Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 28 ottobre 2021. Finanzamt B contro X-Beteiligungsgesellschaft mbH. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof. Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2006/112/CE – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Prestazione di servizi – Articolo 63 – Esigibilità dell’IVA – Articolo 64, paragrafo 1 – Nozione di “prestazione che comporta pagamenti successivi” – Prestazione resa una tantum remunerata mediante pagamenti rateizzati – Articolo 90, paragrafo 1 – Riduzione della base imponibile – Nozione di “non pagamento del prezzo”. Causa C-324/20.
Edizione provvisoria
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
Sentenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 64, paragrafo 1, e dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1).
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il Finanzamt B (ufficio delle imposte B, Germania) e la X-Beteiligungsgesellschaft mbH riguardo all’esigibilità dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) dovuta per una prestazione di servizi che comporta un pagamento in più rate.
Contesto normativo
Diritto dell ’Unione
Il considerando 24 della direttiva 2006/112 è così formulato:
«Le nozioni di fatto generatore ed esigibilità dell’imposta dovrebbero essere armonizzate affinché l’introduzione e le modificazioni successive del sistema comune di IVA abbiano effetto in tutti gli Stati membri alla stessa data».
Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, di tale direttiva:
«Oltre all’operazione di cui al paragrafo 1, sono considerate cessione di beni le operazioni seguenti:
(...)
b) la consegna materiale di un bene in base ad un contratto che prevede la locazione di un bene per un dato periodo o la vendita a rate di un bene, accompagnate dalla clausola secondo la quale la proprietà è normalmente acquisita al più tardi all’atto del pagamento dell’ultima rata;
(...)».
Il titolo VI della direttiva 2006/112, relativo al fatto generatore e all’esigibilità dell’imposta, comprende un capo 2 intitolato «Cessioni di beni e prestazioni di servizi», in cui figurano gli articoli da 63 a67 di tale direttiva.
Ai sensi dell’articolo 63 di tale direttiva:
«Il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi».
L’articolo 64 della direttiva 2006/112 così dispone:
«1. Se comportano versamenti di acconti o pagamenti successivi, le cessioni di beni diverse da quelle aventi per oggetto la locazione di un bene per un dato periodo o la vendita a rate di un bene di cui all’articolo 14, paragrafo 2, lettera b), e le prestazioni di servizi si considerano effettuate al momento della scadenza dei periodi cui si riferiscono tali acconti o pagamenti.
2. Gli Stati membri possono stabilire che, in taluni casi, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in modo continuativo nell’arco di un periodo di tempo si considerano effettuate almeno alla scadenza di un termine di un anno».
A termini dell’articolo 66 di tale direttiva:
«In deroga agli articoli 63, 64 e 65, gli Stati membri possono stabilire che, per talune operazioni o per talune categorie di soggetti passivi, l’imposta diventi esigibile in uno dei momenti seguenti:
a) non oltre il momento dell’emissione della fattura;
b) non oltre il momento dell’incasso del prezzo;
c) in caso di mancata o tardiva emissione della fattura, entro un periodo determinato a decorrere dalla data in cui ha luogo il fatto generatore dell’imposta».
L’articolo 90 della direttiva 2006/112, nel titolo VII, intitolato Base imponibile”, è formulato come segue:
«1. In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri.
2. In caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare al paragrafo 1».
L’articolo 193 di tale direttiva così dispone:
«L’IVA è dovuta dal soggetto passivo che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile, eccetto che nei casi in cui l’imposta è dovuta da una persona diversa in virtù degli articoli da 194 a 199 e 202».
L’articolo 226 della suddetta direttiva così dispone:
«Salvo le disposizioni speciali previste dalla presente direttiva, nelle fatture emesse a norma degli articoli 220 e 221 sono obbligatorie ai fini dell’IVA soltanto le indicazioni seguenti:
(...)
6) la quantità e la natura dei beni ceduti o l’entità e la natura dei servizi resi;
7) la data in cui è effettuata o ultimata la cessione di beni o la prestazione di servizi o la data in cui è corrisposto l’acconto di cui all’articolo 220, punti 4) e 5), sempreché tale data sia determinata e diversa dalla data di emissione della fattura;
(...)».
Diritto tedesco
L’articolo 13, paragrafo 1, punto 1, della Umsatzsteuergesetz (legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari), del 21 febbraio 2005 (BGBl. 2005 I, pag. 386), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: l’«UStG»), dispone quanto segue:
«L’imposta diventa esigibile
1. per quanto riguarda le cessioni e altre prestazioni
a) nel caso di determinazione dell’imposta in base ai corrispettivi pattuiti (articolo 16, paragrafo 1, prima frase), con la scadenza del periodo d’imposta nel quale le prestazioni sono state eseguite. Lo stesso vale per prestazioni parziali. Esse sussistono qualora, per determinate parti di una prestazione economicamente scindibile, il corrispettivo venga concordato separatamente. Qualora il corrispettivo o una parte del corrispettivo vengano incassati prima che la prestazione o parte della prestazione sia eseguita, la relativa imposta diventa esigibile alla scadenza del periodo d’imposta nel quale sono stati incassati il corrispettivo o una parte di esso,
b) nel caso di determinazione dell’imposta in base ai corrispettivi incassati (articolo 20), alla scadenza del periodo d’imposta nel quale i corrispettivi sono stati incassati.
(...)».
L’articolo 17 dell’UStG così prevede:
«1) Nel caso in cui la base imponibile di un’operazione sia modificata ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 1, l’imprenditore che ha realizzato l’operazione stessa è tenuto a rettificare in maniera corrispondente l’importo dell’imposta dovuta. (...)
2) Il paragrafo 1 si applica per analogia
1. nel caso in cui il corrispettivo concordato per una cessione imponibile, un’altra prestazione di servizi o un acquisto intracomunitario imponibile non possa più essere riscosso. In caso di successivo incasso, l’importo dell’imposta e la detrazione devono essere nuovamente rettificati.
(...)».
Secondo l’articolo 20, prima frase, dell’UStG, un imprenditore può essere autorizzato a calcolare l’IVA sulla base non del corrispettivo finanziario concordato ma del corrispettivo finanziario incassato se, tra l’altro, il suo fatturato non ha superato una certa soglia nell’anno civile precedente.
Fatti della controversia principale e questioni pregiudiziali
Nel corso del 2012, la società X ha fornito servizi di intermediazione alla società T-GmbH al fine della vendita di un terreno da parte di quest’ultima società a una terza parte. Dall’accordo di pattuizione dei compensi professionali concluso il 7 novembre 2012 tra la società X e la società T risulta che, a tale data, la società X aveva già adempiuto le proprie obbligazioni contrattuali.
Per quanto riguarda il compenso dei servizi di cui trattasi, in tale contratto era fissato a un importo pari a EUR 1 000 000, oltre IVA, e esso precisava che tale importo doveva essere versato in rate di EUR 200 000, oltre IVA. Le rate scadevano con cadenza annuale e la prima rata doveva essere pagata il 30 giugno 2013. Al momento della scadenza di ogni rata, la società X ha emesso una fattura per l’importo dovuto, ha proceduto al suo incasso e ha versato l’IVA corrispondente.
A seguito di una verifica fiscale, l’ufficio delle finanze B ha constatato, con decisione del 22 dicembre 2016, che la prestazione di servizi era stata effettuata nel corso del 2012 e che, pertanto, la società X avrebbe dovuto versare, per lo stesso anno, l’IVA sulla somma totale dei compensi.
Poiché il reclamo avverso tale decisione è stato respinto, la società X ha proposto ricorso dinanzi al Finanzgericht (Tribunale tributario, Germania), il quale lo ha, in sostanza, accolto. Tale giudice ha effettivamente constatato che la società X aveva fornito i servizi di cui trattasi nel procedimento principale nel corso del 2012. Esso ha, tuttavia, considerato che, ad eccezione della prima rata della remunerazione, incassata nel corso del 2013, si doveva ritenere che il corrispettivo concordato non potesse più essere riscosso, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, punto 1, e dell’articolo 17, paragrafo 1, primo periodo, dell’UStG. Come risulta dalla decisione di rinvio, il Finanzgericht (Tribunale tributario) si è basato sulla premessa che l’applicazione dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 consentirebbe di ridurre la base imponibile al fine di evitare che il soggetto passivo sia obbligato ad anticipare, per diversi anni, l’IVA dovuta per il periodo di realizzazione della prestazione, sebbene non abbia ancora ricevuto il pagamento integrale di tale prestazione durante tale periodo.
L’ufficio delle imposte B ha proposto un ricorso per cassazione (Revision) contro la decisione del Finanzgericht (Tribunale tributario) dinanzi al Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania).
Quest’ultimo giudice si chiede se l’articolo 64, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 si applichi a prestazioni di servizi rese una tantum. Mentre tale disposizione esclude dal suo ambito di applicazione le vendite a rate di beni, essa non prevedrebbe alcuna esclusione corrispondente per le prestazioni di servizi remunerate mediante pagamenti rateizzati. Orbene, l’applicazione letterale di detta disposizione potrebbe introdurre una differenza ingiustificata tra le cessioni di beni e le prestazioni di servizi. Inoltre, essa potrebbe indebitamente limitare la regola generale dell’articolo 63 della direttiva 2006/112 in forza della quale, in linea di principio, l’imposta diventa esigibile al momento della prestazione di un servizio.
Tale giudice sottolinea, peraltro, che la presente causa si distingue da quella all’origine della sentenza del 29 novembre 2018, baumgarten sports & more (C-548/17, EU:C:2018:970), avente ad oggetto le prestazioni di servizi di un agente sportivo, vale a dire la collocazione di un calciatore in una società calcistica, dal momento che il compenso di tale agente era legato al mantenimento del calciatore collocato all’interno della società interessata. Infatti, il procedimento principale riguarda una situazione in cui il pagamento delle rate del corrispettivo concordato è semplicemente soggetto a termini, e non ad una condizione relativa al successo duraturo dell’intermediazione la cui realizzazione sarebbe incerta.
La circostanza che, nella sentenza del 29 novembre 2018, baumgarten sports & more (C-548/17, EU:C:2018:970), la Corte abbia fatto riferimento alla sentenza del 3 settembre 2015, Asparuhovo Lake Investment Company (C-463/14, EU:C:2015:542), nella quale era in discussione un servizio offerto in modo permanente su un lungo periodo, confermerebbe l’interpretazione secondo la quale sussistono «acconti o pagamenti successivi», ai sensi dell’articolo 64, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, solo se esiste un nesso tra le prestazioni di cui trattasi e i pagamenti rateizzati.
Un siffatto approccio corrisponderebbe all’articolo 13, paragrafo 1, punto 1, lettera a), seconda e terza frase, dell’UstG, ai fini del quale rileva la divisibilità della prestazione da un punto di vista economico.
Nell’ipotesi in cui l’applicazione dell’articolo 64, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 dovesse essere esclusa nel procedimento principale, il giudice del rinvio interroga la Corte sulla possibilità di applicare l’articolo 90, paragrafo 1, di tale direttiva.
Tale giudice ricorda che, per la prestazione di servizi effettuata nel corso del 2012, la società X ha percepito, dal mese di giugno 2013, il suo compenso in più rate, maggiorate ogni volta dell’IVA. Orbene, se si dovesse ritenere che l’IVA per una prestazione resa una tantum sia esigibile nel corso dell’anno in cui essa è fornita, il soggetto passivo che accetta di essere pagato in più rate sarebbe costretto ad anticipare l’IVA. Il giudice del rinvio esprime dubbi sulla questione se l’obbligo di versare l’IVA in anticipo sia coerente con il compito attribuito ai soggetti passivi che, come discenderebbe dalla giurisprudenza della Corte di giustizia risultante, tra l’altro, dalle sentenze del 20 ottobre 1993, Balocchi (C-10/92, EU:C:1993:846) e del 21 febbraio 2008, Netto Supermarkt (C-271/06, EU:C:2008:105), agiscono come collettori d’imposta per conto dello Stato.
Il giudice del rinvio precisa che un siffatto obbligo potrebbe essere evitato mediante la riduzione della base imponibile in applicazione dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, e con la sua ulteriore rivalutazione al momento del pagamento effettivo del compenso.
In tali circostanze, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Nel caso di un servizio reso una tantum e quindi non su base periodica, se l’accordo di pagamento rateale implichi di per sé la sussistenza di versamenti di acconti o pagamenti successivi ai sensi dell’articolo 64, paragrafo 1, della direttiva IVA.
2) In subordine, in caso di risposta negativa alla prima questione: se si sia in presenza di un omesso pagamento ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva [2006/112], nel caso in cui il soggetto passivo convenga, all’atto della prestazione del servizio, la sua remunerazione in cinque rate annuali e, in caso di pagamento successivo, la normativa nazionale preveda una rettifica che annulli la precedente riduzione della base imponibile ai sensi di detta disposizione».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità delle questioni
Come risulta dal contesto di fatto, quale illustrato dal giudice del rinvio, il procedimento principale riguarda una prestazione di servizi che è stata integralmente eseguita alla fine del 2012 e il cui corrispettivo è stato versato, conformemente alle clausole contrattuali, in cinque rate annuali a partire dagli anni successivi.
Nelle sue osservazioni presentate alla Corte, la convenuta nel procedimento principale contesta tale presentazione dei fatti. Essa si basa, a tal fine, su un documento che fa riferimento a constatazioni effettuate, a titolo provvisorio, da un giudice tedesco nell’ambito di una controversia diversa da quella di cui al procedimento principale.
Tuttavia, un tale documento non è idoneo a rimettere in discussione la descrizione del contesto di fatto contenuta nella decisione di rinvio.
Infatti, è sufficiente ricordare che, secondo costante giurisprudenza, il giudice del rinvio è il solo competente ad accertare e valutare i fatti della controversia ad esso sottoposta nonché ad interpretare ed applicare il diritto nazionale. Incombe alla Corte prendere in considerazione, nell’ambito della ripartizione delle competenze tra quest’ultima e i giudici nazionali, il contesto materiale e normativo nel quale si inseriscono le questioni pregiudiziali, come definito dal giudice del rinvio (sentenza del 27 gennaio 2021, Dexia Nederland, C-229/19 e C-289/19, EU:C:2021:68, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).
Ne consegue che le questioni pregiudiziali sono ricevibili.
Sulla prima questione
Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 64, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che una prestazione di servizi resa una tantum, remunerata mediante pagamenti rateizzati, rientra nell’ambito di applicazione di tale disposizione.
Occorre, innanzitutto, rilevare che l’articolo 64, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato alla luce dell’articolo 63 di tale direttiva, dal momento che la prima disposizione è intrinsecamente connessa alla seconda.
Da un lato, secondo tale articolo 63, il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile all’atto della cessione di beni o della prestazione di servizi. Dall’altro lato, ai sensi di detto articolo 64, paragrafo 1, qualora le prestazioni di servizi comportino, in particolare, pagamenti successivi si considerano effettuate, ai sensi del suddetto articolo 63, al momento della scadenza dei periodi cui si riferiscono tali pagamenti.
Dall’applicazione combinata di queste due disposizioni risulta che, per le prestazioni che comportano pagamenti successivi, il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diviene esigibile al momento della scadenza dei periodi cui si riferiscono tali pagamenti (sentenza del 29 novembre 2018, baumgarten sports & more, C-548/17, EU:C:2018:970, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).
Per quanto riguarda l’interpretazione dei termini «prestazione che comporta pagamenti successivi», essi potrebbero essere intesi o nel senso che includono prestazioni rese una tantum il cui compenso convenuto è corrisposto in più rate, o nel senso che esse riguardano solo le prestazioni la cui stessa natura giustifica un pagamento rateizzato, ossia quelle rese non una tantum, ma in modo ricorrente o continuativo, per un determinato periodo.
Quest’ultima interpretazione è corroborata dal tenore letterale e dall’oggetto dell’articolo 64, paragrafo 1, della direttiva 2006/112. Infatti, in forza di tale disposizione, il momento dell’insorgenza dell’obbligazione tributaria è determinato in funzione della scadenza dei periodi cui si riferiscono i pagamenti successivi. Dal momento che tali pagamenti costituiscono necessariamente il corrispettivo delle prestazioni effettuate, ne deriva che la suddetta disposizione esige implicitamente che esse siano state realizzate nel corso dei periodi considerati. In tali circostanze, l’applicazione dell’articolo 64, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 non può essere condizionata unicamente dalla modalità rateizzata del pagamento della prestazione.
Di conseguenza, l’applicazione di detto articolo 64, paragrafo 1, presuppone un nesso tra la natura delle prestazioni di cui trattasi e la rateizzazione dei pagamenti, cosicché tale disposizione non può riguardare una prestazione resa una tantum, neppure nell’ipotesi in cui dovesse essere remunerata mediante pagamenti rateali.
Tale interpretazione letterale dell’articolo 64, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 è confermata dal suo obiettivo nonché dall’impianto sistematico di tale direttiva.
A tale riguardo, occorre rilevare che l’articolo 64, paragrafo 1, di tale direttiva, in combinato disposto con l’articolo 63 della stessa, mira a facilitare la riscossione dell’IVA e, in particolare, la determinazione del momento in cui sorge l’obbligazione tributaria.
Infatti, al fine di determinare il momento in cui il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile, l’articolo 63 della direttiva 2006/112 richiede che sia accertato il momento dell’effettiva esecuzione di una prestazione. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 41 delle sue conclusioni, tale articolo non specifica quale fatto debba essere considerato come il momento in cui è effettuata la prestazione, di modo che spetta alle autorità e ai giudici nazionali competenti verificare il momento della sua effettiva esecuzione.
Per contro, in forza dell’articolo 64, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, il sorgere dell’imposta e la sua esigibilità sono collegati alla scadenza dei periodi cui si riferiscono i pagamenti per le prestazioni effettuate. Quest’ultima disposizione contiene, quindi, una norma giuridica che consente di determinare con precisione il momento dell’insorgenza dell’obbligazione tributaria mediante una fictio giuridica, il che evita di dover procedere agli accertamenti di fatto necessari alla determinazione del momento dell’effettiva esecuzione di una prestazione.
Più in particolare, come già constatato dalla Corte, nel caso in cui si applichi l’articolo 64, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, è sufficiente che i periodi di prestazione dei servizi ai quali si riferiscono i pagamenti successivi siano menzionati nelle fatture affinché il soggetto passivo soddisfi i requisiti derivanti dall’articolo 226, punto 7, di tale direttiva, in forza del quale nella fattura deve essere indicata la data in cui è effettuata o ultimata la prestazione di servizi (v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Barlis 06 – Investimentos Imobiliários e Turísticos, C-516/14, EU:C:2016:690, punti da 29 a 31).
Tuttavia, il ricorso all’articolo 64, paragrafo 1, di detta direttiva, quale norma giuridica volta a determinare il momento dell’insorgenza dell’obbligazione tributaria si impone solo a condizione che il momento o i momenti di esecuzione effettiva delle prestazioni non siano univoci e possano dar luogo a valutazioni diverse, come avviene nel caso in cui queste ultime, a causa del loro carattere continuativo o ricorrente, siano effettuate nel corso di uno o più periodi determinati.
Per contro, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 44 delle sue conclusioni, nel caso in cui il momento dell’esecuzione della prestazione possa essere determinato agevolmente, in particolare quando si tratta di una prestazione resa una tantum ed è possibile stabilire in modo preciso il momento in cui la sua esecuzione è terminata in base al rapporto contrattuale tra le parti dell’operazione di cui trattasi, l’articolo 64, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 non può essere applicato senza violare il chiaro tenore dell’articolo 63 della medesima direttiva.
Inoltre, conformemente a quest’ultima disposizione, letta alla luce del considerando 24 della direttiva 2006/112, l’insorgenza dell’IVA e la sua esigibilità non sono questioni che le parti di un contratto sono libere di determinare. Al contrario, il legislatore dell’Unione ha inteso armonizzare al massimo in tutti gli Stati membri la data in cui sorge il debito d’imposta al fine di garantirne un prelievo uniforme (sentenza del 2 maggio 2019, Budimex, C-224/18, EU:C:2019:347, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).
Sarebbe, quindi, contrario all’articolo 63 della direttiva 2006/112 consentire a un soggetto passivo, che ha fornito una prestazione una tantum pur avendo concluso un accordo di rateizzazione dei pagamenti ai fini della remunerazione di tale prestazione, optare per l’applicazione dell’articolo 64, paragrafo 1, di tale direttiva, e determinare così esso stesso il momento dell’insorgenza e dell’esigibilità dell’IVA.
Una tale interpretazione dell’articolo 64, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 sarebbe, altresì, difficilmente coerente con l’articolo 66, lettere a) e b), della direttiva suddetta. Infatti, in forza di tale disposizione, in deroga agli articoli da 63 a65 della medesima direttiva, gli Stati membri possono stabilire che, per talune operazioni o per talune categorie di soggetti passivi, l’imposta diventa esigibile non oltre il momento dell’emissione della fattura o dell’incasso del prezzo. Orbene, l’articolo 66, lettere a) e b), della direttiva 2006/112 sarebbe in gran parte svuotato di contenuto se i soggetti passivi potessero, in funzione delle modalità di remunerazione contrattualmente previste, determinare loro stessi, in luogo degli Stati membri, il momento dell’insorgenza e dell’esigibilità dell’IVA.
Peraltro, dalla giurisprudenza della Corte non si può dedurre che l’articolo 64, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 possa applicarsi anche in presenza di prestazioni rese una tantum. Infatti, le cause in cui la Corte ha ammesso l’applicabilità di tale disposizione riguardavano prestazioni di servizi forniti nel corso di un periodo specifico sulla base di rapporti contrattuali che stabilivano obblighi continuativi, si trattasse della locazione di un autoveicolo (sentenza del 16 febbraio 2012, Eon Aset Menidjmunt, C-118/11, EU:C:2012:97), della fornitura di servizi di consulenza, in particolare di tipo legale, commerciale e finanziario (sentenze del 3 settembre 2015, Asparuhovo Lake Investment Company, C-463/14, EU:C:2015:542, e del 15 settembre 2016, Barlis 06 – Investimentos Imobiliários e Turísticos, C-516/14, EU:C:2016:690), o ancora della collocazione e del mantenimento di un calciatore in una società calcistica (sentenza del 29 novembre 2018, baumgarten sports & more, C-548/17, EU:C:2018:970).
La circostanza che i soggetti passivi possano essere indotti ad anticipare l’IVA che essi devono versare allo Stato quando forniscono prestazioni rese una tantum la cui remunerazione comporta pagamenti rateizzati non può neppure pregiudicare le conclusioni di cui ai punti 39 e 48 della presente sentenza.
Vero è che, secondo costante giurisprudenza, conformemente al principio di neutralità dell’IVA, nella sua qualità di collettore d’imposta per conto dello Stato, l’imprenditore dev’essere sgravato interamente dall’onere dell’imposta dovuta o pagata nell’ambito delle sue attività economiche a loro volta soggette a IVA [sentenza del 15 ottobre 2020, E. (TVA – Riduzione della base imponibile), C-335/19, EU:C:2020:829 punto 31 e giurisprudenza ivi citata].
Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 62 delle sue conclusioni, il ruolo dei soggetti passivi non si limita a quello della riscossione dell’IVA. Conformemente all’articolo 193 della direttiva 2006/112, è a loro carico, in linea di principio, l’obbligo di pagamento dell’imposta quando effettuano una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile, senza che tale obbligo sia subordinato alla previa riscossione del corrispettivo o, quanto meno, dell’importo dell’imposta assolta a valle.
Infatti, in forza dell’articolo 63 della direttiva 2006/112, l’IVA diventa esigibile all’atto della cessione di beni o della prestazione di servizi, ossia al momento della realizzazione dell’operazione di cui trattasi, indipendentemente dal fatto che il corrispettivo dovuto per tale operazione sia stato già versato o che non lo sia stato. Pertanto, l’IVA è dovuta all’Erario pubblico dal fornitore di un bene o dal prestatore di servizi, quand’anche questi non abbia ancora ricevuto, da parte del suo cliente, il pagamento corrispondente all’operazione realizzata (sentenza del 28 luglio 2011, Commissione/Ungheria, C-274/10, EU:C:2011:530, punto 46).
Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 64, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che una prestazione di servizi resa una tantum, che comporta una remunerazione mediante pagamenti rateizzati, non rientra nell’ambito di applicazione di tale disposizione.
Sulla seconda questione
Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che, in presenza di un accordo di rateizzazione dei pagamenti, il mancato pagamento di una rata del compenso prima dell’esigibilità di quest’ultimo deve essere qualificato come non pagamento del prezzo, ai sensi di tale disposizione, e può, pertanto, dar luogo a una riduzione della base imponibile.
Occorre rammentare che l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 prevede la riduzione della base imponibile in caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l’operazione.
Come emerge dalla giurisprudenza della Corte, tale disposizione, nelle ipotesi dalla stessa disciplinate, obbliga gli Stati membri a procedere alla riduzione della base imponibile e, quindi, dell’importo dell’IVA dovuta dal soggetto passivo ogniqualvolta che, successivamente alla conclusione di un’operazione, il corrispettivo non venga totalmente o parzialmente percepito dal soggetto passivo. Detta disposizione costituisce l’espressione di un principio fondamentale della direttiva 2006/112, secondo il quale la base imponibile è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto e il cui corollario consiste nel fatto che l’amministrazione finanziaria non può riscuotere a titolo di IVA un importo superiore a quello percepito dal soggetto passivo (sentenza del 12 ottobre 2017, Lombard Ingatlan Lízing, C-404/16, EU:C:2017:759, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).
Per quanto riguarda il non pagamento parziale o totale del corrispettivo, esso non può, contrariamente alla risoluzione o all’annullamento del contratto, rimettere le parti nella situazione in cui si trovavano prima della conclusione del contratto. Se il non pagamento si verifica senza che vi sia stata risoluzione o annullamento del contratto, l’acquirente del bene o il destinatario del servizio resta debitore del prezzo concordato e il venditore del bene o il fornitore del servizio dispone sempre, in linea di principio, del proprio credito, che può far valere in sede giurisdizionale. Non si può escludere, tuttavia, che un siffatto credito divenga di fatto definitivamente irrecuperabile, essendo il non pagamento caratterizzato dall’incertezza inerente al suo carattere non definitivo (v., in tal senso, sentenza del 12 ottobre 2017, Lombard Ingatlan Lízing, C-404/16, EU:C:2017:759, punti 29 e 30).
Pertanto, il non pagamento del corrispettivo, ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, riguarda le sole situazioni in cui il beneficiario di una cessione di beni o di una prestazione di servizi non soddisfa, o soddisfa parzialmente, un credito di cui è purtuttavia debitore in forza di tale contratto concluso con il fornitore o il prestatore (v., in tal senso, sentenza del 2 luglio 2015, NLB Leasing, C-209/14, EU:C:2015:440, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).
Alla luce di tale giurisprudenza, è giocoforza constatare che il pagamento rateizzato del compenso dovuto per una prestazione di servizi, conformemente al contratto stabilito dalle parti, non rientra nell’ipotesi del non pagamento del corrispettivo di cui all’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112.
Infatti, da un lato, tale modalità di pagamento non modifica l’importo del compenso che il soggetto passivo deve ricevere o che egli può, di fatto, recuperare. Ciò premesso, la base imponibile resta invariata e l’amministrazione tributaria non percepisce, a titolo di IVA, un importo superiore a quello corrispondente al compenso del soggetto passivo. Dall’altro lato, dal momento che, una rata di compensi professionali non è esigibile prima della sua data di scadenza, una situazione del genere non può essere assimilata a quella in cui il beneficiario della prestazione soddisfa solo parzialmente il credito di cui è debitore.
Peraltro, come risulta già dalle considerazioni che figurano ai punti da 51 a 54 della presente sentenza, ai fini dell’interpretazione dell’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, la circostanza che, in talune ipotesi, un soggetto passivo possa essere costretto ad anticipare l’IVA che deve versare all’amministrazione tributaria è priva di rilevanza.
Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che, in presenza di un accordo di rateizzazione, il mancato pagamento di una rata del compenso prima della sua scadenza non può essere considerato un non pagamento del prezzo, ai sensi di tale disposizione, e non può, pertanto, dar luogo a una riduzione della base imponibile.
Sulle spese
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
L’articolo 64, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che una prestazione di servizi resa una tantum, che comporta una remunerazione mediante pagamenti rateizzati, non rientra nell’ambito di applicazione di tale disposizione.
L’articolo 90, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che, in presenza di un accordo di rateizzazione, il mancato pagamento di una rata del compenso prima della sua scadenza non può essere considerato un non pagamento del prezzo, ai sensi di tale disposizione, e non può, pertanto, dar luogo a una riduzione della base imponibile.
Firme
* Lingua processuale: il tedesco.