Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 28 marzo 2019. Milan Vinš contro Odvolací finanční ředitelství. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Nejvyšší správní soud. Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 131 e articolo 146, paragrafo 1, lettera a) – Esenzione delle cessioni di beni spediti o trasportati al di fuori dell’Unione europea – Condizione per l’esenzione prevista dal diritto nazionale – Vincolo di beni a un determinato regime doganale – Prova del vincolo al regime dell’esportazione. Causa C-275/18.
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Nejvyšší správní soud (Corte amministrativa suprema, Repubblica ceca), con decisione del 28 marzo 2018, pervenuta in cancelleria il 23 aprile 2018, nel procedimento
Milan Vinš
contro
Odvolací finanční ředitelství,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta da A. Prechal (relatrice), presidente di sezione, F. Biltgen, J. Malenovský, C.G. Fernlund e L.S. Rossi, giudici,
avvocato generale: E. Sharpston
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
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per l’Odvolací finanční ředitelství, da T. Rozehnal e D. Jeroušek, in qualità di agenti; |
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per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e O. Serdula, in qualità di agenti; |
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per il governo ellenico, da M. Tassopoulou e A. Dimitrakopoulou, in qualità di agenti; |
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per la Commissione europea, da L. Lozano Palacios, J. Jokubauskaitė e M. Salyková, in qualità di agenti, |
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 131 e 146 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto ( GU 2006, L 347, pag. 1 ; in prosieguo: la «direttiva IVA»). |
Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra il sig. Milan Vinš e l’Odvolací finanční ředitelství (direzione finanziaria d’appello, Repubblica ceca) in merito al rifiuto delle autorità tributarie di esentare dall’imposta sul valore aggiunto (IVA) diverse cessioni di beni spediti al di fuori dell’Unione europea. |
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
Direttiva IVA
Al capo 1, intitolato «Cessioni di beni», del titolo IV, intitolato «Operazioni imponibili», della direttiva IVA, l’articolo 14, paragrafo 1, della stessa così dispone: «Costituisce “cessione di beni” il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario». |
Figurante al capo 1, intitolato «Disposizioni generali», del titolo IX, intitolato «Esenzioni», della direttiva IVA, l’articolo 131 di quest’ultima enuncia quanto segue: «Le esenzioni previste ai capi da 2 a 9 si applicano, salvo le altre disposizioni comunitarie e alle condizioni che gli Stati membri stabiliscono per assicurare la corretta e semplice applicazione delle medesime esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso». |
Contenuto nel capo 6, intitolato «Esenzioni all’esportazione», del titolo IX della direttiva IVA, l’articolo 146, paragrafo 1, di quest’ultima prevede quanto segue: «Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:
(…)». |
Figurante al capo 7, intitolato «Disposizioni varie», del titolo XI, intitolato «Obblighi dei soggetti passivi e di alcune persone non soggetti passivi», della direttiva IVA, l’articolo 273 della stessa così dispone: «Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera. (…)». |
Codice doganale
Ai sensi dell’articolo 4, punti da 15 a17, del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario ( GU 1992, L 302, pag. 1 ), come modificato dal regolamento (CE) n. 648/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 aprile 2005 ( GU 2005, L 117, pag. 13 ) (in prosieguo: il «codice doganale»): «Ai fini del presente codice, s’intende per: (…)
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Contenuto nella sezione 1, intitolata «Vincolo delle merci ad un regime doganale», del capitolo 2, intitolato «Regimi doganali», del titolo IV, intitolato «Destinazioni doganali», del codice doganale, l’articolo 59 di quest’ultimo prevede quanto segue: «1. Le merci destinate ad essere vincolate ad un regime doganale devono essere dichiarate per il regime doganale prescelto. 2. Le merci comunitarie dichiarate per il regime dell’esportazione, del perfezionamento passivo, del transito o del deposito doganale sono poste sotto vigilanza doganale all’atto dell’accettazione della dichiarazione in dogana fino a quando escano del territorio doganale della Comunità o siano distrutte o fino a quando la dichiarazione in dogana sia invalidata». |
L’articolo 61 di detto codice enuncia quanto segue: «La dichiarazione in dogana deve essere fatta:
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Incluso nella sezione 4, intitolata «Esportazione», del medesimo capitolo 2, l’articolo 161, paragrafi 1 e 2, del codice doganale così dispone: «1. Il regime dell’esportazione permette alle merci comunitarie di uscire dal territorio doganale della Comunità. L’esportazione comporta l’applicazione delle formalità previste all’atto dell’uscita, comprese misure di politica commerciale e, all’occorrenza, dei dazi all’esportazione. 2. (…) [Q]ualsiasi merce comunitaria destinata ad essere esportata deve essere vincolata al regime dell’esportazione». |
Figurante nel capitolo 2, intitolato «Esportazione definitiva», del titolo IV, intitolato «Disposizioni di applicazione relative all’esportazione», della parte II, intitolata «Destinazioni doganali», del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento n. 2913/92 ( GU 1993, L 253, pag. 1 ), come modificato dal regolamento (CE) n. 1875/2006 della Commissione, del 18 dicembre 2006 ( GU 2006, L 360, pag. 64 ), l’articolo 795, paragrafo 1, dello stesso così prevede: «Quando una merce è uscita dal territorio doganale della Comunità senza aver formato oggetto di una dichiarazione di esportazione, questa è depositata a posteriori dall’esportatore nell’ufficio doganale competente per il luogo in cui egli è stabilito. (…) Le autorità doganali accettano la dichiarazione previa produzione, da parte dell’esportatore, di uno dei seguenti elementi: (…)
(…)». |
Diritto ceco
Intitolato «Documento fiscale all’esportazione», l’articolo 33 a della legge n. 235/2004 relativa all’imposta sul valore aggiunto, nella sua versione vigente all’epoca dei fatti di cui alla controversia principale, enuncia quanto segue: «Si intende per documento fiscale all’esportazione
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L’articolo 66 di tale legge è così formulato: «1. Con l’esportazione di beni, si intende ai fini della presente legge l’uscita dei beni dal territorio dell’Unione a destinazione di uno Stato terzo, a condizione che i beni siano stati vincolati al regime doganale dell’esportazione, (…) 2. Sono esenti dall’imposta le cessioni di beni spediti o trasportati dal territorio nazionale verso uno Stato terzo:
(…) 4. Per quanto riguarda la cessione di beni in uno Stato terzo, si considera come data dell’esecuzione dell’operazione quella dell’uscita dei beni dal territorio dell’Unione, come confermata dall’ufficio doganale. La cessione di beni verso uno Stato terzo deve essere dimostrata dal soggetto passivo a mezzo di un documento fiscale conformemente all’articolo 33 a, lettera a), della presente legge. (…) 6. Nel caso in cui l’uscita dal territorio dell’Unione non sia confermata dall’ufficio doganale in un documento fiscale, il soggetto passivo può provare l’uscita dei beni con altri mezzi di prova». |
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
Tra il 2012 e il 2014, il sig. Vinš ha spedito ogni mese, per via postale, da 400 a 500 oggetti da collezione in ambito militare al di fuori dell’Unione. Egli non ha presentato, per tali merci, nessuna dichiarazione IVA, ritenendo che le cessioni di cui trattasi fossero esenti dall’IVA, in quanto riguardavano beni destinati all’esportazione. |
Con decisione del 27 agosto 2015, la direzione finanziaria d’appello ha confermato, in sostanza, gli avvisi di accertamento emanati dalle autorità tributarie che imponevano al sig. Vinš il pagamento dell’IVA relativa alle cessioni delle merci di cui trattasi, per il motivo che questi non aveva dimostrato di aver vincolato tali merci al regime doganale dell’esportazione, in modo tale che dette cessioni non potevano beneficiare, conformemente all’articolo 66, paragrafo 1, della legge n. 235/2004, dell’esenzione all’esportazione. |
Il ricorso proposto dal sig. Vinš contro tale decisione è stato respinto dal Krajský soud v Hradci Králové (Corte regionale di Hradec Králové, Repubblica ceca), poiché tale giudice ha ritenuto che il requisito del vincolo dei beni destinati a essere esportati al regime doganale dell’esportazione, quale condizione per il diritto all’esenzione all’esportazione, fosse proporzionato, consentisse un controllo giurisdizionale effettivo dell’esportazione e fosse pienamente conforme al diritto dell’Unione. Non sarebbe sufficiente, a tale riguardo, che i beni in esame siano stati effettivamente ceduti in Stati terzi. |
Il sig. Vinš ha proposto ricorso per cassazione dinanzi al giudice del rinvio. A sostegno del suo ricorso, egli fa valere che, per soddisfare le condizioni previste all’articolo 66, paragrafo 1, della legge n. 235/2004, ciò che rileva è il fatto che i beni interessati abbiano lasciato il territorio dell’Unione e, di conseguenza, che siano stati effettivamente ceduti in uno Stato terzo. Un simile fatto potrebbe essere dimostrato tramite conferma dell’ufficio doganale o tramite altri mezzi di prova, ivi compresi i documenti rilasciati dai servizi postali. Il sig. Vinš rinvia a tale riguardo alla sentenza del 19 dicembre 2013, BDV Hungary Trading ( C-563/12 , EU:C:2013:854 ), da cui deduce che la condizione stessa del vincolo dei beni interessati a un regime doganale eccede quanto gli Stati membri possono esigere in forza dell’articolo 131 della direttiva IVA. |
La direzione finanziaria d’appello ha reiterato la sua argomentazione secondo la quale le condizioni cumulative per beneficiare dell’esenzione della cessione all’esportazione non erano tutte soddisfatte nel procedimento principale. Essa sostiene che il legislatore nazionale ha introdotto la condizione del vincolo dei beni interessati a un regime doganale al fine di evitare l’evasione fiscale e che questa condizione è conforme alla direttiva IVA. Il sig. Vinš si è, a suo avviso, limitato a presentare allegazioni che non sono suffragate da nessun elemento di prova. |
Il giudice del rinvio ritiene che, sebbene gli Stati membri possano, conformemente all’articolo 131 della direttiva IVA, fissare nella loro normativa nazionale talune condizioni per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste da tale direttiva, tra cui quelle previste all’articolo 146 della stessa direttiva, e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso, essi devono tuttavia, facendo ciò, rispettare i principi generali del diritto dell’Unione. Tale giudice nutre dubbi sul fatto che la normativa ceca rispetti tali principi nell’imporre al soggetto passivo l’obbligo di dimostrare il vincolo dei beni destinati a essere esportati al regime doganale dell’esportazione, in particolare quando il soggetto passivo è in grado di dimostrare che tali beni hanno effettivamente lasciato il territorio dell’Unione. |
In tali circostanze, il Nejvyšší správní soud (Corte Suprema amministrativa, Repubblica ceca) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Sulle questioni pregiudiziali
Con le sue due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 146, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA, letto in combinato disposto con l’articolo 131 della stessa, debba essere interpretato nel senso che osta a che una disposizione legislativa nazionale subordini l’esenzione dall’IVA prevista per beni destinati a essere esportati fuori dell’Unione alla condizione che tali beni siano stati vincolati al regime doganale dell’esportazione. |
Occorre ricordare, in primo luogo, che, in forza dell’articolo 146, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA, gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati dal venditore o per suo conto fuori dell’Unione. Tale disposizione deve essere letta in combinato disposto con l’articolo 14, paragrafo 1, di detta direttiva, ai sensi del quale si considera «cessione di beni» il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2018, Pieńkowski, C-307/16 , EU:C:2018:124 , punto 24). |
Tale esenzione è volta a garantire l’assoggettamento a imposta delle cessioni di beni in oggetto presso il luogo di destinazione di queste ultime, ossia il luogo in cui i prodotti esportati saranno consumati (v., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C-495/17 , EU:C:2018:887 , punto 34). |
Dalle disposizioni di cui al punto 22 della presente sentenza e, in particolare, dal termine «spediti» impiegato a detto articolo 146, paragrafo 1, lettera a), deriva che l’esportazione di un bene si perfeziona e l’esenzione della cessione all’esportazione diviene applicabile quando il potere di disporre di tale bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente, il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato al di fuori dell’Unione e il bene, in seguito a tale spedizione o trasporto, ha lasciato fisicamente il territorio dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2018, Pieńkowski, C-307/16 , EU:C:2018:124 , punto 25). |
Orbene, da un lato, secondo il giudice del rinvio, è pacifico, nel procedimento principale, che i beni interessati sono stati spediti dal sig. Vinš, per via postale, al di fuori del territorio dell’Unione, in quanto egli ha affermato, in particolare, di poter dimostrare l’uscita effettiva di tali beni da detto territorio a mezzo di documenti rilasciati dai servizi postali. |
Dall’altro lato, l’articolo 146, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA non prevede alcuna condizione, come quella prevista all’articolo 66, paragrafo 1, della legge n. 235/2004, secondo la quale il bene destinato a essere esportato deve essere vincolato al regime doganale dell’esportazione affinché l’esenzione all’esportazione prevista da tale prima disposizione sia applicabile. |
Pertanto, la qualificazione di un’operazione quale cessione all’esportazione ai sensi dell’articolo 146, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA non può dipendere dal vincolo dei beni interessati al regime doganale dell’esportazione, vincolo la cui l’omissione avrebbe come conseguenza di privare il soggetto passivo dell’esenzione all’esportazione (v., per analogia, sentenza del 19 dicembre 2013, BDV Hungary Trading, C-563/12 , EU:C:2013:854 , punto 27). |
Tuttavia, e in secondo luogo, spetta agli Stati membri, conformemente all’articolo 131 della direttiva IVA, fissare le condizioni in presenza delle quali essi esentano le operazioni di esportazione per assicurare la corretta e semplice applicazione di dette esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso. Nell’esercizio dei loro poteri, gli Stati membri devono rispettare i principi generali del diritto che fanno parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione, tra i quali figura, in particolare, il principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C-495/17 , EU:C:2018:887 , punto 37). |
Per quanto attiene a tale principio, una misura nazionale eccede quanto necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta nel caso in cui subordini essenzialmente il diritto all’esenzione dall’IVA al rispetto di obblighi formali, senza che siano presi in considerazione i requisiti sostanziali e, in particolare, senza porsi la questione se questi ultimi siano stati soddisfatti. Infatti, le operazioni devono essere tassate prendendo in considerazione le loro caratteristiche oggettive (sentenza dell’8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C-495/17 , EU:C:2018:887 , punto 38). |
A tale riguardo, una condizione come quella prevista all’articolo 66, paragrafo 1, della legge n. 235/2004, che osta al riconoscimento di un’esenzione dall’IVA per una cessione di beni che non sono stati vincolati al regime doganale dell’esportazione, sebbene sia pacifico che tali beni siano stati effettivamente esportati conformemente ai criteri ricordati al punto 24 della presente sentenza, e che tale cessione risponda quindi, per le sue caratteristiche oggettive, alle condizioni per l’esenzione previste all’articolo 146, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA, non rispetta il principio di proporzionalità. |
Infatti, imporre una siffatta condizione equivarrebbe a subordinare il diritto all’esenzione al rispetto di obblighi formali, nel senso di cui al punto 29 della presente sentenza, senza esaminare la questione se i requisiti sostanziali posti dal diritto dell’Unione siano stati o meno effettivamente soddisfatti. La sola circostanza che un esportatore non abbia vincolato i beni interessati al regime doganale dell’esportazione non implica che una siffatta esportazione non sia effettivamente avvenuta (v., per analogia, sentenza dell’8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C-495/17 , EU:C:2018:887 , punto 50). |
Secondo la giurisprudenza della Corte, esistono due sole fattispecie nelle quali l’inosservanza di un requisito formale può comportare la perdita del diritto all’esenzione dall’IVA (sentenza dell’8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C-495/17 , EU:C:2018:887 , punto 40). |
Da un lato, il principio di neutralità fiscale non può essere invocato, ai fini dell’esenzione dall’IVA, da un soggetto passivo che abbia partecipato intenzionalmente a un’evasione fiscale mettendo a repentaglio il funzionamento del sistema comune dell’IVA. Secondo la giurisprudenza della Corte, non è contrario al diritto dell’Unione esigere che un operatore agisca in buona fede e adotti tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare a un’evasione fiscale. Nell’ipotesi in cui il soggetto passivo di cui trattasi sapesse o avrebbe dovuto sapere che l’operazione da esso effettuata rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente e non avesse adottato tutte le misure ragionevoli a sua disposizione per evitare l’evasione medesima, dovrebbe essergli negato il beneficio dell’esenzione (sentenza dell’8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C-495/17 , EU:C:2018:887 , punto 41). |
Nel caso di specie, nulla nel fascicolo di cui dispone la Corte indica che il diniego dell’esenzione di cui trattasi nel procedimento principale sia fondato sull’esistenza di una siffatta evasione. |
D’altro lato, la violazione di un requisito formale può portare al diniego dell’esenzione dall’IVA se tale violazione ha come effetto d’impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali (sentenza dell’8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C-495/17 , EU:C:2018:887 , punto 42). |
Poiché, come fatto valere, in sostanza, dal governo ceco, il mancato vincolo dei beni destinati a essere esportati a detto regime doganale potrebbe spesso avere l’effetto di rendere più difficile, o addirittura impossibile, per le autorità tributarie, la verifica dell’uscita effettiva di tali beni dal territorio dell’Unione, è certamente vero che, per quanto riguarda la prova certa di cui al punto 35 della presente sentenza, l’effettiva esistenza dell’esportazione deve essere dimostrata in un modo reputato soddisfacente dalle autorità tributarie competenti, poiché tale requisito riguarda le condizioni sostanziali necessarie affinché l’esenzione sia concessa (v., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C-495/17 , EU:C:2018:887 , punto 48). |
Tuttavia, come risulta dal punto 25 della presente sentenza, non è stato affermato, nel procedimento principale, che il mancato vincolo dei beni interessati al regime doganale dell’esportazione avrebbe impedito di dimostrare che i requisiti sostanziali, nella specie l’uscita effettiva di tali beni dal territorio dell’Unione, siano stati soddisfatti. |
Ne consegue che, in circostanze come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, l’inosservanza del requisito formale del vincolo dei beni destinati a essere esportati al regime doganale dell’esportazione non può portare alla perdita da parte dell’esportatore del suo diritto all’esenzione all’esportazione, purché l’uscita effettiva dei beni interessati dal territorio dell’Unione sia stata dimostrata. |
Tale constatazione non è inficiata dalla tesi avanzata dal governo ceco secondo cui l’esportatore avrebbe in ogni caso dovuto procedere, in forza, in particolare, dell’articolo 59, paragrafo 1, e dell’articolo 161, paragrafo 2, del codice doganale, al vincolo dei beni interessati a detto regime doganale a mezzo di un’apposita dichiarazione in dogana, cosa che egli avrebbe potuto fare, all’occorrenza, ex post, di modo che l’inosservanza iniziale di questo requisito non comporterebbe la perdita definitiva del diritto all’esenzione all’esportazione. Infatti, come emerge dai punti da 29 a 31 della presente sentenza, un siffatto vincolo, indipendentemente dal fatto che esso sia stato posto prima o dopo l’esportazione, costituisce un obbligo formale che, peraltro, rientra non già nel sistema comune dell’IVA, bensì nel regime doganale. Pertanto, l’inosservanza di tale obbligo non esclude di per sé che le condizioni sostanziali che giustificano il riconoscimento dell’esenzione siano soddisfatte. |
Alla luce di tutto quanto precede, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 146, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA, letto in combinato disposto con l’articolo 131 della stessa, deve essere interpretato nel senso che osta a che una disposizione legislativa nazionale subordini l’esenzione dall’IVA prevista per beni destinati a essere esportati fuori dell’Unione alla condizione che tali beni siano stati vincolati al regime doganale dell’esportazione, in una situazione nella quale è dimostrato che le condizioni sostanziali dell’esenzione, tra cui in particolare quella che richiede l’uscita effettiva dal territorio dell’Unione dei beni interessati, sono soddisfatte. |
Sulle spese
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: |
L’articolo 146, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, letto in combinato disposto con l’articolo 131 della stessa, deve essere interpretato nel senso che osta a che una disposizione legislativa nazionale subordini l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto prevista per beni destinati a essere esportati fuori dell’Unione europea alla condizione che tali beni siano stati vincolati al regime doganale dell’esportazione, in una situazione nella quale è dimostrato che le condizioni sostanziali dell’esenzione, tra cui in particolare quella che richiede l’uscita effettiva dal territorio dell’Unione dei beni interessati, sono soddisfatte. |
Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il ceco.