Sentenza della Corte (Ottava Sezione) del 3 luglio 2019. Commissioners for Her Majesty's Revenue and Customs contro The Chancellor, Masters and Scholars of the University of Cambridge. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division). Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Costi di gestione di un fondo di dotazione che realizza investimenti al fine di coprire i costi dell’insieme delle operazioni effettuate a valle dal soggetto passivo – Spese generali. Causa C-316/18.

62018CJ0316 Sentenza della Corte (Ottava Sezione) del 3 luglio 2019. Commissioners for Her Majesty's Revenue and Customs contro The Chancellor, Masters and Scholars of the University of Cambridge. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division). Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Costi di gestione di un fondo di dotazione che realizza investimenti al fine di coprire i costi dell’insieme delle operazioni effettuate a valle dal soggetto passivo – Spese generali. Causa <a class="adele-text-link" data-num="62018CJ0316" data-type="celex" data-kind="case" data-title="Sentenza della Corte (Ottava Sezione) del 3 luglio 2019. Commissioners for Her Majesty's Revenue and Customs contro The Chancellor, Masters and Scholars of the University of Cambridge. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division). Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Costi di ges">C-316/18</a>. EU Corte di giustizia CourtOfJustice http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX:62018CJ0316 Judgment CJ 03.07.2019 Court of Justice EN

SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

Nella causa C-316/18,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles) (sezione civile), Regno Unito], con decisione del 26 aprile 2018, pervenuta in cancelleria il 14 maggio 2018, nel procedimento

Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs

contro

The Chancellor, Masters and Scholars of the University of Cambridge,

LA CORTE (Ottava Sezione),

composta da F. Biltgen, presidente di sezione, C.G. Fernlund (relatore) e L.S. Rossi, giudici,

avvocato generale: J. Kokott,

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per The Chancellor, Masters and Scholars of the University of Cambridge, da S. Moore, A. Hitchmough, QC, B. Belgrano, barrister, e A. Brown, advocate;

per il governo del Regno Unito, da F. Shibli e R. Fadoju, in qualità di agenti, assistiti da K. Beal, QC;

per la Commissione europea, da R. Lyal e A. Armenia, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto ( GU 2006, L 347, pag. 1 ; in prosieguo: la «direttiva IVA»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra i Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs (amministrazione delle imposte e delle dogane, Regno Unito) (in prosieguo: l’«amministrazione tributaria») e The Chancellor, Masters and Scholars of the University of Cambridge (in prosieguo: l’«università di Cambridge»), in merito al rifiuto da parte di detta amministrazione di concedere all’università di Cambridge la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) relativa ai costi sostenuti nell’ambito di attività di investimento non rientranti nella direttiva IVA, ma i cui redditi sono stati utilizzati per coprire i costi dell’insieme delle attività di tale università.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

La sesta direttiva

3

La sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme ( GU 1977, L 145, pag. 1 ; in prosieguo: la «sesta direttiva»), all’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), prevedeva quanto segue:

«Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore:

a)

l’[IVA] dovut[a] o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo».

Direttiva IVA

4

L’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e c), della direttiva IVA così dispone:

«Sono soggette all’IVA le operazioni seguenti:

a)

le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;

(…)

c)

le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».

5

L’articolo 9, paragrafo 1, di tale direttiva così recita:

«Si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

Si considera “attività economica” ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità».

6

L’articolo 168, lettera a), della suddetta direttiva prevede quanto segue:

«Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a)

l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo».

Diritto del Regno Unito

7

L’articolo 1, paragrafo 1, della Value Added Tax Act 1994 (legge del 1994 sull’imposta sul valore aggiunto) dispone quanto segue:

«1) L’[IVA] è riscossa, conformemente alle disposizioni della presente legge,

a)

sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi effettuate nel Regno Unito (inclusa qualunque cosa trattata di per sé come una cessione) (…)».

8

In forza dell’articolo 26 di tale legge, l’unica imposta a monte detraibile è quella che, in virtù del VAT Regulations 1995 (regolamento del 1995 sull’imposta sul valore aggiunto), riguarda le cessioni imponibili effettuate dal soggetto passivo, e non quella relativa alle cessioni esenti. L’articolo 26, paragrafo 3, di detta legge dispone che, qualora un soggetto passivo effettui sia operazioni imponibili sia operazioni esenti, l’amministrazione tributaria adotta misure volte a garantire una ripartizione equa e ragionevole dell’imposta a monte tra le operazioni imponibili e le operazioni esenti.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

9

L’università di Cambridge è un istituto d’insegnamento senza scopo di lucro che, oltre alla sua attività principale consistente nel fornire prestazioni d’insegnamento, le quali sono esenti da IVA, effettua anche operazioni imponibili, nell’ambito di attività di ricerca a fini commerciali, di vendita di pubblicazioni, di consulenza, di ristorazione, di alloggio nonché di noleggio di attrezzature e di materiali. L’IVA a monte sui costi sostenuti per effettuare sia operazioni soggette a IVA sia operazioni esenti è ripartita tra questi due tipi di operazioni secondo un metodo speciale di esenzione parziale approvato dall’amministrazione tributaria in forza del diritto nazionale.

10

Le attività dell’università di Cambridge sono finanziate in parte da donazioni e da dotazioni, che sono raccolte in un fondo e successivamente investite. Tale fondo è gestito da un terzo. Nel mese di marzo del 2009, l’università chiedeva all’amministrazione tributaria la detrazione dell’IVA sui compensi pagati e relativi alla gestione del fondo di cui trattasi, per i periodi compresi tra il 1 o aprile 1973 e il 1o maggio 1997 e tra il 1o maggio 2006 e il 30 gennaio 2009, facendo valere che i redditi generati da questo fondo erano stati utilizzati per finanziare i costi di tutte le sue attività.

11

L’amministrazione tributaria respingeva detta domanda per il motivo che tali compensi erano direttamente ed esclusivamente imputabili all’attività di investimento in questione, la quale non rientrava nella direttiva IVA. Tale amministrazione considerava che, in ogni caso, detti compensi non costituivano un elemento del prezzo della fornitura a valle di beni o di servizi soggetti ad IVA, in quanto i redditi generati da tale fondo finanziavano in parte detta fornitura di beni o di servizi.

12

L’università di Cambridge contestava la decisione di detta amministrazione dinanzi al First-tier Tribunal (Tax Chamber) [Tribunale di primo grado (sezione tributaria), Regno Unito]. Tale giudice, considerando che i compensi relativi alla gestione del fondo di cui trattasi costituivano spese sostenute per le esigenze delle attività economiche dell’università di Cambridge e che, per tale motivo, facevano parte delle spese generali di quest’ultima, accoglieva la domanda dell’università di Cambridge. Poiché tale valutazione era stata confermata dall’Upper Tribunal (Tax and Chancery Chamber) [Tribunale superiore (sezione tributaria e del pubblico registro e della cancelleria, Regno Unito)], l’amministrazione tributaria interponeva appello contro la decisione di quest’ultimo giudice dinanzi alla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles) (sezione civile), Regno Unito].

13

Il giudice del rinvio rileva che la raccolta delle donazioni e delle dotazioni di cui trattasi in un fondo non costituisce di per sé un’attività economica, ai sensi della giurisprudenza della Corte, e che, pertanto, non rientra nella sfera di applicazione del regime dell’IVA.

14

Lo stesso giudice afferma che le spese relative ai compensi afferenti alla gestione del fondo in questione possono essere connesse alle attività dell’università di Cambridge solo se si può ritenere che i costi del servizio di gestione fornito a monte siano imputabili alle attività economiche a sostegno delle quali tale fondo è stato creato. Ciò significherebbe ignorare la natura non imponibile dell’attività d’investimento svolta, a favore delle attività economiche imponibili proposte dall’università di Cambridge.

15

A parere del giudice del rinvio, dalla giurisprudenza della Corte sembrerebbe emergere che, in alcuni casi, le spese effettivamente imputabili direttamente ad un’attività non imponibile possono essere considerate, ai fini dell’IVA, correlate all’attività economica imponibile che sarà svolta successivamente.

16

È in tale contesto che la Court of appeal (England & Wales) (Civil Division) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles) (sezione civile)] ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se occorra operare una distinzione tra operazioni esenti e operazioni non soggette a imposta per stabilire se l’IVA assolta ai fini di tali operazioni sia detraibile.

2)

Nel caso in cui i costi di gestione siano sostenuti soltanto nell’ambito di un’attività di investimento non soggetta a imposta, se sia comunque possibile stabilire il necessario nesso fra tali costi e le attività economiche sovvenzionate con i redditi generati dagli investimenti, così da consentire la detrazione dell’IVA facendo riferimento alla natura e alla portata dell’attività economica a valle che conferisce il diritto di detrarre l’IVA. Quale rilievo assuma a tal fine lo scopo al quale i redditi generati verranno destinati.

3)

Se occorra operare una distinzione fra l’IVA assolta nell’ambito di operazioni finalizzate alla raccolta di capitale per un’attività economica e l’IVA assolta nell’ambito di operazioni produttive di un proprio flusso di reddito, distinto da altri flussi di reddito derivanti da un’attività economica a valle».

Sulle questioni pregiudiziali

17

In limine va indicato, da un lato, che la direttiva IVA, entrata in vigore il 1 o gennaio 2007, ha abrogato la sesta direttiva senza tuttavia apportare alcun cambiamento sostanziale rispetto alla stessa. Poiché le disposizioni pertinenti della direttiva IVA hanno una portata sostanzialmente identica a quelle della sesta direttiva, la giurisprudenza della Corte relativa a quest’ultima direttiva è altresì applicabile alla direttiva IVA.

18

Dall’altro lato, dalla decisione di rinvio risulta che il procedimento principale riguarda un periodo durante il quale, inizialmente, la sesta direttiva e, successivamente, la direttiva TVA erano in vigore. Pertanto, si deve considerare che l’interpretazione dell’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA adottata nella presente sentenza vale anche per l’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), della sesta direttiva.

19

Ciò precisato, va rilevato che, con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che un soggetto passivo che svolga sia attività soggette a IVA sia attività esenti da tale imposta, che investa le donazioni e le dotazioni che riceve in un fondo, e che utilizzi i redditi generati da tale fondo per coprire i costi di tutte queste attività, è autorizzato a detrarre, a titolo di spese generali, l’IVA assolta a monte relativa ai costi connessi a tale investimento.

20

Va ricordato, in primo luogo, che, nonostante la direttiva IVA assegni un ambito di applicazione molto ampio all’IVA, solo le attività aventi carattere economico sono soggette a tale imposta. Infatti, dall’articolo 2 di tale direttiva, che definisce l’ambito di applicazione dell’IVA, emerge che solo le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso sono soggette a detta imposta (v., in tal senso, sentenza del 5 luglio 2018, Marle Participations, C-320/17 , EU:C:2018:537 , punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

21

Riguardo a quest’ultima condizione, dalla giurisprudenza della Corte si evince che la possibilità di qualificare una cessione di beni o una prestazione di servizi come operazione effettuata a titolo oneroso presuppone l’esistenza di un negozio giuridico tra le parti implicante la la stipulazione di un prezzo o di un controvalore, e che tale cessione di beni o tale prestazione di servizi è effettuata «a titolo oneroso», ai sensi dell’articolo 2 della direttiva IVA, solo se sussiste un nesso diretto tra il bene fornito o il servizio prestato e il corrispettivo ricevuto (v., in tal senso, sentenza del 5 luglio 2018, Marle Participations, C-320/17 , EU:C:2018:537 , punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

22

In secondo luogo, il sistema di detrazione istituito dalla direttiva IVA è inteso ad esonerare interamente l’imprenditore dall’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, di conseguenza, la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di queste ultime, purché tali attività siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA (sentenza del 5 luglio 2018, Marle Participations, C-320/17 , EU:C:2018:537 , punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

23

Dall’articolo 168 della direttiva IVA emerge tuttavia che, per poter beneficiare del diritto a detrazione, occorre, da un lato, che l’interessato sia un «soggetto passivo» ai sensi di tale direttiva e, dall’altro, che i beni o i servizi invocati a fondamento di detto diritto siano utilizzati a valle dal soggetto passivo ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta e che, a monte, detti beni siano ceduti o che siffatti servizi siano forniti da un altro soggetto passivo (sentenza del 5 luglio 2018, Marle Participations, C-320/17 , EU:C:2018:537 , punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

24

Pertanto, le operazioni che non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva IVA o quelle che sono esenti da IVA, in linea di principio, non conferiscono alcun diritto a detrazione (v., in tal senso, sentenza del 14 settembre 2017, Iberdrola Inmobiliaria Real Estate Investments, C-132/16 , EU:C:2017:683 , punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

25

Per giurisprudenza costante, affinché il diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte sia riconosciuto al soggetto passivo, è necessaria la sussistenza di un nesso diretto ed immediato tra una specifica operazione a monte ed una o più operazioni a valle, che conferiscono il diritto a detrazione. Il diritto a detrarre l’IVA gravante sull’acquisto di beni o servizi a monte presuppone che le spese effettuate per acquistare questi ultimi facciano parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni tassate a valle che conferiscono il diritto a detrazione (sentenza del 14 settembre 2017, Iberdrola Inmobiliaria Real Estate Investments, C-132/16 , EU:C:2017:683 , punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

26

Il diritto a detrazione è tuttavia ammesso a beneficio del soggetto passivo anche in mancanza di un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle che conferiscono un diritto a detrazione, qualora i costi dei beni o dei servizi in questione facciano parte delle spese generali del soggetto passivo e, in quanto tali, siano elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi che esso fornisce, poiché spese di tal genere presentano un nesso diretto e immediato con il complesso delle attività economiche del soggetto passivo (sentenza del 14 settembre 2017, Iberdrola Inmobiliaria Real Estate Investments, C-132/16 , EU:C:2017:683 , punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

27

Ne consegue che, nell’uno o nell’altro caso, l’esistenza di tale nesso diretto e immediato presuppone che il costo dei beni o delle prestazioni a monte sia incorporato rispettivamente nel prezzo delle operazioni specifiche a valle o nel prezzo dei beni o dei servizi forniti dal soggetto passivo nel contesto delle sue attività economiche (sentenza del 30 maggio 2013, X, C-651/11 , EU:C:2013:346 , punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

28

Nel caso di specie, per rispondere alla questione se, in circostanze come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, sia possibile detrarre l’IVA assolta relativa alle spese inerenti alla raccolta di donazioni e di dotazioni in un fondo allo scopo di generare risorse destinate a coprire i costi dell’insieme delle attività di un istituto di insegnamento quale l’università di Cambridge, occorre anzitutto determinare se il ricevimento di tali donazioni e di tali dotazioni nonché il loro investimento in un fondo costituiscano un’attività economica, ai sensi della direttiva IVA, e, per questo motivo, rientrino nella sfera di applicazione di tale direttiva.

29

Va rilevato, in proposito, che, nell’ambito della raccolta e del ricevimento di donazioni e di dotazioni, l’università di Cambridge non agisce in qualità di soggetto passivo. Infatti, per essere considerato un soggetto passivo, una persona deve esercitare attività economiche, vale a dire attività effettuate a titolo oneroso. Orbene, poiché le donazioni e le dotazioni, versate essenzialmente per motivi soggettivi, a fini caritativi e in modo aleatorio, non costituiscono la contropartita di alcuna attività economica, la loro raccolta e il loro ricevimento non rientrano nell’ambito di applicazione dell’IVA (v., in tal senso, sentenza del 3 marzo 1994, Tolsma, C-16/93 , EU:C:1994:80 , punti 17 e 19). Ne consegue che, come risulta dal punto 24 della presente sentenza, l’IVA assolta a monte relativa alle eventuali spese sostenute nell’ambito della raccolta di donazioni e di dotazioni, indipendentemente dal motivo per cui queste ultime sono state effettuate, non è detraibile.

30

Un’attività che consiste nell’investire donazioni nonché dotazioni e le spese inerenti a tale attività di investimento devono ricevere lo stesso trattamento, per quanto concerne l’IVA, dell’attività non economica costituita dalla loro raccolta e dalle eventuali spese relative a quest’ultima. Infatti, una tale attività di investimento finanziario non solo costituisce, per l’università di Cambridge, al pari di un investitore privato, un mezzo che consente di generare reddito a partire dalle donazioni e dalle dotazioni così raccolte, ma anche un’attività direttamente connessa alla raccolta di queste ultime, e, pertanto, costituisce unicamente il prolungamento diretto di tale attività non economica. Di conseguenza, l’IVA assolta a monte relativa alle spese inerenti a tale investimento non può essere detraibile.

31

Certamente, il fatto che siano sostenuti costi ai fini dell’acquisizione di una prestazione nel contesto di un’attività non economica non esclude di per sé che questi ultimi diano diritto a detrazione nell’ambito dell’attività economica del soggetto passivo, nei limiti in cui sono incorporati nel prezzo delle operazioni specifiche a valle o nel prezzo dei beni o dei servizi forniti dal soggetto passivo nel quadro di tale attività economica (v., in tal senso, sentenza del 26 maggio 2005, Kretztechnik, C-465/03 , EU:C:2005:320 , punto 36).

32

Tuttavia, nel caso di specie, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, da un lato, i costi di gestione delle donazioni e delle dotazioni investite nel fondo di cui trattasi non sono incorporati nel prezzo di un’operazione specifica a valle. Dall’altro, poiché da tale fascicolo risulta che l’università di Cambridge è un istituto di insegnamento senza scopo di lucro e che i costi in questione sono sostenuti al fine di generare risorse destinate a coprire i costi dell’insieme delle operazioni effettuate a valle da detta università, risorse che consentono, pertanto, di ridurre i prezzi dei beni e dei servizi forniti da quest’ultima, tali costi non possono essere considerati elementi costitutivi di questi prezzi e, di conseguenza, non fanno parte delle spese generali di detta università. Poiché, nel caso di specie, non sussiste alcun nesso diretto e immediato tra detti costi e un’operazione specifica a valle né tra questi ultimi e il complesso delle attività dell’università di Cambridge, l’IVA relativa agli stessi costi, non è, in ogni caso, detraibile.

33

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve rispondere alle questioni poste dichiarando che l’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA dev’essere interpretato nel senso che un soggetto passivo che svolga sia attività soggette a IVA sia attività esenti da tale imposta, che investa le donazioni e le dotazioni che riceve collocandole in un fondo, e che utilizzi i redditi generati da tale fondo per coprire i costi del complesso di tali attività, non è autorizzato a detrarre, a titolo di spese generali, l’IVA assolta a monte relativa ai costi connessi a tale investimento.

Sulle spese

34

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:

L’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, dev’essere interpretato nel senso che un soggetto passivo che svolga sia attività soggette a imposta sul valore aggiunto sia attività esenti da tale imposta, che investa le donazioni e le dotazioni che riceve collocandole in un fondo, e che utilizzi i redditi generati da tale fondo per coprire i costi del complesso di tali attività, non è autorizzato a detrarre, a titolo di spese generali, l’imposta sul valore aggiunto assolta a monte relativa ai costi connessi a tale investimento.

Firme

( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.