Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 24 febbraio 2022. SC Cridar Cons SRL contro Administraţia Judeţeană a Finanţelor Publice Cluj e Direcţia Generală Regională a Finanţelor Publice Cluj-Napoca. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall'Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie. Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Articoli 167 e 168 – Diritto a detrazione – Diniego – Frode fiscale – Assunzione delle prove – Sospensione della pronuncia su un reclamo amministrativo avente ad oggetto un avviso di accertamento che nega il diritto a detrazione, in attesa dell’esito di un procedimento penale – Autonomia procedurale degli Stati membri – Principio di neutralità fiscale – Diritto a un buon andamento dell’amministrazione – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Causa C-582/20.
Edizione provvisoria
SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
Sentenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»), e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la SC Cridar Cons SRL (in prosieguo: la «Cridar») e, dall’altro, l’Administraţia Judeţeană a Finanţelor Publice Cluj (Amministrazione distrettuale delle finanze pubbliche di Cluj, Romania) (in prosieguo: l’«AJFP Cluj») e la Direcţia Generală Regională a Finanţelor Publice Cluj-Napoca (Direzione generale regionale delle finanze pubbliche di Cluj-Napoca, Romania) (in prosieguo: la «DGRFP Cluj-Napoca»), in ordine alla decisione di sospendere la pronuncia su un reclamo amministrativo avente ad oggetto un avviso di accertamento che nega il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), fino alla chiusura di un procedimento penale.
Contesto normativo
Diritto dell ’Unione
L’articolo 167 della direttiva IVA prevede quanto segue:
«Il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile».
L’articolo 168 di tale direttiva precisa quanto segue:
«Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:
a) l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo;
(...)».
Diritto rumeno
Codice di procedura tributaria
La Legea nr. 207/2015 privind Codul de procedură fiscală (legge n. 207/2015, recante il Codice di procedura tributaria), nella versione applicabile alla controversia oggetto del procedimento principale (in prosieguo: il «Codice di procedura tributaria»), al suo articolo 118, paragrafo 3, prevede che: «La verifica fiscale è effettuata una sola volta per ciascun tipo di credito fiscale e per ciascun periodo d’imposta».
L’articolo 128 del Codice di procedura tributaria, intitolato «Nuova verifica fiscale», al suo paragrafo 1 così dispone:
«In deroga all’articolo 118, paragrafo 3, il capo dell’autorità di verifica fiscale può decidere di sottoporre nuovamente a verifica taluni tipi di obblighi fiscali per un determinato periodo d’imposta in seguito all’emergere di dati supplementari di cui tale autorità non era a conoscenza alla data della verifica fiscale e che incidono sugli esiti di quest’ultima».
Ai sensi dell’articolo 131 di tale Codice, intitolato «Esito della verifica fiscale»:
«1) L’esito della verifica fiscale è registrato per iscritto in un verbale di verifica fiscale contenente la descrizione degli accertamenti dell’autorità di verifica fiscale dal punto di vista materiale e giuridico, nonché le conseguenze fiscali di tali accertamenti.
(...)
4) Il verbale di verifica fiscale costituisce il fondamento per l’emissione:
a) dell’avviso di accertamento, per divari al rialzo o al ribasso rispetto agli obblighi fiscali principali relativi ai divari a livello della base imponibile;
(...)».
L’articolo 132 di detto codice, intitolato «Ricorso alle autorità preposte all’esercizio dell’azione penale», al suo paragrafo 1 enuncia quanto segue:
«L’autorità di controllo fiscale è tenuta ad adire gli organi giudiziari competenti in merito agli accertamenti compiuti in occasione della verifica fiscale e che potrebbero integrare gli elementi costitutivi di un reato, alle condizioni previste dalla legge penale».
L’articolo 268 del medesimo codice, intitolato «Possibilità di proporre reclamo», al paragrafo 1 precisa quanto segue:
«Avverso un titolo di credito, nonché avverso ogni altro atto amministrativo tributario, può essere proposto reclamo a norma del presente titolo. Poiché il reclamo si configura come mezzo di impugnazione amministrativo, esso non priva del diritto di agire in giudizio chiunque ritenga di essere stato leso da un atto amministrativo tributario».
L’articolo 277 del Codice di procedura tributaria, intitolato «Sospensione della pronuncia nel procedimento di reclamo per via amministrativa», è così formulato:
«1) L’organo incaricato dell’esame del reclamo può sospendere la pronuncia, con decisione motivata, qualora:
a) l’organo che ha svolto l’attività di controllo abbia adito gli organi competenti in merito alla sussistenza di indizi circa la commissione di un reato in relazione ai mezzi di prova per la determinazione della base imponibile, reato il cui accertamento potrebbe esercitare un’influenza determinante sull’esito che avrà il procedimento amministrativo;
(...)
4) La decisione definitiva con cui il giudice penale statuisce sull’azione civile è opponibile agli organi incaricati dell’esame dei reclami riguardo agli importi per i quali lo Stato si è costituito parte civile».
Ai sensi dell’articolo 278 di tale codice, intitolato «Sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo tributario»:
«1) La presentazione di un reclamo amministrativo non comporta la sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo tributario.
2) Le disposizioni del presente articolo non pregiudicano il diritto del reclamante di chiedere la sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo tributario ai sensi della [Legea contenciosului administrativ nr. 554/2004 (legge n. 554/2004, recante disciplina del contenzioso amministrativo)] (...)
(...)».
L’articolo 281 di detto codice, intitolato «Comunicazione della decisione e mezzi di ricorso», al paragrafo 2 prevede quanto segue:
«Il reclamante o gli intervenienti nel procedimento di reclamo possono impugnare le decisioni relative a un reclamo nonché gli atti amministrativi tributari cui tali decisioni si riferiscono dinanzi al giudice amministrativo competente (...)».
L’articolo 350 del medesimo codice, intitolato «Cooperazione con le autorità preposte all’esercizio dell’azione penale», ai paragrafi 2 e 3 così dispone:
«2) In casi debitamente giustificati, l’[Agenția Națională de Administrare Fiscală (ANAF) (Agenzia nazionale dell’amministrazione tributaria, Romania)], dopo l’avvio del procedimento penale e su parere del pubblico ministero, può essere incaricata di effettuare verifiche fiscali.
3) L’esito delle verifiche di cui ai paragrafi 1 e 2 è riportato in verbali, che costituiscono mezzi di prova. I verbali non costituiscono un titolo di credito fiscale ai sensi del presente codice».
Con la sentenza del 29 gennaio 2019, n. 72, la Curtea Constituţională (Corte costituzionale, Romania) ha constatato l’incostituzionalità dell’espressione «che costituiscono mezzi di prova» contenuta al paragrafo 3 di tale articolo 350.
Legge recante disciplina del contenzioso amministrativo
La legge n. 554/2004, recante disciplina del contenzioso amministrativo, nella versione applicabile alla controversia oggetto del procedimento principale (in prosieguo: la «legge recante disciplina del contenzioso amministrativo»), contiene, all’articolo 2, paragrafo 1, le seguenti definizioni:
«Ai fini della presente legge, si intende per:
(...)
ş) “danno imminente”: il danno materiale futuro e prevedibile o, se del caso, la prevedibile grave perturbazione del funzionamento di un’autorità pubblica o di un servizio pubblico;
t) “casi debitamente giustificati”: le circostanze di fatto e di diritto tali da far sorgere seri dubbi circa la legittimità dell’atto amministrativo;
(…)».
L’articolo 14 della legge recante disciplina del contenzioso amministrativo, intitolato «Sospensione dell’esecuzione dell’atto», al paragrafo 1 così dispone:
«In casi debitamente giustificati e al fine di prevenire un danno imminente, dopo aver adito (...) l’autorità pubblica da cui promana l’atto o l’autorità gerarchica superiore, la persona lesa può chiedere al giudice competente di disporre la sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo unilaterale fino alla pronuncia del giudice di merito. Qualora la persona lesa non presenti un ricorso di annullamento dell’atto entro 60 giorni, la sospensione dell’esecuzione cessa di diritto e senza alcuna formalità».
L’articolo 15 di tale legge, intitolato «Domanda di sospensione nel ricorso principale», prevede quanto segue:
«1) La sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo unilaterale può essere chiesta dal ricorrente, per i motivi previsti all’articolo 14, con domanda proposta al giudice competente per annullare in tutto o in parte l’atto impugnato. In tal caso, il giudice può disporre la sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo impugnato fino alla decisione definitiva e irrevocabile sulla causa. La domanda di sospensione dell’esecuzione può essere proposta contemporaneamente al ricorso principale o con ricorso separato, fino alla pronuncia nel merito del ricorso.
(...)
4) In caso di accoglimento del ricorso nel merito, il provvedimento di sospensione dell’esecuzione, disposto ai sensi dell’articolo 14, è prorogato di pieno diritto fino alla decisione definitiva e irrevocabile della causa, anche se il ricorrente non ha chiesto la sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo ai sensi del paragrafo 1».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
La Cridar, società attiva nel settore della costruzione di strade e autostrade, è stata oggetto di una verifica fiscale relativa all’IVA per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2011 e il 30 aprile 2014. In occasione di detta verifica l’Administraţia Judeţeană a Finanţelor Publice Bistriţa-Năsăud (Amministrazione distrettuale delle finanze pubbliche di Bistrița-Năsăud, Romania) le ha riconosciuto il diritto alla detrazione dell’IVA per le operazioni registrate nella sua contabilità.
All’inizio del 2015 il Parchetul de pe lângă Curtea de Apel Cluj (Procura presso la Corte d’appello di Cluj, Romania) (in prosieguo: la «Procura») ha istruito il fascicolo penale n. 363/P/2015, nel quale sono state formulate accuse di frode fiscale nei confronti di diverse persone, tra cui l’amministratore della Cridar. In data non precisata nel corso del 2016, la Procura ha chiesto alla DGRFP Cluj-Napoca di effettuare una nuova verifica fiscale presso la Cridar, in quanto vi sarebbero state prove del fatto che, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2015, detta società aveva effettuato acquisti fittizi presso diverse altre società. La DGRFP Cluj-Napoca ha incaricato l’AJFP Cluj di effettuare questa nuova verifica, la quale si è svolta dal 4 al 17 ottobre 2016 e ha riguardato soltanto il periodo oggetto della verifica fiscale menzionato al punto precedente.
Nella sua relazione di verifica fiscale del 3 novembre 2016 e nel suo avviso di accertamento di pari data, l’AJFP Cluj, contrariamente alla posizione adottata nel 2014, ha negato di riconoscere alla Cridar il diritto alla detrazione dell’IVA per tutte le operazioni di acquisto effettuate da tale società presso cinque società indicate dalla Procura (in prosieguo: gli «acquisti di cui trattasi») e ha imposto alla Cridar oneri fiscali supplementari per un importo pari a 2 103 272 lei rumeni (RON) (circa EUR 425 000), a titolo di IVA e di imposta sulle società. Conformemente all’articolo 128 del Codice di procedura tributaria, l’AJFP Cluj ha parimenti revocato l’avviso di accertamento dell’anno 2014 e ha riesaminato tutti gli esiti della precedente verifica fiscale in materia di IVA. Tale nuovo avviso di accertamento si basava su una serie di irregolarità riscontrate a monte, presso cinque fornitori della Cridar o presso i fornitori di questi ultimi, alla luce delle quali l’AJFP Cluj ha concluso che sussisteva un ragionevole sospetto che fosse stata creata una situazione artificiosa affinché la Cridar aumentasse fittiziamente le sue spese e detraesse i corrispondenti importi IVA, senza che esistessero operazioni economiche effettive.
Emessi tali atti, le autorità tributarie hanno trasmesso alla Procura il fascicolo istruttorio riguardante tali fatti configuranti una frode fiscale in relazione alle operazioni controllate. Peraltro, in relazione a tali fatti era già stato avviato un procedimento penale, oggetto del fascicolo istruttorio n. 363/P/2015.
L’11 novembre 2016 la Cridar ha presentato alla DGRFP Cluj-Napoca un reclamo avverso l’avviso di accertamento del 3 novembre 2016 e, sulla base dell’articolo 14 della legge recante disciplina del contenzioso amministrativo, ha presentato una domanda di sospensione dell’esecuzione di tale avviso, accolta dalla Curtea de Apel Cluj (Corte d’appello di Cluj, Romania) con sentenza pronunciata nel 2016, che ha disposto la sospensione dell’esecuzione dell’avviso di accertamento fino alla pronuncia del giudice di merito. Detta sentenza è divenuta definitiva.
Con decisione del 16 marzo 2017 sul reclamo di cui al punto precedente, la DGRFP Cluj-Napoca ha respinto le censure di ordine procedurale che erano state presentate dalla Cridar, ma ha disposto la sospensione della pronuncia nel merito del reclamo fiscale ai sensi dell’articolo 277, paragrafo 1, lettera a), del Codice di procedura tributaria, rilevando che l’organo incaricato dell’esame del reclamo non può pronunciarsi sul merito della controversia prima che una decisione ponga fine al procedimento penale e confermi o smentisca i sospetti degli organi di controllo relativi all’effettiva esistenza degli acquisti di cui trattasi.
Con ricorso proposto il 29 giugno 2017, la Cridar ha chiesto alla Curtea de Apel Cluj (Corte d’appello di Cluj), in via principale, di annullare tale decisione del 16 marzo 2017 per motivi procedurali e, in subordine, di annullare detta decisione e di condannare la DGRFP Cluj-Napoca a pronunciarsi nel merito del suo reclamo. La Cridar ha inoltre chiesto la sospensione dell’esecuzione dell’avviso di accertamento fino alla decisione definitiva della causa in sede penale, in applicazione dell’articolo 15 della legge recante disciplina del contenzioso amministrativo.
Con sentenza del 29 settembre 2017, la Curtea de Apel Cluj ha respinto tale ricorso. Detto giudice ha considerato, in particolare, che la DGRFP Cluj-Napoca ha il diritto di valutare l’opportunità di sospendere la pronuncia sul reclamo fiscale, al fine di evitare che vengano emesse decisioni contraddittorie aventi ad oggetto la stessa situazione giuridica. Esso ne ha dedotto che era legittima la decisione di tale autorità di sospendere la pronuncia sul reclamo fiscale fino a che non fosse stato accertato, in sede penale, se gli acquisti in questione fossero effettivi. Detto giudice ha altresì respinto la domanda di sospensione dell’esecuzione dell’avviso di accertamento fino alla pronuncia definitiva in sede penale, in quanto i motivi di illegittimità invocati non creavano un’apparenza di illegittimità dell’atto e non era dimostrata l’imminenza di un danno. A tal riguardo, essa ha rilevato che la decisione, di cui al punto 22 della presente sentenza, che accoglie la domanda di sospensione dell’esecuzione, presentata sulla base dell’articolo 14 della legge recante disciplina del contenzioso amministrativo, non ha forza di giudicato per statuire su una domanda analoga fondata sull’articolo 15 di tale legge, a causa della differenza relativa agli effetti nel tempo dei due procedimenti in questione.
L’11 ottobre 2017 la Cridar ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza dinanzi alla Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania), giudice del rinvio. Nell’ambito di tale impugnazione, detta società sostiene in particolare che, nella decisione del 16 marzo 2017 che statuisce sul suo reclamo fiscale, la DGRFP Cluj-Napoca avrebbe rilevato, contrariamente a quanto era stato constatato nell’ambito della seconda verifica fiscale, che erano stati trovati solo indizi del fatto che gli acquisti in questione avrebbero potuto essere fittizi e che la questione del carattere fittizio o meno di questi ultimi sarebbe stata risolta solo all’atto della decisione definitiva del procedimento penale. Essa fa valere che, a causa di tali interpretazioni contraddittorie riguardanti le prove acquisite, il loro valore giuridico nonché l’autorità che può dimostrare il carattere fittizio o reale di determinate operazioni, il contribuente sarebbe prigioniero e non avrebbe alcuna possibilità di esercitare il suo diritto a detrazione. La normativa nazionale sembrerebbe dunque aver posto una condizione supplementare per il riconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA, vale a dire la conferma, in sede penale, della realtà effettiva delle operazioni di cui trattasi, che non risulterebbe né dalle disposizioni del diritto dell’Unione applicabili né dalla giurisprudenza della Corte.
Il giudice del rinvio precisa che, poiché la controversia di cui è investito non verte sulla legittimità nel merito dell’avviso di accertamento del 3 novembre 2016, esso non può determinare se gli elementi ivi menzionati siano sufficienti, alla luce della giurisprudenza della Corte, a fondare un diniego del diritto alla detrazione dell’IVA.
Detto giudice osserva, inoltre, che la Cridar non può, per il momento, ottenere una soluzione giudiziaria nel merito del suo reclamo, dato che, conformemente alla giurisprudenza nazionale, l’impugnazione in sede giurisdizionale di un avviso di accertamento è possibile, alla luce dell’articolo 281 del Codice di procedura tributaria, solo se la decisione sul merito del reclamo è impugnata contemporaneamente a tale avviso. Orbene, nel caso di specie, l’autorità tributaria che ha emanato la decisione del 16 marzo 2017 ha soltanto sospeso il procedimento. Detto giudice aggiunge che, ai sensi dell’articolo 278, paragrafo 1, di tale codice, la presentazione di un reclamo amministrativo non comporta la sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo tributario, e ciò anche per il periodo durante il quale si sospende la pronuncia sul reclamo proposto avverso tale atto. Inoltre, esso constata che un avviso di accertamento ha sempre l’effetto di trasferire l’onere fiscale sul soggetto passivo.
Alla luce di tali elementi, il giudice del rinvio si chiede se sia idoneo a violare il principio di neutralità fiscale sancito nella direttiva IVA il fatto che, in un primo tempo, l’autorità tributaria emetta un avviso di accertamento che produce effetti immediati negando il diritto alla detrazione dell’IVA sebbene essa non disponga, in quel momento, di tutti gli elementi oggettivi relativi al coinvolgimento del soggetto passivo in una frode all’IVA e che, in un secondo tempo, la pronuncia sul reclamo proposto contro tale avviso sia sospesa fino a quando non sia fornito un chiarimento dei fatti nell’ambito di un’indagine penale volta ad appurare il coinvolgimento del soggetto passivo in detta frode. Esso si chiede altresì se un siffatto modo di procedere sia compatibile con il diritto a un processo equo garantito dall’articolo 47 della Carta, dal momento che l’avviso di accertamento conserva la sua esecutività durante la sospensione della pronuncia sul reclamo di cui è oggetto, senza che il soggetto passivo abbia la possibilità di contestare detto avviso dinanzi a un giudice, poiché una siffatta facoltà è subordinata all’adozione di una decisione sul merito del reclamo. Il giudice del rinvio ritiene che l’analisi potrebbe essere diversa a seconda che il soggetto passivo benefici o meno di una sospensione dell’esecuzione degli atti contestati alle condizioni previste dagli articoli 14 e 15 della legge recante disciplina del contenzioso amministrativo, tali da escludere provvisoriamente gli effetti del diniego del diritto alla detrazione dell’IVA.
Ciò premesso, la Înalta Curte de Casație și Justiție (Alta Corte di cassazione e di giustizia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la [direttiva IVA] e l’articolo 47 della [Carta] debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che consente alle autorità tributarie, dopo aver emesso un avviso di accertamento che nega il riconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, di sospendere la pronuncia sul reclamo amministrativo [proposto avverso tale avviso] in attesa dell’esito del procedimento penale, che potrebbe fornire ulteriori elementi oggettivi riguardo al coinvolgimento del soggetto passivo nella frode fiscale di cui trattasi.
2) Se la risposta della [Corte] alla questione precedente possa essere diversa qualora, durante la sospensione della pronuncia sul reclamo amministrativo, il soggetto passivo beneficiasse di misure provvisorie atte a sospendere gli effetti del diniego del diritto alla detrazione dell’IVA».
Sulle questioni pregiudiziali
Con le sue due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva IVA e l’articolo 47 della Carta debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che autorizza le autorità tributarie nazionali a sospendere la pronuncia su un reclamo amministrativo, proposto avverso un avviso di accertamento che nega a un soggetto passivo il beneficio del diritto alla detrazione dell’IVA pagata a monte a causa del coinvolgimento di tale soggetto passivo in una frode fiscale, in attesa dell’esito di un procedimento penale che potrebbe fornire ulteriori elementi oggettivi in ordine a tale coinvolgimento, e se sia rilevante a tale riguardo il fatto che, durante tale sospensione, detto soggetto passivo possa ottenere una sospensione dell’esecuzione di tale avviso.
A tal riguardo, occorre ricordare, in primo luogo, che il diritto dei soggetti passivi di detrarre, dall’IVA di cui sono debitori, l’IVA dovuta o assolta a monte per i beni acquistati e per i servizi loro prestati ai fini di loro operazioni soggette ad imposta costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa dell’Unione. Come ripetutamente dichiarato dalla Corte, il diritto a detrazione previsto dagli articoli 167 e seguenti della direttiva IVA costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni una volta che i requisiti o le condizioni tanto sostanziali quanto formali a cui tale diritto è subordinato sono rispettati dai soggetti passivi che intendano esercitarlo (sentenze del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C-189/18, EU:C:2019:861, punto 33 e giurisprudenza ivi citata, nonché dell’11 novembre 2021, Ferimet, C-281/20, EU:C:2021:910, punto 31).
Ciò posto, la lotta contro frodi, evasione fiscale ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva IVA, e la Corte ha più volte dichiarato che i soggetti dell’ordinamento non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione. Pertanto, è compito delle autorità e dei giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che lo stesso diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente (sentenze del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C-189/18, EU:C:2019:861, punto 34 e giurisprudenza ivi citata, nonché dell’11 novembre 2021, Ferimet, C-281/20, EU:C:2021:910, punto 45).
Tale situazione ricorre nel caso di una frode relativa all’IVA commessa dal soggetto passivo stesso, ma altresì quando il medesimo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava a un’operazione che si iscriveva in una tale frode. Pertanto, il beneficio del diritto a detrazione può essere negato a un soggetto passivo solamente qualora si dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che detto soggetto passivo, al quale sono stati ceduti i beni o prestati i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, abbia commesso egli stesso la frode oppure sapeva o avrebbe dovuto sapere che, acquisendo questi beni o servizi, partecipava a un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di tali cessioni o prestazioni (v., in tal senso, sentenze del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C-189/18, EU:C:2019:861, punto 35 e giurisprudenza ivi citata, nonché dell’11 novembre 2021, Ferimet, C-281/20, EU:C:2021:910, punto 46).
Poiché il diniego del diritto a detrazione è un’eccezione all’applicazione del principio fondamentale che tale diritto costituisce, incombe alle autorità tributarie dimostrare adeguatamente gli elementi oggettivi che consentano di concludere che il soggetto passivo ha commesso egli stesso una frode all’IVA, oppure sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in tale frode (sentenze del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C-189/18, EU:C:2019:861, punto 36 e giurisprudenza ivi citata, e dell’11 novembre 2021, Ferimet, C-281/20, EU:C:2021:910, punto 50).
Poiché il diritto dell’Unione non prevede norme relative alle modalità d’assunzione delle prove in materia di frode relativa all’IVA, tali elementi oggettivi devono essere stabiliti dall’amministrazione tributaria secondo le norme in materia di prova previste dal diritto nazionale. Tuttavia, tali norme non devono pregiudicare l’efficacia del diritto dell’Unione e devono rispettare i diritti garantiti da tale ordinamento, specialmente dalla Carta [v., in tal senso, sentenze del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C-189/18, EU:C:2019:861, punto 37 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 4 giugno 2020, C.F. (Verifica fiscale), C-430/19, EU:C:2020:429, punto 45].
Pertanto, e a tali condizioni, la Corte, nella sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832), ha dichiarato, al punto 68 di quest’ultima, che il diritto dell’Unione non osta a che l’amministrazione tributaria possa, nell’ambito di un procedimento amministrativo, al fine di accertare la sussistenza di una pratica abusiva in materia di IVA, utilizzare prove ottenute nell’ambito di un procedimento penale nazionale parallelo non ancora concluso riguardanti il soggetto passivo, fermo restando il rispetto dei diritti garantiti dall’ordinamento dell’Unione, in special modo dalla Carta. Analogamente, essa ha dichiarato, al punto 38 della sentenza del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary (C-189/18, EU:C:2019:861), in sostanza, che, sempre nel rispetto dei diritti garantiti dal diritto dell’Unione, l’amministrazione tributaria nazionale, al fine di accertare l’esistenza di una frode all’IVA, deve potersi basare su prove ottenute nell’ambito di procedimenti penali non conclusi non aventi ad oggetto il soggetto passivo o raccolte nel corso di procedimenti amministrativi connessi nei quali il soggetto passivo non era parte.
Il diritto dell’Unione, di conseguenza, in linea di principio e fermo restando il rispetto dei diritti garantiti da tale ordinamento, specialmente dalla Carta, non può neppure ostare a che le autorità tributarie, nell’ambito dell’esame di un reclamo amministrativo proposto avverso un avviso di accertamento che nega il diritto a detrazione dell’IVA, possano sospendere la pronuncia su tale reclamo al fine di ottenere ulteriori elementi oggettivi che dimostrino il coinvolgimento del soggetto passivo nella frode fiscale su cui si fonda tale diniego del diritto a detrazione. Infatti, dal momento che, purché siano rispettati i diritti garantiti dall’ordinamento dell’Unione, quest’ultimo non osta a che l’amministrazione tributaria si avvalga di prove ottenute nell’ambito di un procedimento penale al fine di constatare, nell’ambito di un procedimento amministrativo, la sussistenza di una frode o di una pratica abusiva in materia di IVA, il diritto dell’Unione, in linea di principio e sempre nel rispetto dei medesimi diritti, non può neppure ostare a che un siffatto procedimento amministrativo sia sospeso, anche nella fase d’esame del reclamo proposto avverso l’avviso di accertamento che nega il diritto alla detrazione dell’IVA, in particolare al fine di evitare l’adozione di decisioni contraddittorie che potrebbero compromettere la certezza del diritto o, come nella controversia oggetto del procedimento principale, per consentire l’eventuale raccolta di prove supplementari che potrebbero poi essere utilizzate ai fini dell’esame di tale reclamo.
Tuttavia, dal momento che, in una situazione del genere, è già stato emesso un avviso di accertamento che nega al soggetto passivo il diritto a detrazione dell’IVA, e tenuto conto del fatto che tale diritto costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA, occorre ricordare che i principi che disciplinano l’applicazione, da parte degli Stati membri, del regime comune dell’IVA, in particolare quelli di neutralità fiscale e di certezza del diritto, ostano a che, in presenza di semplici sospetti non suffragati dell’amministrazione tributaria nazionale quanto all’effettiva realizzazione delle operazioni economiche che hanno portato all’emissione di una fattura fiscale, al soggetto passivo destinatario di questa fattura venga negato il diritto alla detrazione dell’IVA se esso non sia in grado di fornire, oltre a detta fattura, ulteriori prove a sostegno dell’effettiva esistenza delle operazioni economiche realizzate [v., in tal senso, sentenze del 22 ottobre 2015, PPUH Stehcemp, C-277/14, EU:C:2015:719, punto 50, nonché del 4 giugno 2020, C.F. (Verifica fiscale), C-430/19, EU:C:2020:429, punti 44 e 49]. Il beneficio del diritto a detrazione non può neppure essere negato sulla base di supposizioni (v., in tal senso, sentenza dell’11 novembre 2021, Ferimet, C-281/20, EU:C:2021:910, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).
Nel caso di specie, il giudice del rinvio rileva espressamente, nella sua prima questione, che la sospensione della pronuncia sul reclamo di cui al procedimento principale è stata disposta sulla base del rilievo che il procedimento penale, in attesa della cui conclusione è stata disposta tale sospensione, può fornire «ulteriori» elementi oggettivi relativi al coinvolgimento del soggetto passivo nella frode fiscale su cui si fonda il diniego del diritto a detrazione constatato in detto avviso di accertamento.
Orbene, dal momento che le questioni sollevate si fondano su tale premessa di fatto, che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare, e che la Corte non può rimetterla in discussione tenuto conto della netta separazione delle funzioni tra quest’ultima e i giudici nazionali nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 267 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 9 ottobre 2014, Traum, C-492/13, EU:C:2014:2267, punto 19, nonché del 9 settembre 2021, Real Vida Seguros, C-449/20, EU:C:2021:721, punto 13 e giurisprudenza ivi citata), è opportuno, al fine di fornire una risposta completa al giudice del rinvio, considerare assodata tale premessa e proseguire l’analisi.
Ciò premesso, posto che nel procedimento principale sono in discussione non solo le modalità di assunzione delle prove da parte delle autorità tributarie nazionali, ma anche una decisione di sospendere la pronuncia su un reclamo amministrativo, occorre, in secondo luogo, alla luce dell’autonomia di cui dispongono gli Stati membri quanto all’organizzazione dei loro procedimenti amministrativi, ricordare che, in mancanza di una disciplina dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti riconosciuti ai contribuenti in forza delle norme di diritto dell’Unione, a condizione, tuttavia, che dette modalità non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) e che esse non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2017, Ispas, C-298/16, EU:C:2017:843, punti 28 e 29 e giurisprudenza ivi citata).
Nel caso di specie, per quanto riguarda il principio di equivalenza, nessun elemento nel fascicolo sottoposto alla Corte dimostra che l’articolo 277, paragrafo 1, lettera a), del Codice di procedura tributaria, in forza del quale è stata disposta la sospensione della pronuncia di cui trattasi nel procedimento principale, sia specificatamente riferibile ai controlli degli obblighi in materia di IVA, di modo che, fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, una violazione di tale principio può essere esclusa (v., per analogia, sentenza del 9 novembre 2017, Ispas, C-298/16, EU:C:2017:843, punto 30).
Quanto al principio di effettività, non vi è, anche sotto questo aspetto, alcun elemento tale da far ritenere che una sospensione della pronuncia su un reclamo amministrativo proposto avverso un avviso di accertamento che neghi un diritto alla detrazione dell’IVA renderebbe di per sé impossibile o eccessivamente difficile, a livello amministrativo, l’esercizio, da parte dei soggetti dell’ordinamento, dei diritti che essi traggono dall’ordinamento giuridico dell’Unione.
Occorre tuttavia, in terzo luogo, alla luce delle considerazioni esposte al punto 38 della presente sentenza, ricordare, da un lato, che quando uno Stato membro attua il diritto dell’Unione, gli obblighi derivanti dal diritto a un buon andamento dell’amministrazione, il quale riflette un principio generale del diritto dell’Unione, e, in particolare, il diritto di ogni individuo a che le questioni che lo riguardano siano trattate in modo imparziale ed entro un termine ragionevole, trovano applicazione nell’ambito di un procedimento di verifica fiscale mediante il quale uno Stato membro attua il diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 14 maggio 2020, Agrobet CZ, C-446/18, EU:C:2020:369, punti 43 e 44 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 21 ottobre 2021, CHEP Equipment Pooling, C-396/20, EU:C:2021:867, punto 48).
Orbene, dal momento che una controversia come quella di cui al procedimento principale riguarda, in definitiva, l’esercizio, da parte dell’amministrazione tributaria, dei suoi poteri di controllo al fine di conformarsi all’obbligo per gli Stati membri, derivante dall’applicazione del diritto dell’Unione, di adottare tutte le misure legislative e amministrative al fine di garantire che l’IVA sia interamente riscossa nel suo territorio e a lottare contro la frode, il procedimento di esame del reclamo amministrativo proposto avverso un avviso di accertamento che nega un diritto a detrazione dell’IVA costituisce attuazione, da parte dello Stato membro interessato, del diritto dell’Unione, cosicché tale procedura deve svolgersi nel rispetto del diritto a un buon andamento dell’amministrazione (v., per analogia, sentenza del 9 novembre 2017, Ispas, C-298/16, EU:C:2017:843, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).
Pertanto, è altresì necessario, affinché il diritto dell’Unione non osti a una sospensione della pronuncia su un reclamo amministrativo, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che una tale sospensione non leda il diritto a un buon andamento dell’amministrazione e, in particolare, che essa non abbia l’effetto di ritardare l’esito di tale procedimento di reclamo amministrativo oltre un termine ragionevole.
Dall’altro lato, occorre constatare che i diritti fondamentali garantiti dalla Carta sono parimenti destinati ad applicarsi a una controversia come quella oggetto del procedimento principale, poiché la sospensione contestata dinanzi al giudice del rinvio rientra nell’ambito di un procedimento amministrativo, che nega a un soggetto passivo il diritto alla detrazione dell’IVA pagata a monte a causa del suo coinvolgimento in una frode fiscale in violazione dei principi che disciplinano il sistema comune dell’IVA istituito dal legislatore dell’Unione e che costituisce, di conseguenza, attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta (v., per analogia, sentenza del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C-189/18, EU:C:2019:861, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).
A tal riguardo, occorre rilevare che il giudice del rinvio si interroga in merito all’interpretazione da dare all’articolo 47 della Carta, secondo il quale ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste da tale articolo, in quanto, per tutto il periodo di durata di tale sospensione, la Cridar si trova nell’impossibilità di proporre un ricorso giurisdizionale avverso l’avviso di accertamento che le nega il diritto alla detrazione dell’IVA, atteso che il diritto nazionale applicabile subordina la possibilità di proporre un tale ricorso all’adozione di una decisione che si pronunci nel merito del reclamo.
Orbene, vero è che la Corte ha già dichiarato che il principio della tutela giurisdizionale effettiva enunciato in tale disposizione è costituito da diversi elementi, tra i quali figurano, in particolare, il diritto di agire dinanzi a un giudice (sentenza del 30 giugno 2016, Toma e Biroul Executorului Judecătoresc Horaţiu-Vasile Cruduleci, C-205/15, EU:C:2016:499, punto 42 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, dalla giurisprudenza della Corte risulta altresì che il diritto di agire dinanzi a un giudice non è un diritto assoluto e che, pertanto, può implicare restrizioni proporzionate che perseguano uno scopo legittimo e non pregiudichino tale diritto nella sua stessa sostanza (sentenza del 30 giugno 2016, Toma e Biroul Executorului Judecătoresc Horaţiu-Vasile Cruduleci, C-205/15, EU:C:2016:499, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).
Nel caso di specie, è sufficiente rilevare che, benché sia vero che, per tutto il tempo in cui dura tale sospensione, la Cridar si trova effettivamente privata della facoltà di proporre un ricorso giurisdizionale avverso un avviso di accertamento che le nega un diritto alla detrazione dell’IVA, dalle considerazioni esposte al punto 38 della presente sentenza risulta tuttavia che una siffatta sospensione persegue uno scopo legittimo, e da quelle esposte ai punti da 45 a 47 della presente sentenza risulta che la Cridar non può essere privata di tale facoltà oltre un termine ragionevole. Inoltre, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che è pacifico nel procedimento principale che tale società possa proporre un ricorso giurisdizionale avverso la decisione che statuirà nel merito del suo reclamo. Alla luce di tutto ciò, non si può ritenere che una siffatta sospensione della pronuncia su un reclamo amministrativo ostacoli in modo sproporzionato, per un soggetto passivo come la Cridar, il diritto di agire dinanzi a un giudice, quale garantito dall’articolo 47 della Carta.
Peraltro, secondo una giurisprudenza costante della Corte, l’efficacia del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta presuppone che l’interessato possa conoscere la motivazione della decisione adottata nei suoi confronti, vuoi in base alla lettura della decisione stessa, vuoi a seguito di comunicazione della motivazione effettuata su sua richiesta, fermo restando il potere del giudice competente di richiedere all’autorità di cui trattasi la comunicazione della motivazione medesima, al fine di consentire all’interessato di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente, e per consentire pienamente a quest’ultimo di esercitare il controllo sulla legittimità della decisione nazionale in questione (sentenza del 24 novembre 2020, Minister van Buitenlandse Zaken, C-225/19 e C-226/19, EU:C:2020:951, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).
Di conseguenza, affinché una sospensione della pronuncia su un reclamo amministrativo proposto avverso un avviso di accertamento che nega un diritto a detrazione dell’IVA sia disposta nel rispetto dell’articolo 47 della Carta, è altresì necessario che la decisione che dispone tale sospensione sia motivata in fatto come in diritto, al fine non solo di consentire al soggetto passivo di conoscere i motivi per i quali si ritiene che detta sospensione sia necessaria per poter statuire utilmente sul suo reclamo e di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili, ma anche al fine di consentire al giudice investito di un ricorso avverso tale decisione di sospensione di essere pienamente in grado di esercitare il controllo sulla legittimità di quest’ultima.
Del resto, l’obbligo per l’amministrazione, quando attua il diritto dell’Unione, di motivare le proprie decisioni deriva già dal diritto a un buon andamento dell’amministrazione (v., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2020, Minister van Buitenlandse Zaken, C-225/19 e C-226/19, EU:C:2020:951, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).
In quarto luogo, poiché non si può escludere che, in definitiva, risulti che il diritto a detrazione sia stato negato al soggetto passivo in violazione del diritto dell’Unione, occorre ancora ricordare che il diritto di ottenere il rimborso delle imposte, riscosse da uno Stato membro in violazione delle norme del diritto dell’Unione, costituisce la conseguenza e il complemento dei diritti attribuiti ai soggetti dell’ordinamento dalle disposizioni del diritto dell’Unione, nell’interpretazione loro data dalla Corte. Gli Stati membri sono quindi tenuti, in linea di principio, a rimborsare le imposte riscosse in violazione del diritto dell’Unione. La domanda di rimborso dell’IVA indebitamente versata rientra nell’ambito del diritto alla ripetizione dell’indebito il quale, secondo costante giurisprudenza, è inteso a rimediare alle conseguenze dell’incompatibilità dell’imposta con il diritto dell’Unione, neutralizzando l’onere economico che ha indebitamente gravato l’operatore che, in definitiva, l’ha effettivamente sopportata (sentenze del 14 giugno 2017, Compass Contract Services, C-38/16, EU:C:2017:454, punti 29 e 30 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 2 luglio 2020, Terracult, C-835/18, EU:C:2020:520, punto 24).
In tale contesto, occorre sottolineare che il sistema delle detrazioni è inteso a esonerare interamente l’imprenditore dall’onere dell’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, di conseguenza, la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA (sentenze del 14 febbraio 1985, Rompelman, 268/83, EU:C:1985:74, punto 19, nonché dell’11 novembre 2021, Ferimet, C-281/20, EU:C:2021:910, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).
A tal riguardo, la Corte ha già precisato che, se è pur vero che gli Stati membri dispongono di una certa libertà di manovra nello stabilire le modalità di rimborso dell’IVA eccedente, dette modalità non devono ledere il principio della neutralità fiscale, gravando il soggetto passivo, in tutto o in parte, dell’onere di tale imposta. Tali modalità devono segnatamente consentire al soggetto passivo di recuperare, in condizioni adeguate, la totalità del credito risultante da detta IVA eccedente, il che implica che il rimborso sia effettuato, entro un termine ragionevole, mediante versamento in denaro contante o con modalità equivalenti, e che, in ogni caso, il sistema di rimborso adottato non debba far incorrere il soggetto passivo in alcun rischio finanziario (sentenze del 6 luglio 2017, Glencore Agriculture Hungary, C-254/16, EU:C:2017:522, punto 20 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 12 maggio 2021, technoRent International e a., C-844/19, EU:C:2021:378, punti 37 e 38).
Quando il rimborso dell’IVA eccedente al soggetto passivo avviene oltre un termine ragionevole, il principio di neutralità del sistema fiscale dell’IVA richiede altresì che le perdite finanziarie così generate, a svantaggio del soggetto passivo, dall’indisponibilità delle somme di denaro di cui trattasi siano compensate dal pagamento di interessi di mora (v., in tal senso, sentenze del 6 luglio 2017, Glencore Agriculture Hungary, C-254/16, EU:C:2017:522, punto 22 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 12 maggio 2021, technoRent International e a., C-844/19, EU:C:2021:378, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).
Tali considerazioni sono parimenti applicabili, per analogia, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, in quanto un diniego illegittimo del diritto a detrazione dell’IVA pagata a monte, constatato mediante avviso di accertamento immediatamente esecutivo, ha anche l’effetto di immobilizzare, a danno del soggetto passivo, la somma di denaro corrispondente all’importo dell’IVA la cui detrazione è stata, per ipotesi, negata in violazione del diritto dell’Unione.
Ne consegue che, affinché una sospensione della pronuncia su un reclamo amministrativo proposto avverso un avviso di accertamento che nega un diritto a detrazione dell’IVA, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, sia disposta nel rispetto del diritto dell’Unione, è altresì necessario che la normativa nazionale applicabile preveda, qualora risulti in definitiva che tale diniego sia stato opposto in violazione del diritto dell’Unione, che il soggetto passivo possa ottenere entro un termine ragionevole il rimborso della somma di denaro considerata nonché, se del caso, degli interessi di mora.
In quinto e ultimo luogo, occorre rilevare che, nei limiti in cui siano rispettate le condizioni derivanti dalle considerazioni sin qui svolte, non è necessario che, durante il periodo della sospensione della pronuncia sul suo reclamo, il soggetto passivo benefici in tutti i casi di una sospensione dell’esecuzione dell’avviso di accertamento che costituisce l’oggetto di tale reclamo. È sufficiente che la normativa nazionale applicabile preveda la possibilità di concedere una siffatta sospensione, quale provvedimento provvisorio, in caso di seri dubbi circa la legittimità dell’avviso di accertamento, qualora la concessione di una siffatta sospensione dell’esecuzione sia necessaria per evitare un danno grave e irreparabile agli interessi del soggetto passivo.
Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che la direttiva IVA e l’articolo 47 della Carta devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che autorizza le autorità tributarie nazionali a sospendere la pronuncia su un reclamo amministrativo, proposto avverso un avviso di accertamento che nega a un soggetto passivo il beneficio del diritto a detrazione dell’IVA pagata a monte a causa del coinvolgimento di tale soggetto passivo in una frode fiscale, al fine di ottenere ulteriori elementi oggettivi relativi a tale coinvolgimento, purché, in primo luogo, una tale sospensione non abbia l’effetto di ritardare l’esito di detto procedimento di reclamo amministrativo oltre un termine ragionevole; in secondo luogo, la decisione che dispone tale sospensione sia motivata tanto in diritto quanto in fatto e possa essere soggetta a controllo giurisdizionale; e, in terzo luogo, qualora risulti in definitiva che il diritto a detrazione sia stato negato in violazione del diritto dell’Unione, tale soggetto passivo possa ottenere entro un termine ragionevole il rimborso della somma di denaro corrispondente nonché, se del caso, dei relativi interessi di mora. In tali circostanze, non è necessario che, durante tale sospensione della pronuncia sul reclamo, detto soggetto passivo benefici di una sospensione dell’esecuzione di tale avviso, salvo qualora, in caso di seri dubbi circa la legittimità di detto avviso, la concessione di una sospensione dell’esecuzione del medesimo avviso sia necessaria per evitare un danno grave e irreparabile agli interessi del soggetto passivo.
Sulle spese
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:
La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, e l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che autorizza le autorità tributarie nazionali a sospendere la pronuncia su un reclamo amministrativo, proposto avverso un avviso di accertamento che nega a un soggetto passivo il beneficio del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto pagata a monte a causa del coinvolgimento di tale soggetto passivo in una frode fiscale, al fine di ottenere ulteriori elementi oggettivi relativi a tale coinvolgimento, purché, in primo luogo, una tale sospensione non abbia l’effetto di ritardare l’esito di detto procedimento di reclamo amministrativo oltre un termine ragionevole; in secondo luogo, la decisione che dispone tale sospensione sia motivata tanto in diritto quanto in fatto e possa essere soggetta a controllo giurisdizionale; e, in terzo luogo, qualora risulti in definitiva che il diritto a detrazione sia stato negato in violazione del diritto dell’Unione, tale soggetto passivo possa ottenere entro un termine ragionevole il rimborso della somma di denaro corrispondente nonché, se del caso, dei relativi interessi di mora. In tali circostanze, non è necessario che, durante tale sospensione della pronuncia sul reclamo, detto soggetto passivo benefici di una sospensione dell’esecuzione di tale avviso, salvo qualora, in caso di seri dubbi circa la legittimità di detto avviso, la concessione di una sospensione dell’esecuzione del medesimo avviso sia necessaria per evitare un danno grave e irreparabile agli interessi del soggetto passivo.
Firme
* Lingua processuale: il rumeno.