Sentenza della Corte (Ottava Sezione) del 10 febbraio 2022. Philips Orăştie S.R.L. contro Direcţia Generală de Administrare a Marilor Contribuabili. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Curtea de Apel Alba Iulia. Rinvio pregiudiziale – Armonizzazione delle normative fiscali – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articoli 179 e 183 – Diritto a detrazione dell’IVA – Modalità – Compensazione o rimborso dell’eccedenza di IVA – Obblighi di pagamento supplementari – Principio di neutralità fiscale – Principi di equivalenza e di effettività. Causa C-487/20.
Edizione provvisoria
SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)
Sentenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 179, primo comma, e dell’articolo 183, primo comma, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»), nonché sull’interpretazione dei principi di equivalenza, di effettività e di neutralità fiscale.
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Philips Orăştie SRL e la Direcția Generală de Administrare a Marilor Contribuabili (Direzione generale per i grandi contribuenti, Romania) in merito alle modalità di esercizio del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA).
Contesto normativo
Diritto dell ’Unione
L’articolo 179 della direttiva IVA così recita:
«Il soggetto passivo opera la detrazione globalmente, sottraendo dall’importo dell’imposta dovuta per un periodo d’imposta l’ammontare dell’IVA per la quale il diritto a detrazione è sorto, nello stesso periodo, ed è esercitato secondo quanto previsto all’articolo 178.
Tuttavia gli Stati membri possono obbligare i soggetti passivi che effettuano le operazioni occasionali di cui all’articolo 12 a esercitare il diritto a detrazione soltanto al momento della cessione».
L’articolo 183 di tale direttiva dispone quanto segue:
«Qualora, per un periodo d’imposta, l’importo delle detrazioni superi quello dell’IVA dovuta, gli Stati membri possono far riportare l’eccedenza al periodo successivo, o procedere al rimborso secondo modalità da essi stabilite.
Tuttavia, gli Stati membri possono rifiutare il rimborso o il riporto se l’eccedenza è insignificante».
L’articolo 252 di detta direttiva prevede quanto segue:
«1. La dichiarazione IVA deve essere presentata entro un termine che è stabilito dagli Stati membri. Tale termine non può superare di oltre due mesi la scadenza di ogni periodo d’imposta.
2. Gli Stati membri fissano la durata del periodo d’imposta ad un mese, due mesi ovvero tre mesi.
Tuttavia, gli Stati membri possono stabilire una durata diversa, comunque non superiore ad un anno».
Diritto rumeno
Conformemente all’articolo 157, paragrafo 2, lettera b bis), della Legea nr. 207/2015 privind Codul de procedură fiscală (legge n. 207/2015 recante il Codice di procedura tributaria), del 20 luglio 2015 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 547 del 23 luglio 2015) (in prosieguo: il «Codice di procedura tributaria»), non sono considerate pendenze fiscali «gli obblighi fiscali stabiliti in atti amministrativi tributari contestati conformemente alla legge, garantiti conformemente agli articoli 210, 211 o all’articolo 235».
L’articolo 233 del Codice di procedura tributaria, intitolato «Sospensione dell’esecuzione forzata», prevede in particolare quanto segue:
«(...)
(2 bis) L’esecuzione forzata è sospesa o non è avviata nei seguenti casi:
a) per i crediti fiscali stabiliti mediante avviso di accertamento da parte dell’autorità tributaria competente se, successivamente alla notifica dell’avviso, il debitore informa quest’ultima circa la presentazione di una fideiussione bancaria/polizza fideiussoria ai sensi dell’articolo 235. L’esecuzione forzata prosegue o è avviata se il debitore non presenta la fideiussione bancaria/polizza fideiussoria entro 45 giorni dalla data di notifica dell’avviso di accertamento con cui sono accertati i crediti fiscali;
b) per i crediti fiscali accertati in atti amministrativi tributari contestati conformemente alla legge e garantiti conformemente agli articoli da 210 a 211. L’esecuzione forzata prosegue o è avviata dopo che gli atti amministrativi tributari siano divenuti definitivi nel sistema dei mezzi di ricorso amministrativi o giurisdizionali.
(2 ter) Durante l’intero periodo di sospensione dell’esecuzione forzata ai sensi del paragrafo (2 bis), i crediti fiscali oggetto della sospensione non si estinguono, a meno che il debitore opti per la loro estinzione conformemente all’articolo 165, paragrafo (8).
(...)».
L’articolo 235, paragrafi 1 e 5, del Codice di procedura tributaria è formulato come segue:
«(1) Nel caso di contestazioni di atti amministrativi tributari che stabiliscono crediti fiscali, ai sensi del presente codice, anche durante l’esame del contenzioso amministrativo, l’esecuzione forzata è sospesa o non è avviata per gli obblighi fiscali contestati se il debitore presenta all’autorità tributaria competente una fideiussione bancaria/polizza fideiussoria per gli obblighi fiscali contestati e non assolti al momento della presentazione della garanzia. La validità della fideiussione bancaria/polizza fideiussoria deve essere di almeno 6 mesi dalla data di rilascio.
(...)
(5) Per tutto il periodo di sospensione dell’esecuzione forzata ai sensi del presente articolo, i crediti fiscali oggetto della sospensione non si estinguono, a meno che il debitore opti per la loro estinzione conformemente all’articolo 165, paragrafo (8)».
L’articolo 303, della Legea nr. 227/2015 privind Codul fiscal (legge n. 227/2015, recante il Codice tributario), dell’8 settembre 2015 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 688 del 10 settembre 2015; in prosieguo: il «Codice tributario»), dispone quanto segue:
«(1) Quando l’imposta sugli acquisti effettuati da un soggetto passivo registrato ai fini dell’IVA, conformemente all’articolo 316, la quale è detraibile nel corso di un periodo d’imposta, è superiore all’imposta assolta per operazioni imponibili, ne risulta un’eccedenza nel periodo di riferimento, denominata in prosieguo importo negativo dell’imposta .
(2) Dopo aver determinato l’imposta dovuta o l’importo negativo dell’imposta per le operazioni effettuate nel corso del periodo d’imposta di riferimento, i soggetti passivi devono procedere alle rettifiche di cui al presente articolo mediante la dichiarazione d’imposta di cui all’articolo 323.
(3) L’importo negativo dell’imposta, cumulativo, è determinato sommando all’importo negativo dell’imposta, ascrivibile al periodo d’imposta di riferimento, il saldo dell’importo negativo dell’imposta, riportato dalla dichiarazione del periodo d’imposta precedente, qualora non ne sia stato richiesto il rimborso, e il saldo IVA a debito accertato dagli organi di controllo fiscale con avvisi notificati entro la data di presentazione della dichiarazione d’imposta.
(4) Il cumulo dell’imposta dovuta è determinato nel periodo d’imposta di riferimento sommando all’imposta dovuta nel periodo d’imposta di riferimento gli importi non versati all’erario – fino alla data di presentazione della dichiarazione d’imposta di cui all’articolo 323 – del saldo dell’imposta dovuta del periodo d’imposta precedente, e gli importi non versati all’erario – fino alla data di presentazione della dichiarazione d’imposta – del saldo IVA dovuto accertato dagli organi di controllo fiscale con avvisi notificati entro la data di presentazione della dichiarazione. In deroga:
a) nella prima dichiarazione d’imposta presentata all’autorità tributaria dopo la data di approvazione di un’agevolazione di pagamento, non avviene il riporto, dalla dichiarazione del periodo d’imposta precedente, del cumulo dell’imposta dovuta per il quale è stata approvata l’agevolazione di pagamento;
b) nella prima dichiarazione d’imposta presentata all’autorità tributaria dopo la data di iscrizione di tale autorità nella massa dei creditori ai sensi della legge n. 85/2014, non si procede al riporto, dalla dichiarazione del periodo d’imposta precedente, del cumulo dell’imposta dovuta per il quale l’autorità tributaria ha effettuato l’iscrizione nella massa dei creditori conformemente alle disposizioni della legge n. 85/2014.
(5) In deroga alle disposizioni dei paragrafi (3) e (4), il saldo IVA a debito accertato dagli organi di controllo fiscale o gli importi non versati all’erario, alla data di presentazione della dichiarazione d’imposta, del saldo IVA dovuto accertato dagli organi di controllo fiscale, con avvisi di accertamento la cui esecuzione è stata sospesa dagli organi giurisdizionali, conformemente alla legge, non si aggiungono all’importo negativo o al cumulo dell’imposta dovuta, a seconda del caso, ascrivibili ai periodi in cui è stata sospesa l’esecuzione dell’avviso di accertamento. Tali importi sono imputati alla dichiarazione d’imposta del periodo d’imposta nel corso del quale è cessata la sospensione dell’esecuzione dell’avviso di accertamento, ai fini della determinazione dell’importo negativo dell’imposta, cumulativo, o, se del caso, del cumulo dell’imposta dovuta.
(6) Mediante la dichiarazione d’imposta di cui all’articolo 323, i soggetti passivi devono determinare le differenze tra gli importi di cui ai paragrafi (3) e (4), che rappresentano le rettifiche dell’imposta, e la fissazione del saldo dell’imposta dovuta o del saldo dell’importo negativo dell’imposta. Se il cumulo dell’imposta da pagare è superiore all’importo negativo dell’imposta cumulativa, ne risulta un saldo dell’imposta dovuta nel periodo d’imposta di riferimento. Se l’importo negativo dell’imposta cumulativa è superiore al cumulo dell’imposta da pagare, ne risulta un saldo dell’importo negativo dell’imposta nel periodo d’imposta di riferimento.
(...)».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
Nel settembre 2016 la Direzione generale per i grandi contribuenti ha emesso un avviso di accertamento (in prosieguo: l’«avviso di accertamento») che poneva a carico della Philips Orăștie il pagamento di un importo pari a 31 628 916 lei rumeni (RON) (circa EUR 6 325 783) a titolo di IVA e oneri fiscali accessori.
Non essendo stata sospesa l’esecuzione in relazione agli importi stabiliti mediante l’avviso di accertamento, la Philips Orăștie ha iscritto, nella dichiarazione relativa al mese di settembre 2016, un importo pari a RON 21 799 334 (circa EUR 4 359 866), a titolo di «saldo IVA da pagare stabilito mediante l’avviso di accertamento e non versato fino alla data di presentazione della dichiarazione IVA», senza chiederne il rimborso. Dopo la compensazione, rimaneva a carico della Philips Orăștie un importo pari a RON 12 096 916 (circa EUR 2 419 383).
Inoltre, il 4 novembre 2016 la Philips Orăștie ha proposto un reclamo in materia tributaria avverso l’avviso di accertamento, contestando la legittimità di quest’ultimo per l’importo di RON 21 799 334 (circa EUR 4 359 866). Al momento della presentazione di tale reclamo, la Philips Orăștie ha depositato una fideiussione bancaria, emessa lo stesso giorno, per un importo di RON 31 577 059 (circa EUR 6 315 412). Tale fideiussione bancaria è stata prorogata con successivi atti aggiuntivi fino al 4 marzo 2020.
Tra il mese di novembre 2016 e il mese di marzo 2019, la Philips Orăștie ha presentato dichiarazioni IVA nelle quali non ha iscritto, al rigo 38 delle stesse, come pendenza, il saldo IVA dovuto, quale indicato nell’avviso di accertamento e non versato fino alla data di presentazione di tali dichiarazioni, chiedendo al contempo il rimborso dell’IVA. Tale società riteneva che, alla luce delle disposizioni dell’articolo 233 e dell’articolo 235, paragrafi 1 e 5, del Codice di procedura tributaria, tale saldo non potesse né essere qualificato come «pendenza», né rientrare nel «cumulo dell’IVA dovuta», come definita all’articolo 303, paragrafo 4, del Codice tributario. La direzione generale per i grandi contribuenti ha emesso decisioni di rimborso dell’IVA senza formulare obiezioni riguardo alle modalità di compilazione di dette dichiarazioni né riguardo all’interpretazione delle norme pertinenti da parte della Philips Orăștie.
Con sentenza del 5 marzo 2019, la Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest, Romania) ha accolto il ricorso proposto dalla Philips Orăștie avverso l’avviso di accertamento e ha annullato il supplemento di IVA per l’importo di RON 21 799 334 (circa EUR 4 359 866). Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, al momento della sua adozione, tale sentenza non era definitiva.
Nelle sue dichiarazioni IVA relative ai mesi di aprile e maggio 2019, la Philips Orăștie, come per le dichiarazioni precedenti, non ha iscritto al rigo 38 di queste ultime il saldo IVA dovuto stabilito nell’avviso di accertamento e non versato fino alla data di presentazione di tali dichiarazioni.
La Direzione generale per i grandi contribuenti ha informato la Philips Orăștie di ritenere che il rigo 38 delle dichiarazioni dei mesi di aprile e maggio 2019, relativo all’IVA dovuta per l’importo di RON 12 096 916 (circa EUR 2 419 383), fosse stato erroneamente compilato e ha emesso due avvisi di rettifica di tali dichiarazioni, con i quali ha modificato l’importo dell’IVA dovuta ivi indicato, includendo nel cumulo dell’IVA dovuta l’importo di RON 21 799 334 (circa EUR 4 359 866), con effetto diretto sull’importo dell’IVA da rimborsare.
Dopo il rigetto del suo reclamo amministrativo avverso tali decisioni, la Philips Orăștie ha adito il giudice del rinvio con un ricorso di annullamento avverso dette decisioni facendo valere, in particolare, che, poiché il Codice di procedura tributaria riconosce l’effetto sospensivo dell’esecuzione degli obblighi fiscali stabiliti da atti impositivi contestati, ma per i quali è stata depositata una fideiussione bancaria, la stessa regola deve applicarsi anche nel caso in cui tali obblighi di pagamento riguardino un supplemento di IVA fissato mediante avvisi di accertamento contestati, tanto più che tale interpretazione è stata confermata dalle autorità tributarie tra i mesi di novembre 2016 e marzo 2019. Tale società ha altresì fatto valere che, è pur vero che gli Stati membri dispongono di un margine di discrezionalità nella trasposizione delle disposizioni della direttiva IVA, tuttavia essi devono rispettare i principi generali applicabili, vale a dire i principi di equivalenza, di effettività e di neutralità dell’IVA, come elaborati dalla giurisprudenza della Corte in materia, i quali però, nel caso di specie, non sono rispettati dal diritto rumeno.
La Direzione generale per i grandi contribuenti, dal canto suo, ha sostenuto che il meccanismo di accertamento dell’IVA dovuta o da rimborsare è un meccanismo speciale e che le disposizioni dell’articolo 303, paragrafi 4 e 5, del Codice tributario hanno carattere speciale rispetto a quelle degli articoli 157, 233 e 235 del Codice di procedura tributaria, che sono applicabili solo agli altri tipi di tasse e di imposte. Pertanto, la presentazione di una fideiussione bancaria non sarebbe sufficiente per escludere dal calcolo del «cumulo dell’IVA dovuta» obblighi fiscali stabiliti da un avviso di accertamento contestato.
In tale contesto, la Curtea de Apel Alba Iulia (Corte d’appello di Alba Iulia, Romania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se le disposizioni dell’articolo 179[, primo comma,] e dell’articolo 183[, primo comma,] della direttiva [IVA], in combinato disposto con i principi di equivalenza, di effettività e di neutralità, possano essere interpretate nel senso che ostano a una normativa/prassi nazionale che impone la riduzione dell’importo del rimborso dell’IVA includendo nel calcolo dell’IVA dovuta gli importi a titolo di obblighi di pagamento supplementari fissati mediante avviso di accertamento, annullato con sentenza non definitiva, nel caso in cui tali obblighi supplementari siano garantiti da una fideiussione bancaria e le norme nazionali in materia di procedura tributaria riconoscano l’effetto sospensivo dell’esecuzione di detta garanzia per le altre tasse e imposte».
Sulla questione pregiudiziale
Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 179, primo comma, e l’articolo 183, primo comma, della direttiva IVA nonché i principi di neutralità fiscale, di equivalenza e di effettività debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che consente all’amministrazione tributaria di uno Stato membro di negare il rimborso di un supplemento di IVA stabilito e versato a seguito di un avviso di accertamento fiscale contestato dal soggetto passivo interessato e che è stato oggetto di una sentenza non definitiva a favore di tale soggetto passivo, sebbene quest’ultimo disponga di una fideiussione bancaria per l’importo di IVA di cui trattasi e, conformemente al diritto procedurale nazionale, nel caso di altre imposte e tasse, la costituzione di una tale fideiussione bancaria consenta di ottenere un tale rimborso.
In via preliminare, occorre ricordare che spetta alla Corte pronunciarsi su tale questione pregiudiziale basandosi sulla normativa nazionale e sul contesto di fatto definiti dal giudice del rinvio, unico competente al riguardo, e fornirgli tutti gli elementi interpretativi attinenti al diritto dell’Unione idonei a consentirgli di valutare la conformità di tale normativa con le disposizioni della direttiva IVA (v., in tal senso, sentenza del 12 maggio 2011, Enel Maritsa Iztok 3, C-107/10, EU:C:2011:298, punto 38).
Pertanto, nel caso di specie, non occorre esaminare l’argomento, addotto dal governo rumeno, secondo il quale la Philips Orăștie avrebbe avuto opzioni diverse da quelle che essa ha scelto per far valere i propri diritti e che non le avrebbero comportato oneri finanziari supplementari. Infatti, l’esistenza di tali opzioni nel diritto rumeno non è stata menzionata dal giudice del rinvio e non spetta alla Corte riconsiderare l’interpretazione del diritto nazionale fornita dal giudice del rinvio.
Occorre poi ricordare che, ai sensi dell’articolo 179, primo comma, della direttiva IVA, il soggetto passivo opera la detrazione globalmente, sottraendo dall’importo dell’imposta dovuta per un periodo d’imposta l’ammontare dell’IVA per la quale il diritto a detrazione è sorto, nello stesso periodo, ed è esercitato. L’articolo 183, primo comma, di tale direttiva precisa che, qualora, per un periodo d’imposta, l’importo delle detrazioni superi quello dell’IVA dovuta, sussiste un’eccedenza che può essere riportata al periodo successivo o può essere rimborsata.
La Corte ha peraltro ripetutamente dichiarato che, se l’attuazione del diritto al rimborso dell’eccedenza di IVA, prevista dall’articolo 183 della direttiva IVA, ricade, in linea di principio, nella sfera dell’autonomia procedurale degli Stati membri, resta il fatto che tale autonomia è inquadrata nei principi di equivalenza e di effettività (sentenza del 12 maggio 2011, Enel Maritsa Iztok 3, C-107/10, EU:C:2011:298, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).
Quanto alla possibilità, a norma dell’articolo 183 della direttiva IVA, di prevedere che l’eccedenza di IVA venga riportata sul periodo impositivo successivo o che venga rimborsata, la Corte ha precisato che, se è pur vero che gli Stati membri dispongono di una certa libertà di manovra nello stabilire le modalità di rimborso dell’eccedenza di IVA, dette modalità non devono ledere il principio della neutralità fiscale, gravando il soggetto passivo, in tutto o in parte, del peso di tale imposta. Modalità del genere devono segnatamente consentire al soggetto passivo di recuperare, in condizioni adeguate, la totalità del credito risultante da detta eccedenza di IVA, il che implica che il rimborso sia effettuato, entro un termine ragionevole, mediante pagamento in denaro liquido o con modalità equivalenti, e che, in ogni caso, il sistema di rimborso adottato non deve far correre alcun rischio finanziario al soggetto passivo (sentenza del 12 maggio 2011, Enel Maritsa Iztok 3, C-107/10, EU:C:2011:298, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).
Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’articolo 183 della direttiva IVA non può essere interpretato nel senso che esso osta necessariamente a una normativa nazionale che preveda modalità di rimborso dell’eccedenza di IVA che combinano le due vie di restituzione dell’eccedenza di IVA previste da tale articolo 183, vale a dire il riporto al periodo successivo e il rimborso di tale eccedenza, o che preveda il riporto di quest’ultima non al periodo d’imposta successivo, bensì a diversi periodi d’imposta, purché siano rispettati i limiti previsti dall’articolo 252, paragrafo 2, della direttiva IVA (v., in tal senso, sentenza del 12 maggio 2011, Enel Maritsa Iztok 3, C-107/10, EU:C:2011:298, punti da 47 a 49).
Per contro, una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo deve sopportare una parte dell’onere finanziario dell’eccedenza di IVA per un periodo considerato non ragionevole lede il principio di neutralità fiscale (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2012, Mednis, C-525/11, EU:C:2012:652, punto 27).
Nel caso di specie, per quanto riguarda il principio di neutralità fiscale, si deve constatare che, in assenza di indicazione, nella domanda di pronuncia pregiudiziale, del periodo esatto durante il quale un soggetto passivo non può, in applicazione della legislazione rumena, ottenere il rimborso dell’eccedenza di IVA di cui può avvalersi per un determinato periodo d’imposta, spetta al giudice del rinvio, l’unico competente a pronunciarsi sui fatti, decidere se tale normativa faccia effettivamente gravare sul soggetto passivo, per un periodo di tempo considerato come non ragionevole, ai sensi della giurisprudenza della Corte, l’onere finanziario dell’eccedenza di IVA o di una parte di essa.
Per quanto riguarda i principi di equivalenza e di effettività, ai quali si è già fatto riferimento al punto 24 della presente sentenza, occorre ricordare che le modalità procedurali relative ai ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione non devono tuttavia essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza), né devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v., segnatamente, sentenza del 30 giugno 2016, Câmpean, C-200/14, EU:C:2016:494, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).
Certamente, spetta al giudice nazionale, unico a disporre di una conoscenza diretta delle modalità di proposizione dell’azione restitutoria diretta contro lo Stato, accertare se le modalità procedurali volte a garantire, nel diritto interno, la tutela dei diritti derivanti ai singoli dal diritto dell’Unione siano conformi a detto principio ed esaminare tanto l’oggetto quanto gli elementi essenziali dei ricorsi asseritamente analoghi di natura interna. A tal titolo, il giudice nazionale deve verificare l’analogia dei ricorsi di cui trattasi sotto il profilo del loro oggetto, della loro causa e dei loro elementi essenziali (sentenza del 19 luglio 2012, Littlewoods Retail e a., C-591/10, EU:C:2012:478, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).
Tuttavia, la Corte, ai fini della verifica che il giudice nazionale dovrà effettuare, può fornirgli taluni elementi relativi all’interpretazione del diritto dell’Unione.
Nel caso di specie, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio afferma che il regime generale degli obblighi fiscali relativi alle tasse e alle imposte nazionali, quale previsto agli articoli 157, 233 e 235 del Codice di procedura tributaria, sancisce la regola secondo la quale, quando viene contestato un avviso di accertamento, ma viene presentata una fideiussione bancaria per tutti gli obblighi fiscali ad esso relativi, l’esecutività di tale avviso è sospesa e l’estinzione di tali obblighi può aver luogo, in anticipo, solo qualora il debitore ne faccia richiesta. Per contro, in materia di IVA, tali disposizioni non troverebbero applicazione e l’articolo 303, paragrafi (4) e (5), del Codice tributario non prevedrebbe una tale regola, di modo che la presentazione di una fideiussione bancaria non avrebbe l’effetto di sospendere l’esigibilità degli obblighi fiscali relativi all’IVA.
Per dimostrare che il principio di equivalenza è rispettato, il governo rumeno afferma, da un lato, che, se è pur vero che la Philips Orăștie mirava ad ottenere la sospensione degli effetti dell’avviso di accertamento, essa aveva la possibilità di chiedere al giudice amministrativo tale sospensione alle condizioni previste dagli articoli 14 e 15 della Legea contenciosului administrativ nr. 554/2004 (legge sul contenzioso amministrativo n. 554/2004), (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 1154 del 7 dicembre 2004), nella sua versione applicabile alla controversia oggetto del procedimento principale. Dall’altro lato, il mancato riconoscimento di un siffatto effetto sospensivo in materia di IVA, mentre tale effetto è riconosciuto per altri obblighi fiscali, non sarebbe tale da rimettere in discussione il rispetto del principio di equivalenza, dato che tale sospensione non incide sulla detraibilità dell’IVA e sull’estinzione degli obblighi fiscali in sé. Le modalità procedurali applicate in materia di IVA non sarebbero quindi meno favorevoli di quelle applicabili agli obblighi fiscali derivanti dal diritto nazionale, dato che, in ogni caso, l’obbligo di pagamento non sarebbe estinto, ma soltanto sospeso.
Pertanto, al fine di stabilire se il principio di equivalenza sia rispettato nella controversia oggetto del procedimento principale, spetterà al giudice del rinvio valutare, in primo luogo, se i ricorsi ai quali si applicano modalità procedurali che il governo rumeno considera analoghe a quelle previste dagli articoli 157, 233 e 235 del Codice di procedura tributaria siano, dal punto di vista della loro causa, del loro oggetto nonché dei loro elementi essenziali, comparabili a un ricorso fondato sui diritti derivanti dal diritto dell’Unione, come quello di cui al procedimento principale.
Non sembra essere così, come rilevato dallo stesso giudice del rinvio, per quanto riguarda i ricorsi relativi a obblighi di pagamento dell’IVA derivanti da avvisi di accertamento contestati e le possibilità di ottenere una sospensione dell’esigibilità di tali obblighi, circostanza che spetta tuttavia a tale giudice verificare.
In secondo luogo, spetterà a detto giudice stabilire se le modalità procedurali applicabili ai ricorsi nazionali da esso indicati come simili al ricorso di cui trattasi nel procedimento principale non siano, in realtà, più favorevoli di quelle applicabili nella controversia di cui è investito, in forza dell’articolo 303, paragrafi (4) e (5), del Codice tributario. Orbene, è giocoforza constatare che dalla descrizione del diritto nazionale fornita dal giudice del rinvio nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, nel caso di specie, i soggetti passivi dispongono, in materia di IVA, di strumenti processuali meno favorevoli di quelli di cui dispongono per quanto riguarda i diritti loro riconosciuti dal diritto nazionale in materia di imposte e tasse diverse dall’IVA. Spetta al giudice del rinvio procedere alle necessarie verifiche al fine di garantire il rispetto del principio di equivalenza per quanto riguarda la normativa applicabile alla controversia pendente dinanzi ad esso.
Quanto al principio di effettività, è sufficiente constatare che, nel caso di specie, tale principio non sembra essere in discussione dal momento che, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, dal fascicolo di cui dispone la Corte non risulta – e non è stato peraltro sostenuto – che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale rende eccessivamente difficile o praticamente impossibile l’esercizio dei diritti derivanti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Non occorre, pertanto, statuire al riguardo.
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere che l’articolo 179, primo comma, e l’articolo 183, primo comma, della direttiva IVA nonché il principio di equivalenza devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede modalità procedurali relative ai ricorsi diretti a ottenere il rimborso dell’IVA, fondati su una violazione del sistema comune dell’IVA, meno favorevoli di quelle applicabili ai ricorsi analoghi fondati su una violazione del diritto interno relativo a imposte e tasse diverse dall’IVA.
Sulle spese
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:
L’articolo 179, primo comma, e l’articolo 183, primo comma, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, nonché il principio di equivalenza devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede modalità procedurali relative ai ricorsi diretti a ottenere il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), fondati su una violazione del sistema comune dell’IVA, meno favorevoli di quelle applicabili ai ricorsi analoghi fondati su una violazione del diritto interno relativo a imposte e tasse diverse dall’IVA.
Firme
* Lingua processuale: il rumeno.