Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 15 ottobre 2020. E. Sp. z o.o. Sp. k. contro Minister Finansów. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny. Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 90 – Riduzione della base imponibile dell’IVA – Mancato pagamento totale o parziale del prezzo – Condizioni imposte da una normativa nazionale ai fini dell’esercizio del diritto alla riduzione – Condizione secondo cui il debitore non deve essere sottoposto a procedura di insolvenza o di liquidazione – Condizione secondo cui creditore e debitore devono essere entrambi soggetti passivi dell’IVA. Causa C-335/19.

62019CJ0335 Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 15 ottobre 2020. E. Sp. z o.o. Sp. k. contro Minister Finansów. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny. Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – <a class="adele-text-link" data-num="32006L0112" data-type="celex" data-kind="legi" data-title="Council Directive 2006/112/EC of 28 November 2006 on the common system of value added tax" data-prov="Art90">Direttiva 2006/112/CE – Articolo 90</a> – Riduzione della base imponibile dell’IVA – Mancato pagamento totale o parziale del prezzo – Condizioni imposte da una normativa nazionale ai fini dell’esercizio del diritto alla riduzione – Condizione secondo cui il debitore non deve essere sottoposto a procedura di insolvenza o di liquidazione – Condizione secondo cui creditore e debitore devono essere entrambi soggetti passivi dell’IVA. Causa <a class="adele-text-link citation-selected" data-num="62019CJ0335" data-type="celex" data-kind="case" data-title="Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 15 ottobre 2020. E. Sp. z o.o. Sp. k. contro Minister Finansów. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny. Rinvio pregiudiziale – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 90 – Riduzione della base imponibile dell’IVA – Mancato pagamento totale o parziale del prezzo – Condizioni ">C-335/19</a>. EU Corte di giustizia CourtOfJustice http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX:62019CJ0335 Judgment CJ 15.10.2020 Court of Justice PL

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 90 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1).

2

La domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia sorta tra la E. sp. z o.o. sp. k. (in prosieguo: la «E.») e il Minister Finansów (Ministro delle Finanze, Polonia) in merito a pareri tributari dal medesimo rilasciati.

Contesto normativo

Diritto dell ’Unione

3

L’articolo 63 della direttiva 2006/112 così recita:

«Il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi».

4

Il successivo articolo 73 così dispone:

«Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui agli articoli da 74 a 77, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni».

5

A termini del successivo articolo 90:

«1. In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri.

2. In caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare al paragrafo 1».

6

L’articolo 184 della medesima direttiva così prevede:

«La detrazione operata inizialmente è rettificata quando è superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto».

7

A termini del successivo articolo 185:

«1. La rettifica ha luogo, in particolare, quando, successivamente alla dichiarazione dell’[imposta sul valore aggiunto (IVA)], sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni, in particolare, in caso di annullamento di acquisti o qualora si siano ottenute riduzioni di prezzo.

2. In deroga al paragrafo 1, la rettifica non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate, in caso di distruzione, perdita o furto debitamente provati o giustificati, nonché in caso di prelievi effettuati per dare regali di scarso valore e campioni di cui all’articolo 16.

In caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate e in caso di furto gli Stati membri possono tuttavia esigere la rettifica».

8

Ai sensi dell’articolo 273 di tale direttiva:

«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.

Gli Stati membri non possono avvalersi della facoltà di cui al primo comma per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti al capo 3».

Diritto polacco

9

L’articolo 89 bis dell’ustawa o podatku od towarów i usług (legge relativa all’imposta sui beni e sui servizi), dell’11 marzo 2004, nel testo applicabile al procedimento principale (Dz. U. del 2011, n. 177, posizione 1054; in prosieguo: la «legge sull’IVA»), così dispone:

«1. Il soggetto passivo può procedere alla rettifica della base imponibile nonché dell’imposta a valle dovuta per la cessione di beni o per la prestazione di servizi effettuata nel territorio nazionale in riferimento ai crediti la cui inesigibilità sia stata plausibilmente dimostrata. La rettifica si applica anche alla base imponibile nonché all’importo dell’imposta relativi alla quota del credito la cui inesigibilità sia stata plausibilmente dimostrata.

1 bis. L’inesigibilità del credito si ritiene plausibilmente dimostrata qualora il credito non sia stato saldato né ceduto in qualsivoglia forma entro 150 giorni dalla data di scadenza del termine di pagamento indicato nel relativo contratto o nella relativa fattura.

2. La disposizione del paragrafo 1 si applica allorché ricorrano le seguenti condizioni:

1) la cessione di beni o la prestazione di servizi sia effettuata a favore di un soggetto passivo di cui all’articolo 15, paragrafo 1, registrato come soggetto passivo dell’IVA, non sottoposto a procedura di insolvenza o di liquidazione;

(...)

3) al giorno precedente la data di presentazione della dichiarazione fiscale di rettifica di cui al paragrafo 1:

a) il creditore e il debitore siano registrati quali soggetti passivi dell’IVA;

b) il debitore non sia sottoposto a procedura di insolvenza o di liquidazione;

(...)

5) non siano trascorsi 2 anni dall’emissione della fattura che documenti il credito, calcolati dalla fine dell’anno di fatturazione.

(...)

3. La rettifica di cui al paragrafo 1 può essere effettuata nella dichiarazione fiscale relativa al periodo in cui l’inesigibilità del credito sia stata dimostrata in modo plausibile, a condizione che alla data della presentazione, da parte del creditore, della dichiarazione relativa al periodo medesimo il credito non sia stato saldato né ceduto in qualsivoglia forma.

4. Qualora, successivamente alla presentazione della dichiarazione fiscale di rettifica di cui al paragrafo 1, il credito sia stato saldato o ceduto in qualsivoglia forma, il creditore è tenuto ad aumentare la base imponibile nonché l’importo dell’imposta dovuta nella dichiarazione relativa al periodo in cui il credito sia stato saldato o ceduto. In caso di saldo parziale del credito, la base imponibile e l’importo dell’imposta dovuta sono maggiorati in ragione dell’importo della quota pagata.

(...)».

10

A termini del successivo articolo 89 ter:

«1. Nel caso di mancato pagamento di una fattura emessa per cessione di beni o prestazione di servizi sul territorio nazionale entro 150 giorni dalla data di scadenza del termine di pagamento indicato nel relativo contratto o nella relativa fattura, il debitore è tenuto a rettificare la detrazione dell’imposta risultante dalla fattura medesima nella dichiarazione relativa al periodo di 150 giorni successivi alla data di scadenza del termine di pagamento indicato nel contratto o nella fattura.

1 bis. Il paragrafo 1 non trova applicazione allorché il debitore abbia provveduto al saldo del credito entro e non oltre l’ultimo giorno del periodo di 150 giorni dalla data di scadenza del termine di pagamento del credito stesso.

2. Nel caso di saldo parziale del credito entro 150 giorni dalla data di scadenza del termine di pagamento indicato nel contratto o nella fattura, la rettifica si applica all’imposta a monte relativa alla quota del credito rimasta insoluta. Le disposizioni del paragrafo 1 bis si applicano mutatis mutandis.

(...)

4. Nel caso di saldo del credito successivamente alla rettifica di cui al paragrafo 1, il soggetto passivo ha il diritto di aumentare l’imposta a monte nella dichiarazione relativa al periodo in cui il credito sia stato saldato, in misura dell’importo dell’imposta di cui al paragrafo 1. Nel caso di saldo solo parziale del credito, l’imposta a monte può essere aumentata in ragione del relativo importo.

(...)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

11

La E., società a responsabilità limitata di diritto polacco stabilita in Polonia e soggetto passivo dell’IVA, esercita attività di consulenza tributaria diretta, in particolare, a contribuenti soggetti ad IVA ad essa non collegati. Essa assoggetta le prestazioni di servizi così fornite in Polonia all’aliquota IVA ordinaria.

12

La E. inviava ad uno dei propri clienti una fattura, comprensiva dell’IVA, per servizi di consulenza tributaria imponibili nel territorio polacco. Al momento dell’esecuzione della prestazione di servizi, il cliente era registrato come soggetto passivo dell’IVA e non era sottoposto ad alcuna procedura di insolvenza o di liquidazione. Tuttavia, entro il periodo di 150 giorni dalla scadenza del termine di pagamento, il cliente medesimo veniva posto in liquidazione, pur restando registrato come soggetto passivo dell’IVA. Poiché tale fattura non era stata saldata né ceduta in qualsivoglia forma, la E. rivolgeva al Ministro delle Finanze, anteriormente alla scadenza del periodo di due anni dalla data di emissione della fattura stessa, domanda di parere tributario al fine di accertare se, nonostante la messa in liquidazione del proprio cliente successivamente all’esecuzione della prestazione di servizi in questione, essa potesse beneficiare della riduzione della base imponibile dell’IVA a fronte del mancato pagamento del credito risultante dalla fattura medesima, ricorrendo le altre condizioni imposte dall’articolo 89 bis della legge sull’IVA.

13

Con parere tributario del 12 gennaio 2015, il Ministro delle Finanze rispondeva in senso negativo alla domanda della E, facendo presente, in particolare, che l’articolo 90 della direttiva 2006/112 conferisce ai soggetti passivi il diritto di ridurre la base imponibile dell’IVA solo alle condizioni stabilite da ciascuno Stato membro, condizioni che la Repubblica di Polonia ha stabilito all’articolo 89 bis della legge sull’IVA. Pertanto, laddove una delle condizioni previste da tale articolo non ricorra, il soggetto passivo non sarebbe autorizzato a beneficiare del diritto alla riduzione invocando a tal fine direttamente il diritto dell’Unione.

14

Il giudice del rinvio precisa che la E. ha altresì presentato tre ulteriori domande di parere tributari in merito alla conformità delle condizioni fissate all’articolo 89 bis della legge sull’IVA nelle diverse fattispecie concrete in cui tale articolo può trovare applicazione. Dagli atti di cui dispone la Corte risulta che neppure tali domande hanno ricevuto risposta favorevole. Il giudice del rinvio fa presente di aver riunito per connessione le quattro cause relative ai pareri tributari controversi.

15

La E. contestava invano i pareri tributari medesimi dinanzi al giudice polacco competente in primo grado. Reputando che il giudice di prime cure avesse erroneamente ritenuto le disposizioni della legge sull’IVA, contestate nella specie, conformi alle prescrizioni dettate dal diritto dell’Unione, proponeva quindi ricorso per cassazione dinanzi al giudice del rinvio.

16

Il giudice del rinvio nutre dubbi quanto al margine di discrezionalità concesso agli Stati membri nel determinare, nel proprio ordinamento nazionale, le condizioni di applicazione delle disposizioni dell’articolo 90 della direttiva 2006/112. Alla luce, in particolare, delle sentenze del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi (C-337/13, EU:C:2014:328), e del 23 novembre 2017, Di Maura (C-246/16, EU:C:2017:887), il giudice medesimo s’interroga sulla legittimità delle condizioni previste all’articolo 89 bis, paragrafo 2, della legge sull’IVA.

17

Il giudice del rinvio precisa che il legislatore polacco ha provveduto alla trasposizione dell’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2006/112, per mezzo dell’articolo 89 ter della legge sull’IVA, imponendo al debitore l’obbligo di rettificare l’importo dell’IVA detraibile, come corollario del diritto del creditore di procedere, in presenza delle condizioni previste all’articolo 89 bis della legge sull’IVA, alla riduzione della base imponibile. Le condizioni previste all’articolo 89 bis della legge sull’IVA, in particolare quella relativa allo status di soggetto passivo dell’IVA del creditore e del debitore, garantirebbero la simmetria dei meccanismi fiscali, ai fini di una corretta riscossione dell’imposta.

18

Il giudice del rinvio precisa, inoltre, che la condizione secondo cui, ai sensi dell’articolo 89 bis, paragrafo 2, della legge sull’IVA, il debitore non dev’essere sottoposto a procedura di insolvenza o di liquidazione consente di garantire la coerenza del sistema normativo polacco evitando, in particolare, che sia pregiudicato l’ordine di soddisfacimento dei creditori previsto dal diritto fallimentare. Pertanto, nell’ipotesi in cui la Corte dovesse dichiarare che l’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva 2006/112 osta a condizioni come quelle previste all’articolo 89 bis, paragrafo 2, della legge sull’IVA, il giudice del rinvio si chiede se debba statuire disapplicando le norme nazionali applicabili in materia fallimentare.

19

In tale contesto, il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se le disposizioni della direttiva 2006/112(...), segnatamente l’articolo 90, paragrafo 2, di tale direttiva, consentano, alla luce dei principi di neutralità fiscale e di proporzionalità, di introdurre nella normativa nazionale limiti alla possibilità di ridurre la base imponibile nel caso di mancato pagamento parziale o totale a causa di un determinato status fiscale del debitore e del creditore.

2) In particolare, se il diritto dell’Unione osti all’adozione, nell’ordinamento nazionale, di una norma che consenta di beneficiare dello “sgravio per i crediti inesigibili” a condizione che, alla data di prestazione del servizio ovvero di effettuazione della cessione di beni nonché al giorno precedente la data di presentazione della rettifica della dichiarazione fiscale ai fini della fruizione di tale sgravio:

– il debitore non sia sottoposto a procedura di insolvenza o di liquidazione;

– il creditore e il debitore siano registrati come soggetti passivi dell’IVA».

Sulle questioni pregiudiziali

20

Con le due questioni pregiudiziali, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 90 della direttiva 2006/112 osti a una normativa nazionale che subordini la riduzione della base imponibile dell’IVA alla condizione che, alla data della cessione del bene o della prestazione di servizi, nonché al giorno precedente la data di presentazione della rettifica della dichiarazione fiscale volta a beneficiare di tale riduzione, il debitore risulti registrato quale soggetto passivo dell’IVA e non risulti sottoposto a procedura di insolvenza o di liquidazione e che, al giorno precedente la data di presentazione della rettifica della dichiarazione fiscale, il creditore sia anch’esso ancora registrato come soggetto passivo dell’IVA.

21

A tal riguardo, si deve ricordare che l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, riguardante i casi di annullamento, di recesso, di risoluzione, di mancato pagamento totale o parziale o di riduzione del prezzo successivi al momento in cui l’operazione viene effettuata, obbliga gli Stati membri a ridurre la base imponibile e, quindi, l’importo dell’IVA dovuta dal soggetto passivo ogni volta che, successivamente alla conclusione di un’operazione, non viene percepita dal soggetto passivo una parte o la totalità del corrispettivo. Tale disposizione costituisce l’espressione di un principio fondamentale della direttiva 2006/112, secondo cui la base imponibile è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto e il cui corollario consiste nel fatto che l’amministrazione finanziaria non può riscuotere a titolo di IVA un importo superiore a quello percepito dal soggetto passivo (sentenza dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ, C-127/18, EU:C:2019:377 punto 17 e giurisprudenza ivi citata).

22

Inoltre, ai sensi dell’articolo 273 della direttiva 2006/112, gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, gli obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.

23

Posto che, al di fuori dei limiti da esse fissati, le disposizioni dell’articolo 90, paragrafo 1, e dell’articolo 273 della direttiva 2006/112 non precisano né le condizioni né gli obblighi che gli Stati membri possono stabilire, si deve rilevare che tali disposizioni conferiscono a questi ultimi un margine di discrezionalità, segnatamente, per quanto riguarda le formalità che i soggetti passivi devono osservare, nei confronti dell’amministrazione finanziaria, al fine di procedere a una riduzione della base imponibile (sentenza del 6 dicembre 2018, Tratave, C-672/17, EU:C:2018:989, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

24

Risulta, tuttavia, dalla giurisprudenza della Corte che i provvedimenti diretti ad evitare frodi o evasioni fiscali possono derogare, in linea di principio, al rispetto delle regole relative alla base imponibile dell’IVA soltanto nei limiti strettamente necessari per raggiungere tale specifico obiettivo. Infatti, essi devono incidere il meno possibile sugli obiettivi e sui principi della direttiva 2006/112 e non possono, pertanto, essere utilizzati in modo tale da rimettere in discussione la neutralità dell’IVA (sentenza del 6 dicembre 2018, Tratave, C-672/17, EU:C:2018:989, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

25

Occorre, di conseguenza, che le formalità che i soggetti d’imposta devono adempiere per esercitare, dinanzi all’amministrazione finanziaria, il diritto di procedere alla riduzione della base imponibile dell’IVA siano limitate a quelle che consentano di dimostrare che, successivamente alla conclusione dell’operazione, una parte o la totalità del corrispettivo non sarà definitivamente percepita. Incombe, al riguardo, ai giudici nazionali verificare che tale limite sia rispettato nel caso delle formalità richieste dallo Stato membro interessato (sentenza del 6 dicembre 2018, Tratave, C-672/17, EU:C:2018:989, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

26

L’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva 2006/112 consente agli Stati membri di derogare, in caso di non pagamento totale o parziale del prezzo dell’operazione, alla norma di cui all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva medesima.

27

Infatti, se il mancato pagamento totale o parziale del prezzo dell’operazione si verifica senza che vi siano stati risoluzione o annullamento del contratto, l’acquirente o il destinatario resta debitore del prezzo convenuto e il venditore o il prestatore dispone sempre, in linea di principio, del proprio credito, che può far valere in giudizio. Non potendo essere escluso, tuttavia, che il credito divenga di fatto definitivamente irrecuperabile, il legislatore dell’Unione ha inteso lasciare a ciascuno Stato membro la scelta di determinare se la situazione di non pagamento del prezzo, la quale, di per sé, contrariamente alla risoluzione o all’annullamento del contratto, non pone nuovamente le parti nella situazione iniziale, attribuisca diritto alla riduzione della base imponibile nell’importo dovuto alle condizioni che esso stabilisce, o se siffatta riduzione non sia ammessa in tale situazione (v., in tal senso, sentenza del 23 novembre 2017, Di Maura, C-246/16, EU:C:2017:887, punto 16 e giurisprudenza ivi citata).

28

Come la Corte ha già precisato, tale facoltà di deroga si fonda sull’assunto che, in presenza di determinate circostanze e in considerazione della situazione giuridica esistente nello Stato membro interessato, il mancato pagamento del corrispettivo può essere difficile da accertare o essere solamente provvisorio (sentenza dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ, C-127/18, EU:C:2019:377, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

29

Ne consegue che l’esercizio di tale facoltà di deroga dev’essere giustificato, affinché i provvedimenti adottati dagli Stati membri ai fini della sua attuazione non compromettano l’obiettivo di armonizzazione fiscale perseguito dalla direttiva 2006/112 e non può consentire loro, in caso di mancato pagamento, di escludere del tutto la riduzione della base imponibile dell’IVA (sentenza dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ, C-127/18, EU:C:2019:377, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).

30

In particolare, sebbene sia opportuno che gli Stati membri abbiano la possibilità di far fronte all’incertezza quanto al mancato pagamento di una fattura o al carattere definitivo di quest’ultimo, tale facoltà di deroga non può estendersi al di là di tale incertezza e, in particolare, alla questione se una riduzione della base imponibile possa non essere effettuata in caso di mancato pagamento (sentenza dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ, C-127/18, EU:C:2019:377, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

31

Inoltre, ammettere la possibilità per gli Stati membri di escludere qualsiasi riduzione della base imponibile dell’IVA sarebbe contrario al principio di neutralità dell’IVA, da cui deriva, in particolare, che, nella sua qualità di collettore d’imposta per conto dello Stato, l’imprenditore dev’essere sgravato interamente dall’onere dell’imposta dovuta o pagata nell’ambito delle sue attività economiche a loro volta soggette a IVA (sentenza dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ, C-127/18, EU:C:2019:377, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

32

Nella specie, le condizioni di cui all’articolo 89 bis, paragrafo 2, punto 1, e punto 3, lettere a) e b), della legge sull’IVA vanno intese, al contempo, come determinazione, da parte della Repubblica di Polonia, ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, delle formalità che i soggetti passivi devono adempiere per poter esercitare il diritto alla riduzione della base imponibile dell’IVA nei casi di mancato pagamento totale o parziale del prezzo e, per quanto riguarda i soggetti passivi che, al pari della E., non soddisfacendo le suddette condizioni, non possono ridurre la base imponibile dell’IVA, come esercizio, da parte della Repubblica di Polonia, della facoltà di deroga prevista all’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva 2006/112. Ne consegue che occorre esaminare se la restrizione derivante da tali condizioni per soggetti passivi quali la E. sia giustificata dalla necessità di tener conto dell’incertezza relativa alla definitività del mancato pagamento.

33

Per quanto riguarda, in primo luogo, la condizione che subordina la riduzione della base imponibile dell’IVA alla circostanza che il debitore risultasse registrato come soggetto passivo dell’IVA alla data della cessione del bene o della prestazione di servizi, occorre considerare che tale condizione non può essere giustificata dalla necessità di tener conto dell’incertezza quanto alla definitività del mancato pagamento. Infatti, la circostanza che il debitore sia o meno soggetto passivo dell’IVA alla data della cessione del bene o della prestazione di servizi non consente, di per sé, di ritenere che il credito rischi di non essere recuperato. Ciò vale a maggior ragione in quanto, come rilevato dalla Commissione europea nelle proprie osservazioni scritte, taluni beni possono essere ceduti e taluni servizi prestati a soggetti che non sono soggetti passivi dell’IVA, quali i soggetti esenti da IVA o i consumatori, senza che ciò rilevi ai fini dell’obbligo, per il creditore, di riscuotere l’IVA per conto dello Stato e sul diritto del creditore medesimo di rettificare la base imponibile a posteriori.

34

Per quanto riguarda, in secondo luogo, la condizione che subordina la riduzione della base imponibile dell’IVA alla circostanza che il debitore sia ancora registrato come soggetto passivo dell’IVA il giorno precedente alla data di presentazione della dichiarazione fiscale, si deve sottolineare, oltre alla circostanza ricordata supra al punto precedente, ossia che il debitore non è necessariamente un soggetto passivo, che al punto 28 della sentenza dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ (C-127/18, EU:C:2019:377), la Corte ha dichiarato che l’articolo 90 della direttiva 2006/112 osta a una normativa nazionale in base alla quale un soggetto passivo non possa procedere alla riduzione della base imponibile in caso di mancato pagamento totale o parziale, da parte del proprio debitore, di una somma dovuta a titolo di un’operazione soggetta ad IVA, nel caso in cui il debitore non sia più un soggetto passivo ai fini dell’IVA.

35

Per quanto riguarda, in terzo luogo, la condizione che subordina la riduzione della base imponibile dell’IVA alla circostanza che il creditore sia ancora registrato come soggetto passivo dell’IVA al giorno precedente la data di presentazione della rettifica della dichiarazione fiscale, si deve rilevare che tale condizione non è giustificata dalla necessità di tener conto dell’incertezza quanto alla definitività del mancato pagamento. Infatti, poiché l’esistenza del credito e l’obbligo di adempimento del debitore non dipendono dal mantenimento dello status di soggetto passivo del creditore, il fatto che quest’ultimo sia o meno soggetto passivo dell’IVA al giorno precedente la data di presentazione della rettifica della dichiarazione fiscale non consente, di per sé, di ritenere che il credito rischi di non essere recuperato.

36

Le considerazioni svolte supra ai punti da 32 a 35 non sono inficiate dall’argomento dedotto dal governo polacco nelle proprie osservazioni scritte, secondo cui, alla luce del nesso esistente tra l’articolo 90 della direttiva 2006/112 e i successivi articoli 184 e 185, vale a dire l’interdipendenza tra l’IVA dovuta dal creditore in quanto venditore o prestatore e l’IVA detraibile dal debitore in quanto acquirente o destinatario della prestazione, il requisito relativo allo status di soggetto passivo dell’IVA del creditore e del debitore consente di garantire una riduzione simmetrica del quantum della base imponibile ai fini della determinazione dell’IVA esigibile, prevista all’articolo 89 bis della legge sull’IVA, e dell’importo dell’IVA detraibile, prevista all’articolo 89 ter della legge medesima, nonché, in tal modo, la coerenza e il buon funzionamento del sistema dell’IVA, nel rispetto del principio di neutralità.

37

È ben vero che la Corte ha dichiarato che, mentre l’articolo 90 della direttiva 2006/112 disciplina il diritto del fornitore o del prestatore di ridurre la base imponibile ogniqualvolta, successivamente alla conclusione di un’operazione, non riceva il corrispettivo previsto o ne riceva solo una parte, l’articolo 185 della direttiva medesima disciplina la rettifica delle detrazioni inizialmente operate dall’altra parte della stessa operazione, ove i due articoli rappresentano, pertanto, le due facce di una stessa operazione economica e devono quindi essere interpretati in modo coerente (sentenza del 22 febbraio 2018, T-2, C-396/16, EU:C:2018:109, punto 35).

38

In particolare, uno Stato membro, laddove preveda, in applicazione dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, che, a determinate condizioni, un soggetto passivo possa ridurre la base imponibile successivamente alla conclusione di un’operazione, è tenuto ad applicare, al fine di garantire il principio di neutralità fiscale, l’articolo 185, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2006/112 affinché l’altra parte della medesima operazione rettifichi, dal canto suo, l’importo dell’IVA detraibile. È effettivamente quanto ha fatto il legislatore polacco adottando gli articoli 89 bis e 89 ter della legge sull’IVA.

39

Tuttavia, la garanzia di una riduzione simmetrica della base imponibile dell’IVA esigibile e dell’importo dell’IVA detraibile non dipende dal fatto che entrambe le parti siano soggetti passivi dell’IVA. Infatti, né il diritto del creditore di ridurre la base imponibile né l’obbligo del debitore di ridurre l’importo dell’IVA detraibile dipendono dal mantenimento dello status di soggetto passivo.

40

Per quanto riguarda, in primo luogo, il creditore, si deve rilevare che, essendo questi soggetto passivo nel momento di effettuazione della cessione di beni o della prestazione di servizi, data alla quale, ai sensi dell’articolo 63 della direttiva 2006/112, il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile, egli rimane debitore dell’IVA riscossa per conto dello Stato, indipendentemente dal fatto che abbia medio tempore perso il proprio status di soggetto passivo. Inoltre, tenuto conto del fatto che, come risulta supra dal punto 21, la base imponibile, quale definita all’articolo 73 della direttiva 2006/112, è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto, il creditore stesso può procedere, anche dopo aver perso lo status di soggetto passivo, alla rettifica della base imponibile di modo che quest’ultima rifletta il corrispettivo realmente ricevuto e che l’amministrazione finanziaria non percepisca a titolo di IVA un importo superiore a quello percepito dal creditore. Pertanto, il diritto del creditore di ridurre la base imponibile ai fini della rettifica non dipende dal mantenimento del suo status di soggetto passivo.

41

Per quanto riguarda, in secondo luogo, il debitore, va ricordato che chiunque sia soggetto passivo ed agisca in quanto tale allorché acquisti un bene o una prestazione di servizi ha diritto alla detrazione relativamente a tale bene o al servizio prestato e che, in assenza di circostanze fraudolente o abusive, e con riserva di eventuali rettifiche conformemente alle condizioni previste dall’articolo 185 della direttiva 2006/112, il diritto alla detrazione, una volta sorto, resta acquisito (sentenze del 2 giugno 2005, Waterschap Zeeuws Vlaanderen, C-378/02, UE:C:2005:335, punto 32, e del 22 marzo 2012, Klub, C-153/11, EU:C:2012:163, punto 46). Ciò detto, il quantum dell’IVA detraibile deve poter essere rettificato da chiunque non possieda più lo status di soggetto passivo, pur possedendolo al momento in cui è sorto il diritto a detrazione. Pertanto, l’obbligo del debitore di ridurre l’importo dell’IVA detraibile non dipende dal mantenimento della sua qualità di soggetto passivo.

42

Quanto al fatto che, una volta effettuate le rettifiche della base imponibile e dell’IVA detraibile, l’IVA ormai dovuta dal debitore rischi di non essere versata allo Stato per il fatto che il debitore sia sottoposto a procedura di insolvenza o di liquidazione, è sufficiente rilevare, come sottolineato dall’avvocato generale ai paragrafi da 58 a 60 delle proprie conclusioni, che la correlazione esistente tra la rettifica della base imponibile e quella dell’IVA detraibile non implica necessariamente che le rettifiche stesse debbano avvenire nello stesso momento. Pertanto, tale correlazione non impedisce agli Stati membri, tenuto conto dell’assenza di un criterio temporale nell’articolo 185, paragrafo 2, seconda frase, della direttiva 2006/112, di esigere la rettifica dell’IVA detraibile a partire dal momento in cui il debitore sia in situazione di insolvenza e ancor prima dell’avvio di una procedura di insolvenza o di liquidazione nei suoi confronti, in modo da prevenire in tal modo qualsiasi rischio di perdita finanziaria per lo Stato.

43

Peraltro, un requisito, come quello di cui al procedimento principale, relativo allo status di soggetto passivo dell’IVA del creditore e del debitore non può essere giustificato né dalla prevenzione delle irregolarità o degli abusi né alla luce delle disposizioni dell’articolo 273 della direttiva 2006/112.

44

Infatti, occorre rilevare, da un lato, che l’obiettivo della prevenzione delle irregolarità e degli abusi non consente di porsi in contrasto con la finalità e la ratio dell’articolo 90, paragrafo 2, della direttiva 2006/112, quali esposte supra ai punti da 26 a 30, e di giustificare una deroga all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva stessa per motivi diversi da quelli riconducibili all’incertezza relativa al mancato pagamento o alla sua definitività (v., per analogia, sentenza dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ, C-127/18, EU:C:2019:377, punto 25).

45

Dall’altro lato, tenuto conto della giurisprudenza richiamata supra al punto 24 in merito all’articolo 273 della direttiva 2006/112, dagli atti a disposizione della Corte non emerge che il fatto di autorizzare un creditore, quale la E., a ridurre la base imponibile dell’IVA nonostante il venir meno, a posteriori, del proprio status di soggetto passivo ovvero dello status di soggetto passivo del debitore presenterebbe un rischio particolare di frode o di evasione fiscale. Ciò vale a fortiori in quanto, come ricordato ai punti 40 e 41 supra, il diritto di rettificare la base imponibile e l’obbligo di rettificare l’importo dell’IVA detraibile non dipendono dal mantenimento dello status di soggetto passivo tanto del creditore quanto del debitore. In ogni caso, il fatto di escludere qualsiasi possibilità di riduzione della base imponibile in un’ipotesi del genere e di far gravare sul creditore l’onere di un importo dell’IVA dallo stesso non percepita nell’ambito della propria attività economica eccede i limiti di quanto strettamente necessario per conseguire gli obiettivi enunciati all’articolo 273 della direttiva 2006/112 (sentenza dell’8 maggio 2019, A-PACK CZ, C-127/18, EU:C:2019:377, punto 27).

46

Per quanto riguarda, in quarto luogo, la condizione che subordina la riduzione della base imponibile dell’IVA alla circostanza che il debitore non sia sottoposto a procedura di insolvenza o di liquidazione alla data della cessione del bene o della prestazione di servizi e al giorno precedente la data di presentazione della rettifica della dichiarazione fiscale, si deve rilevare che, privando il creditore del proprio diritto alla riduzione a causa dell’impossibilità di accertare la definitiva irrecuperabilità del credito prima dell’esito della procedura d’insolvenza o di liquidazione, tale condizione tiene effettivamente conto dell’incertezza relativa alla definitività del mancato pagamento.

47

Tuttavia, occorre ricordare che, conformemente al principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, i mezzi impiegati per l’attuazione della direttiva 2006/112 devono essere tali da consentire la realizzazione degli obiettivi perseguiti da detta direttiva e non devono eccedere quanto è necessario per conseguirli (sentenza del 23 novembre 2017, Di Maura, C-246/16, EU:C:2017:887, punto 25).

48

Orbene, si deve rilevare che l’incertezza connessa alla definitività del mancato pagamento potrebbe essere parimenti tenuta in considerazione accordando la riduzione della base imponibile dell’IVA allorché il creditore segnali, prima dell’esito della procedura di insolvenza o di liquidazione, l’esistenza di una probabilità ragionevole che il credito non sarà saldato, anche a rischio che tale base imponibile sia rivalutata al rialzo nell’ipotesi in cui il pagamento avvenga comunque. Spetterebbe quindi alle autorità nazionali stabilire, nel rispetto del principio di proporzionalità e sotto il controllo del giudice, quali siano le prove della probabile prolungata durata del mancato pagamento che il creditore deve fornire in funzione delle specificità della normativa nazionale applicabile. Un simile modus procedendi sarebbe ugualmente efficace per conseguire l’obiettivo previsto ma, al contempo, meno gravoso per il creditore, il quale assicura l’anticipo dell’IVA riscuotendola per conto dello Stato (v., per analogia, sentenza del 23 novembre 2017, Di Maura, C-246/16, EU:C:2017:887, punto 27).

49

Occorre peraltro sottolineare, a tal riguardo, da un lato, che l’articolo 89 bis, paragrafo 1 bis, della legge sull’IVA prevede proprio un criterio temporale in base al quale il credito è considerato verosimilmente irrecuperabile e, dall’altro, che, in forza del paragrafo 4 dello stesso articolo 89 bis, il creditore deve aumentare la base imponibile e l’importo dell’imposta dovuta nel caso in cui, successivamente alla riduzione della base imponibile, il credito venga poi saldato o ceduto. Lette in combinato disposto, tali disposizioni costituiscono, di per sé, una misura adeguata che risponde, come ricordato supra al punto precedente, alle esigenze del principio di proporzionalità.

50

Il rilievo effettuato supra al punto 48 vale, a fortiori, nel contesto di procedure di insolvenza o di liquidazione, nelle quali la certezza della definitiva irrecuperabilità del credito può essere acquisita, in linea di principio, solo al termine di un lungo periodo. Un termine del genere è, in ogni caso, tale da far sopportare agli imprenditori soggetti a tale normativa, nei casi di mancato pagamento di una fattura, uno svantaggio in termini di liquidità rispetto ai loro concorrenti di altri Stati membri manifestamente in grado di compromettere l’obiettivo di armonizzazione fiscale perseguito dalla direttiva 2006/112 (v., per analogia, sentenza del 23 novembre 2017, Di Maura, C-246/16, EU:C:2017:887, punto 28).

51

Quanto al fatto, rilevato dal giudice del rinvio, che la condizione menzionata supra al punto 46 consente di garantire la coerenza del sistema normativo polacco, evitando, in particolare, che venga compromesso l’ordine di soddisfacimento dei creditori nel diritto fallimentare, occorre ricordare che, da un lato, l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2016/112 soddisfa le condizioni necessarie per produrre effetti diretti (sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi, C-337/13, EU:C:2014:328, punto 34) e, dall’altro, che il principio del primato del diritto dell’Unione, implica che ogni giudice nazionale, chiamato a pronunciarsi nell’ambito delle proprie competenze, ha, in quanto organo di uno Stato membro, l’obbligo di disapplicare qualsiasi disposizione nazionale contraria a una disposizione del diritto dell’Unione che abbia effetto diretto nella controversia di cui è investito (sentenza del 24 giugno 2019, Popławski, C-573/17, EU:C:2019:530, punto 61).

52

Ne consegue che un soggetto passivo quale la E., che non soddisfi le sole condizioni stabilite dalla normativa nazionale, non conformi all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, può far valere tale disposizione contro lo Stato per ottenere la riduzione della propria base imponibile (v., in tal senso, sentenza del 15 maggio 2014, Almos Agrárkülkereskedelmi, C-337/13, EU:C:2014:328, punto 35), mentre spetta al giudice nazionale disapplicare tali condizioni non conformi. Il fatto che, così facendo, risultino pregiudicate altre disposizioni del diritto nazionale resta irrilevante, dato che, in caso contrario, l’obbligo, per i giudici nazionali, di disapplicare una disposizione di diritto interno contraria a una disposizione del diritto dell’Unione munita di effetto diretto sarebbe svuotato di contenuto, pregiudicando così il principio del primato del diritto dell’Unione.

53

Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 90 della direttiva 2006/112 dev’essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che subordina la riduzione della base imponibile dell’IVA alla condizione che, alla data della cessione del bene o della prestazione di servizi nonché al giorno precedente la data di presentazione della rettifica della dichiarazione fiscale volta a beneficiare di tale riduzione, il debitore sia registrato quale soggetto passivo dell’IVA e non sia sottoposto a procedura d’insolvenza o di liquidazione e che, al giorno precedente la data di presentazione della rettifica della dichiarazione fiscale, il creditore sia anch’esso ancora registrato quale soggetto passivo dell’IVA.

Sulle spese

54

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

L’articolo 90 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, dev’essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che subordina la riduzione della base imponibile dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) alla condizione che, alla data della cessione del bene o della prestazione di servizi nonché al giorno precedente la data di presentazione della rettifica della dichiarazione fiscale volta a beneficiare di tale riduzione, il debitore sia registrato quale soggetto passivo dell’IVA e non sia sottoposto a procedura di insolvenza o di liquidazione e che, al giorno precedente la data di presentazione della rettifica della dichiarazione fiscale, il creditore sia anch’esso ancora registrato quale soggetto passivo dell’IVA.

Firme

* Lingua processuale: il polacco.