Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 18 luglio 2013. AES-3C Maritza East 1 EOOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite, Plovdiv. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad Plovdiv. Imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Articoli 168, lettera a), e 176 – Diritto a detrazione – Spese relative all’acquisto di beni e di prestazioni di servizi destinati al personale – Personale messo a disposizione del soggetto passivo facendo valere il diritto a detrazione ma impiegato da un altro soggetto passivo. Causa C‑124/12.
SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Administrativen sad Plovdiv (Bulgaria), con decisione del 24 febbraio 2012, pervenuta in cancelleria il 7 marzo 2012, nel procedimento
AES-3C Maritza East 1 EOOD
contro
Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite, Plovdiv,
LA CORTE (Sesta Sezione),
composta da M. Berger, presidente di sezione, da A. Borg Barthet e J.-J. Kasel (relatore), giudici,
avvocato generale: E. Sharpston
cancelliere: M. Aleksejev, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 aprile 2013,
considerate le osservazioni presentate:
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per l’AES-3C Maritza East 1 EOOD, da S. Garbolino, E. Evtimov e Y. Mateeva, avocaţi advokati; |
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per il Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite, Plovdiv, da V. Apostolov, in qualità di agente; |
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per la Commissione europea, da L. Lozano Palacios, C. Soulay e D. Roussanov, in qualità di agenti, |
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 168, lettera a), e 176 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto ( GU L 347, pag. 1 ). |
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’AES-3C Maritza East 1 EOOD (in prosieguo: l’«AES»), società di diritto bulgaro, e il Direktor na Direktsia «Obzhalvane i upravlenie na izpalnenieto» pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite, Plovdiv (direttore della direzione «Impugnazione e esecuzione del procedimento», presso l’amministrazione centrale dell’Agenzia nazionale delle entrate, Plovdiv; in prosieguo: il «Direktor»), in merito al diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») pagata a monte per l’acquisto di diversi beni e servizi destinati a lavoratori messi a disposizione dell’AES da un’altra società. |
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
L’articolo 168 della direttiva 2006/112 prevede quanto segue: «Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:
(...)». |
L’articolo 176 della direttiva di cui trattasi così dispone: «Il Consiglio [dell’Unione europea], deliberando all’unanimità su proposta della Commissione [europea], stabilisce le spese che non danno diritto a detrazione dell’IVA. In ogni caso, saranno escluse dal diritto a detrazione le spese non aventi un carattere strettamente professionale, quali le spese suntuarie, di divertimento o di rappresentanza. Fino all’entrata in vigore delle disposizioni di cui al primo comma, gli Stati membri possono mantenere tutte le esclusioni previste dalla loro legislazione nazionale al 1 o gennaio 1979 o, per gli Stati membri che hanno aderito alla Comunità [europea] dopo tale data, alla data della loro adesione». |
Il diritto bulgaro
Ai sensi dell’articolo 69, paragrafo 1, della legge relativa all’imposta sul valore aggiunto (Zakon za danak varhu dobavenata stoynost, DV n. 63; del 4 agosto 2006; in prosieguo: lo «ZDDS»), in vigore dalla data di entrata in vigore dell’atto relativo alle condizioni di adesione all’Unione europea della Repubblica di Bulgaria e della Romania e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea ( GU 2005, L 157, pag. 203 ): «(1) Quando i beni e i servizi sono utilizzati ai fini di cessioni o di prestazioni imponibili effettuate dal soggetto passivo registrato, questi è autorizzato a detrarre quanto segue:
(...)». |
L’articolo 70, paragrafi 1 e 3, dello ZDDS dispone in particolare: «(1) Anche in presenza delle condizioni previste dall’articolo 69 o dall’articolo 74, non sussiste il diritto a detrazione qualora: (...)
(...) (3) il paragrafo 1, punto 2, non si applica:
(...)
(...)». |
Nella sua versione applicabile prima dell’adesione della Repubblica di Bulgaria all’Unione (DV n. 153, del 23 dicembre 1998), lo ZDDS, al suo articolo 64, paragrafo 1, prevedeva quanto segue: «(1) Il diritto a detrazione della persona ricevente un bene o un servizio o dell’importatore sussiste qualora ricorrano i seguenti presupposti: (...)
(...)». |
L’articolo 65, paragrafo 1, di quest’ultima versione dello ZDDS era del seguente tenore: «(1) Anche in presenza delle condizioni previste dall’articolo 64 o dall’articolo 68, non sussiste il diritto a detrazione qualora:
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Conformemente all’articolo 1, punto 1, delle disposizioni complementari del codice del lavoro (Kodeks na truda, DV n. 26, del 1 o aprile 1986, e DV n. 27, del 4 aprile 1986), nella sua versione applicabile all’epoca dei fatti del procedimento principale, per «datore di lavoro» si intende, ai sensi del citato codice, «qualsiasi persona fisica, giuridica o entità da essa dipendente, nonché ogni altra entità autonoma dal punto di vista organizzativo ed economico (impresa, istituzione, organizzazione, cooperativa, azienda, stabilimento, nucleo familiare, società, ecc.) che assume autonomamente lavoratori mediante un contratto di lavoro, e ciò anche quando si tratti di lavoro a domicilio, di telelavoro o del distacco per eseguire un incarico presso un’altra impresa». |
La legge relativa alla salute e alla sicurezza sul lavoro (Zakon za zdravoslovni i bezopasni uslovia na trud, DV n. 124, del 23 dicembre 1997), all’articolo 1 delle sue disposizioni complementari, dispone che il termine «datore di lavoro» corrisponde alla nozione definita all’articolo 1, punto 1, delle disposizioni complementari del codice del lavoro, nonché a ogni persona che affidi a qualcun altro un lavoro e si assuma l’intera responsabilità per l’impresa, la cooperativa o l’organizzazione. |
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
L’AES detiene e gestisce una centrale elettrica che, pur essendo situata sul territorio del comune di Galabovo (Bulgaria), si trova al di fuori dei confini della zona abitata del suddetto comune. |
L’AES non dispone di un proprio personale per garantire il funzionamento della suddetta centrale, sicché è obbligata ad avvalersi, a tempo pieno, dei servizi di lavoratori in base ad un contratto di fornitura di personale stipulato con la società AES Maritza East 1 Services EOOD (in prosieguo: l’«AES Services»). In forza di tale contratto, l’AES Services seleziona ed assume il personale necessario per l’attività economica dell’AES. I contratti di lavoro sono conclusi tra i lavoratori e l’AES Services ed è quest’ultima a provvedere alla retribuzione dei lavoratori di cui trattasi. |
I lavoratori in questione sono successivamente posti a disposizione dell’AES. In virtù del contratto che vincola l’AES all’AES Services, la prima versa alla seconda un corrispettivo per il servizio di fornitura del personale. Tale corrispettivo comprende gli stipendi e i contributi sociali dei lavoratori. Gli abiti da lavoro e i dispositivi di protezione individuale dei lavoratori, nonché il servizio di trasporto dei medesimi lavoratori, dalla centrale elettrica all’abitazione e ritorno, sono forniti dall’AES. Le spese inerenti a tali beni e servizi non sono incluse nell’importo del corrispettivo versato all’AES Services. Qualora un lavoratore venga mandato in missione, anche le sue spese di trasporto e di pernottamento sono sostenute direttamente dall’AES. |
Tra il mese di agosto 2008 e il mese di settembre 2010, l’AES ha beneficiato di prestazioni, effettuate da terzi, aventi ad oggetto un servizio di trasporto, di messa a disposizione di abiti da lavoro e di dispositivi di protezione individuale, nonché di servizi connessi alle missioni effettuate dai lavoratori. |
Dalla decisione di rinvio emerge che, siccome le persone che lavorano nella centrale elettrica vivono in zone abitate che non vengono coperte dai mezzi pubblici di trasporto, l’AES ha deciso di garantire essa stessa un servizio di trasporto in base ad orari corrispondenti ai turni di lavoro dei lavoratori. |
Peraltro, il giudice del rinvio rileva che, in forza delle disposizioni del codice del lavoro e della legge relativa alla salute e alla sicurezza sul lavoro, l’AES è tenuta a fornire abiti da lavoro e dispositivi di protezione alle persone che lavorano nella centrale elettrica. |
L’agenzia delle entrate ha negato la detrazione dell’IVA di un importo pari a 218377 lev bulgari (BGN) relativa all’acquisto, da parte dell’AES, di servizi di trasporto, di messa a disposizione di abiti da lavoro e di dispositivi di protezione individuale, nonché alle spese effettuate nell’ambito di missioni, con la motivazione che i beni e i servizi ricevuti erano destinati a essere forniti a titolo gratuito ai dipendenti dell’AES Services. La suddetta agenzia non ha ammesso l’applicazione delle deroghe a tale limitazione del diritto a detrazione dell’IVA, previste all’articolo 70, paragrafo 3, punti 1, 2 e 7, dello ZDDS, in quanto, in base al diritto bulgaro, l’AES non viene considerata come il datore di lavoro dei lavoratori. Infatti, in applicazione del codice del lavoro, il datore di lavoro di questi ultimi è l’AES Services. |
Poiché il ricorso amministrativo proposto avverso tale avviso di accertamento in rettifica fiscale è stato respinto dal Direktor, l’AES ha presentato un ricorso dinanzi al giudice del rinvio. |
Dinanzi a tale giudice, l’AES ha fatto valere di essere il datore di lavoro «economico» dei lavoratori, poiché ha usufruito del loro lavoro e si è fatta carico dei correlativi costi, nei limiti in cui versa un corrispettivo all’AES Services. Per giunta, l’AES avrebbe la qualità di datore di lavoro ai sensi della legge relativa alla salute e alla sicurezza sul lavoro in quanto grava su di essa l’obbligo di fornire abiti da lavoro e di assicurare le condizioni che garantiscono la sicurezza dei lavoratori. Il Direktor, dal canto suo, ha ribadito la posizione derivante dall’avviso di accertamento in rettifica. |
Il giudice del rinvio ritiene che la sentenza della Corte del 16 ottobre 1997, Fillibeck ( C-258/95, Racc. pag. I-5577 ) non fornisca una risposta alle questioni interpretative sollevate nel procedimento principale poiché i servizi di trasporto in esame nella causa all’origine di tale sentenza non erano offerti a un personale fornito da un soggetto passivo diverso da quello che invoca il diritto a detrazione, bensì ai dipendenti del soggetto passivo stesso. |
Tale giudice rileva peraltro che, nella sua versione applicabile fino alla data di adesione della Repubblica di Bulgaria all’Unione, lo ZDDS non conteneva una limitazione del diritto a detrazione dell’IVA, come quella prevista dall’attuale articolo 70, paragrafo 1, punto 2, della legge in parola. Infatti, nella sua versione applicabile fino al 1 o gennaio 2007, l’articolo 65 dello ZDDS conteneva un elenco esaustivo delle limitazioni del diritto a detrazione dell’IVA e nessuna di queste limitazioni era legata alla destinazione delle cessioni di beni o delle prestazioni di servizi a titolo gratuito. |
Ciò premesso, l’Administrativen sad Plovdiv ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
In via preliminare, va rilevato che, secondo il giudice del rinvio, le spese sostenute dall’AES per l’acquisto dei beni e dei servizi menzionati nella prima questione possono, in via di principio, essere considerate come facenti parte delle spese generali legate al complesso delle attività economiche dell’AES e che il problema relativo alla loro detraibilità si pone unicamente a causa del fatto che, a differenza della situazione in esame nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza Fillibeck, il soggetto passivo che invoca il diritto a detrazione, in forza del diritto bulgaro, non ha la qualità di datore di lavoro delle persone che lavorano sul suo sito, ma unicamente quella di «datore di lavoro economico». |
Ciò premesso, la questione posta dal giudice del rinvio va intesa nel senso che il giudice del rinvio mira sostanzialmente a sapere se gli articoli 168, lettera a), e 176, della direttiva 2006/112 debbano essere interpretati nel senso che ostano a che una normativa nazionale, in forza della quale un soggetto passivo che si accolla le spese inerenti a servizi di trasporto, abiti da lavoro, dispositivi di protezione e missioni di persone che lavorano per il suddetto soggetto passivo, non gode di un diritto a detrazione dell’IVA afferente a tali spese in quanto dette persone sono poste a sua disposizione da un’altra entità e non possono quindi essere considerate, ai sensi della citata normativa, come membri del personale del soggetto passivo, mentre si può ritenere che le summenzionate spese abbiano un nesso diretto ed immediato con le spese generali connesse al complesso delle attività economiche del soggetto passivo di cui trattasi. |
Al fine di rispondere a tale questione, in primo luogo, va ricordato che il diritto a detrazione previsto dall’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112 fa parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere limitato. Tale diritto va esercitato immediatamente per tutte le imposte che hanno gravato sulle operazioni effettuate a monte (v., in tal senso, sentenza del 29 ottobre 2009, SKF, C-29/08, Racc. pag. I-10413 , punto 55). |
Infatti, il regime delle detrazioni mira a sgravare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, in tal modo, la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dalle finalità o dai risultati delle medesime, purché siffatte attività siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA (v., in particolare, sentenza SKF, cit., punto 56 e la giurisprudenza ivi citata). |
Secondo costante giurisprudenza, la sussistenza di un nesso diretto ed immediato tra una specifica operazione a monte ed una o più operazioni a valle, che conferiscono un diritto a detrazione, in via di principio, è necessaria affinché un diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte sia riconosciuto al soggetto passivo e al fine di determinare la portata di siffatto diritto. Il diritto a detrazione dell’IVA gravante sull’acquisto di beni o di servizi a monte presuppone che le spese sostenute per acquistare i medesimi facciano parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni soggette ad imposta a valle che conferiscono diritto a detrazione (sentenza SKF, cit., punto 57 e la giurisprudenza ivi citata). |
Un diritto a detrazione è tuttavia parimenti ammesso a favore del soggetto passivo anche in mancanza di un nesso diretto ed immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle, che conferiscono un diritto a detrazione, qualora i costi dei servizi in questione facciano parte delle spese generali del soggetto passivo e, in quanto tali, siano elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi che esso fornisce. Costi di tal genere presentano, infatti, un nesso diretto ed immediato con il complesso dell’attività economica del soggetto passivo (v., in particolare, sentenza SKF, cit., punto 58 e la giurisprudenza ivi citata). |
Dalla giurisprudenza della Corte emerge peraltro che la sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme ( GU L 145, pag. 1 ) deve essere interpretata nel senso che il trasporto gratuito di dipendenti, effettuato dal datore di lavoro, tra la loro abitazione e il luogo di lavoro, mediante un autoveicolo dell’impresa, soddisfa, in linea di principio, bisogni privati dei dipendenti e risponde pertanto a finalità estranee all’impresa. Tuttavia, qualora le esigenze dell’impresa, tenuto conto di determinate particolari circostanze, come la difficoltà di fare ricorso ad altri idonei mezzi di trasporto e i cambiamenti di luogo di lavoro, impongano che al trasporto dei dipendenti provveda il datore di lavoro, non si può considerare che tale prestazione sia effettuata per fini estranei all’impresa (v., in tal senso, sentenza Fillibeck, cit., punto 34). |
In secondo luogo, va esaminato se la circostanza, che un soggetto passivo non venga considerato dalla normativa nazionale come il datore di lavoro delle persone che lavorano nella sua impresa, possa rimettere in discussione la sussistenza del nesso diretto ed immediato tra le spese sostenute a monte per il lavoro delle suddette persone e le spese generali connesse al complesso delle attività economiche del soggetto passivo. |
A tal proposito, occorre anzitutto constatare che l’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112 subordina l’esistenza del diritto a detrazione unicamente alla condizione che i beni e servizi acquistati siano utilizzati ai fini di operazioni soggette ad imposta del soggetto passivo che se ne avvale. Conformemente alla giurisprudenza citata ai punti da 25 a 29 della presente sentenza, il nesso che deve sussistere è di natura puramente economica. |
Come ricordato al punto 23 della presente sentenza, nel procedimento principale è pacifico che i costi di cui trattasi possono essere considerati come aventi un nesso economico con il complesso delle attività economiche dell’AES. |
Giova poi ricordare che la Corte ha già statuito che la circostanza, che il personale possa trarre un vantaggio da una prestazione di servizi offerta dal datore di lavoro ma effettuata nell’interesse dell’impresa, deve essere considerata come accessoria rispetto alle esigenze dell’impresa (v., in tal senso, sentenza Fillibeck, cit., punto 30). |
Orbene, la risposta alla questione se la fornitura, a titolo gratuito, di un bene o di una prestazione di servizi alle persone che lavorano per il soggetto passivo sia effettuata ai fini dell’impresa non dipende dalla natura del rapporto giuridico intercorrente tra il soggetto passivo e tali persone. |
Inoltre, come emerge dal punto 26 della presente sentenza, il sistema comune dell’IVA garantisce, tramite il regime delle detrazioni, la neutralità dell’imposizione fiscale di tutte le attività economiche qualunque siano le finalità o i risultati delle medesime, a condizione che le suddette attività siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA. |
Orbene, sarebbe contrario al principio della neutralità dell’IVA far gravare su un soggetto passivo l’IVA relativa a spese, come quelle in esame nel procedimento principale, rispetto alle quali è pacifico, come emerge dalla decisione di rinvio, che esse sono state effettuate ai fini di un’attività economica anch’essa soggetta all’IVA, con la motivazione che il soggetto passivo non è il datore di lavoro, ai sensi della normativa nazionale, delle persone che lavorano per la sua impresa e per il cui lavoro sono state sostenute tali spese. |
Infine, va rilevato che l’interpretazione secondo cui, in una situazione come quella in esame nel procedimento principale, il soggetto passivo può beneficiare, a norma degli articoli 168, lettera a), e 176 della direttiva 2006/112, di un diritto a detrazione per le spese effettuate ai fini della sua impresa, è anche la più conforme agli obiettivi del sistema dell’IVA di garantire la certezza del diritto e l’applicazione corretta e semplice delle disposizioni della direttiva in parola (v., in tal senso, sentenza del 9 ottobre 2001, Cantor Fitzgerald International, C-108/99, Racc. pag. I-7257 , punto 33). |
Infatti, dissociando il diritto a detrazione dell’IVA, pagata a monte, relativa a spese effettuate ai fini dell’attività economica di un soggetto passivo dal rapporto giuridico che lega il soggetto passivo alle persone che lavorano per la sua impresa e per il cui lavoro ha sostenuto tali spese, tale interpretazione consente una gestione semplice del regime delle detrazioni posto in essere dal sistema comune dell’IVA e contribuisce a garantire una riscossione affidabile e corretta dell’IVA (v., in tal senso, sentenze del 6 ottobre 2011, Stoppelkamp, C-421/10, Racc. pag. I-9309 , punto 34, e del 26 gennaio 2012, ADV Allround, C-218/10, punto 31). |
Alla luce di tali considerazioni, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che gli articoli 168, lettera a), e 176, secondo comma, della direttiva 2006/112 devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale in forza della quale un soggetto passivo, che sostiene spese per servizi di trasporto, abiti da lavoro, dispositivi di protezione e missioni di persone che lavorano per tale soggetto passivo, non goda di un diritto a detrazione dell’IVA afferente a tali spese, con la motivazione che le suddette persone sono messe a sua disposizione da un’altra entità e, ai sensi della normativa di cui trattasi, non possono quindi essere considerate come membri del personale del soggetto passivo, benché invece tali spese possano essere considerate come aventi un nesso diretto ed immediato con le spese generali inerenti al complesso delle attività economiche del suddetto soggetto passivo. |
Sulla seconda questione
Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 176, secondo comma, della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che osta a che uno Stato membro introduca, al momento della sua adesione all’Unione, una limitazione al diritto a detrazione in applicazione di una disposizione legislativa nazionale che prevede l’esclusione dal diritto a detrazione di beni o di servizi destinati a cessioni o prestazioni a titolo gratuito o ad attività estranee all’attività economica del soggetto passivo, mentre invece una siffatta esclusione non era prevista dalla normativa nazionale in vigore fino alla data di tale adesione. |
Onde rispondere a tale questione, si deve rilevare, anzitutto, che l’interpretazione della normativa nazionale, al fine di determinare il suo contenuto al momento dell’adesione all’Unione di un nuovo Stato membro e al fine di stabilire se tale normativa abbia prodotto l’effetto di estendere, successivamente a tale adesione, l’ambito delle esclusioni esistenti rientra, in linea di principio, nella competenza del giudice a quo (v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2008, Magoora, C-414/07, Racc. pag. I-10921 , punto 32). |
Occorre poi ricordare che, nell’ambito del procedimento ex articolo 267 TFUE, basato su una netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ogni valutazione dei fatti di causa rientra nella competenza del giudice nazionale. Tuttavia, al fine di fornire a quest’ultimo una risposta utile, la Corte può, in uno spirito di cooperazione con i giudici nazionali, fornirgli tutte le indicazioni che reputa necessarie (v., in tal senso, sentenza Magoora, cit., punto 33). |
A tal riguardo, va rilevato che l’articolo 176, secondo comma, della direttiva 2006/112 contiene una clausola di «standstill» che prevede, per gli Stati aderenti all’Unione, il mantenimento delle esclusioni nazionali dal diritto a detrazione dell’IVA applicabili prima della data della loro adesione (v., in tal senso, sentenza del 19 settembre 2000, Ampafrance e Sanofi, C-177/99 e C-181/99, Racc. pag. I-7013 , punto 5). Tuttavia, la clausola di «standstill», di cui all’articolo 176, secondo comma, della direttiva 2006/112, non consente ad un nuovo Stato membro di modificare la propria normativa interna in occasione della sua adesione all’Unione in un senso che allontanerebbe tale normativa dagli obiettivi della summenzionata direttiva. Una modifica in tal senso sarebbe contraria allo spirito stesso di tale clausola (v. sentenza Magoora, cit., punto 39). |
L’obiettivo della disposizione in parola è quindi di consentire agli Stati membri, nell’attesa dell’adozione da parte del Consiglio del regime comunitario delle esclusioni dal diritto a detrazione dell’IVA, di mantenere qualsiasi norma di diritto nazionale che escluda tale diritto effettivamente applicata dalle loro autorità pubbliche al momento dell’entrata in vigore delle disposizioni della direttiva 2006/112 (v., in tal senso, sentenza Magoora, cit., punto 35). |
Va ricordato invece che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, una normativa nazionale di uno Stato membro non costituisce una deroga consentita dall’articolo 176, secondo comma, della direttiva 2006/12 se essa ha per effetto di estendere, successivamente all’adesione di tale Stato membro, l’ambito delle esclusioni esistenti ed effettivamente applicate, allontanandosi in tal modo dall’obiettivo della suddetta direttiva (v., in tal senso, sentenza Magoora, cit., punti 37 e 38). |
Ciò posto, l’abrogazione, alla data di adesione della Repubblica di Bulgaria all’Unione, di disposizioni interne e la loro sostituzione, in pari data, mediante altre disposizioni interne non consentono, in quanto tali, di presumere che lo Stato membro interessato abbia violato l’articolo 176, secondo comma, della direttiva 2006/112, a condizione tuttavia che tale sostituzione non abbia condotto a un’estensione, a decorrere dalla stessa data, delle esclusioni nazionali anteriori. |
Nel procedimento principale, spetta dunque al giudice del rinvio che, come ricordato al punto 41 della presente sentenza, è l’unico competente ad interpretare il suo diritto nazionale, valutare se le modifiche introdotte, al momento dell’adesione della Repubblica di Bulgaria all’Unione, nel diritto nazionale di cui trattasi non abbiano prodotto l’effetto di estendere, rispetto alle disposizioni nazionali anteriori, l’ambito di applicazione delle limitazioni del diritto a detrazione dell’IVA pagata a monte e gravante sull’acquisto di beni e servizi di cui si può considerare che abbiano un nesso diretto ed immediato con le spese generali inerenti al complesso delle attività economiche di un soggetto passivo. |
Al riguardo va tuttavia evidenziato che, ai termini della domanda di pronuncia pregiudiziale stessa, la modifica introdotta allo ZDDS al momento dell’adesione della Repubblica di Bulgaria all’Unione ha prodotto l’effetto di estendere l’ambito di applicazione delle limitazioni rispetto alla situazione esistente prima di tale adesione, poiché nessuna delle limitazioni esaustivamente elencate dallo ZDDS in vigore prima dell’adesione in questione era legata alla destinazione delle cessioni di beni o delle prestazioni di servizi a titolo gratuito, il che, alla luce della giurisprudenza ricordata al punto 44 della presente sentenza, risulta contrario all’articolo 176, secondo comma, della direttiva 2006/112. |
La circostanza che, al punto 72 della sua sentenza del 16 febbraio 2012, Eon Aset Menidjmunt (C-118/11), la Corte abbia statuito che l’articolo 70, paragrafo 1, dello ZDDS non limita il diritto a detrazione ai sensi dell’articolo 176 della direttiva 2006/112, di per sé, non è atta a rimettere in discussione tale constatazione. |
Infatti, da un lato, al punto 73 della sentenza in parola, la Corte ha precisato che uno Stato membro non può negare ai soggetti passivi, che abbiano scelto di trattare beni di investimento impiegati sia per fini professionali che per fini privati come beni d’impresa, la detrazione integrale ed immediata dell’IVA dovuta a monte sull’acquisto di tali beni, alla quale hanno diritto conformemente alla giurisprudenza costante della Corte. |
Dall’altra, come emerge dai punti 45 e 46 della presente sentenza, occorre altresì tenere conto dell’applicazione effettiva delle disposizioni nazionali relative alle esclusioni dal diritto a detrazione dell’IVA e degli effetti che ne derivano per i soggetti passivi. |
Orbene, come discende dal punto 39 della presente sentenza, la direttiva 2006/112 deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella contemplata nella prima questione, che abbia per effetto di privare un soggetto passivo del diritto a detrazione dell’IVA pagata a monte e gravante sulle spese che possono essere considerate come aventi un nesso diretto ed immediato con le spese generali inerenti al complesso delle attività economiche di tale soggetto passivo. |
Spetta al giudice a quo interpretare, quanto più possibile, il proprio diritto interno alla luce del testo e della finalità della direttiva 2006/112 al fine di raggiungere i risultati perseguiti da quest’ultima, privilegiando l’interpretazione delle norme nazionali che è maggiormente conforme a tale finalità per giungere quindi ad una soluzione compatibile con le disposizioni della suddetta direttiva (v., in tal senso, sentenza del 4 luglio 2006, Adeneler e a., C-212/04, Racc. pag. I-6057 , punto 124) e, ove necessario, disapplicando ogni disposizione contraria della legge nazionale (v., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2005, Mangold, C-144/04, Racc. pag. I-9981 , punto 77). |
Alla luce di tutte queste considerazioni, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 176, secondo comma, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che esso osta a che, al momento della sua adesione all’Unione, uno Stato membro introduca una limitazione al diritto a detrazione in forza di una disposizione legislativa nazionale che prevede l’esclusione dal diritto a detrazione di beni e di servizi destinati a cessioni o prestazioni a titolo gratuito o ad attività estranee all’attività economica del soggetto passivo, mentre invece una siffatta esclusione non era prevista dalla normativa nazionale in vigore fino alla data dell’adesione di cui trattasi. Spetta al giudice nazionale interpretare le disposizioni nazionali in esame nel procedimento principale, quanto più possibile, conformemente al diritto dell’Unione. Nell’eventualità in cui una siffatta interpretazione risultasse impossibile, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare tali disposizioni per incompatibilità con l’articolo 176, secondo comma, della direttiva 2006/112. |
Sulla terza questione
Alla luce della risposta fornita alla seconda questione, non occorre rispondere alla terza questione. |
Sulle spese
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il bulgaro.