Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 9 ottobre 2014. Traum EOOD contro Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Administrativen sad Varna. Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – IVA – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 138, paragrafo 1 – Esenzioni connesse alle operazioni intracomunitarie – Acquirente non identificato ai fini dell’IVA – Obbligo del venditore di accertare l’autenticità della firma dell’acquirente o del suo rappresentante – Principi di proporzionalità, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento – Effetto diretto. Causa C‑492/13.
SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Administrativen sad Varna (Bulgaria), con decisione del 2 settembre 2013, pervenuta in cancelleria il 13 settembre 2013, nel procedimento
Traum EOOD
contro
Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite,
LA CORTE (Quinta Sezione),
composta da T. von Danwitz (relatore), presidente di sezione, C. Vajda, A. Rosas, E. Juhász e D. Šváby, giudici,
avvocato generale: N. Wahl
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
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per il Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite, da D. Zhelyazkov, in qualità di agente; |
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per la Commissione europea, da S. Petrova e L. Lozano Palacios, in qualità di agenti, |
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 138, paragrafo 1, e 139, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto ( GU L 347, pag. 1 ), come modificata dalla direttiva 2010/88/UE del Consiglio, del 7 dicembre 2010 ( GU L 326, pag. 1 ; in prosieguo: la «direttiva IVA»). |
Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia tra, da un lato, la Traum EOOD (in prosieguo: la «Traum») e, dall’altro, il Direktor na Direktsia «Obzhalvane i danachno-osiguritelna praktika» Varna pri Tsentralno upravlenie na Natsionalnata agentsia za prihodite (direttore della direzione «Ricorsi e prassi in materia di fiscalità e di previdenza sociale», per la città di Varna, dell’Amministrazione centrale dell’Agenzia per le entrate; in prosieguo: il «Direktor»), in merito ad un avviso di accertamento in rettifica con cui si nega alla Traum l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») per un’operazione che la Traum ha qualificato come «cessione intracomunitaria di beni». |
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
L’articolo 131 della direttiva IVA così dispone: «Le esenzioni previste ai capi da 2 a 9 [del titolo IX della direttiva IVA] si applicano, salvo le altre disposizioni comunitarie e alle condizioni che gli Stati membri stabiliscono per assicurare la corretta e semplice applicazione delle medesime esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso». |
Il capo 4 di tale direttiva, rubricato «Esenzioni connesse alle operazioni intracomunitarie» e figurante al titolo IX, contiene l’articolo 138, paragrafo 1, che dispone quanto segue: «Gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nella Comunità, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo, o di un ente non soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni». |
Ai sensi dell’articolo 139, paragrafo 1, della direttiva: «L’esenzione prevista all’articolo 138, paragrafo 1, non si applica alle cessioni di beni effettuate da soggetti passivi che beneficiano della franchigia per le piccole imprese prevista agli articoli da 282 a 292. L’esenzione non si applica neppure alle cessioni di beni effettuate nei confronti di soggetti passivi o di enti non soggetti passivi, i cui acquisti intracomunitari di beni non sono soggetti all’IVA a norma dell’articolo 3, paragrafo 1». |
Il diritto bulgaro
L’articolo 7, paragrafo 1, della legge in materia di imposta sul valore aggiunto (Zakon za danak varhu dobavenata stoynost, DV n. 63, del 4 agosto 2006), nel testo applicabile al procedimento principale (in prosieguo: lo «ZDDS»), enuncia quanto segue: «Una cessione intracomunitaria di beni è una cessione di beni trasportati dal venditore, identificato ai fini dell’IVA in base alla presente legge, o per suo conto o per conto dell’acquirente, dal territorio nazionale in un altro Stato membro, quando l’acquirente è un soggetto passivo oppure un ente non soggetto passivo, identificato ai fini dell’IVA in un altro Stato membro». |
L’articolo 45, lettera c), del regolamento d’attuazione dello ZDDS così recita: «Per attestare una cessione intracomunitaria di beni, il fornitore deve disporre dei seguenti documenti: 1. un documento attestante la cessione:
(...) 2. Documenti comprovanti la spedizione o il trasporto dei beni dal territorio nazionale in un altro Stato membro:
(...)». |
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
Nei mesi di settembre e di ottobre 2009, la Traum svolgeva attività nel settore dei lavori generali di costruzione di edifici e di opere edili. Nella sua dichiarazione per l’IVA relativa al periodo dal 1 o settembre al 31 ottobre 2009, la Traum dichiarava di aver effettuato cessioni intracomunitarie di portalame e materiali grezzi, esentati dall’IVA, alla società Evangelos gaitadzis, con sede in Grecia, producendo documenti di cui all’articolo 45 del regolamento di attuazione dello ZDDS, ossia due fatture contenenti il numero di partita IVA greco della società Evangelos gaitadzis, verbali di consegna, lettere di vettura internazionali e una bolla di ricevuta delle merci firmata. |
A seguito di una verifica nella banca dati elettronica del sistema di scambio di informazioni in materia di IVA (VIES) («VAT Information Exchange System»; in prosieguo: la «banca dati VIES»), svolta il 7 ottobre 2009, il 2 novembre 2009 l’amministrazione tributaria bulgara ha emanato un avviso di detrazione e di rimborso nei confronti della Traum. In tale avviso, essa indicava che, sulla scorta di un controllo nella banca dati VIES, risultava che la società Evangelos gaitadzis era identificata ai fini dell’IVA e disponeva di numero di partita IVA valido dal 15 novembre 2005. |
Tuttavia, la società Evangelos gaitadzis non ha né dichiarato l’acquisto intracomunitario né versato l’IVA in Grecia. |
In occasione di una successiva verifica fiscale, l’amministrazione tributaria bulgara ha consultato nuovamente la banca dati VIES e in tale frangente ha constatato che la società Evangelos gaitadzis non era più identificata ai fini dell’IVA dal 15 gennaio 2006. Pertanto, il 17 maggio 2011 tale amministrazione ha emanato un avviso di accertamento in rettifica nei confronti della Traum, assoggettando le operazioni di vendita alla società Evangelos gaitadzis all’IVA, in quanto quest’ultima società non era identificata ai fini dell’IVA in un altro Stato membro, sicché la condizione di esenzione da tale imposta, vertente sulla qualità di soggetto passivo dell’acquirente e prevista all’articolo 7, paragrafo 1, dello ZDDS, non era adempiuta. |
La Traum ha proposto un ricorso amministrativo dinanzi al Direktor avverso il citato avviso di accertamento in rettifica e, in tale occasione, ha prodotto l’avviso di detrazione e di rimborso emanato dall’amministrazione tributaria bulgara, dal quale consta che la società Evangelos gaitadzis disponeva di un numero di partita IVA valido al momento dell’operazione. |
Con decisione del 5 agosto 2011 il Direktor ha confermato l’avviso di accertamento in rettifica, adducendo l’assenza di prove del trasporto della merce fuori dal territorio della Repubblica di Bulgaria e la mancanza di una conferma scritta della ricezione della stessa da parte dell’acquirente. Il Direktor sosteneva che la bolla di ricezione della merce in oggetto e i verbali di consegna prodotti non contenevano indicazioni sull’indirizzo esatto di ricezione della merce, né sull’identità, la posizione e i poteri di rappresentanza della persona che, all’interno della società Evangelos gaitadzis, l’aveva ricevuta, sicché tali documenti non possedevano valore probatorio. |
A sostegno del suo ricorso dinanzi all’Administrativen sad Varna (Tribunale amministrativo di Varna) contro tale decisione del Direktor, la Traum dichiara di avere fornito all’amministrazione tributaria bulgara tutti i documenti richiesti, a norma sia dello ZDDS sia del suo regolamento di attuazione, che dimostrano l’esistenza di una cessione intracomunitaria. Essa sostiene, inoltre, di avere svolto le operazioni in oggetto in buona fede, dopo aver verificato il numero di partita IVA della società Evangelos gaitadzis nella banca dati VIES prima di concludere le operazioni in questione. |
Il giudice del rinvio rileva che, in materia di applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, dello ZDDS, concernente i mezzi per provare il trasporto intracomunitario di beni e la loro ricezione in un altro Stato membro, i giudici bulgari hanno pronunciato decisioni contraddittorie quanto alla forza probatoria delle lettere di vettura internazionali. In proposito, esso si chiede se le condizioni relative alla prova applicate in forza della normativa bulgara siano conformi al diritto dell’Unione. |
Ciò premesso, l’Administrativen sad Varna ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità
Il Direktor rimette in discussione la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, lamentando che il giudice del rinvio ha presentato i fatti di causa in modo errato. Secondo il Direktor, tale giudice ha erroneamente considerato assodato il fatto che la merce sia stata trasportata in Grecia e consegnata alla società Evangelos gaitadzis. |
A questo proposito occorre rilevare, da un lato, che il giudice del rinvio si è limitato a indicare alla Corte documenti che la Traum ha presentato per dimostrare l’esistenza di una cessione intracomunitaria di beni, senza avere autonomamente accertato che la merce sia stata effettivamente trasportata in Grecia o consegnata all’acquirente e, dall’altro, che le questioni sottoposte alla Corte riguardano, al contrario, i requisiti probatori cui gli Stati membri possono subordinare l’esenzione dall’IVA per una cessione intracomunitaria. |
Inoltre, secondo una giurisprudenza consolidata, nel contesto del procedimento previsto dall’articolo 267 TFUE, basato sulla netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, quest’ultima può pronunciarsi unicamente sull’interpretazione o sulla validità di un testo di diritto dell’Unione, sulla base dei fatti indicati dal giudice nazionale (v. sentenze WWF e a., C-435/97, EU:C:1999:418 , punto 31, nonché Endress, C-209/12, EU:C:2013:864 , punto 19 e giurisprudenza ivi citata). Per quanto riguarda, segnatamente, asserite lacune ed errori di fatto contenuti nell’ordinanza di rinvio, è sufficiente ricordare che non spetta alla Corte, ma al giudice nazionale, accertare i fatti che hanno dato origine alla causa e trarne le conseguenze ai fini della sua pronuncia (sentenza Preussen Elektra, C-379/98, EU:C:2001:160 , punto 40). |
Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile. |
Sulla prima e sulla seconda questione
Con la prima e la seconda questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 138, paragrafo 1, e 139, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA debbano essere interpretati nel senso che ostano a che, in circostanze come quelle del procedimento principale, l’amministrazione tributaria di uno Stato membro neghi l’esenzione dall’IVA per una cessione intracomunitaria perché l’acquirente non era identificato ai fini dell’IVA in un altro Stato membro e il fornitore non ha dimostrato né l’autenticità della firma figurante sui documenti prodotti per corroborare la sua dichiarazione di cessione asseritamente esentata, né che la persona che ha sottoscritto tali documenti in nome dell’acquirente avesse facoltà di rappresentarlo. |
Per rispondere a tali questioni occorre ricordare che una cessione intracomunitaria, che costituisce il corollario dell’acquisto intracomunitario, è esente dall’IVA se soddisfa i requisiti fissati all’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA (sentenza Mecsek-Gabona, C-273/11, EU:C:2012:547 , punto 29 e giurisprudenza ivi citata). |
In forza di quest’ultima disposizione, gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nell’Unione europea, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo o di un ente non soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni. |
Per costante giurisprudenza, l’esenzione dall’IVA per la cessione intracomunitaria di un bene diviene applicabile solo quando il potere di disporre di tale bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente, il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione (v., in particolare, sentenza Teleos e a., C-409/04, EU:C:2007:548 , punto 42). |
Inoltre, come risulta dall’articolo 139, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA, l’esenzione è subordinata alla condizione che la cessione non sia effettuata nei confronti di un soggetto passivo o di un ente non soggetto passivo, i cui acquisti intracomunitari di beni non sono soggetti all’IVA a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva. |
Orbene, le questioni sottoposte dal giudice del rinvio riguardano le modalità di prova che possono essere imposte al fornitore per dimostrare che le condizioni per l’esenzione dall’IVA di una cessione intracomunitaria di beni sono soddisfatte. |
A questo proposito, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, in mancanza di specifiche disposizioni nella direttiva IVA per quanto riguarda le prove che i soggetti passivi sono tenuti a fornire per beneficiare dell’esenzione dall’IVA, spetta agli Stati membri, conformemente all’articolo 131 di tale direttiva, fissare le condizioni alle quali le cessioni intracomunitarie sono da essi esentate, per assicurare una corretta e semplice applicazione di dette esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso. Tuttavia, nell’esercizio dei loro poteri, gli Stati membri devono rispettare i principi generali del diritto che fanno parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione, quali, in particolare, i principi di certezza del diritto e di proporzionalità (sentenza Mecsek-Gabona, EU:C:2012:547 , punto 36 e giurisprudenza ivi citata). |
Il principio della certezza del diritto, il cui corollario è il principio della tutela del legittimo affidamento, richiede, da un lato, che le norme giuridiche siano chiare e precise e, dall’altro, che la loro applicazione sia prevedibile per coloro che vi sono sottoposti (sentenza Plantanol, C-201/08, EU:C:2009:539 , punto 46 e giurisprudenza ivi citata). |
Occorre rammentare che tale principio deve essere osservato con rigore particolare quando si tratta di una normativa idonea a comportare oneri finanziari, al fine di consentire agli interessati di conoscere con esattezza l’estensione degli obblighi che essa impone loro. Ne consegue che è necessario che i soggetti passivi siano a conoscenza dei loro obblighi fiscali prima di concludere un’operazione (v. sentenza Teleos e a., EU:C:2007:548 , punto 48 e giurisprudenza ivi citata). |
In questo contesto, la Corte ha precisato che gli obblighi spettanti a un soggetto passivo in materia di prova devono essere determinati in funzione delle condizioni espressamente stabilite a tale riguardo dal diritto nazionale e dalla prassi abituale prevista per analoghe operazioni (v. sentenza Mecsek-Gabona, EU:C:2012:547 , punto 38). |
Sarebbe quindi contrario al principio di certezza del diritto che uno Stato membro, il quale ha stabilito i requisiti ai fini dell’applicazione dell’esenzione dall’IVA di una cessione intracomunitaria, fissando in particolare un elenco di documenti da presentare alle autorità competenti, ed ha accettato in un primo tempo i documenti presentati dal fornitore in quanto prove giustificative del diritto all’esenzione, possa successivamente obbligare il fornitore medesimo ad assolvere l’IVA relativa a tale cessione allorché consti che, in particolare, a causa di una frode commessa dall’acquirente di cui il fornitore non era e non poteva essere a conoscenza, i beni in questione non hanno in realtà lasciato il territorio dello Stato membro di cessione (v. sentenza Teleos e a., EU:C:2007:548 , punto 50). |
In effetti, secondo la giurisprudenza della Corte, in una situazione del genere, sebbene apparentemente non esista alcuna prova tangibile che permetta di ritenere che i beni di cui trattasi sono stati trasferiti al di fuori del territorio dello Stato membro di cessione, obbligare il soggetto passivo a fornire una tale prova non garantisce la corretta e semplice applicazione delle esenzioni dall’IVA. Al contrario, un obbligo siffatto lo pone in una situazione di incertezza circa la possibilità di applicare l’esenzione sulla cessione intracomunitaria o circa la necessità di includere l’IVA nel prezzo di vendita (v. sentenze Teleos e a., EU:C:2007:548 , punti 49 e 51, nonché Mecsek-Gabona, EU:C:2012:547 , punto 41). |
Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio emerge che l’amministrazione tributaria bulgara ha emanato un avviso di detrazione e di rimborso basandosi sui documenti presentati dalla Traum in conformità dell’articolo 45 del regolamento di attuazione dello ZDDS, senza tuttavia richiedere che fosse provata l’autenticità della firma dell’acquirente figurante su tali documenti o che la persona che ha firmato presentasse una procura. Tale amministrazione ha richiesto detti adempimenti, che a giudizio del giudice del rinvio costituiscono «condizioni supplementari», solo nel contesto di una verifica fiscale successiva. |
Orbene, sarebbe in contrasto con il principio della certezza del diritto rifiutare l’esenzione dall’IVA per operazioni di cui al procedimento principale perché il fornitore non ha prodotto tali prove supplementari in sede di successiva verifica su tali operazioni, sebbene i documenti presentati dalla Traum a sostegno della propria dichiarazione siano conformi all’elenco dei documenti da presentare all’amministrazione tributaria bulgara, stabilito dall’articolo 45 del regolamento di attuazione dello ZDDS, e siano stati accettati dalla citata amministrazione, in un primo tempo, come prove che giustificavano il diritto all’esenzione, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. |
Per quanto riguarda il diniego di esenzione dall’IVA per la cessione oggetto del procedimento principale, dovuto al fatto che l’acquirente non era identificato ai fini dell’IVA in un altro Stato membro al momento della cessione, indubbiamente, l’attribuzione di un numero di partita IVA fornisce la prova dello status fiscale del soggetto passivo ai fini dell’applicazione dell’IVA e agevola il controllo tributario delle operazioni intracomunitarie (v., in tal senso, sentenza Mecsek-Gabona, EU:C:2012:547 , punto 60). |
Tuttavia, dal momento che l’obbligo di verificare la qualità del soggetto passivo incombe all’autorità nazionale competente prima che quest’ultima attribuisca a tale soggetto un numero di partita IVA, un’eventuale irregolarità relativa al registro dei soggetti passivi non può comportare che a un operatore che si sia basato sui dati figuranti in detto registro sia negata l’esenzione cui avrebbe diritto. La Corte ha quindi dichiarato che sarebbe contrario al principio di proporzionalità che il fornitore fosse considerato debitore dell’IVA per la sola ragione che si è verificata una cancellazione retroattiva del numero di partita IVA dell’acquirente (v., in tal senso, sentenza Mecsek-Gabona, EU:C:2012:547 , punti 63 e 64). |
Nel contesto della controversia di cui al procedimento principale, la Traum aveva trasmesso all’amministrazione tributaria bulgara due fatture che indicavano il numero di partita IVA greco della società Evangelos gaitadzis, per dimostrare l’esistenza del suo diritto all’esenzione dall’IVA, conformemente all’articolo 45, paragrafo 1, lettera a), del regolamento di attuazione dello ZDDS. Tali indicazioni sono state confermate, previa verifica da parte di tale amministrazione nella banca dati VIES, nell’avviso di detrazione e di rimborso del 2 novembre 2009. Pertanto, in un primo tempo, detta amministrazione aveva approvato e accettato che, conformemente alla condizione prevista all’articolo 7, paragrafo 1, dello ZDDS, l’acquirente fosse assoggettato all’IVA in un altro Stato membro. Solo nell’ambito di una verifica successiva la predetta amministrazione ha constatato che quest’ultima condizione non era adempiuta. In tali condizioni, negare l’esenzione dall’IVA per la cessione intracomunitaria sarebbe contrario ai principi di certezza del diritto e di proporzionalità. |
Quanto alla circostanza, rilevata dal Direktor nelle sue osservazioni scritte, che la Traum avrebbe dovuto dimostrare, mediante altri mezzi, che la società Evangelos gaitadzis era un soggetto passivo che agiva in quanto tale in un altro Stato membro i cui acquisti intracomunitari erano sottoposti all’IVA, dalla decisione di rinvio risulta che questo requisito non è previsto dalla normativa nazionale oggetto del procedimento principale e, per di più, non era stato formulato prima dell’emanazione dell’avviso di detrazione e di rimborso da parte dell’amministrazione tributaria bulgara, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. |
Nelle sue osservazioni scritte, il Direktor lamenta inoltre che la Traum non ha agito in buona fede e non ha rispettato il livello di diligenza richiesto per garantire l’autenticità dei documenti prodotti per corroborare la sua domanda di esenzione dall’IVA. Egli evoca un’eventuale frode commessa dalla società Evangelos gaitadzis nei confronti dell’amministrazione tributaria greca. A questo riguardo, il Direktor sostiene in particolare che, tenuto conto delle risposte fornite dai vettori in occasione della verifica fiscale effettuata sulla cessione in causa nel procedimento principale, risulta dubbio che i documenti di trasporto mostrati corrispondessero alla reale situazione di fatto. |
Orbene, dalla decisione di rinvio non emergono indicazioni che consentano di trarre la conclusione che la cessione oggetto del procedimento principale fosse parte di un’evasione fiscale o che la Traum non abbia agito in buona fede nel contesto di un’eventuale evasione commessa dall’acquirente. |
Al riguardo si deve ricordare che, nel contesto del procedimento instaurato in forza dell’articolo 267 TFUE, la Corte non è competente a verificare e nemmeno a valutare le circostanze di fatto relative al procedimento principale. Spetta quindi al giudice nazionale effettuare una valutazione globale di tutti gli elementi e le circostanze di fatto relativi a detto procedimento onde stabilire se la Traum abbia agito in buona fede e abbia adottato tutte le misure che le si potevano ragionevolmente richiedere per garantire che l’operazione realizzata non la conducesse a partecipare a un’evasione fiscale (v., per analogia, sentenza Mecsek-Gabona, EU:C:2012:547 , punto 53). |
Qualora detto giudice giungesse alla conclusione che è assodato, alla luce di elementi oggettivi, che la Traum sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione da essa effettuata rientrava in un’evasione posta in essere dall’acquirente e non ha adottato tutte le misure ragionevoli a sua disposizione per evitare l’evasione medesima, potrà esserle negato il beneficio del diritto all’esenzione dall’IVA (v., in tal senso, sentenza Mecsek-Gabona, EU:C:2012:547 , punto 54). |
Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima e alla seconda questione che gli articoli 138, paragrafo 1, e 139, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA devono essere interpretati nel senso che ostano a che, in circostanze come quelle del procedimento principale, l’amministrazione tributaria di uno Stato membro neghi l’esenzione dall’IVA per una cessione intracomunitaria perché l’acquirente non era identificato ai fini dell’IVA in un altro Stato membro e il fornitore non ha dimostrato né l’autenticità della firma figurante sui documenti prodotti per corroborare la sua dichiarazione di cessione asseritamente esentata, né che la persona che ha sottoscritto tali documenti in nome dell’acquirente avesse facoltà di rappresentare quest’ultimo, laddove le prove che giustificano il diritto all’esenzione prodotte dal fornitore per corroborare la sua dichiarazione erano conformi all’elenco di documenti, stabilito dal diritto nazionale, da presentare alla suddetta amministrazione e, in un primo tempo, sono state da quest’ultima accettati quali prove giustificative. Tale circostanza deve essere verificata dal giudice del rinvio. |
Sulla terza questione
Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che è dotato di effetto diretto, sicché può essere invocato dai soggetti passivi dinanzi ai giudici nazionali avverso lo Stato al fine di ottenere un’esenzione dall’IVA per una cessione intracomunitaria. |
Secondo costante giurisprudenza della Corte, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, i singoli possono farle valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato, a prescindere dalla veste in cui quest’ultimo agisce (v. sentenze Portgás, C-425/12, EU:C:2013:829 , punti 18 e 23, e Association de médiation sociale, C-176/12, EU:C:2014:2 , punto 31 e giurisprudenza ivi citata). |
Nel caso di specie, l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA prevede l’obbligo in capo agli Stati membri di esentare le cessioni di beni che rispettano le condizioni ivi elencate. |
Sebbene l’articolo 131 di tale direttiva lasci agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nell’adozione delle condizioni per l’esenzione dall’IVA previste all’articolo 138 della medesima, onde garantire l’applicazione semplice e corretta di tale esenzioni, questa circostanza non pregiudica il carattere preciso e incondizionato dell’obbligo di esenzione prescritto da quest’ultimo articolo (v., per analogia, sentenza Association de médiation sociale, EU:C:2014:2 , punto 33). |
Se ne evince che l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che è dotato di effetto diretto, cosicché può essere invocato dai soggetti passivi dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato al fine di ottenere un’esenzione dall’IVA per una cessione intracomunitaria. |
Sulle spese
Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il bulgaro.