Sentenza della Corte (Nona Sezione) del 15 aprile 2021. Grupa Warzywna Sp. z o.o. contro Dyrektor Izby Administracji Skarbowej we Wrocławiu. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Wojewódzki Sąd Administracyjny we Wrocławiu. Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 273 – Sopravvalutazione dell’importo del rimborso dell’IVA nella dichiarazione fiscale – Errore di valutazione del soggetto passivo relativamente alla natura imponibile dell’operazione – Rettifica della dichiarazione fiscale in seguito a un controllo – Sanzione di importo pari al 20% dell’importo della sopravvalutazione dell’importo del rimborso dell’IVA – Principio di proporzionalità. Causa C-935/19.
Edizione provvisoria
SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)
Sentenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, dell’articolo 325 TFUE, degli articoli 2, 250 e 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva IVA»), nonché del principio di proporzionalità.
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la Grupa Warzywna sp. z o.o. al Dyrektor Izby Administracji Skarbowej we Wrocławiu (direttore dell’amministrazione finanziaria di Breslavia, Polonia) in merito all’imposizione a tale società di una sanzione amministrativa a seguito di un controllo fiscale.
Contesto normativo
Diritto dell ’Unione
L’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva IVA prevede quanto segue:
«Sono soggette all’[imposta sul valore aggiunto (IVA)] le operazioni seguenti:
a) le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».
L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva enuncia quanto segue:
«1. Gli Stati membri possono considerare soggetto passivo chiunque effettui, a titolo occasionale, un’operazione relativa alle attività di cui all’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, e in particolare una delle operazioni seguenti:
a) la cessione, effettuata anteriormente alla prima occupazione, di un fabbricato o di una frazione di fabbricato e del suolo pertinente;
(...)
2. Ai fini del paragrafo 1, lettera a), si considera “fabbricato” qualsiasi costruzione incorporata al suolo.
(...)
Gli Stati membri possono applicare criteri diversi dalla prima occupazione, quali il criterio del periodo che intercorre tra la data di completamento dell’edificio e la data di prima cessione, oppure quello del periodo che intercorre tra la data di prima occupazione e la data della successiva cessione, purché tali periodi non superino rispettivamente cinque e due anni».
L’articolo 135, paragrafo 1, della suddetta direttiva, così dispone:
«Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:
(...)
j) le cessioni di fabbricati o di una frazione di fabbricato e del suolo ad essi pertinente, diversi da quelli di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a);
(...)».
Ai sensi dell’articolo 137 di detta direttiva:
«1. Gli Stati membri possono accordare ai loro soggetti passivi il diritto di optare per l’imposizione delle operazioni seguenti:
(...)
b) le cessioni di fabbricati o di una frazione di fabbricato e del suolo ad essi pertinente, diverse da quelle di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a);
(...)
2. Gli Stati membri stabiliscono le modalità di esercizio del diritto di opzione previsto al paragrafo 1.
(...)».
L’articolo 250 della direttiva IVA così dispone:
«1. Ogni soggetto passivo deve presentare una dichiarazione IVA in cui figurino tutti i dati necessari per determinare l’importo dell’imposta esigibile e quello delle detrazioni da operare, compresi, nella misura in cui sia necessario per la determinazione della base imponibile, l’importo complessivo delle operazioni relative a tale imposta e a tali detrazioni, nonché l’importo delle operazioni esenti.
2. Gli Stati membri autorizzano, e possono esigere, che la dichiarazione di cui al paragrafo 1 sia presentata, alle condizioni da essi fissate, per via elettronica».
Ai sensi dell’articolo 273 di tale direttiva:
«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.
Gli Stati membri non possono avvalersi della facoltà di cui al primo comma per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti al capo 3».
Diritto polacco
L’articolo 43, paragrafo 1, punto 10, dell’ustawa z dnia 11 marca 2004 r., o podatku od towarów i usług (legge relativa all’imposta sui beni e servizi), dell’11 marzo 2004, (Dz. U. del 2017, posizione 1221), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge sull’IVA»), così dispone:
«Sono esentati dall’imposta: (...) le cessioni di fabbricati, di edifici o di una parte di essi, salvo le ipotesi in cui:
a) la cessione venga effettuata nell’ambito della prima occupazione o anteriormente ad essa,
b) tra la prima occupazione e la cessione di un fabbricato, di un edificio o di una parte di essi sia decorso un periodo inferiore a due anni (...)».
L’articolo 43, paragrafo 10, della legge sull’IVA dispone quanto segue:
«Il soggetto passivo può rinunciare all’esenzione dall’imposta di cui al paragrafo 1, punto 10, e optare per l’assoggettamento della cessione di fabbricati, di edifici o di una parte di essi, a condizione che il cedente e il cessionario del fabbricato, dell’edificio o di una parte di essi:
1) siano registrati come soggetti passivi dell’IVA in attività;
2) presentino, prima della data in cui tali immobili siano ceduti al loro cessionario, al direttore dell’ufficio tributario avente competenza sull’acquirente, la dichiarazione conforme in cui optano per l’assoggettamento all’imposta della cessione del fabbricato, dell’edificio o di una parte di essi».
Ai sensi dell’articolo 112b, paragrafi 1 e 2, della legge medesima:
«1. Nel caso si accerti che il soggetto passivo:
1) nella dichiarazione d’imposta presentata abbia indicato:
a) un importo dell’imposta di cui è debitore inferiore all’importo dovuto;
b) un importo del rimborso del credito d’imposta o dell’imposta addebitata a monte superiore all’importo dovuto;
c) un importo del credito d’imposta da detrarre dall’importo dell’imposta dovuta per il periodo di liquidazione successivo superiore all’importo dovuto;
d) un importo del rimborso del credito d’imposta, un importo del rimborso dell’imposta addebitata a monte o un importo dell’imposta da detrarre dall’importo dell’imposta dovuta per il periodo di liquidazione successivo, invece di indicare l’importo dell’imposta che dovrebbe essere versata all’ufficio finanziario;
2) non ha presentato la dichiarazione d’imposta o non ha versato l’imposta dovuta;
– il direttore dell’ufficio finanziario, o il direttore dell’ufficio doganale fiscale, valuta in modo corretto l’ammontare esatto di tali importi e fissa un’obbligazione tributaria addizionale in misura pari al 30% della riduzione dell’imposta dovuta o degli importi di rimborso del credito d’imposta, di rimborso dell’imposta assolta a monte o del credito d’imposta da detrarre dall’imposta dovuta per il periodo di liquidazione successivo indicati in misura maggiore.
2. Qualora, in esito a un controllo fiscale o a un controllo doganale fiscale o durante un controllo doganale fiscale, nelle ipotesi di cui;
1) al paragrafo 1, punto 1, il soggetto passivo presenti una rettifica della dichiarazione d’imposta che tenga conto delle irregolarità constatate e versi l’importo dell’imposta dovuta o restituisca l’importo del rimborso non dovuto;
2) al paragrafo 1, punto 2, il soggetto passivo presenti la dichiarazione d’imposta e versi l’importo dell’imposta dovuta;
– l’ammontare dell’obbligazione tributaria addizionale è pari al 20% dell’importo della riduzione dell’imposta dovuta o degli importi di rimborso del credito d’imposta, di rimborso dell’imposta assolta a monte o del credito d’imposta da detrarre dall’imposta dovuta per il periodo di liquidazione successivo indicati in misura maggiore al dovuto».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
La Grupa Warzywna ha acquistato un bene immobile, che è stato abitato per più di due anni. Nella dichiarazione contenuta nell’atto notarile relativo all’acquisto di tale bene, il prezzo di quest’ultimo era indicato come un importo lordo, quindi comprensivo dell’IVA. Il cedente detto bene ha, inoltre, emesso una fattura che riportava l’importo dell’IVA relativa all’operazione di cui trattasi. La Grupa Warzywna ha versato tale importo e ha ritenuto che esso costituisse un importo di IVA pagato a monte, quindi detraibile. La Grupa Warzywna ha successivamente presentato al Naczelnik Urzędu Skarbowego w Trzebnicy (capo dell’amministrazione finanziaria di Trzebnica, Polonia) una dichiarazione IVA nella quale ha menzionato un’eccedenza di IVA, di cui ha chiesto il rimborso.
A seguito di un controllo, l’amministrazione finanziaria di Trzebnica ha constatato che, in forza dell’articolo 43, paragrafo 10, della legge sull’IVA, la cessione del bene immobile di cui trattasi era, in linea di principio, integralmente esente da IVA e che le parti dell’operazione non avevano presentato una dichiarazione di rinuncia a tale esenzione. Di conseguenza, la Grupa Warzywna non avrebbe avuto il diritto di detrarre l’IVA a monte relativa alla cessione di tale bene.
Successivamente, la Grupa Warzywna ha proceduto ad una rettifica della sua dichiarazione fiscale, tenendo conto delle irregolarità constatate dall’autorità tributaria. Perciò, detta società ha menzionato, in tale dichiarazione, un’eccedenza di IVA sensibilmente inferiore a quella che aveva inizialmente dichiarato.
Nonostante tale rettifica, il capo dell’amministrazione finanziaria di Trzebnica ha adottato una decisione che fissava un importo di eccedenza di IVA corrispondente all’importo risultante dalla dichiarazione rettificata e ha inflitto alla Grupa Warzywna una sanzione pari al 20% dell’importo del rimborso dell’IVA richiesto indebitamente, in quanto indicato in misura maggiore del dovuto. Tale decisione è stata confermata, per quanto riguarda detta sanzione, dall’autorità tributaria di secondo grado adita dalla Grupa Warzywna.
La Grupa Warzywna ha proposto ricorso dinanzi al giudice del rinvio avverso la decisione dell’autorità tributaria di secondo grado. Tale giudice ritiene necessario stabilire se l’imposizione di una siffatta sanzione, in una situazione in cui l’errore commesso da tale società non ha comportato alcuna perdita di gettito fiscale, sia conforme ai principi di proporzionalità e di neutralità dell’IVA e giustificata alla luce degli obiettivi consistenti nell’assicurare l’esatta riscossione dell’imposta nonché nell’evitare l’evasione fiscale.
Il giudice del rinvio ritiene che l’imposizione di una sanzione amministrativa avesse lo scopo di incitare i soggetti passivi a presentare le loro dichiarazioni fiscali con esattezza e rigore. Orbene, la sanzione di cui trattasi nel procedimento principale avrebbe un carattere repressivo piuttosto che preventivo. Infatti, l’articolo 112b, paragrafo 2, della legge sull’IVA non consentirebbe di prendere in considerazione la circostanza che l’errata liquidazione dell’IVA derivi da un errore di valutazione commesso dalle due parti dell’operazione quanto alla natura imponibile della cessione. Secondo tale giudice, tale sanzione costituisce una misura inidonea alla realizzazione dell’obiettivo della lotta contro le infrazioni fiscali e, in ogni caso, eccede quanto necessario per raggiungere tale obiettivo, dal momento che essa non è idonea a svolgere la funzione di prevenzione necessaria nei confronti dei potenziali truffatori e non tiene conto della natura e della gravità dell’infrazione né del fatto che l’Erario non ha subìto alcuna perdita di gettito fiscale e che non sussiste alcun indizio di frode fiscale.
In tali circostanze, il Wojewódzki Sąd Administracyjny we Wrocławiu (Tribunale amministrativo del voivodato di Breslavia, Polonia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se un’obbligazione tributaria addizionale, come quella prevista dall’articolo 112b, paragrafo 2, della legge sull’IVA, sia conforme alle disposizioni della [direttiva IVA], segnatamente agli articoli 2, 250 e 273 della medesima, all’articolo 4, paragrafo 3, [TUE], all’articolo 325 TFUE e al principio di proporzionalità».
Sulla questione pregiudiziale
In via preliminare, occorre rilevare che il giudice del rinvio chiede alla Corte di pronunciarsi sulla compatibilità delle disposizioni nazionali di cui al procedimento principale con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, l’articolo 325 TFUE, gli articoli 2, 250 e 273 della direttiva IVA, nonché con i principi di proporzionalità e di neutralità dell’IVA.
Occorre ricordare, a tale riguardo, che, se è vero che non spetta alla Corte pronunciarsi, nell’ambito di un procedimento pregiudiziale, sulla compatibilità di una normativa nazionale con le norme del diritto dell’Unione, essa è competente a fornire al giudice del rinvio tutti gli elementi interpretativi attinenti a tale diritto che gli consentano di pronunciarsi su tale compatibilità per la definizione della causa della quale è investito (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2010, Pannon Gép Centrum, C-368/09, EU:C:2010:441, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).
Pertanto, la Corte è tenuta, nella presente causa, a limitare il suo esame alle disposizioni del diritto dell’Unione, fornendone un’interpretazione utile al giudice del rinvio, al quale spetta la valutazione della compatibilità della normativa nazionale con il diritto dell’Unione, per definire la controversia pendente dinanzi a esso (v., in tal senso, sentenza 15 luglio 2010, Pannon Gép Centrum, C-368/09, EU:C:2010:441, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).
Orbene, dalla decisione di rinvio risulta che i quesiti del giudice del rinvio non vertono né specificamente sul principio di leale cooperazione, sancito all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, né sulla lotta contro la frode allo scopo di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea, su cui verte l’articolo 325 TFUE. Parimenti, l’interpretazione degli articoli 2 e 250 della direttiva IVA non risulta necessaria, alla luce degli elementi contenuti in tale decisione, per fornire una risposta utile alla questione sollevata, dato che tali articoli riguardano, rispettivamente, le operazioni soggette all’IVA e le dichiarazioni IVA.
Per contro, per quanto riguarda l’articolo 273 della direttiva IVA, il giudice del rinvio rileva che l’applicazione automatica, imposta dalla legge nazionale, della sanzione amministrativa di cui trattasi in tutti i casi di sottovalutazione dell’IVA o di sopravvalutazione dell’importo del rimborso dell’IVA sarebbe una misura inidonea alla realizzazione dell’obiettivo della lotta contro i reati fiscali di cui a tale articolo, ed eccederebbe quanto necessario a tal fine. In tali circostanze, si deve giudicare che la questione sollevata verte sull’interpretazione dell’articolo 273 della direttiva IVA nonché dei principi di proporzionalità e di neutralità dell’IVA.
Pertanto, con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 273 della direttiva IVA nonché i principi di proporzionalità e di neutralità dell’IVA debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che pone a carico di un soggetto passivo, che abbia erroneamente qualificato un’operazione esente da IVA come operazione soggetta a tale imposta, una sanzione pari al 20% dell’importo della sopravvalutazione dell’importo del rimborso dell’IVA indebitamente reclamato, senza tenere conto della natura e della gravità dell’irregolarità che vizia la dichiarazione fiscale, dell’assenza di indizi secondo cui tale errore costituisca una frode e dell’assenza di perdite di gettito fiscale per l’Erario.
Ai sensi dell’articolo 273 della direttiva IVA gli Stati membri hanno la facoltà di adottare misure al fine di assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e di evitare le evasioni. In particolare, in assenza di disposizioni del diritto dell’Unione a tale proposito, gli Stati membri sono competenti a scegliere le sanzioni che sembrino loro appropriate in caso di inosservanza delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione per l’esercizio del diritto a detrazione dell’IVA (sentenza dell’8 maggio 2019, EN.SA., C-712/17, EU:C:2019:374, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).
Essi sono tuttavia tenuti ad esercitare la loro competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità (v. sentenza del 26 aprile 2017, Farkas, C-564/15, EU:C:2017:302, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).
Pertanto, siffatte sanzioni non devono eccedere quanto necessario al fine di garantire l’esatta riscossione dell’imposta e di evitare la frode. Al fine di valutare se una sanzione sia conforme al principio di proporzionalità, occorre tener conto, in particolare, della natura e della gravità dell’infrazione che detta sanzione mira a reprimere, nonché delle modalità di determinazione dell’importo della sanzione stessa (sentenza del 26 aprile 2017, Farkas, C-564/15, EU:C:2017:302, punto 60).
Sebbene spetti al giudice del rinvio valutare se l’importo della sanzione non ecceda quanto necessario per conseguire gli obiettivi menzionati al punto precedente della presente sentenza, occorre indicare a tale giudice taluni elementi della controversia oggetto del procedimento principale che siano idonei a consentire a quest’ultimo di stabilire se la sanzione imposta sia conforme al principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2017, Farkas, C-564/15, EU:C:2017:302, punto 61).
A tale riguardo, occorre rilevare che l’articolo 112b, paragrafo 2, della legge sull’IVA prevede una sanzione amministrativa pari al 30% dell’importo della sopravvalutazione dell’importo del rimborso dell’IVA, la quale è ridotta al 20% del primo di tali importi qualora, in esito a un controllo fiscale, il soggetto passivo abbia effettuato una rettifica della sua dichiarazione, che tenga conto delle irregolarità constatate da tale controllo, e abbia versato l’importo dell’imposta dovuta o abbia restituito l’importo del rimborso non dovuto.
Dalla decisione di rinvio risulta che tale sanzione ha lo scopo di migliorare la riscossione dell’IVA, sanzionando gli errori commessi nella liquidazione di tale imposta, consistenti nel sottovalutare l’importo dell’imposta esigibile o nel sopravvalutare l’importo dell’eccedenza di IVA da rimborsare o da riportare al periodo successivo. Essa intende, pertanto, incitare i soggetti passivi a presentare le loro dichiarazioni fiscali con esattezza e rigore e, in caso di irregolarità, a procedere alla loro regolarizzazione, al fine di realizzare l’obiettivo consistente, conformemente all’articolo 273 della direttiva IVA, nel garantire l’esatta riscossione dell’IVA.
A tale proposito, dalla giurisprudenza della Corte risulta che una sanzione amministrativa ha lo scopo di indurre i soggetti passivi a regolarizzare il più rapidamente possibile i casi di pagamento insufficiente dell’imposta e, pertanto, di raggiungere l’obiettivo di assicurare l’esatta riscossione della stessa, il cui importo è fissato, in via forfettaria, al 50% dell’importo dell’IVA che il soggetto passivo è tenuto a versare all’amministrazione fiscale, ma che può essere ridotto secondo le circostanze del caso, garantisce, in linea di principio, che tale sanzione non ecceda quanto necessario per raggiungere l’obiettivo di assicurare, conformemente all’articolo 273 della direttiva IVA, l’esatta riscossione dell’imposta (v., in tal senso, sentenza del 26 aprile 2017, Farkas, C-564/15, EU:C:2017:302, punti da 62 a 64).
Tuttavia, per quanto riguarda le modalità di determinazione dell’importo della sanzione di cui trattasi nel procedimento principale, occorre rilevare che, nel caso in cui tale importo sia fissato al 20% dell’importo della sopravvalutazione dell’eccedenza di IVA, detto importo non può, salvo il caso in cui l’irregolarità risulti da errori minori, essere ridotto in funzione delle circostanze concrete del caso di specie.
A tale riguardo, dalle spiegazioni fornite alla Corte dal giudice del rinvio emerge che l’irregolarità di cui al procedimento principale deriva da un errore di valutazione commesso dalle parti dell’operazione quanto alla natura imponibile di quest’ultima, in quanto tali parti hanno considerato che la cessione del fabbricato in questione fosse assoggettata all’IVA, laddove non avevano presentato la dichiarazione concordante, richiesta dalla normativa nazionale, con la quale esse optavano per l’imposizione di tale cessione. Inoltre, dalle constatazioni del giudice del rinvio risulta che la sanzione prevista si applica indifferentemente a una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in cui la sopravvalutazione dell’importo dell’eccedenza di IVA risulta da un errore di valutazione commesso dalle parti dell’operazione quanto alla natura imponibile di quest’ultima, che è caratterizzata dall’assenza di indizi di frode e che, inoltre, secondo tale giudice, non ha dato luogo ad alcuna perdita di gettito fiscale, e a una situazione in cui non sussistano tali circostanze particolari che, secondo tale giudice, meritino di essere prese in considerazione.
Pertanto, tali modalità di determinazione non hanno consentito alle autorità tributarie di adeguare l’importo della sanzione in funzione delle circostanze concrete del caso di specie.
Ne consegue che le modalità di determinazione di detta sanzione, applicata in modo automatico, non consentono alle autorità fiscali di individualizzare la sanzione inflitta, al fine di assicurarsi che quest’ultima non ecceda quanto necessario per conseguire gli obiettivi consistenti nell’assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e nell’evitare l’evasione.
In tali circostanze, non è necessario esaminare la normativa di cui trattasi nel procedimento principale alla luce del principio di neutralità dell’IVA.
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione posta dichiarando che l’articolo 273 della direttiva IVA e il principio di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che pone a carico di un soggetto passivo, che abbia erroneamente qualificato un’operazione esente da IVA come operazione soggetta a tale imposta, una sanzione pari al 20% dell’importo della sopravvalutazione dell’importo del rimborso dell’IVA indebitamente reclamato, nei limiti in cui tale sanzione si applica indifferentemente a una situazione in cui l’irregolarità risulta da un errore di valutazione commesso dalle parti dell’operazione quanto alla natura imponibile di quest’ultima, che è caratterizzata dall’assenza di indizi di frode e di perdite di gettito fiscale per l’Erario, e a una situazione in cui non sussistano circostanze particolari di tal genere.
Sulle spese
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:
L’articolo 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, e il principio di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che pone a carico di un soggetto passivo, che abbia erroneamente qualificato un’operazione esente dall’imposta sul valore aggiunto (IVA) come operazione soggetta a tale imposta, una sanzione pari al 20% dell’importo della sopravvalutazione dell’importo del rimborso dell’IVA indebitamente reclamato, nei limiti in cui tale sanzione si applica indifferentemente a una situazione in cui l’irregolarità risulta da un errore di valutazione commesso dalle parti dell’operazione quanto alla natura imponibile di quest’ultima, che è caratterizzata dall’assenza di indizi di frode e di perdite di gettito fiscale per l’Erario, e a una situazione in cui non sussistano circostanze particolari di tal genere.
Firme
* Lingua processuale: il polacco.