Sentenza della Corte (Seconda Sezione) dell' 8 maggio 2019. Związek Gmin Zagłębia Miedziowego w Polkowicach contro Szef Krajowej Administracji Skarbowej. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Wojewódzki Sąd Administracyjny we Wrocławiu. Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 168, lettera a) – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Principio di neutralità dell’IVA – Soggetto passivo che esercita sia attività economiche sia attività non economiche – Beni e servizi acquisiti per la realizzazione sia di operazioni soggette a IVA sia di operazioni non soggette a IVA – Assenza di criteri di ripartizione nella normativa nazionale – Principio di legalità dell’imposta. Causa C-566/17.
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Wojewódzki Sąd Administracyjny we Wrocławiu (Tribunale amministrativo del voivodato di Breslavia, Polonia), con decisione del 10 luglio 2017, pervenuta in cancelleria il 26 settembre 2017, nel procedimento
Związek Gmin Zagłębia Miedziowego w Polkowicach
contro
Szef Krajowej Administracji Skarbowej,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta da K. Lenaerts, presidente della Corte, facente funzione di presidente della Seconda Sezione, A. Prechal, C. Toader, A. Rosas (relatore) e M. Ilešič, giudici,
avvocato generale: E. Sharpston
cancelliere: R. Şereş, amministratrice
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 settembre 2018,
considerate le osservazioni presentate:
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per la Związek Gmin Zagłębia Miedziowego w Polkowicach, da P. Koźmiński, K. Ziemski, radcowie prawni, e da P. Kaźmierczak, doradca podatkowy; |
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per lo Szef Krajowej Administracji Skarbowej, da B. Kołodziej e J. Kaute; |
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per il governo polacco, da B. Majczyna e A. Kramarczyk-Szaładzińska, in qualità di agenti; |
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per la Commissione europea, da J. Jokubauskaitė e M. Siekierzyńska, in qualità di agenti, |
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 6 dicembre 2018,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto ( GU 2006, L 347, pag. 1 ; in prosieguo: la «direttiva IVA»). |
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la Związek Gmin Zagłębia Miedziowego w Polkowicach (associazione dei comuni del bacino del rame di Polkowice; in prosieguo: l’«associazione dei comuni»), allo Szef Krajowej Administracji Skarbowej (Direttore dell’amministrazione tributaria nazionale; in prosieguo: l’«autorità tributaria»), in merito a una domanda di parere in materia fiscale riguardante il diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) gravante sull’acquisto di beni e servizi da parte dell’associazione dei comuni al fine della realizzazione sia di attività economiche, soggette all’IVA, sia di attività non economiche, che esulano dall’ambito di applicazione dell’IVA (in prosieguo: le «spese miste»). |
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
Il titolo III della direttiva IVA è intitolato «Soggetti passivi». In tale titolo, l’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, di tale direttiva, prevede quanto segue: «Si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività». |
Nel medesimo titolo, l’articolo 13, paragrafo 1, primo comma, di detta direttiva dispone quanto segue: «Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni». |
Il titolo X della medesima direttiva, rubricato «Detrazioni», è suddiviso in cinque capi, il primo dei quali è intitolato «Origine e portata del diritto a detrazione». In tale capo, l’articolo 168 dispone quanto segue: «Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:
(…)». |
Il capo 2 di tale titolo è rubricato «Prorata di detrazione». In detto capo, l’articolo 173 della direttiva IVA prevede quanto segue: «1. Per quanto riguarda i beni ed i servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a detrazione di cui [all’articolo] 168 (…) sia per operazioni che non danno tale diritto, la detrazione è ammessa soltanto per il prorata dell’IVA relativo alla prima categoria di operazioni. Il prorata di detrazione è determinato, conformemente agli articoli 174 e 175, per il complesso delle operazioni effettuate dal soggetto passivo. 2. Gli Stati membri possono adottare le misure seguenti:
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Gli articoli 174 e 175 di tale direttiva riguardano il calcolo del prorata di detrazione. |
Diritto polacco
Costituzione della Repubblica di Polonia
Ai sensi dell’articolo 217 della Konstytucja Rzeczypospolitej Polskiej (Costituzione della Repubblica di Polonia), del 2 aprile 1997 (Dz. U. no 78, posizione 483), l’assoggettamento alle imposte deve essere previsto per legge. La legge determina i soggetti passivi, le aliquote fiscali, nonché le norme per la concessione di sgravi fiscali e i rimborsi, così come le categorie di soggetti passivi esenti da tassazione. |
Legge sull’IVA
L’articolo 15, paragrafo 6, dell’Ustawa o podatku od towarów i usług (legge relativa all’imposta sui beni e sui servizi), dell’11 marzo 2004 (Dz. U. n. 177, posizione 1054), nella versione applicabile alla controversia oggetto del procedimento principale (in prosieguo: la «legge sull’IVA»), prevede quanto segue: «Non sono considerati soggetti passivi né le pubbliche autorità né gli organismi alle dipendenze di queste ultime, relativamente ai compiti assegnati dalle norme di leggi speciali, per la cui attuazione sono stati designati, ad eccezione delle operazioni effettuate sulla base di contratti di diritto privato». |
L’articolo 86, paragrafo 1, della legge sull’IVA così dispone: «Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo di cui all’articolo 15 ha il diritto di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore l’importo dell’imposta assolta a monte (…)». |
L’articolo 90, paragrafi da 1 a 3, di tale legge dispone quanto segue: «1. Per quanto riguarda i beni e i servizi che sono impiegati dal soggetto passivo per effettuare sia operazioni che danno diritto a detrazione dell’imposta dovuta sia operazioni che non conferiscono tale diritto, il soggetto passivo deve indicare separatamente gli importi dell’imposta assolta per operazioni che danno diritto a detrazione dell’imposta di cui è debitore. 2. Qualora non sia possibile indicare separatamente, in tutto o in parte, gli importi di cui al paragrafo 1, il soggetto passivo può detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore l’importo dell’imposta assolta a monte proporzionalmente imputabile alle operazioni in relazione alle quali il soggetto passivo ha diritto alla riduzione dell’importo dell’imposta dovuta (…) 3. Il prorata di cui al paragrafo 2 è determinato come la percentuale che il fatturato annuo generato dalle operazioni in relazione alle quali sussiste diritto alla detrazione dell’importo dell’imposta dovuta rappresenta nel fatturato annuo totale a titolo sia delle operazioni che danno diritto alla detrazione dell’importo dell’imposta dovuta, sia delle operazioni che non danno tale diritto». |
Procedimento principale e questione pregiudiziale
Risulta dalla decisione di rinvio che l’associazione dei comuni è una persona giuridica, stabilita conformemente alla legislazione polacca, che svolge talune funzioni pubbliche incombenti ai comuni che ne sono membri. Le sue funzioni comprendono, in particolare, la pianificazione e l’esecuzione di compiti nel settore della gestione dei rifiuti urbani nel territorio dei comuni suoi membri. Tali attività, finanziate mediante una tassa riscossa dai comuni, non costituiscono attività economiche rientranti nel sistema comune dell’IVA e, a tale titolo, non sono soggette a detta imposta. |
Dal 2013, l’associazione dei comuni ha fornito servizi aggiuntivi ai privati, consistenti, in particolare, nel dotare edifici di appositi contenitori per i rifiuti misti nonché nel fornire servizi di raccolta e trasporto di contenitori per rifiuti verdi e rifiuti di costruzione e di demolizione. La fornitura di tali servizi costituisce un’attività economica che rientra nel sistema comune dell’IVA. Le entrate dell’associazione dei comuni derivanti da tale attività economica ammontavano, durante gli esercizi finanziari da 2013 a 2015, a un totale annuo, rispettivamente, di zloty polacchi (PLN) 59368,18 (circa EUR 13845), PLN 372166,48 (circa EUR 86796), e PLN 386393,79 (circa EUR 90114). |
Nel corso di tali esercizi finanziari, l’associazione dei comuni ha sostenuto spese legate, segnatamente, al funzionamento di tale ente e alla gestione dei rifiuti. Una parte di esse si ricollegava a spese miste. Risulta, infatti, dalla decisione di rinvio che tali spese non possono essere ricollegate esclusivamente o alle operazioni non economiche effettuate dall’associazione dei comuni, che non rientrano nel sistema comune dell’IVA, o alle sue operazioni economiche, vale a dire operazioni soggette ad IVA. |
Nutrendo dubbi in ordine agli importi di cui sarebbe stata debitrice a titolo dell’IVA per gli esercizi finanziari dal 2013 al 2015, l’associazione dei comuni ha presentato una domanda di parere in materia fiscale all’autorità tributaria vertente sull’interpretazione della legge sull’IVA. Nel suo parere in materia fiscale del 17 ottobre 2016, l’autorità tributaria ha ritenuto che, per quanto riguarda le spese miste, l’associazione dei comuni era tenuta ad effettuare, in un primo tempo, una ripartizione dell’IVA assolta a monte per determinare l’importo di tale imposta legata alla sua attività economica. In assenza di regole di diritto nazionale a questo proposito, spetterebbe al soggetto passivo scegliere un metodo adeguato che gli consenta di ripartire l’IVA assolta a monte tra le sue attività economiche e le sue attività non economiche. Al fine di determinare l’importo dell’IVA detraibile si dovrebbe applicare, in un secondo tempo, il prorata di cui all’articolo 90, paragrafo 3, della legge sull’IVA, relativo alle attività economiche al fine di stabilire, se del caso, i rispettivi importi dell’IVA assolta a monte correlata, da un lato, alle operazioni soggette ad imposta che danno diritto a detrazione e, dall’altro, alle operazioni esenti che non conferiscono tale diritto. |
L’associazione dei comuni ha proposto ricorso dinanzi al giudice del rinvio, il Wojewódzki Sąd Administracyjny we Wrocławiu (Tribunale amministrativo del voivodato di Breslavia, Polonia), chiedendo l’annullamento di detto parere in materia fiscale, vertente su una violazione dell’articolo 86, paragrafo 1, della legge sull’IVA. Essa si è basata, in particolare, sul fatto che, per quanto riguarda le spese miste, tale legge non contiene alcuna regola di ripartizione dell’IVA assolta a monte a seconda che tali spese si riferiscano ad attività economiche o ad attività non economiche del soggetto passivo. Pertanto, l’associazione dei comuni sostiene, da un lato, che non potrebbe essere tenuta ad applicare un metodo di ripartizione dell’IVA assolta a monte a titolo di spese comuni. D’altro lato, il diritto alla detrazione relativo a tali spese non potrebbe, di conseguenza, essere limitato al di là del prorata previsto all’articolo 90 della legge sull’IVA, relativo alle attività economiche soggette all’IVA o esenti da tale imposta. |
Alla luce di tali elementi, il giudice del rinvio rileva che, fino al 1 o gennaio 2016, con l’eccezione delle norme di cui agli articoli 90 e 91 della legge sull’IVA, il legislatore polacco non aveva adottato altre norme relative alla ripartizione dell’IVA assolta a monte per le spese miste. In seguito alle modifiche apportate alla legge sull’IVA, entrate in vigore il 1o gennaio 2016, tale questione sarebbe ormai risolta, ma tali nuove disposizioni non sarebbero applicabili agli esercizi finanziari dal 2013 al 2015, oggetto della controversia dinanzi ad esso pendente. |
Inoltre, il giudice del rinvio osserva che la direttiva IVA non contiene regole relative alla ripartizione degli importi dell’imposta assolta a monte gravante sulle spese miste di un soggetto passivo. Emergerebbe dalla giurisprudenza della Corte che, poiché la direttiva IVA nulla stabilisce al riguardo, spetterebbe agli Stati membri determinare il metodo e i criteri di tale ripartizione, nel rispetto del diritto dell’Unione e dei principi su cui si fonda il sistema comune dell’IVA. |
A tale riguardo, il giudice del rinvio precisa che il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia) ha statuito, in una sentenza del 24 ottobre 2011, che, in assenza di tali criteri nella legislazione nazionale, il soggetto passivo ha diritto a detrarre integralmente l’IVA, compresa la parte di imposta assolta a monte che è collegata ad operazioni che non rientrano nel sistema comune dell’IVA. Fondandosi, in particolare, sul principio di legalità in materia di imposte, di prelievi pubblici e di fissazione delle aliquote d’imposta, sancito dall’articolo 217 della Costituzione della Repubblica di Polonia, tale giudice avrebbe dichiarato che, prima dell’entrata in vigore delle modifiche alla legge sull’IVA, il 1 o gennaio 2016, non potrebbe essere contestato ai soggetti passivi il mancato rispetto dei criteri stabiliti conformemente a tali modifiche. |
Orbene, il giudice del rinvio nutre dubbi sulla compatibilità di una siffatta interpretazione del diritto nazionale con la direttiva IVA. Detto giudice rileva, in particolare, che l’articolo 86, paragrafo 1, della legge sull’IVA, al pari dell’articolo 168 della direttiva che esso intende recepire nel diritto nazionale, indica espressamente che il diritto a detrazione dell’IVA è correlato solo alle operazioni soggette a IVA. |
Esso ritiene, in particolare, che l’assenza, nel diritto nazionale, di disposizioni «tecniche» vertenti sulla ripartizione tra attività economiche e non economiche degli importi di IVA assolta a monte a titolo di spese miste, non può significare che, in una situazione del genere, i soggetti passivi abbiano comunque diritto a detrarre integralmente tale imposta. Secondo tale giudice, una prassi nazionale del genere sarebbe contraria al tenore letterale dell’articolo 168 della direttiva IVA, nonché al principio della neutralità dell’IVA, in particolare poiché, con riguardo alla controversia di cui è investito, tale prassi conferirebbe un vantaggio indebito all’associazione dei comuni. Il giudice del rinvio indica, inoltre, che il punto di vista espresso dall’autorità tributaria, secondo il quale il soggetto passivo, in una situazione del genere, ha la possibilità di scegliere il metodo più adeguato per la ripartizione, sembra essere conforme alla direttiva IVA. |
In tali circostanze, il Wojewódzki Sąd Administracyjny we Wrocławiu (Tribunale amministrativo del voivodato di Breslavia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se l’articolo 168, lettera a), della direttiva [IVA] nonché il principio di neutralità dell’IVA ostino ad una prassi nazionale consistente nel riconoscere il pieno diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte, relativa all’acquisto di beni e di servizi utilizzati sia per operazioni del soggetto passivo soggette all’IVA (imponibili ed esenti), sia per operazioni che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’IVA, in considerazione dell’assenza nella legislazione nazionale di metodi e di criteri di ripartizione degli importi dell’imposta assolta a monte in relazione ai suddetti tipi di operazioni». |
Sulla questione pregiudiziale
Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che osta ad una prassi nazionale che consente al soggetto passivo di detrarre la totalità dell’imposta che ha gravato a monte su spese miste, in ragione dell’assenza, nella normativa tributaria applicabile, di regole specifiche sui criteri e sui metodi di ripartizione che consentano al soggetto passivo di determinare la quota di tale IVA assolta a monte che deve essere considerata collegata, rispettivamente, alle sue attività economiche e alle sue attività non economiche. |
Al fine di rispondere a tale questione, occorre ricordare, in via preliminare, i fondamenti giuridici del diritto alla detrazione dell’IVA, quali derivano dalla direttiva IVA e dalla giurisprudenza della Corte. |
In primo luogo, le modalità del diritto a detrazione sono disciplinate, in particolare, dall’articolo 168 della direttiva IVA. In base al disposto della lettera a) di tale articolo, il soggetto passivo ha il diritto di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi dell’IVA dovuta o assolta per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo, nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta. |
Infatti, la logica del sistema istituito dalla direttiva IVA poggia sulla neutralità. Solo le imposte che hanno gravato a monte sui beni o sui servizi impiegati da un soggetto passivo per le sue operazioni soggette a imposta possono essere detratte. In altri termini, la detrazione delle imposte a monte è collegata alla riscossione delle imposte a valle. Quando beni o servizi acquistati da un soggetto passivo sono impiegati ai fini di operazioni esenti o non rientranti nell’ambito di applicazione dell’IVA, non può esservi né riscossione dell’imposta a valle né detrazione dell’imposta a monte. Per contro, nella misura in cui i beni o servizi sono usati ai fini di operazioni imponibili a valle, una detrazione dell’imposta che ha gravato sugli stessi a monte si impone, per evitare una doppia imposizione (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2016, Mateusiak, C-229/15 , EU:C:2016:454 , punto 24 e giurisprudenza ivi citata). |
Infatti, l’esistenza di un diritto a detrazione presuppone, da un lato, che il soggetto passivo che agisce in quanto tale acquisti beni o servizi e li utilizzi ai fini della sua attività economica (v., in particolare, sentenza del 16 febbraio 2012, Eon Aset Menidjmunt, C-118/11 , EU:C:2012:97 , punto 69). D’altro lato, affinché l’IVA sia detraibile, le operazioni effettuate a monte devono, in linea generale, presentare un nesso diretto e immediato con le operazioni a valle che conferiscono un diritto a detrazione. In definitiva, il diritto a detrarre l’IVA gravante sull’acquisto di beni o servizi a monte presuppone che le spese effettuate per acquistare questi ultimi facciano parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni tassate a valle (v., in tal senso, sentenze del 13 marzo 2008, Securenta, C-437/06, EU:C:2008:166, punto 27; del 6 settembre 2012, Portugal Telecom, C-496/11, EU:C:2012:557, punto 36, nonché del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt, C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punti 23 e 24). |
In secondo luogo, nell’ipotesi in cui un soggetto passivo utilizzi beni e servizi per effettuare sia operazioni economiche che danno diritto a detrazione sia operazioni che non danno diritto a detrazione, vale a dire operazioni esenti, gli articoli da 173 a175 della direttiva IVA stabiliscono regole per determinare la parte dell’IVA detraibile, che deve essere proporzionale all’importo relativo alle operazioni economiche soggette ad imposta del soggetto passivo. A tale proposito, la Corte ha precisato che queste ultime regole riguardano l’IVA a monte che grava sulle spese connesse esclusivamente ad attività economiche, operando una ripartizione, all’interno di dette attività, tra quelle imponibili, che danno diritto a detrazione e quelle esenti, che non danno tale diritto (v., in tal senso, sentenze del 13 marzo 2008, Securenta, C-437/06 , EU:C:2008:166 , punto 33; del 6 settembre 2012, Portugal Telecom, C-496/11, EU:C:2012:557, punto 42, nonché del 16 luglio 2015, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt, C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496, punto 27). Per contro, per non compromettere l’obiettivo di neutralità garantito dal sistema comune dell’IVA, le operazioni escluse dalla sfera di applicazione della direttiva IVA devono essere escluse dal calcolo del prorata di detrazione di cui a queste ultime disposizioni (v., in tal senso, sentenze del 14 novembre 2000, Floridienne e Berginvest, C-142/99, EU:C:2000:623, punto 32; del 27 settembre 2001, Cibo Participations, C-16/00, EU:C:2001:495, punto 44, e del 29 aprile 2004, EDM, C-77/01, EU:C:2004:243, punto 54). |
In terzo luogo, occorre ricordare che la Corte ha già dichiarato che, nel silenzio della direttiva IVA sul punto, la determinazione dei metodi e dei criteri di ripartizione degli importi dell’IVA assolta a monte tra attività economiche e attività non economiche rientra nel potere discrezionale degli Stati membri. Nell’esercizio di tale potere, essi devono tener conto dello scopo e dell’impianto sistematico della direttiva IVA e, a tale titolo, prevedere un metodo di calcolo che rifletta oggettivamente la quota di imputazione reale delle spese a monte a ciascuna di queste due attività (v., in particolare, sentenza del 25 luglio 2018, Gmina Ryjewo, C-140/17 , EU:C:2018:595 , punto 58 e giurisprudenza ivi citata). |
Nella specie, dalla decisione di rinvio risulta che, nel corso degli esercizi fiscali di cui al procedimento principale, la legislazione in vigore in Polonia non conteneva norme specifiche relative ai criteri e ai metodi di ripartizione, tra attività economiche e non economiche, dell’IVA assolta a monte a titolo di spese miste. Fondandosi su tale assenza di disciplina nazionale, l’associazione dei comuni sostiene dinanzi al giudice del rinvio che non può esserle imposto di effettuare una tale ripartizione e che, di conseguenza, essa avrebbe il diritto di detrarre integralmente l’imposta gravante su tale tipo di spese. |
Si deve, quindi, esaminare se una tale mancanza di disciplina nazionale abbia la conseguenza che un soggetto passivo, come l’associazione dei comuni, sia, per tale solo motivo, autorizzato a detrarre integralmente l’IVA assolta a monte a titolo di spese miste. |
In via preliminare, va sottolineato, che l’obbligo, incombente a un soggetto passivo, di ripartire gli importi dell’IVA versata a monte tra attività economiche e non economiche deriva dalla formulazione stessa dell’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA. Infatti, tale disposizione prevede un diritto a detrazione dell’imposta assolta a monte soltanto nella misura in cui i beni e i servizi sono utilizzati ai fini delle operazioni imponibili di un soggetto passivo. |
Come risulta, in particolare, dalla giurisprudenza citata al punto 26 della presente sentenza, quando beni o servizi acquistati da un soggetto passivo sono impiegati ai fini di operazioni non rientranti nell’ambito di applicazione dell’IVA, non può esservi né riscossione dell’imposta a valle né detrazione dell’imposta a monte. |
Vero è che la direttiva IVA non prevede regole specifiche relative ai criteri e ai metodi di ripartizione, tra attività economiche e non economiche, dell’IVA assolta a monte a titolo di spese miste. Pertanto, gli Stati membri godono di un margine di discrezionalità per quanto riguarda la scelta di tali criteri o dei metodi di ripartizione. |
Tuttavia, la mera assenza di tali regole, nella normativa tributaria applicabile, non per ciò significa che il soggetto passivo abbia il diritto di detrarre integralmente l’IVA gravante su tali spese anche per quanto riguarda la parte dell’imposta assolta a monte che è collegata ad operazioni che non rientrano nel sistema comune dell’IVA. Concedere un tale diritto alla detrazione integrale comporterebbe un ampliamento della portata di tale diritto, contrario ai principi fondamentali del sistema comune dell’IVA. |
Infatti, come ha rilevato l’Avvocato generale al paragrafo 57 delle sue conclusioni, autorizzare un soggetto passivo, come l’associazione dei comuni, che esercita sia attività economiche sia attività non economiche, a detrarre integralmente l’IVA assolta a monte a titolo di spese miste, equivarrebbe a concedergli un vantaggio contrario al principio di neutralità fiscale, principio che, secondo la Corte, costituisce la traduzione operata dal legislatore dell’Unione, in materia di IVA, del principio generale di parità di trattamento (v., in tal senso, sentenza del 29 ottobre 2009, NCC Construction Danmark, C-174/08 , EU:C:2009:669 , punto 41 e giurisprudenza ivi citata). |
Ne deriva che l’assenza, nella normativa di uno Stato membro, di regole specifiche relative ai criteri e ai metodi di ripartizione, tra attività economiche e non economiche, dell’IVA assolta a monte non può, per principio, influenzare la portata del diritto a detrazione di cui all’articolo 168 della direttiva IVA. |
Il giudice del rinvio rileva, tuttavia, che la prassi nazionale di concedere un diritto alla detrazione integrale, per quanto riguarda le spese miste, è motivata da un’interpretazione dell’articolo 217 della Costituzione della Repubblica di Polonia che sancisce il principio di legalità dell’imposta. |
A tale proposito, occorre osservare che, come risulta dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, il principio di legalità dell’imposta può essere considerato come facente parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione in quanto principio generale del diritto. Sebbene tale principio esiga, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 110 delle sue conclusioni, che l’obbligo di pagare un’imposta come l’IVA, nonché tutti gli elementi chiave che definiscono le caratteristiche fondamentali della stessa, siano determinati per legge, detto principio non richiede che tutti gli aspetti tecnici dell’imposizione siano disciplinati in maniera esaustiva, a condizione che le norme fissate dalla legge consentano al soggetto passivo di prevedere e calcolare l’importo dell’imposta dovuta e stabilire il momento in cui essa diverrà esigibile. |
Di conseguenza, l’assenza, nella normativa tributaria applicabile, di regole tecniche aventi carattere accessorio rispetto a un elemento chiave dell’imposta non costituisce, di per sé, una violazione del principio di legalità dell’imposta, in quanto principio generale del diritto dell’Unione. Parimenti, il fatto che la normativa tributaria applicabile abbia lasciato al soggetto passivo la scelta tra diverse possibili linee di condotta al fine di beneficiare di un diritto non può essere considerato, di per sé, contrario a tale principio. |
Trattandosi di un elemento chiave di un’imposta che è stata oggetto di armonizzazione da parte del legislatore dell’Unione, come l’IVA, la questione di quali siano gli elementi della stessa che devono essere previsti per legge è una questione che deve essere valutata alla luce del principio di legalità dell’imposta in quanto principio generale del diritto dell’Unione, e non sulla base di un’interpretazione di tale principio nel diritto nazionale. |
Per quanto riguarda, più in particolare, il diritto a detrazione, esso costituisce un elemento essenziale dell’obbligo di pagamento dell’IVA. La portata di tale diritto è chiaramente indicata all’articolo 168 della direttiva IVA. Come ha sottolineato la Corte, detta disposizione indica con precisione i presupposti per il sorgere e la portata del diritto a detrazione e non lascia agli Stati membri alcun margine di discrezionalità per quanto attiene alla sua attuazione (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2005, Commissione/Regno Unito, C-33/03 , EU:C:2005:144 , punto 16 e giurisprudenza ivi citata). |
Di conseguenza, nella misura in cui il soggetto passivo sia in grado di dimostrare, sulla base della normativa tributaria applicabile, l’esatta portata del diritto a detrazione, non si può ritenere che l’obbligo posto a suo carico di determinare, tra le sue spese miste, la quota di esse che si ricollega a operazioni economiche sia in contrasto con il principio di legalità dell’imposta. Infatti, nel sistema comune dell’IVA, un tale obbligo costituisce non un elemento chiave che definisce una delle caratteristiche fondamentali dell’IVA, e che deve, a tale titolo, essere espressamente previsto dalla normativa tributaria applicabile, ma solamente un elemento accessorio, in quanto condizione preliminare che deve essere soddisfatta dal soggetto passivo al fine di beneficiare di un diritto alla detrazione. |
Anche se, in definitiva, compete al giudice del rinvio valutare, nell’ambito del procedimento principale, se siano soddisfatti i presupposti derivanti dal principio di legalità dell’imposta di cui ai punti precedenti, spetta alla Corte fornirgli tutte le indicazioni necessarie alla luce del diritto dell’Unione per consentirgli di dirimere la controversia di cui è investito. |
Innanzitutto, occorre rilevare che l’articolo 168 della direttiva IVA è stato recepito nel diritto polacco dall’articolo 86 della legge sull’IVA. Quest’ultima disposizione prevede, al pari dell’articolo 168 della direttiva IVA, che il soggetto passivo ha il diritto di detrarre dall’imposta dovuta l’imposta assolta a monte nella misura in cui i beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta. Sembra quindi che l’articolo 86 della legge sull’IVA definisca il campo di applicazione e la portata del diritto a detrazione in modo preciso, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. |
Inoltre, come risulta dalla decisione di rinvio, in assenza di regole specifiche, espressamente previste dalla normativa tributaria applicabile, sui criteri e sui metodi di ripartizione dell’IVA assolta a monte tra attività economiche e non economiche, il soggetto passivo può ottenere dalle autorità fiscali nazionali competenti un parere in materia fiscale che analizza la sua situazione particolare e gli indica le modalità per una corretta applicazione della legge. Inoltre, secondo le informazioni di cui dispone la Corte, il soggetto passivo può scegliere un metodo adeguato per procedere a tale ripartizione. In tali circostanze, e in particolare alla luce dell’articolo 86 della legge sull’IVA, una tale assenza di norme non sembra tale da impedire al soggetto passivo di determinare l’importo dell’IVA detraibile. |
Infine, in linea con le precedenti considerazioni, la prassi nazionale in questione nel procedimento principale, è considerata dal giudice del rinvio contraria all’articolo 168 della direttiva IVA. |
A tale proposito, va ricordato, da un lato, che i giudici nazionali sono tenuti ad interpretare, per quanto possibile, il diritto nazionale in modo conforme al diritto dell’Unione, e che una tale interpretazione conforme può, in linea di principio, essere opposta al soggetto passivo da parte dell’autorità tributaria competente (v., in tal senso, sentenze del 26 settembre 1996, Arcaro, C-168/95 , EU:C:1996:363 , punti 41 e 42; del 5 luglio 2007, Kofoed, C-321/05, EU:C:2007:408, punto 45, nonché del 15 settembre 2011, Franz Mücksch, C-53/10, EU:C:2011:585, punto 34). |
D’altro lato, se è vero che l’obbligo di interpretazione conforme non può servire da fondamento ad un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (v., in particolare, sentenza del 15 aprile 2008, Impact, C-268/06 , EU:C:2008:223 , punto 100 e giurisprudenza ivi citata), i giudici nazionali devono modificare, se del caso, una giurisprudenza consolidata se questa si basa su un’interpretazione del diritto nazionale incompatibile con gli scopi di una direttiva (sentenza del 19 aprile 2016, DI, C-441/14, EU:C:2016:278, punto 33; del 17 aprile 2018, Egenberger, C-414/16, EU:C:2018:257, punto 72, e dell’11 settembre 2018, IR, C-68/17, EU:C:2018:696, punto 64). |
Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che osta a una prassi nazionale che consente al soggetto passivo di detrarre la totalità dell’IVA che ha gravato a monte su spese miste, in ragione dell’assenza, nella normativa tributaria applicabile, di regole specifiche sui criteri e sui metodi di ripartizione che consentano al soggetto passivo di determinare la quota di tale IVA assolta a monte che dovrebbe essere considerata collegata, rispettivamente, alle sue attività economiche e alle sue attività non economiche. |
Sulle spese
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara: |
L’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che osta a una prassi nazionale che consente al soggetto passivo di detrarre la totalità dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) che ha gravato a monte sull’acquisto di beni e di servizi da parte di quest’ultimo al fine di effettuare sia attività economiche, soggette all’IVA, sia attività non economiche, che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’IVA, in ragione dell’assenza, nella normativa tributaria applicabile, di regole specifiche sui criteri e sui metodi di ripartizione che consentano al soggetto passivo di determinare la quota di tale IVA assolta a monte che dovrebbe essere considerata collegata, rispettivamente, alle sue attività economiche e alle sue attività non economiche. |
Firme |
( *1 ) Lingua processuale: il polacco.