Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 4 giugno 2020. SC C.F. SRL contro A.J.F.P.M. e D.G.R.F.P.C. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da Tribunalul Cluj. Rinvio pregiudiziale – Principi del diritto dell’Unione – Rispetto dei diritti della difesa – Procedimento fiscale – Esercizio del diritto a detrazione in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA) – Diniego del diritto a detrazione a motivo del comportamento asseritamente inadeguato dei fornitori del soggetto passivo – Atto amministrativo emesso dalle autorità tributarie nazionali senza accordare al contribuente interessato l’accesso alle informazioni e ai documenti posti a fondamento di detto atto – Sospetta frode fiscale – Prassi nazionale che subordina l’esercizio del diritto a detrazione al possesso di documenti giustificativi diversi dalla fattura fiscale – Ammissibilità. Causa C-430/19.
Edizione provvisoria
SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
Sentenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del principio generale del diritto dell’Unione del rispetto dei diritti della difesa e dei principi che disciplinano l’applicazione, da parte degli Stati membri, del regime comune dell’imposta sul valore aggiunto (IVA).
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la SC C.F. SRL (in prosieguo: la «CF») e l’Administrația Județeană a Finanțelor Publice M. (Agenzia provinciale per le finanze pubbliche della Marmazia, Romania; in prosieguo: l’«agenzia provinciale») e la Direcția Generală Regională a Finanțelor Publice C. (direzione generale regionale delle finanze pubbliche di Cluj-Napoca, Romania; in prosieguo: la «direzione regionale»), in merito a una domanda di annullamento degli atti amministrativi tributari in forza dei quali alla CF sono stati imposti oneri tributari supplementari in materia di IVA e di imposta sulle società.
Contesto normativo
Diritto dell ’Unione
L’articolo 178, lettera a), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010 (GU 2010, L 189, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva IVA»), così dispone:
«Per poter esercitare il diritto a detrazione, il soggetto passivo deve soddisfare le condizioni seguenti:
a) per la detrazione di cui all’articolo 168, lettera a), relativa alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, essere in possesso di una fattura redatta conformemente al titolo XI, capo 3, sezioni da 3 a 6».
D iritto rumeno
L’articolo 11, paragrafo 1, della Legea nr 227/2015 privind Codul fiscal (legge n. 227/2015, recante istituzione del codice tributario), dell’8 settembre 2015 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 688, del 10 settembre 2015; in prosieguo: il «codice tributario»), dispone che, nel determinare l’importo di una tassa, di un’imposta o di un contributo sociale obbligatorio, le autorità tributarie possono ignorare un’operazione priva di oggetto economico, adeguando i suoi effetti tributari, o possono modificare la forma di un’operazione o di un’attività al fine di riflettere il contenuto economico di quest’ultima.
L’articolo 25, paragrafo 1, del codice tributario prevede che, ai fini della determinazione dell’utile fiscale, siano considerate spese deducibili le spese sostenute al fine di esercitare un’attività economica, comprese quelle disciplinate da leggi vigenti, nonché le spese di registrazione, le quote e i contributi dovuti alle camere dell’industria e del commercio, alle organizzazioni dei datori di lavoro e alle organizzazioni sindacali.
L’articolo 299, paragrafo 1, lettera a), di detto codice prevede l’obbligo del soggetto passivo IVA di possedere, per l’IVA pagata o dovuta a monte, una fattura fiscale e, in alcuni casi specifici, la prova del pagamento.
Ai sensi dell’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della Legea nr. 207 privind Codul de procedură fiscală (legge n. 207, recante il codice di procedura tributaria), del 20 luglio 2015 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 547, del 23 lugli 2015), nella versione in vigore all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «codice di procedura tributaria»):
«1. L’autorità tributaria ha il diritto di valutare, nei limiti delle sue attribuzioni e delle sue competenze, la rilevanza dei fatti fiscali utilizzando i mezzi di prova previsti dalla legge e di adottare la soluzione fondata sulle disposizioni di legge, nonché su accertamenti completi riguardanti tutte le circostanze illuminanti del caso di specie al momento dell’adozione di una decisione. Nell’esercizio del suo potere discrezionale, l’autorità tributaria deve tener conto del parere scritto inviato dall’autorità tributaria competente al contribuente interessato nell’ambito dell’attività di assistenza e orientamento dei contribuenti, nonché della soluzione adottata dall’autorità tributaria in un atto amministrativo tributario o da un organo giurisdizionale, in una decisione definitiva anteriore, per fatti analoghi riguardanti lo stesso contribuente. Nell’ipotesi in cui l’autorità tributaria constati differenze tra la situazione fiscale del contribuente e le informazioni prese in considerazione in un’opinione scritta o in un atto amministrativo tributario riguardante lo stesso contribuente, l’autorità tributaria ha il diritto di compilare accertamenti conformemente alla reale situazione fiscale e alla normativa tributaria e ha l’obbligo di specificare, per iscritto, i motivi per i quali non prende in considerazione l’opinione preliminare.
2. L’organo tributario esercita il suo diritto di valutazione in osservanza di criteri ragionevoli ed equi, garantendo un giusto equilibrio tra lo scopo perseguito e i mezzi impiegati per conseguirlo».
L’articolo 9 del codice di procedura tributaria, intitolato «Diritto al contraddittorio», al suo paragrafo 1 così dispone:
«Prima di adottare una decisione, l’amministrazione tributaria deve offrire al contribuente la facoltà di esprimere la propria opinione sui fatti e sulle circostanze rilevanti per l’adozione della decisione».
L’articolo 46 di tale codice, intitolato «Contenuto e motivazione dell’atto amministrativo tributario», al paragrafo 2 prevede quanto segue:
«L’atto amministrativo tributario redatto su supporto cartaceo contiene i seguenti elementi:
(…)
j) le indicazioni riguardanti l’audizione del contribuente».
L’articolo 49 di detto codice, intitolato «Nullità dell’atto amministrativo tributario», è così formulato:
«1. L’atto amministrativo tributario è in ogni caso nullo:
a) se è stato adottato in violazione delle disposizioni di legge in materia di competenza;
b) se non contiene uno dei suoi elementi relativi al cognome, al nome e alla qualità del rappresentante dell’amministrazione tributaria, al cognome, al nome o alla denominazione del contribuente, all’oggetto dell’atto amministrativo o alla firma del rappresentante dell’amministrazione tributaria, eccetto quanto previsto dall’articolo 46, paragrafo 6, nonché all’autorità tributaria emittente;
c) se è viziato da un errore grave e manifesto. L’atto amministrativo tributario è viziato da un errore grave e manifesto quando le cause su cui si fonda la sua adozione sono inficiate da un vizio talmente grave che, se fossero state ignorate prima o al momento dell’adozione dell’atto, quest’ultimo non sarebbe stato adottato.
2. La nullità può essere dichiarata dall’autorità tributaria competente o dall’autorità incaricata dell’esame del reclamo, su domanda o d’ufficio. Se la nullità è dichiarata dall’autorità tributaria competente, quest’ultima adotta una decisione notificata al contribuente.
3. Gli atti amministrativi tributari che violano disposizioni di legge diverse da quelle di cui al paragrafo 1 possono essere annullati. Le disposizioni dell’articolo 50 si applicano mutatis mutandis».
L’articolo 278, paragrafo 1, del medesimo codice così dispone:
«La presentazione di un reclamo contenzioso amministrativo non comporta la sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo tributario».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
La CF, una società commerciale di diritto rumeno, costituita nel corso del 2008, ha come oggetto principale lo sfruttamento delle risorse forestali. Nel periodo compreso tra il 29 agosto 2016 e il 13 aprile 2017, essa è stata oggetto di una verifica fiscale da parte dell’agenzia provinciale vertente, da un lato, sull’imposta sulle società relativa al periodo compreso tra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2016 e, dall’altro, sull’IVA relativa al periodo compreso tra il 1° marzo 2014 e il 31 dicembre 2016.
Tale verifica fiscale è stata sospesa per sei mesi per consentire alla direzione regionale, incaricata della lotta contro la frode, di condurre un’indagine, alla quale ha partecipato il pubblico ministero presso il Tribunalul Cluj (Tribunale superiore di Cluj, Romania). L’indagine penale si è conclusa con una decisione di archiviazione.
Nella sua relazione di verifica fiscale, l’agenzia provinciale ha dichiarato che le operazioni commerciali tra la CF e due dei suoi fornitori erano fittizie in quanto questi due fornitori, microimprese per le quali l’aliquota d’imposta è del 3% del fatturato, mentre l’aliquota d’imposta della CF era del 16%, non disponevano della capacità tecnica e logistica per fornire i servizi che essi hanno fatturato alla CF.
Il rappresentante legale della CF sarebbe stato invitato presso la sede dell’agenzia provinciale per ricevere ivi una copia di tale relazione di verifica fiscale.
La CF ha contestato detta relazione di verifica fiscale e ha chiesto di avere accesso a tutto il suo fascicolo amministrativo. Essa ha affermato di non essere stata informata, al momento della verifica fiscale, del modo in cui l’indagine penale abbia potuto influenzare la verifica delle autorità tributarie.
A seguito del rigetto del suo reclamo da parte di tali autorità, la CF ha proposto ricorso dinanzi al giudice del rinvio, il Tribunalul Cluj (Tribunale superiore di Cluj).
Il giudice del rinvio rileva che, secondo le autorità tributarie rumene, sussiste la responsabilità della CF per il comportamento tributario inadeguato dei suoi fornitori. Secondo dette autorità, il carattere fittizio delle operazioni commerciali tra la CF e detti fornitori derivava dal fatto che la CF non poteva presentare documenti giustificativi diversi dalla fattura fiscale. Tuttavia, conformemente alla normativa rumena, l’unico documento giustificativo che il contribuente è tenuto a produrre al fine di esercitare il diritto a detrazione/deduzione sia in materia di IVA sia in materia di imposta sulle società sarebbe la fattura fiscale.
Tale giudice constata che è impossibile determinare il modo in cui la verifica fiscale effettuata dall’agenzia provinciale sia stata influenzata dall’indagine condotta dalla direzione regionale, incaricata della lotta contro la frode. Parimenti, detto giudice non sarebbe a conoscenza degli indizi che hanno indotto le autorità tributarie a ritenere che le operazioni commerciali intercorse tra la CF e i suoi fornitori fossero fittizie.
Alla luce di tutto ciò, il Tribunalul Cluj (Tribunale superiore di Cluj) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se, alla luce del principio del rispetto dei diritti della difesa, come definito dalla giurisprudenza della Corte finora consolidata (...), un atto amministrativo tributario adottato nei confronti di un privato possa e debba essere annullato espressamente qualora quest’ultimo non abbia avuto la possibilità di accedere alle informazioni sulla base delle quali detto atto è stato adottato nei suoi confronti, laddove tale atto faccia riferimento ad alcuni elementi del fascicolo amministrativo.
2) Se i principi di neutralità, proporzionalità ed equivalenza ostino all’esercizio del diritto a detrazione/deduzione ai fini dell’IVA e dell’imposta sulle società da parte di una società la cui condotta sia irreprensibile dal punto di vista tributario, nel caso in cui l’esercizio del diritto a deduzione ai fini dell’imposta sulle società venga negato a causa del comportamento fiscale asseritamente inadeguato dei fornitori sulla base di elementi quali la mancanza di risorse umane o di mezzi di trasporto, laddove l’autorità tributaria non fornisca la prova di alcuna attività dalla quale risulti la responsabilità fiscale/penale dei rispettivi fornitori.
3) Se sia compatibile con il diritto dell’Unione una prassi nazionale consistente nel subordinare l’esercizio del diritto a detrazione/deduzione ai fini dell’IVA e dell’imposta sulle società al possesso di documenti giustificativi oltre alla fattura, quali preventivi o stati di avanzamento, non chiaramente e precisamente definiti nella normativa tributaria nazionale.
4) Se si possa ritenere, alla luce della giurisprudenza risultante dalla sentenza del 17 dicembre 2015, WebMindLicenses (C-419/14, EU:C:2015:832), che sussista un’evasione fiscale qualora un contribuente acquisti beni e servizi da un contribuente che beneficia di un regime tributario diverso dal suo».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità
Il governo rumeno contesta la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale sia alla luce dell’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, sia per l’assenza di una normativa pertinente del diritto dell’Unione per quanto riguarda la parte del procedimento principale relativa all’imposta sulle società.
A questo proposito, da un lato occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che esso individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile solo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, oppure quando la questione è di tipo teorico o la Corte non dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte, nonché per comprendere i motivi per i quali il giudice nazionale ritiene di aver bisogno di risposte a tali questioni al fine di dirimere la controversia dinanzi ad esso pendente (sentenza del 12 dicembre 2019, Slovenské elektrárne, C-376/18, EU:C:2019:1068, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).
Ciò premesso, dal momento che la decisione di rinvio serve da fondamento al procedimento di rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE, è indispensabile che il giudice nazionale chiarisca, in tale decisione, il contesto di fatto e di diritto nel quale si inserisce la controversia principale e fornisca un minimo di spiegazioni sui motivi della scelta delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui chiede l’interpretazione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui è investito. Tali requisiti cumulativi concernenti il contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale figurano espressamente nell’articolo 94 del regolamento di procedura (sentenza del 12 dicembre 2019, Slovenské elektrárne, C-376/18, EU:C:2019:1068, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).
Per quanto riguarda, più specificamente, i requisiti di cui all’articolo 94 del regolamento di procedura, occorre constatare che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale contiene gli elementi di fatto fondamentali e menziona il contenuto delle disposizioni sia del diritto dell’Unione sia del diritto nazionale applicabili al procedimento principale.
Per quanto riguarda, dall’altro lato, la parte del procedimento principale relativa all’imposta sulle società, occorre ricordare che, quando una normativa nazionale si conforma, per le soluzioni che essa apporta a situazioni puramente interne, a quelle adottate dal diritto dell’Unione, al fine, ad esempio, di evitare la comparsa di discriminazioni nei confronti dei cittadini nazionali o di eventuali distorsioni della concorrenza, o ancora di garantire una procedura unica in situazioni comparabili, sussiste un interesse certo dell’Unione a che, per evitare future divergenze di interpretazione, le disposizioni o le nozioni ricavate dal diritto dell’Unione ricevano un’interpretazione uniforme, a prescindere dalle condizioni in cui esse si trovino a dover essere applicate (sentenza del 24 ottobre 2019, Belgische Staat, C-469/18 e C-470/18, EU:C:2019:895, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).
Pertanto, un’interpretazione, da parte della Corte, delle disposizioni del diritto dell’Unione in situazioni puramente interne si giustifica per il fatto che esse sono state rese applicabili dal diritto nazionale in modo diretto e incondizionato, al fine di assicurare un trattamento identico alle situazioni interne e alle situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione (sentenza del 24 ottobre 2019, Belgische Staat, C-469/18 e C-470/18, EU:C:2019:895, punto 23).
Poiché il giudice del rinvio ha chiarito in modo preciso che ciò si verifica nel caso di specie per quanto riguarda la parte del procedimento principale relativa all’imposta sulle società, occorre giudicare, alla luce delle considerazioni che precedono, che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.
Sulla prima questione
Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il principio generale del diritto dell’Unione del rispetto dei diritti della difesa debba essere interpretato nel senso che, se, nell’ambito di procedimenti amministrativi nazionali di verifica e determinazione della base imponibile dell’IVA, un soggetto passivo non ha avuto la facoltà di accedere alle informazioni contenute nel suo fascicolo amministrativo e che sono state prese in considerazione in sede di adozione di una decisione amministrativa che gli impone obblighi tributari supplementari, tale principio esige che detta decisione sia annullata.
A questo riguardo, occorre ricordare che il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che trova applicazione ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare, nei confronti di un soggetto, un atto che gli arrechi pregiudizio. Detto principio generale si applica in circostanze nelle quali l’amministrazione assoggetta alcuni contribuenti ad una procedura di verifica fiscale per garantire la riscossione integrale dell’IVA dovuta sul territorio dello Stato membro interessato o per lottare contro la frode fiscale (v., in tal senso, sentenze del 9 novembre 2017, Ispas, C-298/16, EU:C:2017:843, punti 26 e 27, nonché del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C-189/18, EU:C:2019:861, punto 40).
Costituisce parte integrante del rispetto dei diritti della difesa il diritto di essere ascoltati, il quale garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, la propria opinione durante il procedimento amministrativo prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi. Secondo la giurisprudenza della Corte, la regola secondo cui il destinatario di una decisione per esso lesiva dev’essere messo in condizione di far valere le proprie osservazioni prima che la stessa sia adottata ha lo scopo di porre l’autorità competente in grado di tener conto di tutti gli elementi rilevanti. Al fine di assicurare una tutela effettiva della persona coinvolta, la suddetta regola ha in particolare l’obiettivo di consentire a quest’ultima di correggere un errore o far valere elementi relativi alla sua situazione personale tali da far sì che la decisione sia, o meno, adottata ovvero abbia un contenuto piuttosto che un altro (v. sentenza del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C-189/18, EU:C:2019:861, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).
Benché le autorità tributarie nazionali non siano soggette ad un obbligo generale di fornire un accesso integrale al fascicolo di cui dispongono né di comunicare d’ufficio i documenti e le informazioni a sostegno della decisione prevista, ciò non toglie che, nei procedimenti amministrativi relativi alla verifica e alla determinazione della base imponibile dell’IVA, un soggetto dell’ordinamento deve avere la possibilità di ricevere in comunicazione, su sua richiesta, le informazioni e i documenti contenuti nel fascicolo amministrativo e presi in considerazione dalla pubblica autorità al fine di adottare la sua decisione, a meno che non vi siano obiettivi di interesse generale che giustifichino la restrizione dell’accesso a dette informazioni e a detti documenti (sentenza del 9 novembre 2017, Ispas, C-298/16, EU:C:2017:843, punti 32 e 39).
Nel caso di specie, il giudice del rinvio rileva che le autorità tributarie nazionali hanno rifiutato di portare a conoscenza del soggetto passivo le informazioni rilevanti che quest’ultimo ha chiesto in tempo utile e non menziona alcun obiettivo di interesse generale che giustifichi un siffatto diniego.
In tale contesto, detto giudice si chiede se gli spetti dichiarare la nullità ipso iure della decisione amministrativa che impone obblighi tributari supplementari a detto soggetto passivo.
A tal riguardo, occorre ricordare che, quando né le condizioni in cui dev’essere garantito il rispetto dei diritti della difesa né le conseguenze della violazione di tali diritti sono stabilite dal diritto dell’Unione, tali condizioni e conseguenze rientrano nella sfera del diritto nazionale, purché le misure adottate in tal senso siano dello stesso tipo di quelle di cui beneficiano le persone in situazioni di diritto nazionale comparabili (principio di equivalenza) e non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (sentenza del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics e Datema Hellmann Worldwide Logistics, C-129/13 e C-130/13, EU:C:2014:2041, punto 75).
Per quanto riguarda, in particolare, il principio di effettività, la Corte ha dichiarato che esso non esige che una decisione contestata, in quanto adottata in violazione dei diritti della difesa, sia annullata in tutti i casi. Infatti, una violazione dei diritti della difesa determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di detta irregolarità, il procedimento sarebbe potuto giungere a un risultato diverso (v., in tal senso, sentenza del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics e Datema Hellmann Worldwide Logistics, C-129/13 e C-130/13, EU:C:2014:2041, punti 78 e 79).
Spetta al giudice del rinvio valutare in che misura il procedimento di verifica fiscale avrebbe potuto portare ad un risultato diverso se la CF avesse potuto avere accesso al fascicolo nel corso di detto procedimento amministrativo.
Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che il principio generale del diritto dell’Unione del rispetto dei diritti della difesa dev’essere interpretato nel senso che, se, nell’ambito di procedimenti amministrativi nazionali di verifica e determinazione della base imponibile dell’IVA, un soggetto passivo non ha avuto la facoltà di accedere alle informazioni contenute nel suo fascicolo amministrativo e che sono state prese in considerazione in sede di adozione di una decisione amministrativa che gli impone obblighi tributari supplementari, laddove il giudice adito constati che, in mancanza di detta irregolarità, il procedimento sarebbe potuto giungere a un risultato diverso, tale principio esige che detta decisione sia annullata.
Sulla seconda, sulla terza e sulla quarta questione
Con le sue questioni dalla seconda alla quarta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, in presenza di semplici sospetti non suffragati dell’amministrazione tributaria nazionale quanto all’effettiva realizzazione delle operazioni economiche che hanno portato all’emissione di una fattura fiscale, i principi che disciplinano l’applicazione, da parte degli Stati membri, del regime comune dell’IVA, in particolare quelli di neutralità fiscale e di certezza del diritto, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che al soggetto passivo destinatario di questa fattura venga negato il diritto alla detrazione dell’IVA, se esso non sia in grado di fornire, oltre a detta fattura, ulteriori prove a sostegno dell’effettiva esistenza delle operazioni economiche realizzate.
In via preliminare, occorre precisare che spetta unicamente al giudice del rinvio valutare l’incidenza dell’interpretazione fornita dalla Corte in risposta a tali questioni sulla parte del procedimento principale relativa all’imposta sulle società.
Secondo costante giurisprudenza della Corte, il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o versata a monte per i beni acquistati e per i servizi ricevuti ai fini delle loro operazioni soggette ad imposta costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa dell’Unione. Come ripetutamente dichiarato dalla Corte, il diritto a detrazione previsto dagli articoli 167 e seguenti della direttiva IVA costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni (sentenza del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C-189/18, EU:C:2019:861, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).
Il sistema comune dell’IVA garantisce, in tal modo, la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dalle finalità o dai risultati delle medesime, purché siffatte attività siano, in linea di principio, esse stesse soggette all’IVA (sentenza del 3 luglio 2019, The Chancellor, Masters and Scholars of the University of Cambridge, C-316/18, EU:C:2019:559, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).
Ciò posto, la lotta contro frodi, evasione fiscale ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva IVA, e la Corte ha più volte dichiarato che i soggetti dell’ordinamento non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione. Pertanto, è compito delle autorità e dei giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che lo stesso diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente (sentenza del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C-189/18, EU:C:2019:861, punto 34).
Tale situazione, così come ricorre nel caso di una frode commessa dal soggetto passivo stesso, ricorre altresì quando il medesimo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in una frode relativa all’IVA. Pertanto, il beneficio del diritto a detrazione può essere negato a un soggetto passivo solamente qualora si dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che detto soggetto passivo, al quale sono stati ceduti i beni o prestati i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, sapeva o avrebbe dovuto sapere che, acquisendo questi beni o servizi, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di tali cessioni o prestazioni (sentenza 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C-189/18, EU:C:2019:861, punto 35).
Incombe alla competente amministrazione tributaria nazionale dimostrare, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal destinatario della fattura verifiche che non gli incombono, che tale destinatario sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione dell’IVA, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2015, PPUH Stehcemp, C-277/14, EU:C:2015:719, punto 50).
Poiché il diritto dell’Unione non prevede norme relative alle modalità dell’assunzione delle prove in materia di frode relativa all’IVA, tali elementi oggettivi devono essere stabiliti dall’amministrazione tributaria secondo le norme in materia di prova previste dal diritto nazionale. Tuttavia, tali norme non devono pregiudicare l’efficacia del diritto dell’Unione e devono rispettare i diritti garantiti da tale ordinamento, in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (sentenza del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C-189/18, EU:C:2019:861, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).
A tale riguardo, occorre ricordare che la determinazione delle misure che, in un caso di specie, possono essere ragionevolmente pretese da un soggetto passivo che intenda esercitare il diritto a detrazione dell’IVA, per assicurarsi che le sue operazioni non si iscrivano in un’evasione commessa da un operatore a monte, dipende essenzialmente dalle circostanze del caso di specie (sentenza del 22 ottobre 2015, PPUH Stehcemp, C-277/14, EU:C:2015:719, punto 51).
Se è vero che un siffatto soggetto passivo si può trovare obbligato, quando dispone di indizi che consentano di sospettare l’esistenza di irregolarità o di frode, ad assumere informazioni sull’operatore presso il quale intende acquistare beni o servizi al fine di assicurarsi dell’affidabilità di quest’ultimo, la competente amministrazione tributaria nazionale non può esigere tuttavia in maniera generale da tale soggetto passivo, da un lato, di verificare che l’emittente della fattura relativa ai beni e ai servizi per i quali l’esercizio di tale diritto è richiesto disponesse dei beni di cui trattasi e fosse in grado di fornirli e che esso abbia adempiuto agli obblighi dichiarativi e di versamento dell’IVA, al fine di assicurarsi che non sussistano irregolarità o frodi a livello degli operatori a monte, o, dall’altro, di disporre di documenti a tal riguardo (sentenza del 22 ottobre 2015, PPUH Stehcemp, C-277/14, EU:C:2015:719, punto 52).
Poiché la produzione di siffatti documenti supplementari non è prevista dall’articolo 178, lettera a), della direttiva IVA e può incidere, in modo sproporzionato, sull’esercizio del diritto a detrazione nonché, pertanto, sul principio di neutralità, la competente amministrazione tributaria nazionale non può esigere, in via generale, una siffatta produzione.
Ciò premesso, occorre rispondere alle questioni dalla seconda alla quarta dichiarando che i principi che disciplinano l’applicazione, da parte degli Stati membri, del regime comune dell’IVA, in particolare quelli di neutralità fiscale e di certezza del diritto, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a che, in presenza di semplici sospetti non suffragati dall’amministrazione tributaria nazionale quanto all’effettiva realizzazione delle operazioni economiche che hanno portato all’emissione di una fattura fiscale, al soggetto passivo destinatario di questa fattura venga negato il diritto alla detrazione dell’IVA se esso non sia in grado di fornire, oltre a detta fattura, ulteriori prove a sostegno dell’effettiva esistenza delle operazioni economiche realizzate.
Sulle spese
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:
Il principio generale del diritto dell’Unione del rispetto dei diritti della difesa dev’essere interpretato nel senso che, se, nell’ambito di procedimenti amministrativi nazionali di verifica e determinazione della base imponibile dell’imposta sul valore aggiunto, un soggetto passivo non ha avuto la facoltà di accedere alle informazioni contenute nel suo fascicolo amministrativo e che sono state prese in considerazione in sede di adozione di una decisione amministrativa che gli impone obblighi tributari supplementari, laddove il giudice adito constati che, in mancanza di detta irregolarità, il procedimento sarebbe potuto giungere a un risultato diverso, tale principio esige che detta decisione sia annullata.
I principi che disciplinano l’applicazione, da parte degli Stati membri, del regime comune dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), in particolare quelli di neutralità fiscale e di certezza del diritto, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a che, in presenza di semplici sospetti non suffragati dall’amministrazione tributaria nazionale quanto all’effettiva realizzazione delle operazioni economiche che hanno portato all’emissione di una fattura fiscale, al soggetto passivo destinatario di questa fattura venga negato il diritto alla detrazione dell’IVA se esso non sia in grado di fornire, oltre a detta fattura, ulteriori prove a sostegno dell’effettiva esistenza delle operazioni economiche realizzate.
Firme
* Lingua processuale: il rumeno.