Sentenza della Corte (Ottava Sezione) del 14 ottobre 2021. E contro Finanzamt N e Z contro Finanzamt G. Domande di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof. Rinvio pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 167, articolo 168 lettera a), articolo 250 e articolo 252 – Detrazione dell’imposta assolta a monte – Bene immobile – Ufficio – Impianto fotovoltaico – Decisione di destinazione che dà diritto a detrazione – Comunicazione della decisione di destinazione – Termine di decadenza per l’esercizio del diritto a detrazione – Presunzione di destinazione al patrimonio privato del soggetto passivo in assenza di comunicazione della decisione di destinazione – Principio di neutralità – Principio della certezza del diritto – Principi di equivalenza e di proporzionalità. Cause riunite C-45/20 e C-46/20.
Edizione provvisoria
SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)
Sentenza
Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 167 e dell’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2009/162/UE del Consiglio, del 22 dicembre 2009 (GU 2010, L 10, pag. 14) (in prosieguo: la «direttiva IVA»).
Tali domande sono state presentate nell’ambito di due controversie che contrappongono, nella causa C-45/20, E al Finanzamt N (ufficio delle imposte di N, Germania) e, nella causa C-46/20, Z al Finanzamt G (ufficio delle imposte di G, Germania) in merito al diniego, da parte di tali amministrazioni fiscali, di detrazioni dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) effettuate da E e da Z a motivo della mancata comunicazione di una decisione sulla destinazione del bene, riconoscibile dall’amministrazione fiscale prima della scadenza del termine previsto dalla legge per la presentazione della dichiarazione annuale dell’imposta sul volume d’affari.
Contesto normativo
Diritto dell ’Unione
Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva IVA:
«Sono soggette all’IVA le operazioni seguenti:
a) le cessioni di beni effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;
(...)
c) le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale;
(...)».
L’articolo 9, paragrafo 1, di tale direttiva prevede quanto segue:
«Si considera “soggetto passivo” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.
Si considera “attività economica” ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità».
L’articolo 63 di detta direttiva così dispone:
«Il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi».
Ai sensi dell’articolo 167 della medesima direttiva, il «diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile».
L’articolo 168 della direttiva IVA prevede quanto segue:
«Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore gli importi seguenti:
a) l’IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo;
(...)».
L’articolo 168 bis di tale direttiva così dispone:
«1. Nel caso di un bene immobile facente parte del patrimonio dell’impresa di un soggetto passivo e da questo destinato all’attività dell’impresa e al proprio uso privato o all’uso del suo personale o, più in generale, a fini estranei a quelli dell’impresa, la detrazione dell’IVA sulle spese relative a tale bene è ammissibile, conformemente ai principi di cui agli articoli 167, 168, 169 e 173, soltanto limitatamente alla parte di uso del bene ai fini delle attività dell’impresa del soggetto passivo.
In deroga all’articolo 26, le variazioni della parte di uso di un bene immobile di cui al primo comma sono prese in considerazione secondo i principi di cui agli articoli da 184 a 192 quali applicati nello Stato membro interessato.
2. Gli Stati membri possono anche applicare il paragrafo 1 con riguardo all’IVA sulle spese relative ad altri beni facenti parte del patrimonio dell’impresa secondo quanto da essi specificato».
L’articolo 179, primo comma, della direttiva in parola così recita:
«Il soggetto passivo opera la detrazione globalmente, sottraendo dall’importo dell’imposta dovuta per un periodo d’imposta l’ammontare dell’IVA per la quale il diritto a detrazione è sorto, nello stesso periodo, ed è esercitato secondo quanto previsto all’articolo 178».
In forza degli articoli 180 e 182 della medesima direttiva, gli Stati membri possono autorizzare un soggetto passivo a procedere ad una detrazione che non è stata effettuata conformemente agli articoli 178 e 179 di quest’ultima. In tal caso essi ne determinano le condizioni e le modalità.
L’articolo 250, paragrafo 1, della direttiva IVA prevede quanto segue:
«Ogni soggetto passivo deve presentare una dichiarazione IVA in cui figurino tutti i dati necessari per determinare l’importo dell’imposta esigibile e quello delle detrazioni da operare, compresi, nella misura in cui sia necessario per la determinazione della base imponibile, l’importo complessivo delle operazioni relative a tale imposta e a tali detrazioni, nonché l’importo delle operazioni esenti».
L’articolo 252 di tale direttiva così dispone:
«1. La dichiarazione IVA deve essere presentata entro un termine che è stabilito dagli Stati membri. Tale termine non può superare di oltre due mesi la scadenza di ogni periodo d’imposta.
2. Gli Stati membri fissano la durata del periodo d’imposta ad un mese, due mesi ovvero tre mesi.
Tuttavia, gli Stati membri possono stabilire una durata diversa, comunque non superiore ad un anno».
L’articolo 261, paragrafo 1, di detta direttiva è così formulato:
«Gli Stati membri possono chiedere al soggetto passivo una dichiarazione relativa a tutte le operazioni effettuate nell’anno precedente, che contenga tutti i dati di cui agli articoli 250 e 251. Questa dichiarazione deve contenere tutti gli elementi necessari per eventuali rettifiche».
Ai sensi dell’articolo 273 della medesima direttiva:
«Gli Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera.
Gli Stati membri non possono avvalersi della facoltà di cui al primo comma per imporre obblighi di fatturazione supplementari rispetto a quelli previsti al capo 3».
Diritto tedesco
L’articolo 15, intitolato «Detrazione dell’imposta assolta a monte», dell’Umsatzsteuergesetz (legge relativa all’imposta sul volume d’affari), del 21 febbraio 2005 (BGBl. 2005 I, pag. 386), nella sua versione applicabile alle controversie di cui ai procedimenti principali (in prosieguo: l’«UStG»), è così formulato:
«(1) L’imprenditore può detrarre le seguenti imposte assolte a monte:
1. l’imposta dovuta per legge per cessioni di beni e altre prestazioni di servizi eseguite da un altro imprenditore a favore della sua impresa. (...)
(...)
La cessione, l’importazione o l’acquisto intracomunitario di un bene che un imprenditore utilizza meno del 10% per la sua impresa non sono considerati come effettuati per conto dell’impresa.
(...)
(1 b) Qualora l’imprenditore utilizzi un bene immobile ai fini delle attività della sua impresa e a fini diversi da quelli della sua impresa, o per l’uso privato del suo personale, l’imposta sulle cessioni, l’importazione o l’acquisto intracomunitario nonché su tutte le altre prestazioni connesse a tale bene immobile non è detraibile nei limiti in cui essa non si ricollega all’uso di detto bene immobile ai fini delle attività dell’impresa. (...)».
L’articolo 18 di tale legge, intitolato «Procedura d’imposizione», al suo paragrafo 3, prevede quanto segue:
«L’imprenditore deve trasmettere (...) per l’anno civile o, se del caso, per il periodo d’imposta più breve, una dichiarazione fiscale nella quale calcola egli stesso, conformemente all’articolo 16, paragrafi da 1 a 4, e all’articolo 17, l’imposta da versare o l’eccedenza risultante a proprio favore (dichiarazione dell’imposta). (...)».
L’articolo 149, intitolato «Presentazione delle dichiarazioni fiscali», dell’Abgabenordnung (codice tributario, BGBl. 2002 I, pag. 3866), nella sua versione applicabile alle controversie di cui ai procedimenti principali (in prosieguo: l’«AO»), così dispone:
«1) Le leggi tributarie stabiliscono quali siano le persone che sono tenute a presentare una dichiarazione fiscale. (...)
2) Salvo disposizioni contrarie delle leggi tributarie, le dichiarazioni fiscali relative ad un anno civile o ad un momento stabilito dalla legge devono essere presentate al più tardi nei cinque mesi successivi (...)».
Procedimenti principali e questioni pregiudiziali
I fatti relativi alla causa C-45/20 possono essere riassunti come segue. E gestisce un’impresa d’installazione di ponteggi. Nel corso del 2014 ha affidato a uno studio di architetti la realizzazione di planimetrie relative alla costruzione di una casa unifamiliare. Tali planimetrie indicavano che la casa avrebbe avuto una superficie abitabile totale di 149,75 m2 e avrebbe ospitato, al piano terra, una stanza qualificata come «ufficio», di una superficie pari a 16,57 m2. Le fatture relative alla costruzione di detta casa sono state emesse tra ottobre 2014 e novembre 2015.
Nella sua dichiarazione annuale relativa all’imposta sul volume d’affari per l’anno 2015, pervenuta all’ufficio delle imposte di N il 28 settembre 2016, E ha fatto valere, per la prima volta, un diritto a detrazione per imposte assolte a monte per la costruzione dell’ufficio. A seguito di una verifica fiscale, l’ufficio delle imposte di N ha negato tale detrazione. Il reclamo di E avverso tale diniego e il suo ricorso dinanzi al Sächsisches Finanzgericht (Tribunale tributario della Sassonia, Germania) avverso la decisione adottata a seguito di tale reclamo sono stati respinti. Tale giudice ha motivato la sua decisione indicando, in sostanza, che la destinazione del bene interessato al patrimonio dell’impresa era avvenuta dopo il 31 maggio 2016, data di scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa all’imposta sul volume d’affari per l’anno 2015, in applicazione dell’articolo 149, paragrafo 2, dell’AO.
Per quanto riguarda i fatti relativi alla causa C-46/20, si deve considerare quanto segue. Nel corso del 2014, Z ha acquistato un impianto fotovoltaico la cui produzione di energia elettrica era, in parte utilizzata per il proprio consumo e, in parte, rivenduta ad un fornitore di energia. Il contratto di riacquisto di energia elettrica concluso lo stesso anno tra Z e tale fornitore prevedeva una remunerazione alla quale veniva aggiunta l’imposta sul volume d’affari. Il 29 febbraio 2016 Z ha inviato all’ufficio delle imposte di G una dichiarazione relativa all’imposta sul volume d’affari per l’anno 2014. In tale dichiarazione, Z ha detratto, per la prima volta, importi che riguardavano essenzialmente l’imposta assolta a monte, figuranti su una fattura dell’11 settembre 2014 per la consegna e l’installazione del suo impianto fotovoltaico. All’esito di una verifica fiscale, l’ufficio delle imposte di G ha negato tale detrazione per il motivo che Z non aveva preso la decisione sulla destinazione di tale bene al patrimonio della sua impresa entro il 31 maggio 2015, data di scadenza del termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’imposta sul volume d’affari, fissata dall’articolo 149, paragrafo 2, dell’AO. Il reclamo di Z avverso tale diniego e il suo ricorso dinanzi al Finanzgericht Baden-Württemberg (Tribunale tributario del Baden-Württemberg, Germania) avverso la decisione adottata a seguito del suo reclamo sono stati respinti.
E e Z hanno ciascuno proposto un ricorso per «Revision» dinanzi al giudice del rinvio, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania), a sostegno del quale entrambi affermano, in sostanza, che le autorità tributarie erano tenute a prendere in considerazione elementi che attestano la loro decisione di destinare al patrimonio della loro impresa beni oggetto di uso misto, quali planimetrie per la costruzione indicanti l’uso di una stanza come ufficio o l’uso effettivo di beni ai fini delle attività dell’impresa. E e Z sostengono altresì che la condizione relativa alla comunicazione, entro il termine di cui all’articolo 149, paragrafo 2, dell’AO, degli elementi che attestano una decisione di destinazione di attivi ad uso misto al patrimonio di un’impresa, fissata dalla giurisprudenza del giudice del rinvio, non può essere mantenuta alla luce dell’insegnamento che emerge dalla sentenza del 25 luglio 2018, Gmina Ryjewo (C-140/17, EU:C:2018:595).
Conformemente alla sua giurisprudenza, il giudice del rinvio ritiene che i ricorsi in «Revision» di E e di Z siano infondati alla luce del diritto nazionale poiché gli elementi che attestano la decisione di destinazione parziale dell’immobile di E e dell’impianto fotovoltaico di Z al patrimonio delle loro rispettive imprese non sono stati comunicati agli uffici delle imposte competenti prima della scadenza del termine fissato dall’articolo 149, paragrafo 2, dell’AO per la presentazione della dichiarazione annuale dell’imposta sul volume d’affari. Orbene, conformemente ai criteri elaborati da tale giudice nella sua giurisprudenza, la detrazione fiscale risultante da tali destinazioni è ammissibile solo se e in quanto tale comunicazione sia avvenuta entro detto termine.
Tuttavia, tale giudice si interroga sulla compatibilità della sua interpretazione del diritto nazionale con il diritto dell’Unione e, in particolare, con la sentenza del 25 luglio 2018, Gmina Ryjewo (C-140/17, EU:C:2018:595).
In primo luogo, il giudice del rinvio si chiede se, tenuto conto dell’assenza di norme di diritto dell’Unione che specifichino le modalità di adozione e il momento della comunicazione di elementi che attestano una decisione di destinazione di un bene al patrimonio di un’impresa, uno Stato membro possa esigere che tale decisione sia comunicata entro un termine relativamente breve, come quello di cui all’articolo 149, paragrafo 2, dell’AO, a pena di decadenza.
Secondo il giudice del rinvio la compatibilità con il diritto dell’Unione di tale requisito può essere avvalorata dalla circostanza che l’esercizio del diritto di scegliere la destinazione di un bene al patrimonio dell’impresa riguarda una condizione sostanziale del diritto a detrazione. Inoltre, l’imposizione, da parte di uno Stato membro, di un termine di comunicazione degli elementi che attestano la decisione di destinazione sarebbe giustificata tenuto conto del vuoto giuridico lasciato dalla direttiva IVA a tal riguardo nonché del principio di certezza del diritto. Inoltre, tale imposizione rientrerebbe nella competenza conferita agli Stati membri dalle disposizioni del titolo XI della direttiva IVA per quanto riguarda la fissazione delle condizioni formali per l’esercizio del diritto a detrazione.
Tuttavia, il giudice del rinvio ritiene che, sebbene i fatti che hanno dato luogo alla sentenza del 25 luglio 2018, Gmina Ryjewo (C-140/17, EU:C:2018:595), differiscano da quelli relativi alle presenti cause riunite, la Corte ha fornito, in tale sentenza, vari indizi che consentono di stabilire se il soggetto passivo abbia agito in quanto tale, ma che non sono automaticamente fornibili alle autorità tributarie competenti entro un termine relativamente breve. Inoltre, secondo il giudice del rinvio, da detta sentenza si potrebbe dedurre che il requisito in base al quale una decisione di destinazione deve intervenire entro un termine relativamente breve violi il principio di neutralità.
In secondo luogo, il giudice del rinvio si interroga sulle conseguenze del mancato rispetto di tale termine. A suo avviso, si potrebbe sostenere che la destinazione di un bene al patrimonio di un’impresa non può essere dimostrata in assenza di indizi, riconoscibili dall’amministrazione fiscale, indicanti che il soggetto passivo ha scelto di procedere a una siffatta destinazione. Sussisterebbe in tal modo una presunzione secondo cui qualsiasi bene che non sia stato espressamente destinato dal soggetto passivo al patrimonio della sua impresa deve essere collegato al suo patrimonio privato. Tuttavia, il giudice del rinvio sottolinea altresì che dalla sentenza del 25 luglio 2018, Gmina Ryjewo (C-140/17, EU:C:2018:595), emerge che la mancata dichiarazione di destinazione non esclude che una tale intenzione possa apparire in modo implicito e che la questione se la persona interessata abbia agito in qualità di soggetto passivo debba essere valutata alla luce di un’accezione ampia di tale nozione. Sulla base di tali considerazioni si potrebbe sostenere che sussista una presunzione di «acquisto in qualità di soggetto passivo» quando un imprenditore acquista un bene che, per sua natura, può essere utilizzato, in linea di principio, anche ai fini delle attività dell’impresa, e che non sia stato destinato, da tale imprenditore, in modo esclusivo alla sua impresa.
Date tali circostanze, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, formulate in modo identico nelle due cause riunite:
«1) Se l’articolo 168, lettera a), in combinato disposto con l’articolo 167 della direttiva [IVA], osti a una giurisprudenza nazionale ai sensi della quale, nei casi in cui esiste un diritto di scelta di destinazione al momento dell’acquisto di un bene, sia escluso il diritto a detrazione, qualora, alla scadenza del termine previsto dalla legge per la presentazione della dichiarazione annuale dell’IVA, non sia stata comunicata alcuna decisione sulla destinazione del bene, riconoscibile dalle autorità tributarie.
2) Se l’articolo 168, lettera a), della direttiva [IVA] osti a una giurisprudenza nazionale ai sensi della quale si considera o si presume che esista una destinazione a fini privati, in assenza di indizi (sufficienti) per ravvisare una destinazione all’impresa».
Sulle questioni pregiudiziali
Con le due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA, in combinato disposto con l’articolo 167 di quest’ultima, debba essere interpretato nel senso che esso osta a disposizioni nazionali interpretate da un giudice nazionale in modo tale che qualora un soggetto passivo abbia il diritto di decidere di destinare un bene al patrimonio della sua impresa e, al più tardi alla scadenza del termine previsto dalla legge per la presentazione della dichiarazione annuale dell’imposta sul volume d’affari, l’amministrazione fiscale nazionale competente non sia stata messa in condizione di accertare una siffatta destinazione di tale bene mediante una decisione esplicita o indizi sufficienti, essa può negare il diritto a detrazione dell’IVA relativo a detto bene considerando che è stato destinato al patrimonio privato del soggetto passivo.
Al fine di rispondere a tale questione, occorre, in un primo momento, determinare le condizioni alle quali è subordinato il diritto, di un soggetto passivo, di decidere di destinare un bene al patrimonio della sua impresa e, in un secondo momento, esaminare a quali condizioni l’amministrazione nazionale competente possa negare la detrazione qualora tale scelta non sia stata portata a conoscenza di tale amministrazione al più tardi alla scadenza del termine previsto dalla legge per la presentazione della dichiarazione annuale dell’imposta sul volume d’affari.
In primo luogo, per quanto riguarda le condizioni alle quali è subordinato il diritto, di un soggetto passivo, di decidere di destinare un bene al patrimonio della sua impresa, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza costante della Corte, il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o versata a monte per i beni acquistati e i servizi loro prestati costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa dell’Unione [sentenza del 18 marzo 2021, A. (Esercizio del diritto a detrazione), C-895/19, EU:C:2021:216, punto 32 e giurisprudenza ivi citata]. Tale diritto, previsto agli articoli 167 e seguenti della direttiva IVA, costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni (sentenza del 21 marzo 2018, Volkswagen, C-533/16, EU:C:2018:204, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).
Il regime delle detrazioni è inteso a esonerare interamente il soggetto passivo dall’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce, di conseguenza, la neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA [sentenza del 18 marzo 2021, A. (Esercizio del diritto a detrazione), C-895/19, EU:C:2021:216, punto 33 e giurisprudenza ivi citata].
Il diritto alla detrazione dell’IVA è soggetto al rispetto delle condizioni sostanziali e formali previste dalla direttiva IVA [v., in tal senso, sentenze del 21 marzo 2018, Volkswagen, C-533/16, EU:C:2018:204, punto 40 e del 18 marzo 2021, A. (Esercizio del diritto a detrazione), C-895/19, EU:C:2021:216, punto 35 nonché giurisprudenza ivi citata].
Le condizioni sostanziali del diritto a detrazione sono quelle che stabiliscono il fondamento stesso e l’estensione di tale diritto, come quelle previste nel capo 1 del titolo X della direttiva IVA, intitolato «Origine e portata del diritto a detrazione» (sentenza del 28 luglio 2016, Astone, C-332/15, EU:C:2016:614, punto 47 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, in forza dell’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA, i beni per i quali il soggetto passivo intende far valere il diritto alla detrazione devono essere stati acquistati da quest’ultimo in tale qualità al momento dell’acquisizione. Inoltre, tali beni devono essere utilizzati, a valle, dal soggetto passivo ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta e devono essere forniti, a monte, da un altro soggetto passivo (v., in tal senso, sentenze del 15 settembre 2016, Barlis 06 – Investimentos Imobiliários e Turísticos, C-516/14, EU:C:2016:690, punto 40, e del 25 luglio 2018, Gmina Ryjewo, C-140/17, EU:C:2018:595, punto 34 nonché giurisprudenza ivi citata). Inoltre, l’articolo 167 della direttiva IVA precisa che il diritto alla detrazione dell’IVA a monte sorge nel momento in cui l’imposta detraibile diventa esigibile, ossia all’atto della cessione dei beni (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2015, Sveda, C-126/14, EU:C:2015:712, punto 20 nonché giurisprudenza ivi citata).
Le condizioni formali del diritto a detrazione disciplinano le modalità e il controllo dell’esercizio di quest’ultimo nonché il corretto funzionamento del sistema dell’IVA, quali gli obblighi di contabilità, di fatturazione e di dichiarazione [v., in tal senso, sentenze del 28 luglio 2016, Astone, C-332/15, EU:C:2016:614, punto 47, e del 18 marzo 2021, A. (Esercizio del diritto a detrazione), C-895/19, EU:C:2021:216, punto 37 e giurisprudenza ivi citata]. Gli articoli 250, 252 e 261 della direttiva IVA, che prevedono l’obbligo, per il soggetto passivo, di presentare dichiarazioni relative all’IVA e che disciplinano il diritto degli Stati membri per quanto riguarda i termini in tal senso, stabiliscono pertanto condizioni formali.
Tale distinzione tra le condizioni sostanziali e le condizioni formali che disciplinano il diritto a detrazione è importante, dal momento che, secondo una giurisprudenza costante, il principio fondamentale della neutralità dell’IVA esige che la detrazione dell’IVA pagata a monte venga riconosciuta se sono soddisfatti i requisiti sostanziali, quand’anche taluni requisiti formali siano stati disattesi dai soggetti passivi (v., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2016, Astone, C-332/15, EU:C:2016:614, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).
Inoltre, occorre rilevare che, per beni che possono essere utilizzati a fini sia professionali sia privati, un soggetto passivo ha il diritto, ai fini dell’IVA, di decidere in merito alla loro destinazione al patrimonio della sua impresa. Tali beni comprendono beni di investimento che, ai sensi dell’articolo 189, lettera a), della direttiva IVA, possono essere definiti dagli Stati membri e che, secondo la giurisprudenza della Corte, comprendono i beni che, utilizzati ai fini di un’attività economica, si distinguono per il loro carattere durevole e il loro valore, i quali fanno sì che i costi d’acquisto non siano normalmente contabilizzati come spese correnti, ma vengano ammortizzati in più esercizi finanziari (v., in tal senso, sentenza del 27 marzo 2019, Mydibel, C-201/18, EU:C:2019:254, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).
Pertanto, secondo una giurisprudenza costante, in caso di utilizzo di un bene di investimento a fini sia privati sia professionali, il soggetto passivo ha la possibilità di scegliere, ai fini della detrazione dell’IVA, o di inserire il bene medesimo integralmente nel patrimonio della propria impresa, o di conservarlo integralmente nel proprio patrimonio privato oppure di inserirlo nella propria impresa solamente a concorrenza dell’utilizzo professionale effettivo (v. in tal senso, sentenze del 14 luglio 2005, Charles e Charles-Tijmens, C-434/03, EU:C:2005:463, punto 23, nonché del 16 febbraio 2012, Eon Aset Menidjmunt, C-118/11, EU:C:2012:97, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).
Se il soggetto passivo sceglie di trattare beni d’investimento utilizzati a fini professionali e a fini privati come beni d’impresa, l’IVA dovuta a monte sull’acquisto di tali beni è in linea di principio integralmente e immediatamente detraibile (sentenza del 14 luglio 2005, Charles e Charles-Tijmens, C-434/03, EU:C:2005:463, punto 24 nonché giurisprudenza ivi citata). Per i beni immobili, l’articolo 168 bis della direttiva IVA precisa tuttavia che la detrazione dell’IVA sulle spese relative a tali beni è ammissibile soltanto limitatamente alla parte di uso dei beni ai fini delle attività dell’impresa del soggetto passivo.
Se un soggetto passivo sceglie di inserire un bene d’investimento solo parzialmente nella sua impresa, l’IVA dovuta a monte sul suo acquisto è, in linea di principio, detraibile solo fino a concorrenza del suo uso effettivo per le esigenze dell’impresa (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2012, Eon Aset Menidjmunt, C-118/11, EU:C:2012:97, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).
Occorre inoltre rilevare che, al momento dell’acquisto di siffatti beni, è la scelta del soggetto passivo di agire in tale qualità, vale a dire per le esigenze della propria attività economica, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA, che determina l’applicazione del sistema dell’IVA e, di conseguenza, del meccanismo di detrazione (v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2012, Klub, C-153/11, EU:C:2012:163, punti 39 e 40 nonché giurisprudenza ivi citata). Ne consegue che tale scelta costituisce, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 48 e 49 delle sue conclusioni, una condizione sostanziale del diritto a detrazione.
Secondo una costante giurisprudenza della Corte, la questione se, all’atto della cessione di un bene al soggetto passivo, quest’ultimo abbia agito in tale qualità costituisce una questione di fatto che spetta al giudice nazionale competente stabilire, sulla base di elementi oggettivi e a seguito di un esame dell’insieme dei dati della controversia di cui è investito (v., in tal senso, sentenze del 14 febbraio 1985, Rompelman, 268/83, EU:C:1985:74, punto 24, e del 25 luglio 2018, Gmina Ryjewo, C-140/17, EU:C:2018:595, punti 38 e 39 nonché giurisprudenza ivi citata).
Al fine di valutare se un soggetto passivo abbia agito in tale qualità al momento dell’acquisto di un bene, la Corte ha precisato che, se una dichiarazione inequivocabile ed espressa dell’intenzione di destinare un bene ad un uso per finalità di carattere economico al momento del suo acquisto può essere sufficiente per concludere che il bene è stato acquistato dal soggetto passivo che agisce in quanto tale, l’assenza di una dichiarazione del genere non esclude che un’intenzione siffatta possa risultare in modo implicito (sentenza del 25 luglio 2018, Gmina Ryjewo, C-140/17, EU:C:2018:595, punto 47).
La circostanza che tale precisazione sia stata fornita dalla Corte in risposta a una questione pregiudiziale in una causa che verteva sul diritto a rettifica di detrazioni dell’IVA assolta su un immobile acquistato da un ente di diritto pubblico registrato come soggetto passivo non incide, contrariamente a quanto sostiene l’ufficio delle imposte di N, sulla sua rilevanza nell’ambito di controversie come quelle di cui al procedimento principale. Infatti, tale precisazione si applica a tutti i casi di destinazione di un bene all’attività economica di un soggetto passivo, conformemente all’ampia nozione, enunciata dalla Corte, della nozione di acquisto in «qualità di soggetto passivo» (v., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2018, Gmina Ryjewo, C-140/17, EU:C:2018:595, punto 54). La direttiva IVA non subordina quindi la concessione di un diritto a detrazione all’adozione e alla comunicazione di una decisione espressa di destinazione.
Tra gli elementi che possono far risultare in modo implicito detta intenzione figurano, in particolare, la natura dei beni in questione, la qualità della persona che agisce nonché il periodo di tempo intercorso tra l’acquisto dei beni e il loro impiego ai fini delle attività economiche del soggetto passivo (sentenza del 25 luglio 2018, Gmina Ryjewo, C-140/17, EU:C:2018:595, punti 38, 49 e 50).
Invece, è di per sé irrilevante che il bene interessato non sia stato da subito utilizzato per operazioni imponibili, dal momento che l’uso che si fa del bene determina solo l’entità della detrazione iniziale o della eventuale rettifica successiva, ma non l’insorgenza del diritto alla detrazione (sentenza del 25 luglio 2018, Gmina Ryjewo, C-140/17, EU:C:2018:595, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).
Nel caso di specie, spetterà pertanto al giudice del rinvio valutare se dall’insieme dei dati delle controversie principali si possa dedurre che E e Z abbiano agito ciascuno in qualità di soggetto passivo al momento dell’acquisto dei beni ad uso misto di cui trattasi nel procedimento principale, ossia, rispettivamente, un ufficio all’interno di un immobile ad uso essenzialmente privato e un impianto fotovoltaico parzialmente utilizzato a fini privati, e abbiano espresso l’intenzione di destinarli alle loro imprese.
A tal riguardo, per quanto concerne E, la destinazione quale ufficio di una stanza di dimensioni ragionevoli sulle planimetrie relative alla costruzione di una casa unifamiliare può costituire un indizio di una siffatta intenzione. Tuttavia, allorché una stanza così qualificata sulle planimetrie relative alla costruzione di una casa unifamiliare non sia necessariamente, nei fatti, destinata all’uso di attività economica del soggetto passivo, occorrerà corroborare la volontà di quest’ultimo di destinare tale stanza alla sua impresa con altri elementi oggettivi che attestino tale uso. Nel caso di Z, la conclusione, nel corso dell’anno dell’acquisto e dell’istallazione di un impianto fotovoltaico, di un contratto relativo al riacquisto dell’energia elettrica prodotta da tale impianto può costituire un indizio della sua destinazione a un’attività economica se le condizioni di tale riacquisto corrispondono a quelle offerte a professionisti e non a privati.
Inoltre, le detrazioni dell’IVA operate da soggetti passivi nelle loro dichiarazioni fiscali sono idonee a dimostrare una siffatta decisione di destinazione qualora ne siano la conseguenza. Detrazioni siffatte costituiscono altresì un indizio del fatto che un soggetto passivo ha inteso destinare un bene alla sua impresa al momento del suo acquisto. È stato così già giudicato che, quando un soggetto passivo detrae, nella dichiarazione alle autorità tributarie, gli importi dovuti a titolo dell’IVA al momento dell’acquisto di un bene, si ritiene che esso abbia destinato tale bene alla sua impresa (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 1991, Lennartz, C-97/90, EU:C:1991:315, punto 26). Invece, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 43 e 44 delle sue conclusioni, l’assenza di detrazioni operate nella dichiarazione IVA provvisoria relativa al periodo durante il quale il bene è stato acquistato non consente, di per sé, di concludere che il soggetto passivo abbia scelto di non destinare il bene di cui trattasi alla sua impresa.
In secondo luogo, per quanto riguarda l’obbligo, di un soggetto passivo, di portare a conoscenza dell’amministrazione fiscale la sua decisione di destinazione al più tardi alla scadenza del termine previsto dalla legge per la presentazione della dichiarazione annuale dell’imposta sul volume d’affari, ossia, nel caso di specie, il 31 maggio dell’anno successivo a quello in cui è stata adottata la decisione di destinazione, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 179, primo comma, della direttiva IVA, il diritto a detrazione va esercitato, in linea di principio, durante lo stesso periodo in cui esso è sorto, ossia, alla luce dell’articolo 167 della direttiva IVA, quando l’imposta diviene esigibile [v., in tal senso, sentenza del 18 marzo 2021, A. (Esercizio del diritto a detrazione), C-895/19, EU:C:2021:216, punto 41 e giurisprudenza ivi citata].
Tuttavia, in forza degli articoli 180 e 182 della direttiva IVA, un soggetto passivo può essere autorizzato a operare la detrazione anche se non ha esercitato il proprio diritto nel periodo in cui tale diritto è sorto, purché siano rispettate talune condizioni e modalità fissate dalle normative nazionali (v. sentenza del 26 aprile 2018, Zabrus Siret, C-81/17, EU:C:2018:283, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).
Per di più, conformemente all’articolo 250, paragrafo 1, della direttiva IVA, in combinato disposto con l’articolo 252 di quest’ultima, la normativa nazionale deve prevedere l’obbligo, per il soggetto passivo, di presentare una dichiarazione IVA contenente tutti i dati necessari per determinare l’importo esigibile e quello delle detrazioni da operare relative a un periodo d’imposta della durata massima di un anno, e ciò entro un termine che non può superare di due mesi la scadenza di ogni periodo d’imposta.
Inoltre, l’articolo 261, paragrafo 1, di tale direttiva consente agli Stati membri di chiedere al soggetto passivo una dichiarazione vertente su tutte le operazioni effettuate nell’anno precedente, che contenga tutti i dati summenzionati, senza tuttavia fissare un termine per la presentazione di tale dichiarazione.
Alla luce di tali disposizioni, la direttiva IVA non osta agli obblighi che, come quelli applicabili nel caso di specie, impongono ai soggetti passivi di portare a conoscenza dell’amministrazione fiscale la loro decisione di destinare un bene d’investimento al patrimonio della loro impresa procedendo alle corrispondenti detrazioni nelle loro dichiarazioni IVA provvisorie e nella loro dichiarazione annuale relativa all’imposta sul volume d’affari che deve essere presentata a tale amministrazione al più tardi nei cinque mesi successivi all’anno in cui tale decisione di destinazione è stata adottata.
Tuttavia, nella misura in cui la giurisprudenza nazionale sanziona il mancato rispetto di tale termine entro il quale un soggetto passivo dovrebbe esplicitamente, o implicitamente ma chiaramente, portare tale decisione a conoscenza dell’amministrazione fiscale con la perdita del suo diritto a detrazione risultante da tale decisione, occorre rilevare che, se è vero che l’adozione di una decisione di destinazione costituisce una condizione sostanziale per l’esercizio di tale diritto, come risulta dal punto 41 della presente sentenza, la sua comunicazione all’amministrazione fiscale ne è solo una condizione formale. Orbene, secondo una giurisprudenza costante della Corte, una violazione dei requisiti formali non può, in linea di principio, comportare una perdita del diritto a detrazione (v., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2016, Astone, C-332/15, EU:C:2016:614, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).
Una diversa soluzione può imporsi qualora l’inosservanza di tali requisiti formali abbia l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa del soddisfacimento dei requisiti sostanziali (v., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2016, Astone, C-332/15, EU:C:2016:614, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).
Inoltre, ai sensi dell’articolo 273 della direttiva IVA, gli Stati membri possono stabilire altri obblighi che ritengono necessari per assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e per evitare le evasioni. Tuttavia, le misure che gli Stati membri possono adottare in forza di detta disposizione non devono eccedere quanto è necessario per conseguire obiettivi siffatti. Esse non possono, pertanto, essere adoperate in modo da rimettere sistematicamente in discussione il diritto alla detrazione dell’IVA e, quindi, la neutralità dell’IVA stessa (v., in tal senso, sentenza del 12 aprile 2018, Biosafe – Indústria de Reciclagens, C-8/17, EU:C:2018:249, punto 38 e giurisprudenza ivi citata). A tal riguardo, è già stato giudicato che una sanzione consistente in un diniego assoluto del diritto a detrazione qualora l’imposta sia versata tardivamente appare sproporzionata quando non siano accertati frodi o danni per il bilancio dello Stato (v., in tal senso, sentenza del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria Transport, C-284/11, EU:C:2012:458, punti da 68 a 70).
Nel caso di specie, previa verifica da parte del giudice del rinvio, il mancato rispetto, da parte di E e di Z, del termine entro il quale essi avrebbero dovuto far conoscere la loro decisione di destinazione dei beni non è tale da impedire loro di fornire la prova certa del fatto che essi avevano adottato una siffatta decisione al momento dell’acquisto dei beni d’investimento di cui al procedimento principale. Inoltre, non risulta che un siffatto termine sia stato imposto dal legislatore tedesco al fine di prevenire comportamenti fraudolenti o abusivi.
Tuttavia, da una giurisprudenza costante della Corte emerge altresì che la possibilità di esercitare il diritto a detrazione senza limiti di tempo contrasterebbe con il principio di certezza del diritto, il quale esige che la situazione fiscale del soggetto passivo, tenuto conto dei diritti e degli obblighi di quest’ultimo nei confronti dell’amministrazione fiscale, non possa essere indefinitamente rimessa in discussione. Pertanto, un termine di decadenza la cui scadenza porti a sanzionare il contribuente non sufficientemente diligente, il quale abbia omesso di richiedere la detrazione dell’IVA a monte, privandolo del diritto a detrazione, non può essere considerato come incompatibile con il regime instaurato dalla direttiva IVA, purché, per un verso, detto termine si applichi allo stesso modo ai diritti analoghi in materia fiscale fondati sul diritto interno e a quelli fondati sul diritto dell’Unione (principio di equivalenza) e, per altro verso, esso non renda in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a detrazione (principio di effettività) (sentenza del 26 aprile 2018, Zabrus Siret, C-81/17, EU:C:2018:283, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).
Per quanto riguarda il rispetto del principio di equivalenza, è giocoforza constatare che il termine previsto dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale corrisponde a quello impartito ai contribuenti per la presentazione delle dichiarazioni fiscali in generale. Previa verifica da parte del giudice del rinvio, tale normativa nazionale non appare pertanto aver previsto, in materia di IVA, un regime diverso da quello applicabile in altre materie fiscali di diritto interno.
Per quanto riguarda il rispetto del principio di effettività, non appare che detto termine, di per sé, renda, in pratica, impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a detrazione, posto che l’articolo 179, primo comma, della direttiva IVA prevede che tale diritto si eserciti, in linea di principio, nello stesso periodo in cui tale diritto è sorto (v., per analogia, sentenza del 28 luglio 2016, Astone, C-332/15, EU:C:2016:614, punto38).
Tuttavia, conformemente al principio di proporzionalità, gli Stati membri devono far ricorso a mezzi che, pur consentendo di raggiungere efficacemente l’obiettivo perseguito dalla normativa nazionale, pregiudichino il meno possibile i principi stabiliti dalla normativa dell’Unione, quale il principio fondamentale del diritto a detrazione dell’IVA (sentenza del 26 aprile 2018, Zabrus Siret, C-81/17, EU:C:2018:283, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).
Occorre pertanto che il giudice del rinvio valuti se il termine di decadenza di cui al procedimento principale, che corrisponde a quello fissato all’articolo 149, paragrafo 2, dell’AO per la presentazione della dichiarazione annuale dell’imposta sul volume d’affari, ossia il 31 maggio dell’anno successivo a quello nel quale è stata adottata la decisione di destinazione, sia proporzionato all’obiettivo consistente nel garantire il rispetto del principio della certezza del diritto.
A tal riguardo, si deve tener conto, da un lato, tanto della possibilità per le autorità nazionali di imporre a un soggetto passivo negligente sanzioni meno lesive del principio di neutralità rispetto al totale diniego del diritto a detrazione, quali sanzioni amministrative pecuniarie, quanto del fatto che un termine la cui scadenza si collochi oltre il 31 maggio dell’anno successivo a quello nel corso del quale è stata adottata la decisione di destinazione non appare, prima facie, incompatibile con il rispetto del principio di certezza del diritto e, dall’altro lato, del ruolo preponderante che il diritto a detrazione ricopre nel sistema comune dell’IVA.
Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 168, lettera a), della direttiva IVA, in combinato disposto con l’articolo 167 di quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a disposizioni nazionali interpretate da un giudice nazionale in modo tale che, qualora un soggetto passivo abbia il diritto di decidere di destinare un bene al patrimonio della sua impresa e, al più tardi alla scadenza del termine previsto dalla legge per la presentazione della dichiarazione annuale dell’imposta sul volume d’affari, l’amministrazione fiscale nazionale competente non sia stata messa in condizione di accertare una siffatta destinazione di tale bene mediante una decisione esplicita o indizi sufficienti, essa può negare il diritto a detrazione dell’IVA relativo a detto bene considerando che è stato destinato al patrimonio privato del soggetto passivo, salvo che le modalità giuridiche concrete secondo cui tale facoltà può essere attuata rivelino che quest’ultima non è conforme al principio di proporzionalità.
Sulle spese
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:
L’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2009/162/UE del Consiglio, del 22 dicembre 2009, in combinato disposto con l’articolo 167 di tale direttiva, come modificata, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a disposizioni nazionali interpretate da un giudice nazionale in modo tale che, qualora un soggetto passivo abbia il diritto di decidere di destinare un bene al patrimonio della sua impresa e, al più tardi alla scadenza del termine previsto dalla legge per la presentazione della dichiarazione annuale dell’imposta sul volume d’affari, l’amministrazione fiscale nazionale competente non sia stata messa in condizione di accertare una siffatta destinazione di tale bene mediante una decisione esplicita o indizi sufficienti, essa può negare il diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto relativo a detto bene considerando che è stato destinato al patrimonio privato del soggetto passivo, salvo che le modalità giuridiche concrete secondo cui tale facoltà può essere attuata rivelino che quest’ultima non è conforme al principio di proporzionalità.
Firme
* Lingua processuale: il tedesco.