Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 20 giugno 2013. Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs contro Paul Newey. Domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dall’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber). Rinvio pregiudiziale — Sesta direttiva IVA — Articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1 — Nozione di “prestazione di servizi” — Prestazioni di servizi di pubblicità e di intermediazione creditizia — Esenzioni — Effettività economica e commerciale delle operazioni — Pratiche abusive — Operazioni realizzate al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale. Causa C‑653/11.

62011CJ0653 Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 20 giugno 2013. Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs contro Paul Newey. Domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dall’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber). Rinvio pregiudiziale — Sesta direttiva IVA — Articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1 — Nozione di “prestazione di servizi” — Prestazioni di servizi di pubblicità e di intermediazione creditizia — Esenzioni — Effettività economica e commerciale delle operazioni — Pratiche abusive — Operazioni realizzate al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale. Causa <a class="adele-text-link" data-num="62011CJ0653" data-type="celex" data-kind="case" data-title="Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 20 giugno 2013. Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs contro Paul Newey. Domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dall’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber). Rinvio pregiudiziale — Sesta direttiva IVA — Articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1 — Nozione di “prestazione di servizi” — Prestazioni di servizi di pubblicità e di intermediazione">C‑653/11</a>. EU Corte di giustizia CourtOfJustice http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX:62011CJ0653 Judgment CJ 20.06.2013 Court of Justice EN

Parti
Motivazione della sentenza
Dispositivo

Parti

Nella causa C-653/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber) (Regno Unito) con decisione del 13 dicembre 2011, pervenuta in cancelleria il 19 dicembre 2011, nel procedimento

Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs

contro

Paul Newey, operante con la denominazione Ocean Finance,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da M. Ilešič, presidente di sezione, E. Jarašiūnas, A. Ó Caoimh, C. Toader (relatore) e C. G. Fernlund, giudici,

avvocato generale: P. Mengozzi

cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 marzo 2013,

considerate le osservazioni presentate:

– per P. Newey, operante con la denominazione Ocean Finance, da J. Ghosh, QC, nonché da E. Wilson e J. Bremner, barristers;

– per il governo del Regno Unito, da S. Ossowski e L. Christie, in qualità di agenti, assistiti da O. Thomas, barrister;

– per l’Irlanda, da E. Creedon, in qualità di agente, assistita da A. Collins, SC;

– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da A. De Stefano, avvocato dello Stato;

– per la Commissione europea, da R. Lyal e C. Soulay, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della sesta direttiva del Consiglio 77/388/CEE, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2000/65/CE del Consiglio del 17 ottobre 2000 (GU L 269, pag. 44; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2. La domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia fra gli Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs (in prosieguo: i «Commissioners») e il sig. Newey, operante con la denominazione Ocean Finance (in prosieguo: il «sig. Newey»), avente ad oggetto l’imposta sul valore aggiunto (l’IVA) applicabile a prestazioni di servizi di pubblicità.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3. Ai sensi dell’articolo 299, paragrafo 6, CE, le disposizioni del Trattato CE sono applicabili alle isole Normanne, di cui fa parte l’isola di Jersey, ed all’isola di Man soltanto nella misura necessaria ad assicurare l’applicazione del regime previsto per tali isole, in particolare, dal protocollo n. 3 concernente le isole Normanne e l’isola di Man (GU 1972, L 73, pag. 164), allegato all’atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e agli adattamenti dei trattati (GU 1972, L 73, pag. 14). Poiché il suddetto protocollo non contiene disposizioni riguardanti l’IVA, il diritto dell’Unione sull’IVA non è applicabile nel territorio dell’isola di Jersey (in prosieguo: «Jersey»).

4. Il considerando 4 della sesta direttiva enuncia che è opportuno tener conto dell’obiettivo dell’abolizione delle imposizioni all’importazione e delle detassazioni all’esportazione per gli scambi tra gli Stati membri e garantire la neutralità del sistema comune di imposte sulla cifra d’affari quanto all’origine dei beni e delle prestazioni di servizi, onde realizzare a termine un mercato comune che implichi una sana concorrenza e presenti caratteristiche analoghe a quelle di un vero mercato interno.

5. L’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva assoggetta ad IVA «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

6. Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva, si considera «cessione di un bene» il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario e, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della sesta direttiva, si considera «prestazione di servizi» ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’articolo 5 della direttiva.

7. L’articolo 9 della sesta direttiva così dispone:

«1. Si considera luogo di una prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa o, in mancanza di tale sede o di tale centro di attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale.

2. Tuttavia:

(...)

e) il luogo delle seguenti prestazioni di servizi, rese a destinatari stabiliti fuori della Comunità o a soggetti passivi stabiliti nella Comunità, ma fuori del paese del prestatore, è quello in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica o ha costituito un centro di attività stabile per il quale si è avuta la prestazione di servizi o, in mancanza di tale sede o di tale centro d’attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale:

(...)

– prestazioni pubblicitarie;

(...)

– operazioni bancarie, finanziarie e assicurative, comprese le operazioni di riassicurazione, ad eccezione della locazione di casseforti;

(...)

– prestazioni di servizi rese dagli intermediari che agiscono in nome e per conto altrui, quando intervengono nelle prestazioni di servizi di cui alla presente lettera e).

3. Al fine di evitare casi di doppia imposizione, di non imposizione o di distorsione di concorrenza, gli Stati membri possono, per quanto riguarda le prestazioni di servizi di cui al paragrafo 2, lettera e), e le locazioni di mezzi di trasporto, considerare:

(...)

b) il luogo di prestazione dei servizi situato al di fuori della Comunità a norma del presente articolo come se fosse situato all’interno del paese quando l’effettiva utilizzazione e l’effettivo impiego hanno luogo all’interno del paese».

8. L’articolo 13 della sesta direttiva, intitolato «Esenzioni all’interno del paese», al punto «B. Altre esenzioni » prevede quanto segue:

«Fatte salve altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni sottoelencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

(...)

d) le operazioni seguenti:

1. la concessione e la negoziazione di crediti nonché la gestione di crediti da parte di chi li ha concessi;

2. la negoziazione e la presa a carico di impegni, fideiussioni e altre garanzie nonché la gestione di garanzie di crediti da parte di chi ha concesso questi ultimi;

(...)».

9. L’articolo 17, paragrafo 2, della sesta direttiva stabilisce quanto segue:

«Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:

a) l’[IVA] dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

(...)».

10. Ai sensi dell’articolo 21 della citata direttiva:

«(...)

1. L’[IVA] è dovuta in regime interno:

(...)

b) dai destinatari soggetti passivi di un servizio di cui all’articolo 9, paragrafo 2, lettera e) o dai destinatari, iscritti al registro dell’[IVA] all’interno del paese, di un servizio di cui all’articolo 28 ter , C, D, E ed F, se i servizi sono effettuati da un soggetto passivo non residente all’interno del paese;

(...)».

Il diritto del Regno Unito

11. All’epoca dei fatti oggetto del procedimento principale, l’articolo 4, paragrafo 1, della legge del 1994 sull’imposta sul valore aggiunto (Value Added Tax Act 1994) era così formulato:

«L’IVA è dovuta su tutte le cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del Regno Unito, se si tratta di una cessione o di una prestazione imponibile che un soggetto passivo effettua nell’ambito della sua attività economica».

12. L’articolo 5, paragrafo 2, lettere a) e b), di tale legge disponeva come segue:

«a) ai fini della presente legge, la “cessione di beni” o la “prestazione di servizi” include tutti i tipi di cessioni di beni o di prestazioni di servizi, ad eccezione di quelle effettuate a titolo gratuito;

b) ogni operazione che non costituisce una cessione di beni, ma che è effettuata a titolo oneroso (...) è una prestazione di servizi».

13. L’articolo 7, paragrafo 10, della suddetta legge prevedeva quanto segue:

«Una prestazione di servizi viene effettuata:

a) nel Regno Unito se il prestatore è stabilito nel Regno Unito, e

b) in un paese diverso (e non nel Regno Unito) se il prestatore è ivi stabilito».

14. L’articolo 8, paragrafi 1 e 2, della medesima legge stabiliva un meccanismo di autoliquidazione dell’IVA relativamente ai servizi forniti a partire da un paese diverso dal Regno Unito e disponeva quanto segue:

«1) Fatto salvo il successivo paragrafo 3, quando i servizi interessati sono:

a) prestati da un soggetto stabilito in un paese diverso dal Regno Unito e

b) ricevuti da un soggetto (“il destinatario”) stabilito nel Regno Unito ai fini di qualsivoglia attività commerciale da esso svolta,

la presente legge produce gli stessi effetti (in particolare per quanto riguarda l’assoggettamento all’IVA di una prestazione e il diritto di un soggetto passivo alla detrazione dell’imposta pagata a monte) previsti per il caso in cui il destinatario stesso avesse prestato i servizi nel Regno Unito nel corso o nel contesto della sua attività commerciale, e tali prestazioni fossero soggette a imposta.

2) Ai fini del presente articolo, i “servizi interessati” sono i servizi rientranti nelle definizioni di cui all’allegato 5 che non rientrano in alcuna delle definizioni di cui all’allegato 9.

3) Le prestazioni che sono considerate come effettuate dal destinatario ai sensi del precedente paragrafo 1 non devono essere prese in considerazione come prestazioni effettuate dal medesimo per determinare il suo diritto alla detrazione dell’imposta pagata a monte ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 1».

15. L’articolo 9 della legge del 1994 sull’imposta sul valore aggiunto definiva la nozione di «sede» («place of belonging») di un destinatario di prestazioni di servizi nei seguenti termini:

«1) Il seguente paragrafo 2 si applica al fine di determinare, per ciascuna prestazione di servizi, se il prestatore è stabilito all’interno di un paese oppure di un altro e i seguenti paragrafi 3 e 4 si applicano (fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 6) al fine di determinare, per ciascuna prestazione di servizi, se il destinatario è stabilito all’interno di un paese oppure di un altro.

2) Il prestatore di servizi è considerato stabilito in un paese se:

a) ha ivi la sede della sua attività economica o un’altra org anizzazione stabile, senza disporre altrove di altra sede, o

b) pur non disponendo in tale paese o altrove di una sede o di un’organizzazione stabile, vi risiede abitualmente, oppure

c) dispone di una sede o di un’organizzazione stabile sia in detto paese che altrove, e la sede o l’organizzazione stabile che esso possiede e che è la più direttamente implicata nella prestazione si trova in questo paese.

3) Se la prestazione di servizi è effettuata in favore di una persona fisica ed è ricevuta da questa per scopi diversi da quelli di una delle attività da essa esercitate, tale persona deve essere considerata stabilita in qualsiasi paese dove si trova la sua residenza abituale.

4) Qualora il precedente paragrafo 3 non sia applicabile, la persona destinataria della prestazione deve essere considerata stabilita in un paese:

a) o se una delle condizioni di cui ai punti a) e b) del precedente paragrafo 2 è soddisfatta,

b) o se essa ha una delle sedi o delle organizzazioni menzionate al precedente paragrafo 2 al contempo in tale paese e altrove e la sua sede nella quale, o in funzione della quale, i servizi sono o saranno più direttamente utilizzati si trova in tale paese.

5) Ai fini del presente articolo (e per nessun altro fine):

a) una persona che eserciti un’attività attraverso una filiale o un’agenzia in un paese deve essere considerata come avente una sede in tale paese, e

b) “residenza abituale”, per una persona giuridica, deve intendersi il luogo in cui si trova la sua sede legale».

16. L’articolo 31 della legge del 1994 sull’imposta sul valore aggiunto e il punto 5 dell’allegato 9 di quest’ultima attuano l’articolo 13, parte B, lettera d), della sesta direttiva e prevedono che sono esonerati dall’IVA, in particolare, i servizi di «concessione di un acconto o di un credito» nonché le prestazioni di servizi di intermediazione connessi.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

17. Dalla decisione di rinvio risulta che, durante il periodo oggetto del procedimento principale, il sig. Newey era intermediario di credito, con sede a Tamworth (Regno Unito). Le prestazioni di servizi di intermediazione fornite nel Regno Unito dal sig. Newey erano esenti da IVA, ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), della sesta direttiva. Per contro, i servizi di pubblicità prestati in favore del sig. Newey nel Regno Unito e volti ad attrarre potenziali mutuatari erano assoggettati ad IVA, sicché la tassa versata dal sig. Newey sulle spese di pubblicità non era recuperabile.

18. Allo scopo di evitare un siffatto onere fiscale non recuperabile, il sig. Newey ha costituito la società Alabaster (CI) Ltd (in prosieguo: l’«Alabaster»), con sede a Jersey, territorio sul quale la sesta direttiva non si applica, e ha conferito a tale società il diritto di utilizzare la denominazione commerciale Ocean Finance. Il sig. Newey era l’unico azionista della suddetta società.

19. Presso l’Alabaster era impiegata almeno una persona a tempo pieno e la società aveva una propria dirigenza costituita da persone fisiche residenti a Jersey, nessuna delle quali aveva esperienza diretta in materia di intermediazione creditizia, messe a disposizione o assunte dai commercialisti del sig. Newey e remunerate in funzione del tempo dedicato all’attività dell’Alabaster.

20. In forza dello statuto dell’Alabaster e della normativa vigente a Jersey, i suddetti dirigenti erano responsabili della gestione di tale società ed esercitavano i poteri corrispondenti, mentre il sig. Newey non aveva alcun ruolo nella gestione di quest’ultima.

21. I contratti di intermediazione venivano stipulati direttamente fra i mutuanti e l’Alabaster; pertanto le provvigioni erano corrisposte non già al sig. Newey, ma alla predetta società.

22. Nondimeno, l’Alabaster non si occupava direttamente del trattamento delle domande di prestito, ma si avvaleva a tal fine dei servizi del sig. Newey, che erano forniti dagli impiegati di quest’ultimo operanti a Tamworth sulla base di un contratto di subappalto (in prosieguo: il «contratto di servizi»). Tale contratto recava un elenco di servizi che il sig. Newey doveva fornire, comprendente in sostanza tutti i compiti connessi allo svolgimento dell’attività di intermediazione creditizia. In base a detto contratto, il sig. Newey aveva altresì il potere di negoziare le condizioni dei contratti stipulati fra la Alabaster e i mutuanti.

23. In cambio di questi servizi, il sig. Newey percepiva onorari stabiliti inizialmente nella misura del 50%, poi del 60%, dell’importo delle commissioni lorde immediatamente percepite dall’Alabaster per ciascun prestito stipulato, oltre al rimborso spese.

24. In sostanza, i potenziali mutuatari contattavano direttamente gli impiegati del sig. Newey nel Regno Unito, i quali istruivano ciascuna pratica e trasmettevano per l’autorizzazione ai dirigenti dell’Alabaster, a Jersey, le domande che possedevano i requisiti per l’accesso al credito. Il procedimento di approvazione era generalmente concluso in un’ora e, di fatto, nessuna domanda di autorizzazione veniva respinta.

25. La pubblicità rivolta ai potenziali mutuatari, dato che era indispensabile per l’attività di intermediazione creditizia, rappresentava una voce importante dei costi sostenuti dall’Alabaster.

26. Secondo il giudice del rinvio, i servizi di pubblicità erano prestati dalla Wallace Barnaby & Associates Ltd (in prosieguo: la «Wallace Barnaby»), società non collegata all’Alabaster, anch’essa con sede a Jersey, nell’ambito di un contratto stipulato con quest’ultima. La Wallace Barnaby si procurava a sua volta detti servizi pubblicitari presso agenzie pubblicitarie aventi sede nel Regno Unito, in particolare presso l’agenzia pubblicitaria Ekay Advertising. Ai sensi della legislazione vigente a Jersey, i pagamenti effettuati dall’Alabaster alla Wallace Barnaby a fronte di tali servizi non erano soggetti ad IVA.

27. Il sig. Newey non disponeva del potere di chiedere servizi di pubblicità per conto dell’Alabaster e non assumeva alcuna responsabilità per il pagamento dei servizi prestati dalla Wallace Barnaby a tale società. Tuttavia, egli aveva il potere di approvare il contenuto delle pubblicità, in merito al quale lo stesso si incontrava con un impiegato della Ekay Advertising attivo nel Regno Unito. Dopo tali riunioni, l’impiegato trasmetteva indicazioni alla Wallace Barnaby.

28. Quest’ultima trasmetteva a sua volta indicazioni ai dirigenti dell’Alabaster, i quali, dopo averle ricevute, si riunivano ogni settimana per decidere sulle spese pubblicitarie previste. In sostanza, nessuna delle suddette indicazioni era respinta.

29. I Commissioners ritengono che, ai fini dell’IVA, da un lato, i servizi di pubblicità in questione sono stati forniti al sig. Newey nel Regno Unito e sono quindi imponibili in tale paese, e, dall’altro, i servizi di intermediazione creditizia sono stati forniti nel Regno Unito dal sig. Newey.

30. In subordine essi ritengono che, qualora l’Alabaster dovesse essere considerata il destinatario dei servizi di pubblicità, a Jersey, nonché il prestatore dei servizi di intermediazione creditizia, gli accordi stipulati al fine di raggiungere un siffatto risultato sarebbero contrari al principio del divieto dell’abuso di diritto, quale dichiarato dalla Corte nella sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax e a (C-255/02, Racc. pag. I-1609), e devono essere ridefiniti.

31. Pertanto, il 27 settembre 2005 i Commissioners hanno emesso nei confronti del sig. Newey un avviso di riscossione dell’IVA in relazione al periodo che va dal 1° luglio 2002 al 31 dicembre 2004, per un importo di GBP 10 707 075 (lire sterline), allo scopo di recuperare da quest’ultimo l’IVA sui servizi di pubblicità che gli erano stati forniti durante il suddetto periodo.

32. Il sig. Newey sostiene che i servizi di intermediazione oggetto del procedimento principale sono stati forniti da Jersey dall’Alabaster e che essa era la destinataria dei servizi di pubblicità. Egli aggiunge che il principio del divieto dell’abuso di diritto non è applicabile quando i servizi sono forniti da una persona stabilita al di fuori dell’Unione europea ad un’altra persona stabilita al di fuori di quest’ultima.

33. Il sig. Newey ha dunque esperito contro il suddetto avviso di riscossione un ricorso dinanzi al First-tier Tribunal (Tax Chamber), che ha accolto detto ricorso con sentenza del 23 aprile 2010.

34. Tale giudice ha ritenuto che l’attività di intermediazione creditizia fosse esercitata dall’Alabaster, avvalendosi dei servizi prestati dal sig. Newey ed in esecuzione del contratto di servizi. Di conseguenza, l’Alabaster non poteva essere qualificata come una «società fantasma».

35. Il First-tier Tribunal (Tax Chamber) ha altresì ritenuto che l’Alabaster avesse fornito le prestazioni di servizi di intermediazione creditizia in questione ai mutuatari e che essa fosse la destinataria delle prestazioni dei servizi di pubblicità. Non vi sarebbe stata alcuna transazione diretta a titolo oneroso fra il sig. Newey e i mutuatari, oppure fra quest’ultimo e la Wallace Barnaby. Ad avviso di detto giudice, benché lo scopo precipuo dell’Alabaster fosse il conseguimento di un vantaggio fiscale, non sussisteva alcun abuso, in quanto la costruzione che includeva l’Alabaster non era contraria alla finalità della sesta direttiva.

36. Avverso la suddetta sentenza i Commissioners hanno interposto appello dinanzi all’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber).

37. In tale contesto, l’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Quale sia, in circostanze come quelle del caso di specie, il peso che un giudice nazionale deve attribuire ai contratti nello stabilire chi, ai fini dell’IVA, abbia effettuato una prestazione di servizi. In particolare, se la posizione contrattuale di una parte sia determinante per stabilire, ai fini dell’IVA, la posizione di detta parte con riferimento alla prestazione.

2) Qualora, in circostanze come quelle del caso di specie, la situazione contrattuale non sia determinante, a quali condizioni un giudice nazionale debba discostarsi da quest’ultima.

3) In che misura sia rilevante, in circostanze come quelle del caso di specie, in particolare, il fatto che:

a) il soggetto che effettua una prestazione contrattualmente prevista si trovi sotto il controllo assoluto di un altro soggetto;

b) la competenza in materia aziendale e nei rapporti commerciali e l’esperienza siano riconducibili a un soggetto diverso da quello che stipula il contratto;

c) tutti gli elementi determinanti della prestazione, o la maggior parte di essi, siano forniti da un soggetto diverso da quello che stipula il contratto;

d) il rischio commerciale di perdite finanziarie o di reputazione derivanti dalla prestazione venga assunto da un soggetto diverso da quello che stipula il contratto;

e) il soggetto che effettua la prestazione prevista dal contratto subappalti elementi determinanti e necessari per tale prestazione a un soggetto sotto il cui controllo esso si trova e tali accordi di subappalto non presentino determinate caratteristiche commerciali.

4) Se, in circostanze come quelle del caso di specie, il giudice nazionale debba discostarsi dall’analisi contrattuale.

5) Qualora la risposta alla questione 4 sia negativa, se accordi come quelli stipulati nel caso di specie diano luogo a un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria alla finalità della sesta direttiva ai sensi dei punti da 74 a86 della sentenza [Halifax e a., cit.].

6) Qualora la risposta alla questione 5 sia affermativa, come debbano essere ridefiniti accordi come quelli stipulati nel caso di specie».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulle questioni dalla prima alla quarta

38. Con le questioni dalla prima alla quarta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se le clausole contrattuali siano determinanti al fine di identificare il prestatore e il destinatario nell’ambito di un’operazione di «prestazione di servizi», ai sensi degli articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1, della sesta direttiva, e, in caso di risposta negativa, in quali casi le suddette clausole possano essere ridefinite.

39. Occorre anzitutto ricordare che la sesta direttiva stabilisce un sistema comune dell’IVA basato, in particolare, su una definizione uniforme delle operazioni imponibili (sentenza Halifax e a., cit., punto 48).

40. Ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva, sono soggette a IVA «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale». Con riferimento, più in particolare, alla nozione di prestazione di servizi, la Corte ha affermato in più occasioni che una prestazione di servizi è effettuata «a titolo oneroso» ai sensi dell’articolo 2, punto 1, di tale direttiva e, pertanto, configura un’operazione imponibile solo quando tra l’autore di tale prestazione e il suo destinatario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avviene uno scambio di prestazioni sinallagmatiche, nel quale il compenso ricevuto dall’autore di tale prestazione costituisce il controvalore effettivo del servizio fornito al beneficiario (sentenza del 16 dicembre 2010, MacDonald Resorts, C-270/09, Racc. pag. I-13179, punto 16 e giurisprudenza ivi citata).

41. Dalla giurisprudenza della Corte risulta altresì che la nozione di prestazione di servizi ha pertanto un carattere obiettivo e si applica indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi, senza che l’amministrazione fiscale sia obbligata a procedere ad indagini per accertare la volontà del soggetto passivo (v., in tal senso, sentenza Halifax e a., cit., punti 56 e 57 nonché giurisprudenza ivi citata).

42. Per quanto concerne, più in particolare, il ruolo delle clausole contrattuali nell’ambito della qualificazione di un’operazione come imponibile, si deve rammentare la giurisprudenza della Corte secondo cui la valutazione della realtà economica e commerciale costituisce un criterio fondamentale per l’applicazione del sistema comune dell’IVA (v., in tal senso, sentenza del 7 ottobre 2010, Loyalty Management UK e Baxi Group, C-53/09 e C-55/09, Racc. pag. I-9187, punti 39 e 40 nonché la giurisprudenza ivi citata).

43. Dato che la situazione contrattuale riflette, di norma, l’effettività economica e commerciale delle operazioni, ed allo scopo di rispettare le esigenze di certezza del diritto, le clausole contrattuali rilevanti costituiscono un elemento da prendere in considerazione quando occorre identificare il prestatore e il destinatario nell’ambito di un’operazione di «prestazione di servizi» ai sensi degli articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1, della sesta direttiva.

44. Nondimeno, talora può verificarsi che alcune clausole contrattuali non riflettano totalmente l’effettività economica e commerciale delle operazioni.

45. Ciò avviene, in particolare, quando tali clausole contrattuali costituiscono una costruzione meramente artificiosa, non corrispondente all’effettività economica e commerciale delle operazioni.

46. In effetti, la Corte ha affermato in diverse occasioni che la lotta ad ogni possibile frode, evasione ed abuso è un obiettivo riconosciuto e promosso dalla sesta direttiva (v. sentenza Halifax e a., cit., punto 71 e la giurisprudenza ivi citata) e che il principio del divieto dell’abuso di diritto comporta il divieto delle costruzioni meramente artificiose, prive di effettività economica, realizzate al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale (v. sentenze del 22 maggio 2008, Ampliscientifica e Amplifin, C-162/07, Racc. pag. I-4019, punto 28; del 27 ottobre 2011, Tanoarch, C-504/10, Racc. pag. I-10853, punto 51, e del 12 luglio 2012, J.J. Komen en Zonen Beheer Heerhugowaard, C-326/11, punto 35).

47. Nell’ambito del procedimento principale non è stato messo in discussione che da un punto di vista formale, in base alle clausole contrattuali, l’Alabaster aveva fornito le prestazioni di servizi di intermediazione creditizia ai mutuatari ed era la destinataria delle prestazioni di servizi pubblicitari fornite dalla Wallace Barnaby.

48. Tuttavia, in considerazione della effettività economica dei rapporti commerciali esistenti fra il sig. Newey, l’Alabaster e i mutuatari, da un lato, nonché fra il sig. Newey, l’Alabaster e la Wallace Barnaby, dall’altro, così come essa risulta dalla decisione di rinvio e, segnatamente, dalle circostanze di fatto indicate dall’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber) nella terza questione, non è possibile escludere che l’effettivo utilizzo e sfruttamento dei servizi oggetto del procedimento principale abbiano avuto luogo nel territorio del Regno Unito, in favore del sig. Newey.

49. Spetta al giudice del rinvio accertare, mediante un’analisi complessiva dei fatti oggetto del procedimento principale, se le clausole contrattuali non rispecchino veramente l’effettività economica e se il sig. Newey, e non l’Alabaster, fosse il reale prestatore dei servizi di intermediazione creditizia in argomento e il beneficiario delle prestazioni di servizi di pubblicità fornite dalla Wallace Barnaby.

50. Ove così fosse, le clausole contrattuali in questione dovrebbero essere ridefinite in modo da ristabilire la situazione quale si sarebbe configurata senza le operazioni che hanno costituito detta pratica abusiva (v., in tal senso, sentenza Halifax, cit., punto 98).

51. Nel caso di specie, qualora il giudice del rinvio ritenesse che le operazioni di cui è causa costituiscano una pratica abusiva, il ripristino della situazione quale sarebbe esistita senza di esse consisterebbe, in particolare, nel rendere il contratto di servizi e gli accordi pubblicitari stipulati fra l’Alabaster e la Wallace Barnaby inopponibili ai Commissioners, dato che questi ultimi potrebbero legittimamente considerare il sig. Newey come l’effettivo autore delle prestazioni di servizi di intermediazione del credito e il destinatario dei servizi di pubblicità oggetto del procedimento principale.

52. Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alle questioni dalla prima alla quarta che le clausole contrattuali, benché costituiscano un elemento da prendere in considerazione, non sono determinanti ai fini dell’individuazione del prestatore e del destinatario di una «prestazione di servizi» ai sensi degli articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1, della sesta direttiva. In particolare, esse possono essere ignorate qualora risulti che non riflettono l’effettività economica e commerciale, ma costituiscono una costruzione meramente artificiosa, priva di effettività economica, realizzata al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare.

Sulle questioni quinta e sesta

53. In considerazione della risposta fornita alle questioni che vanno dalla prima alla quarta, non occorre rispondere alla quinta e alla sesta questione sollevate dal giudice del rinvio.

Sulle spese

54. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Dispositivo

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

Le clausole contrattuali, benché costituiscano un elemento da prendere in considerazione, non sono determinanti ai fini dell’individuazione del prestatore e del destinatario di una «prestazione di servizi» ai sensi degli articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1, della sesta direttiva del Consiglio 77/388/CEE, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 2000/65/CE del Consiglio, del 17 ottobre 2000. In particolare, esse possono essere ignorate qualora risulti che non riflettono l’effettività economica e commerciale, ma costituiscono una costruzione meramente artificiosa, priva di effettività economica, realizzata al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare.


SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della sesta direttiva del Consiglio 77/388/CEE, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme ( GU L 145, pag. 1 ), come modificata dalla direttiva 2000/65/CE del Consiglio del 17 ottobre 2000 ( GU L 269, pag. 44 ; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2

La domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia fra gli Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs (in prosieguo: i «Commissioners») e il sig. Newey, operante con la denominazione Ocean Finance (in prosieguo: il «sig. Newey»), avente ad oggetto l’imposta sul valore aggiunto (l’IVA) applicabile a prestazioni di servizi di pubblicità.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3

Ai sensi dell’articolo 299, paragrafo 6, CE, le disposizioni del Trattato CE sono applicabili alle isole Normanne, di cui fa parte l’isola di Jersey, ed all’isola di Man soltanto nella misura necessaria ad assicurare l’applicazione del regime previsto per tali isole, in particolare, dal protocollo n. 3 concernente le isole Normanne e l’isola di Man ( GU 1972, L 73, pag. 164 ), allegato all’atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e agli adattamenti dei trattati ( GU 1972, L 73, pag. 14 ). Poiché il suddetto protocollo non contiene disposizioni riguardanti l’IVA, il diritto dell’Unione sull’IVA non è applicabile nel territorio dell’isola di Jersey (in prosieguo: «Jersey»).

4

Il considerando 4 della sesta direttiva enuncia che è opportuno tener conto dell’obiettivo dell’abolizione delle imposizioni all’importazione e delle detassazioni all’esportazione per gli scambi tra gli Stati membri e garantire la neutralità del sistema comune di imposte sulla cifra d’affari quanto all’origine dei beni e delle prestazioni di servizi, onde realizzare a termine un mercato comune che implichi una sana concorrenza e presenti caratteristiche analoghe a quelle di un vero mercato interno.

5

L’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva assoggetta ad IVA «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

6

Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva, si considera «cessione di un bene» il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario e, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della sesta direttiva, si considera «prestazione di servizi» ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’articolo 5 della direttiva.

7

L’articolo 9 della sesta direttiva così dispone:

«1. Si considera luogo di una prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa o, in mancanza di tale sede o di tale centro di attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale.

2. Tuttavia:

(...)

e)

il luogo delle seguenti prestazioni di servizi, rese a destinatari stabiliti fuori della Comunità o a soggetti passivi stabiliti nella Comunità, ma fuori del paese del prestatore, è quello in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica o ha costituito un centro di attività stabile per il quale si è avuta la prestazione di servizi o, in mancanza di tale sede o di tale centro d’attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale:

(...)

prestazioni pubblicitarie;

(...)

operazioni bancarie, finanziarie e assicurative, comprese le operazioni di riassicurazione, ad eccezione della locazione di casseforti;

(...)

prestazioni di servizi rese dagli intermediari che agiscono in nome e per conto altrui, quando intervengono nelle prestazioni di servizi di cui alla presente lettera e).

3. Al fine di evitare casi di doppia imposizione, di non imposizione o di distorsione di concorrenza, gli Stati membri possono, per quanto riguarda le prestazioni di servizi di cui al paragrafo 2, lettera e), e le locazioni di mezzi di trasporto, considerare:

(...)

b)

il luogo di prestazione dei servizi situato al di fuori della Comunità a norma del presente articolo come se fosse situato all’interno del paese quando l’effettiva utilizzazione e l’effettivo impiego hanno luogo all’interno del paese».

8

L’articolo 13 della sesta direttiva, intitolato «Esenzioni all’interno del paese», al punto «B. Altre esenzioni » prevede quanto segue:

«Fatte salve altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni sottoelencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

(...)

d)

le operazioni seguenti:

1.

la concessione e la negoziazione di crediti nonché la gestione di crediti da parte di chi li ha concessi;

2.

la negoziazione e la presa a carico di impegni, fideiussioni e altre garanzie nonché la gestione di garanzie di crediti da parte di chi ha concesso questi ultimi;

(...)».

9

L’articolo 17, paragrafo 2, della sesta direttiva stabilisce quanto segue:

«Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:

a)

l’[IVA] dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

(...)».

10

Ai sensi dell’articolo 21 della citata direttiva:

«(...)

1. L’[IVA] è dovuta in regime interno:

(...)

b)

dai destinatari soggetti passivi di un servizio di cui all’articolo 9, paragrafo 2, lettera e) o dai destinatari, iscritti al registro dell’[IVA] all’interno del paese, di un servizio di cui all’articolo 28 ter , C, D, E ed F, se i servizi sono effettuati da un soggetto passivo non residente all’interno del paese;

(...)».

Il diritto del Regno Unito

11

All’epoca dei fatti oggetto del procedimento principale, l’articolo 4, paragrafo 1, della legge del 1994 sull’imposta sul valore aggiunto (Value Added Tax Act 1994) era così formulato:

«L’IVA è dovuta su tutte le cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del Regno Unito, se si tratta di una cessione o di una prestazione imponibile che un soggetto passivo effettua nell’ambito della sua attività economica».

12

L’articolo 5, paragrafo 2, lettere a) e b), di tale legge disponeva come segue:

«a)

ai fini della presente legge, la “cessione di beni” o la “prestazione di servizi” include tutti i tipi di cessioni di beni o di prestazioni di servizi, ad eccezione di quelle effettuate a titolo gratuito;

b)

ogni operazione che non costituisce una cessione di beni, ma che è effettuata a titolo oneroso (...) è una prestazione di servizi».

13

L’articolo 7, paragrafo 10, della suddetta legge prevedeva quanto segue:

«Una prestazione di servizi viene effettuata:

a)

nel Regno Unito se il prestatore è stabilito nel Regno Unito, e

b)

in un paese diverso (e non nel Regno Unito) se il prestatore è ivi stabilito».

14

L’articolo 8, paragrafi 1 e 2, della medesima legge stabiliva un meccanismo di autoliquidazione dell’IVA relativamente ai servizi forniti a partire da un paese diverso dal Regno Unito e disponeva quanto segue:

«1) Fatto salvo il successivo paragrafo 3, quando i servizi interessati sono:

a)

prestati da un soggetto stabilito in un paese diverso dal Regno Unito e

b)

ricevuti da un soggetto (“il destinatario”) stabilito nel Regno Unito ai fini di qualsivoglia attività commerciale da esso svolta,

la presente legge produce gli stessi effetti (in particolare per quanto riguarda l’assoggettamento all’IVA di una prestazione e il diritto di un soggetto passivo alla detrazione dell’imposta pagata a monte) previsti per il caso in cui il destinatario stesso avesse prestato i servizi nel Regno Unito nel corso o nel contesto della sua attività commerciale, e tali prestazioni fossero soggette a imposta.

2) Ai fini del presente articolo, i “servizi interessati” sono i servizi rientranti nelle definizioni di cui all’allegato 5 che non rientrano in alcuna delle definizioni di cui all’allegato 9.

3) Le prestazioni che sono considerate come effettuate dal destinatario ai sensi del precedente paragrafo 1 non devono essere prese in considerazione come prestazioni effettuate dal medesimo per determinare il suo diritto alla detrazione dell’imposta pagata a monte ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 1».

15

L’articolo 9 della legge del 1994 sull’imposta sul valore aggiunto definiva la nozione di «sede» («place of belonging») di un destinatario di prestazioni di servizi nei seguenti termini:

«1) Il seguente paragrafo 2 si applica al fine di determinare, per ciascuna prestazione di servizi, se il prestatore è stabilito all’interno di un paese oppure di un altro e i seguenti paragrafi 3 e 4 si applicano (fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 6) al fine di determinare, per ciascuna prestazione di servizi, se il destinatario è stabilito all’interno di un paese oppure di un altro.

2) Il prestatore di servizi è considerato stabilito in un paese se:

a)

ha ivi la sede della sua attività economica o un’altra organizzazione stabile, senza disporre altrove di altra sede, o

b)

pur non disponendo in tale paese o altrove di una sede o di un’organizzazione stabile, vi risiede abitualmente, oppure

c)

dispone di una sede o di un’organizzazione stabile sia in detto paese che altrove, e la sede o l’organizzazione stabile che esso possiede e che è la più direttamente implicata nella prestazione si trova in questo paese.

3) Se la prestazione di servizi è effettuata in favore di una persona fisica ed è ricevuta da questa per scopi diversi da quelli di una delle attività da essa esercitate, tale persona deve essere considerata stabilita in qualsiasi paese dove si trova la sua residenza abituale.

4) Qualora il precedente paragrafo 3 non sia applicabile, la persona destinataria della prestazione deve essere considerata stabilita in un paese:

a)

o se una delle condizioni di cui ai punti a) e b) del precedente paragrafo 2 è soddisfatta,

b)

o se essa ha una delle sedi o delle organizzazioni menzionate al precedente paragrafo 2 al contempo in tale paese e altrove e la sua sede nella quale, o in funzione della quale, i servizi sono o saranno più direttamente utilizzati si trova in tale paese.

5) Ai fini del presente articolo (e per nessun altro fine):

a)

una persona che eserciti un’attività attraverso una filiale o un’agenzia in un paese deve essere considerata come avente una sede in tale paese, e

b)

“residenza abituale”, per una persona giuridica, deve intendersi il luogo in cui si trova la sua sede legale».

16

L’articolo 31 della legge del 1994 sull’imposta sul valore aggiunto e il punto 5 dell’allegato 9 di quest’ultima attuano l’articolo 13, parte B, lettera d), della sesta direttiva e prevedono che sono esonerati dall’IVA, in particolare, i servizi di «concessione di un acconto o di un credito» nonché le prestazioni di servizi di intermediazione connessi.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

17

Dalla decisione di rinvio risulta che, durante il periodo oggetto del procedimento principale, il sig. Newey era intermediario di credito, con sede a Tamworth (Regno Unito). Le prestazioni di servizi di intermediazione fornite nel Regno Unito dal sig. Newey erano esenti da IVA, ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), della sesta direttiva. Per contro, i servizi di pubblicità prestati in favore del sig. Newey nel Regno Unito e volti ad attrarre potenziali mutuatari erano assoggettati ad IVA, sicché la tassa versata dal sig. Newey sulle spese di pubblicità non era recuperabile.

18

Allo scopo di evitare un siffatto onere fiscale non recuperabile, il sig. Newey ha costituito la società Alabaster (CI) Ltd (in prosieguo: l’«Alabaster»), con sede a Jersey, territorio sul quale la sesta direttiva non si applica, e ha conferito a tale società il diritto di utilizzare la denominazione commerciale Ocean Finance. Il sig. Newey era l’unico azionista della suddetta società.

19

Presso l’Alabaster era impiegata almeno una persona a tempo pieno e la società aveva una propria dirigenza costituita da persone fisiche residenti a Jersey, nessuna delle quali aveva esperienza diretta in materia di intermediazione creditizia, messe a disposizione o assunte dai commercialisti del sig. Newey e remunerate in funzione del tempo dedicato all’attività dell’Alabaster.

20

In forza dello statuto dell’Alabaster e della normativa vigente a Jersey, i suddetti dirigenti erano responsabili della gestione di tale società ed esercitavano i poteri corrispondenti, mentre il sig. Newey non aveva alcun ruolo nella gestione di quest’ultima.

21

I contratti di intermediazione venivano stipulati direttamente fra i mutuanti e l’Alabaster; pertanto le provvigioni erano corrisposte non già al sig. Newey, ma alla predetta società.

22

Nondimeno, l’Alabaster non si occupava direttamente del trattamento delle domande di prestito, ma si avvaleva a tal fine dei servizi del sig. Newey, che erano forniti dagli impiegati di quest’ultimo operanti a Tamworth sulla base di un contratto di subappalto (in prosieguo: il «contratto di servizi»). Tale contratto recava un elenco di servizi che il sig. Newey doveva fornire, comprendente in sostanza tutti i compiti connessi allo svolgimento dell’attività di intermediazione creditizia. In base a detto contratto, il sig. Newey aveva altresì il potere di negoziare le condizioni dei contratti stipulati fra la Alabaster e i mutuanti.

23

In cambio di questi servizi, il sig. Newey percepiva onorari stabiliti inizialmente nella misura del 50%, poi del 60%, dell’importo delle commissioni lorde immediatamente percepite dall’Alabaster per ciascun prestito stipulato, oltre al rimborso spese.

24

In sostanza, i potenziali mutuatari contattavano direttamente gli impiegati del sig. Newey nel Regno Unito, i quali istruivano ciascuna pratica e trasmettevano per l’autorizzazione ai dirigenti dell’Alabaster, a Jersey, le domande che possedevano i requisiti per l’accesso al credito. Il procedimento di approvazione era generalmente concluso in un’ora e, di fatto, nessuna domanda di autorizzazione veniva respinta.

25

La pubblicità rivolta ai potenziali mutuatari, dato che era indispensabile per l’attività di intermediazione creditizia, rappresentava una voce importante dei costi sostenuti dall’Alabaster.

26

Secondo il giudice del rinvio, i servizi di pubblicità erano prestati dalla Wallace Barnaby & Associates Ltd (in prosieguo: la «Wallace Barnaby»), società non collegata all’Alabaster, anch’essa con sede a Jersey, nell’ambito di un contratto stipulato con quest’ultima. La Wallace Barnaby si procurava a sua volta detti servizi pubblicitari presso agenzie pubblicitarie aventi sede nel Regno Unito, in particolare presso l’agenzia pubblicitaria Ekay Advertising. Ai sensi della legislazione vigente a Jersey, i pagamenti effettuati dall’Alabaster alla Wallace Barnaby a fronte di tali servizi non erano soggetti ad IVA.

27

Il sig. Newey non disponeva del potere di chiedere servizi di pubblicità per conto dell’Alabaster e non assumeva alcuna responsabilità per il pagamento dei servizi prestati dalla Wallace Barnaby a tale società. Tuttavia, egli aveva il potere di approvare il contenuto delle pubblicità, in merito al quale lo stesso si incontrava con un impiegato della Ekay Advertising attivo nel Regno Unito. Dopo tali riunioni, l’impiegato trasmetteva indicazioni alla Wallace Barnaby.

28

Quest’ultima trasmetteva a sua volta indicazioni ai dirigenti dell’Alabaster, i quali, dopo averle ricevute, si riunivano ogni settimana per decidere sulle spese pubblicitarie previste. In sostanza, nessuna delle suddette indicazioni era respinta.

29

I Commissioners ritengono che, ai fini dell’IVA, da un lato, i servizi di pubblicità in questione sono stati forniti al sig. Newey nel Regno Unito e sono quindi imponibili in tale paese, e, dall’altro, i servizi di intermediazione creditizia sono stati forniti nel Regno Unito dal sig. Newey.

30

In subordine essi ritengono che, qualora l’Alabaster dovesse essere considerata il destinatario dei servizi di pubblicità, a Jersey, nonché il prestatore dei servizi di intermediazione creditizia, gli accordi stipulati al fine di raggiungere un siffatto risultato sarebbero contrari al principio del divieto dell’abuso di diritto, quale dichiarato dalla Corte nella sentenza del 21 febbraio 2006, Halifax e a ( C-255/02, Racc. pag. I-1609 ), e devono essere ridefiniti.

31

Pertanto, il 27 settembre 2005 i Commissioners hanno emesso nei confronti del sig. Newey un avviso di riscossione dell’IVA in relazione al periodo che va dal 1 o luglio 2002 al 31 dicembre 2004, per un importo di GBP 10 707 075 (lire sterline), allo scopo di recuperare da quest’ultimo l’IVA sui servizi di pubblicità che gli erano stati forniti durante il suddetto periodo.

32

Il sig. Newey sostiene che i servizi di intermediazione oggetto del procedimento principale sono stati forniti da Jersey dall’Alabaster e che essa era la destinataria dei servizi di pubblicità. Egli aggiunge che il principio del divieto dell’abuso di diritto non è applicabile quando i servizi sono forniti da una persona stabilita al di fuori dell’Unione europea ad un’altra persona stabilita al di fuori di quest’ultima.

33

Il sig. Newey ha dunque esperito contro il suddetto avviso di riscossione un ricorso dinanzi al First-tier Tribunal (Tax Chamber), che ha accolto detto ricorso con sentenza del 23 aprile 2010.

34

Tale giudice ha ritenuto che l’attività di intermediazione creditizia fosse esercitata dall’Alabaster, avvalendosi dei servizi prestati dal sig. Newey ed in esecuzione del contratto di servizi. Di conseguenza, l’Alabaster non poteva essere qualificata come una «società fantasma».

35

Il First-tier Tribunal (Tax Chamber) ha altresì ritenuto che l’Alabaster avesse fornito le prestazioni di servizi di intermediazione creditizia in questione ai mutuatari e che essa fosse la destinataria delle prestazioni dei servizi di pubblicità. Non vi sarebbe stata alcuna transazione diretta a titolo oneroso fra il sig. Newey e i mutuatari, oppure fra quest’ultimo e la Wallace Barnaby. Ad avviso di detto giudice, benché lo scopo precipuo dell’Alabaster fosse il conseguimento di un vantaggio fiscale, non sussisteva alcun abuso, in quanto la costruzione che includeva l’Alabaster non era contraria alla finalità della sesta direttiva.

36

Avverso la suddetta sentenza i Commissioners hanno interposto appello dinanzi all’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber).

37

In tale contesto, l’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Quale sia, in circostanze come quelle del caso di specie, il peso che un giudice nazionale deve attribuire ai contratti nello stabilire chi, ai fini dell’IVA, abbia effettuato una prestazione di servizi. In particolare, se la posizione contrattuale di una parte sia determinante per stabilire, ai fini dell’IVA, la posizione di detta parte con riferimento alla prestazione.

2)

Qualora, in circostanze come quelle del caso di specie, la situazione contrattuale non sia determinante, a quali condizioni un giudice nazionale debba discostarsi da quest’ultima.

3)

In che misura sia rilevante, in circostanze come quelle del caso di specie, in particolare, il fatto che:

a)

il soggetto che effettua una prestazione contrattualmente prevista si trovi sotto il controllo assoluto di un altro soggetto;

b)

la competenza in materia aziendale e nei rapporti commerciali e l’esperienza siano riconducibili a un soggetto diverso da quello che stipula il contratto;

c)

tutti gli elementi determinanti della prestazione, o la maggior parte di essi, siano forniti da un soggetto diverso da quello che stipula il contratto;

d)

il rischio commerciale di perdite finanziarie o di reputazione derivanti dalla prestazione venga assunto da un soggetto diverso da quello che stipula il contratto;

e)

il soggetto che effettua la prestazione prevista dal contratto subappalti elementi determinanti e necessari per tale prestazione a un soggetto sotto il cui controllo esso si trova e tali accordi di subappalto non presentino determinate caratteristiche commerciali.

4)

Se, in circostanze come quelle del caso di specie, il giudice nazionale debba discostarsi dall’analisi contrattuale.

5)

Qualora la risposta alla questione 4 sia negativa, se accordi come quelli stipulati nel caso di specie diano luogo a un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria alla finalità della sesta direttiva ai sensi dei punti da 74 a 86 della sentenza [Halifax e a., cit.].

6)

Qualora la risposta alla questione 5 sia affermativa, come debbano essere ridefiniti accordi come quelli stipulati nel caso di specie».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulle questioni dalla prima alla quarta

38

Con le questioni dalla prima alla quarta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se le clausole contrattuali siano determinanti al fine di identificare il prestatore e il destinatario nell’ambito di un’operazione di «prestazione di servizi», ai sensi degli articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1, della sesta direttiva, e, in caso di risposta negativa, in quali casi le suddette clausole possano essere ridefinite.

39

Occorre anzitutto ricordare che la sesta direttiva stabilisce un sistema comune dell’IVA basato, in particolare, su una definizione uniforme delle operazioni imponibili (sentenza Halifax e a., cit., punto 48).

40

Ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva, sono soggette a IVA «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale». Con riferimento, più in particolare, alla nozione di prestazione di servizi, la Corte ha affermato in più occasioni che una prestazione di servizi è effettuata «a titolo oneroso» ai sensi dell’articolo 2, punto 1, di tale direttiva e, pertanto, configura un’operazione imponibile solo quando tra l’autore di tale prestazione e il suo destinatario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avviene uno scambio di prestazioni sinallagmatiche, nel quale il compenso ricevuto dall’autore di tale prestazione costituisce il controvalore effettivo del servizio fornito al beneficiario (sentenza del 16 dicembre 2010, MacDonald Resorts, C-270/09, Racc. pag. I-13179 , punto 16 e giurisprudenza ivi citata).

41

Dalla giurisprudenza della Corte risulta altresì che la nozione di prestazione di servizi ha pertanto un carattere obiettivo e si applica indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi, senza che l’amministrazione fiscale sia obbligata a procedere ad indagini per accertare la volontà del soggetto passivo (v., in tal senso, sentenza Halifax e a., cit., punti 56 e 57 nonché giurisprudenza ivi citata).

42

Per quanto concerne, più in particolare, il ruolo delle clausole contrattuali nell’ambito della qualificazione di un’operazione come imponibile, si deve rammentare la giurisprudenza della Corte secondo cui la valutazione della realtà economica e commerciale costituisce un criterio fondamentale per l’applicazione del sistema comune dell’IVA (v., in tal senso, sentenza del 7 ottobre 2010, Loyalty Management UK e Baxi Group, C-53/09 e C-55/09, Racc. pag. I-9187 , punti 39 e 40 nonché la giurisprudenza ivi citata).

43

Dato che la situazione contrattuale riflette, di norma, l’effettività economica e commerciale delle operazioni, ed allo scopo di rispettare le esigenze di certezza del diritto, le clausole contrattuali rilevanti costituiscono un elemento da prendere in considerazione quando occorre identificare il prestatore e il destinatario nell’ambito di un’operazione di «prestazione di servizi» ai sensi degli articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1, della sesta direttiva.

44

Nondimeno, talora può verificarsi che alcune clausole contrattuali non riflettano totalmente l’effettività economica e commerciale delle operazioni.

45

Ciò avviene, in particolare, quando tali clausole contrattuali costituiscono una costruzione meramente artificiosa, non corrispondente all’effettività economica e commerciale delle operazioni.

46

In effetti, la Corte ha affermato in diverse occasioni che la lotta ad ogni possibile frode, evasione ed abuso è un obiettivo riconosciuto e promosso dalla sesta direttiva (v. sentenza Halifax e a., cit., punto 71 e la giurisprudenza ivi citata) e che il principio del divieto dell’abuso di diritto comporta il divieto delle costruzioni meramente artificiose, prive di effettività economica, realizzate al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale (v. sentenze del 22 maggio 2008, Ampliscientifica e Amplifin, C-162/07, Racc. pag. I-4019 , punto 28; del 27 ottobre 2011, Tanoarch, C-504/10, Racc. pag. I-10853 , punto 51, e del 12 luglio 2012, J.J. Komen en Zonen Beheer Heerhugowaard, C-326/11, punto 35).

47

Nell’ambito del procedimento principale non è stato messo in discussione che da un punto di vista formale, in base alle clausole contrattuali, l’Alabaster aveva fornito le prestazioni di servizi di intermediazione creditizia ai mutuatari ed era la destinataria delle prestazioni di servizi pubblicitari fornite dalla Wallace Barnaby.

48

Tuttavia, in considerazione della effettività economica dei rapporti commerciali esistenti fra il sig. Newey, l’Alabaster e i mutuatari, da un lato, nonché fra il sig. Newey, l’Alabaster e la Wallace Barnaby, dall’altro, così come essa risulta dalla decisione di rinvio e, segnatamente, dalle circostanze di fatto indicate dall’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber) nella terza questione, non è possibile escludere che l’effettivo utilizzo e sfruttamento dei servizi oggetto del procedimento principale abbiano avuto luogo nel territorio del Regno Unito, in favore del sig. Newey.

49

Spetta al giudice del rinvio accertare, mediante un’analisi complessiva dei fatti oggetto del procedimento principale, se le clausole contrattuali non rispecchino veramente l’effettività economica e se il sig. Newey, e non l’Alabaster, fosse il reale prestatore dei servizi di intermediazione creditizia in argomento e il beneficiario delle prestazioni di servizi di pubblicità fornite dalla Wallace Barnaby.

50

Ove così fosse, le clausole contrattuali in questione dovrebbero essere ridefinite in modo da ristabilire la situazione quale si sarebbe configurata senza le operazioni che hanno costituito detta pratica abusiva (v., in tal senso, sentenza Halifax, cit., punto 98).

51

Nel caso di specie, qualora il giudice del rinvio ritenesse che le operazioni di cui è causa costituiscano una pratica abusiva, il ripristino della situazione quale sarebbe esistita senza di esse consisterebbe, in particolare, nel rendere il contratto di servizi e gli accordi pubblicitari stipulati fra l’Alabaster e la Wallace Barnaby inopponibili ai Commissioners, dato che questi ultimi potrebbero legittimamente considerare il sig. Newey come l’effettivo autore delle prestazioni di servizi di intermediazione del credito e il destinatario dei servizi di pubblicità oggetto del procedimento principale.

52

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alle questioni dalla prima alla quarta che le clausole contrattuali, benché costituiscano un elemento da prendere in considerazione, non sono determinanti ai fini dell’individuazione del prestatore e del destinatario di una «prestazione di servizi» ai sensi degli articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1, della sesta direttiva. In particolare, esse possono essere ignorate qualora risulti che non riflettono l’effettività economica e commerciale, ma costituiscono una costruzione meramente artificiosa, priva di effettività economica, realizzata al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare.

Sulle questioni quinta e sesta

53

In considerazione della risposta fornita alle questioni che vanno dalla prima alla quarta, non occorre rispondere alla quinta e alla sesta questione sollevate dal giudice del rinvio.

Sulle spese

54

Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

Le clausole contrattuali, benché costituiscano un elemento da prendere in considerazione, non sono determinanti ai fini dell’individuazione del prestatore e del destinatario di una «prestazione di servizi» ai sensi degli articoli 2, punto 1, e 6, paragrafo 1, della sesta direttiva del Consiglio 77/388/CEE, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 2000/65/CE del Consiglio, del 17 ottobre 2000. In particolare, esse possono essere ignorate qualora risulti che non riflettono l’effettività economica e commerciale, ma costituiscono una costruzione meramente artificiosa, priva di effettività economica, realizzata al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale, circostanza che spetta al giudice del rinvio accertare.

Firme

( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.