di titolarità della SACC GmbH.
Del resto, la convenuta ha riconosciuto l’illiceità della propria condotta. Infatti, nel corso del procedimento cautelare, la SACC ha prodotto
un documento, sottoscritto da tale MM, qualificatosi come amministratore della
MI Srl, con il quale lo stesso, facendo presente di commercializzare prodotti
"compatibili agli originali ma non originali", s’impegna a non scrivere più nelle fatture
di vendita il nome prodotto con il marchio "SCIL", a non produrre più etichette con il
marchio "SCIL" e a non commercializzare prodotti con il marchio di titolarità
dell’attrice, sostenendo che l’indicazione del termine “SCIL”, nella fattura emessa il 6
aprile 2016 dalla MI, è frutto di un errore di scrittura.
Tale documento è stato allegato anche all’atto di citazione quale doc.8. Pertanto, poiché la convenuta è rimasta contumace, la scrittura prodotta si ha per
riconosciuta ai sensi dell’ art.215, primo comma n.1 c.p.c.
Può affermarsi, conseguentemente, che la società convenuta ha violato i diritti conferiti all’attrice dalla registrazione del marchio “Scil”, dalla stessa utilizzato indebitamente. Tali conclusioni valgono anche con riferimento all’adozione della denominazione “Scill” da parte della MI.
4. Quanto alla richiesta di accertamento della condotta di concorrenza sleale, si osserva
che l’accertata contraffazione del marchio dell’attrice da parte della convenuta comporta
l’assorbimento della domanda avente ad oggetto la concorrenza sleale, perché non sono
stati accertati comportamenti ulteriori rilevanti rispetto a quelli che danno origine alla
contraffazione.
5. Per le considerazioni che precedono, devono essere inibite a MI S.r.l. la produzione, fabbricazione e commercializzazione, in qualsiasi forma, l’etichettatura e l’esportazione dei prodotti contrassegnati dal marchio "Scil" o "Scill", con fissazione una penale di € 200,00 per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata. 6. Quanto alla richiesta relativa al ritiro dal commercio, già disattesa nella fase
cautelare, in assenza di elementi che consentissero di apprezzare le dimensioni del
fenomeno, si osserva che la tutela inibitoria accordata appare sufficiente a presidiare le
prerogative dell’attrice. Pertanto tale domanda non può essere accolta.
7. In relazione alla domanda di risarcimento del danno, posto che in corso di causa l’attrice, chiedendo sin dall’udienza di prima comparizione la fissazione dell’udienza di
precisazione delle conclusioni, non ha fornito né ha offerto di fornire alcuna prova dei
danni subiti, né ha offerto elementi per la quantificazione degli stessi, si ritiene di non
poter disporre alcuna misura risarcitoria, ad eccezione della misura della pubblicazione
della sentenza (intestazione e dispositivo) sulle riviste specializzate “Professione
Veterinaria” e “La Settimana Veterinaria”. Per completezza, va detto infatti che le domande istruttorie formulate in sede di precisazione delle conclusioni non sono ammissibili, pur essendo contenute anche nell’atto di citazione, perché sono state riformulate tardivamente dall’attrice, non essendo state riproposte in corso di causa.
8. Le spese di lite, liquidate ai sensi del D.M. 55/2014 in € 749,30 per anticipazioni e in € 5.000,00 per compensi, quanto alla fase cautelare, e in € 1.074,00 per anticipazioni e in € 6.783,00 per compensi, quanto alla fase di merito, oltre 15%, a titolo di rimborso spese forfetario, e oneri di legge, seguono la soccombenza.


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P.Q.M.
il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da SACC GmbH nei confronti di MI S.r.l., disattesa o assorbita
ogni diversa istanza, così provvede:
1) dichiara che la convenuta ha illegittimamente sfruttato ed utilizzato il marchio “Scil”, anche adottando la denominazione similare “Scill”, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 20 c. 1 c.p.i.,; 2) inibisce definitivamente alla convenuta ogni ulteriore produzione, fabbricazione e commercializzazione, etichettatura ed esportazione di prodotti a marchio “Scil” o “Scill”; 3) fissa la penale di € 200,00 per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata; 4) ordina la pubblicazione dell’intestazione e del dispositivo della sentenza, per una volta, a caratteri doppi del normale, sulle riviste specializzate “Professione Veterinaria” e “La Settimana Veterinaria” a spese della convenuta; 5) condanna la convenuta a rifondere all’attrice le spese di lite, liquidate complessivamente, per entrambe le fasi del giudizio, in € 1.823,30 per spese ed in € 11.783,00 per compensi, oltre 15%, a titolo di rimborso spese forfetario, e oneri di legge. Milano, 26 ottobre 2017 Il giudice estensore giu2
Il Presidente giu1