Sentenza della Corte (Ottava Sezione) del 9 giugno 2011. Campsa Estaciones de Servicio SA contro Administración del Estado. Domanda di pronuncia pregiudiziale : Tribunal Supremo - Spagna. Sesta direttiva IVA - Artt. 11, parte A, n. 1, e 27 - Base imponibile - Estensione delle regole relative ai prelievi alle operazioni tra soggetti collegati in caso di prezzi manifestamente inferiori ai prezzi normali di mercato. Causa C-285/10.
Causa C-285/10
Campsa Estaciones de Servicio SA
contro
Administración del Estado
(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo)
«Sesta direttiva IVA — Artt. 11, parte A, n. 1, e 27 — Base imponibile — Estensione delle regole relative ai prelievi alle operazioni tra soggetti collegati in caso di prezzi manifestamente inferiori ai prezzi normali di mercato»
Massime della sentenza
Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra d’affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Base imponibile — Provvedimenti nazionali in deroga
[Direttiva del Consiglio 77/388, artt. 5, n. 6, 6, n. 2, 11, parte A, n. 1, lett. a), e 27]
La sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, dev’essere interpretata nel senso che osta a che uno Stato membro applichi, alle operazioni effettuate tra soggetti collegati che abbiano concordato un prezzo manifestamente inferiore al prezzo normale di mercato, una regola per la determinazione della base imponibile diversa dalla regola generale prevista all’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), di tale direttiva, estendendo loro l’applicazione delle regole per la determinazione della base imponibile relative al prelievo o all’utilizzazione di beni e alla prestazione di servizi per l’uso privato del soggetto passivo, ai sensi degli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, di detta direttiva, quando peraltro tale Stato membro non ha seguito la procedura prevista all’art. 27 di tale medesima direttiva al fine di ottenere l’autorizzazione a introdurre siffatta misura derogatoria a detta regola generale.
(v. punto 40 e dispositivo)
SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)
Sentenza
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Campsa Estaciones de Servicio SA (in prosieguo: la «Campsa») e l’Administración del Estado in merito a un avviso di liquidazione emesso dall’Oficina Nacional de Inspección (Ispettorato nazionale dei tributi), relativo all’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») per l’anno 1993.
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
Ai sensi dell’art. 2, punto 1, della sesta direttiva, sono soggette a IVA «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale».
L’art. 5, nn. 6 e 7, della sesta direttiva così prevede:
«6. È assimilato a una cessione a titolo oneroso il prelievo di un bene dalla propria impresa da parte di un soggetto passivo il quale lo destina al proprio uso privato o all’uso del suo personale o lo trasferisce a titolo gratuito o, più generalmente, lo destina a fini estranei alla sua impresa, quando detto bene o gli elementi che lo compongono hanno consentito una deduzione totale o parziale dell’[IVA]. Tuttavia, i prelievi eseguiti ad uso dell’impresa per effettuare regali di scarso valore e campioni non sono considerati come cessioni a titolo oneroso.
7. Gli Stati membri possono assimilare ad una cessione a titolo oneroso:
a) l’impiego da parte di un soggetto passivo, per i bisogni della sua impresa, di un bene prodotto, costruito, estratto, lavorato, acquistato o importato nel quadro di detta impresa, qualora l’acquisto del bene in questione presso un altro soggetto passivo non gli dia diritto alla deduzione completa dell’[IVA];
b) la destinazione di un bene da parte di un soggetto passivo ad un settore di attività non assoggettato, quando detto bene ha consentito una deduzione totale o parziale dell’[IVA] nel corso dell’acquisto o dell’impiego di cui alla lettera a);
c) (...) il possesso di beni da parte di un soggetto passivo o dei suoi aventi causa, in caso di cessazione della sua attività economica tassabile, quando detti beni hanno consentito una deduzione parziale o totale al momento dell’acquisto o della loro destinazione conformemente alla lettera a)».
L’art. 6, nn. 2 e 3, della sesta direttiva dispone:
«2. Sono assimilati a prestazioni di servizi a titolo oneroso:
a) l’uso di un bene destinato all’impresa per l’uso privato del soggetto passivo o per l’uso del suo personale o, più generalmente, a fini estranei alla sua impresa qualora detto bene abbia consentito una deduzione totale o parziale dell’[IVA];
b) le prestazioni di servizi a titolo gratuito effettuate dal soggetto passivo per il proprio uso privato o ad uso del suo personale o, più generalmente, per fini estranei alla sua impresa.
(…)
3. (...) gli Stati membri possono assimilare a una prestazione di servizi a titolo oneroso l’esecuzione, da parte di un soggetto passivo, di un servizio, per i bisogni della sua impresa, qualora l’esecuzione di detto servizio da parte di un altro soggetto passivo non gli dia diritto alla deduzione totale dell’[IVA]».
L’art. 11, parte A, n. 1, della sesta direttiva, concernente la base imponibile dell’IVA all’interno del paese, così recita:
«La base imponibile è costituita:
a) per le forniture di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui alle lettere b), c) e d), da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni;
b) per le operazioni di cui all’articolo 5, paragrafi 6 e 7, dal prezzo di acquisto dei beni o di beni similari, o, in mancanza del prezzo di acquisto, dal costo, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni;
c) per le operazioni di cui all’articolo 6, paragrafo 2, dalle spese sostenute dal soggetto passivo per la prestazione dei servizi;
d) per le operazioni di cui all’articolo 6, paragrafo 3, dal valore normale dell’operazione in questione.
(...)».
L’art. 27 della sesta direttiva così dispone:
«1. Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro a mantenere o introdurre misure particolari di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune frodi o evasioni fiscali. Le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta non devono influire, se non in misura trascurabile, sull’importo dell’imposta da versare allo stadio del consumo finale.
2. Lo Stato membro che desidera introdurre misure di cui al paragrafo 1 ne riferisce alla Commissione fornendole tutti i dati atti alla valutazione.
3. La Commissione ne informa gli altri Stati membri entro un mese.
4. La decisione del Consiglio sarà ritenuta acquisita se, entro due mesi dall’informazione di cui al paragrafo 3, né la Commissione né uno Stato membro hanno chiesto che il caso sia esaminato dal Consiglio.
5. Gli Stati membri che il 1° gennaio 1977 applicano misure particolari del tipo di quelle di cui al paragrafo 1 possono mantenerle purché le notifichino alla Commissione anteriormente al 1° gennaio 1978 e purché tali misure siano conformi, se si tratta di misure destinate a semplificare la riscossione dell’imposta, al criterio definito al paragrafo 1».
Con decisione del Consiglio 15 maggio 2006, 2006/387/CE, che autorizza il Regno di Spagna ad introdurre una misura di deroga all’articolo 11 e all’articolo 28 sexies della sesta direttiva (GU L 150, pag. 11), il Regno di Spagna, conformemente alla procedura prevista all’art. 27, nn. 1-4, della sesta direttiva, è stato autorizzato a introdurre una misura di deroga alla regola generale per la determinazione della base imponibile prevista dall’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva. L’art. 1 di tale decisione così recita:
«(...) il Regno di Spagna è autorizzato a disporre che la base imponibile di una cessione di beni o prestazione di servizi o di un acquisto intracomunitario di beni sia pari al valore normale, (...) se il corrispettivo è notevolmente inferiore al valore normale e il cessionario o committente, o, nel caso di un acquisto intracomunitario, l’acquirente, non ha diritto all’intera deduzione [dell’IVA] (...).
La misura può essere utilizzata soltanto allo scopo di impedire la frode o l’evasione fiscale e qualora il corrispettivo su cui sarebbe altrimenti basata la base imponibile sia influenzato da vincoli familiari, gestionali, di proprietà, finanziari o giuridici (...)».
L’art. 11, parte A, della sesta direttiva è stato modificato dalla direttiva del Consiglio 24 luglio 2006, 2006/69/CE, che modifica la direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda talune misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta sul valore aggiunto e di contribuire a contrastare la frode o l’evasione fiscale e che abroga talune decisioni che autorizzano misure derogatorie (GU L 221, pag. 9). La direttiva 2006/69 ha in particolare inserito, nell’art. 11, parte A, della sesta direttiva, un nuovo n. 6. Ai sensi di quest’ultimo, allo scopo di prevenire la frode e l’evasione fiscale, gli Stati membri possono adottare misure affinché la base imponibile per una cessione di beni o una prestazione di servizi sia pari al valore normale dell’operazione, qualora il corrispettivo sia, a seconda delle circostanze, inferiore o superiore a tale valore normale e qualora sussistano legami tra coloro che partecipano all’operazione.
Con l’entrata in vigore della direttiva 2006/69, l’autorizzazione concessa al Regno di Spagna in forza della decisione 2006/387 è scaduta.
La facoltà di adottare misure affinché la base imponibile sia pari al valore normale dell’operazione, nel caso di operazioni tra soggetti collegati e allo scopo di prevenire la frode o l’evasione fiscale, è ora offerta agli Stati membri dall’art. 80 della direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1), attualmente in vigore.
Il diritto nazionale
L’art. 78, n. 1, della legge 28 dicembre 1992, n. 37, relativa all’imposta sul valore aggiunto (Ley 37/1992 del Impuesto sobre el Valor Añadido) (BOE n. 312 del 29 dicembre 1992, pag. 44247), nella versione vigente all’epoca dei fatti della causa principale (in prosieguo: la «legge 37/1992»), stabiliva la regola generale per la determinazione della base imponibile nei termini seguenti:
«La base imponibile dell’imposta è costituita dall’importo totale del corrispettivo versato dal destinatario o da terzi per le operazioni soggette a tale imposta».
L’art. 79, n. 5, della legge 37/1992 prevedeva tuttavia quanto segue:
«Nel caso in cui sussista un collegamento tra i soggetti partecipanti ad un’operazione imponibile ed essi concordino prezzi manifestamente inferiori ai normali prezzi di mercato, la base imponibile non può essere inferiore all’importo che si otterrebbe applicando le regole stabilite nei precedenti nn. 3 e 4».
L’art. 79 della legge 37/1992 stabiliva, ai nn. 3 e 4, regole particolari per la determinazione della base imponibile nei casi di prelievo o utilizzazione di beni e di prestazione di servizi per l’uso privato del soggetto passivo. Tali casi corrispondevano alle situazioni previste agli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, della sesta direttiva.
In seguito all’adozione della direttiva 2006/69, la legge 29 novembre 2006, n. 36, recante misure per la prevenzione della frode fiscale (Ley 36/2006 de medidas para la prevención del fraude fiscal) (BOE n. 286 del 30 novembre 2006, pag. 42087), ha modificato l’art. 79, n. 5, della legge 37/1992. Il testo di tale disposizione è stato adattato per tenere conto delle modifiche apportate dalla direttiva 2006/69all’art. 11, parte A, della sesta direttiva, in particolare del nuovo n. 6 di tale articolo.
Causa principale e questione pregiudiziale
Il 31 dicembre 1993, la Campsa ha ceduto alla Repsol Combustibles Petrolíferos SA alcune stazioni di servizio situate sul territorio spagnolo, per un importo pari a ESP 1 732 419 313. È pacifico che si sia trattato di un’operazione tra soggetti collegati ai sensi dell’art. 79, n. 5, della legge 37/1992.
Il 7 luglio 1998, l’Ispettorato dei tributi spagnolo ha emesso nei confronti della Campsa un atto in cui si constatava la non conformità della sua dichiarazione IVA per l’anno 1993, ritenendo che a tale vendita dovesse applicarsi la regola per la determinazione della base imponibile prevista all’art. 79, n. 5, della legge 37/1992, in quanto essa era caratterizzata da un collegamento tra i soggetti interessati e questi ultimi avevano concordato prezzi manifestamente inferiori a quelli di mercato. L’Ispettorato dei tributi ha pertanto stimato che la base imponibile corretta fosse pari a ESP 4 076 112 060. L’11 dicembre 1998 è stato emesso un avviso di liquidazione relativo all’IVA per l’anno 1993, fondato su tale stima della base imponibile.
Il Tribunal Económico-Administrativo Central ha confermato tale avviso di liquidazione con decisione 21 febbraio 2001. La Campsa ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi alla sezione del contenzioso amministrativo dell’Audiencia Nacional, che l’ha respinto con sentenza 30 aprile 2004. La Campsa ha impugnato tale sentenza in cassazione dinanzi al giudice del rinvio.
Il Tribunal Supremo ritiene, per poter decidere la controversia di cui è investito, di dovere in particolare stabilire se la regola generale per la determinazione della base imponibile prevista all’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva dovesse essere obbligatoriamente applicata alle operazioni tra soggetti collegati, dato che tale direttiva non contiene regole particolari per la determinazione della base imponibile applicabili in casi del genere.
Il Tribunal Supremo è del parere che l’interpretazione del diritto dell’Unione susciti ragionevoli dubbi. Esso rileva che la giurisprudenza della Corte sembra deporre a favore dell’applicazione di tale regola generale e che soltanto dopo la liquidazione in questione il Regno di Spagna ha ottenuto l’autorizzazione a derogarvi. Esso sottolinea che, tuttavia, dopo l’entrata in vigore della direttiva 2006/69, gli Stati membri hanno la facoltà, senza chiedere un’autorizzazione preventiva, di disporre misure derogatorie particolari per determinare la base imponibile del tipo di quelle autorizzate con la decisione 2006/387, e che anche la direttiva 2006/112 contempla tale facoltà. Peraltro, l’Abogado del Estado (avvocato dello Stato) sostiene dinanzi a tale giudice che l’applicazione dell’art. 79, n. 5, della legge 37/1992 non era contraria al diritto dell’Unione neanche prima che fosse adottata la decisione 2006/387, segnatamente per il fatto che la sesta direttiva consentiva di ricorrere al valore normale di mercato nei casi di prelievo o di utilizzazione di beni e di prestazione di servizi per l’uso privato del soggetto passivo, ai sensi degli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, della sesta direttiva anche per le operazioni tra soggetti collegati.
Alla luce di tali premesse, il Tribunal Supremo ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se la [sesta direttiva] consentisse ad uno Stato membro di stabilire, per le operazioni realizzate tra soggetti tra loro collegati che avevano concordato un prezzo manifestamente inferiore al normale prezzo di mercato, una base imponibile diversa da quella determinata in via generale dall’art. 11, parte A, n. 1, lett. a) – ossia il corrispettivo –, estendendo l’applicazione delle regole relative al prelievo di beni e servizi (come disponeva l’art. 79, n. 5, della legge [37/1992] prima della modifica apportata con legge 36/2006 [...]), senza seguire la procedura specificamente prevista dall’art. 27 della detta direttiva per ottenere l’autorizzazione a derogare alla regola generale, autorizzazione che è stata ottenuta dal [Regno di] Spagna soltanto dopo l’adozione della decisione [2006/387]».
Sulla questione pregiudiziale
Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede se la sesta direttiva debba essere interpretata nel senso che non osta a che uno Stato membro applichi, alle operazioni tra soggetti collegati che abbiano concordato un prezzo manifestamente inferiore al prezzo normale di mercato, una regola per la determinazione della base imponibile diversa dalla regola generale prevista all’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, estendendo loro l’applicazione delle regole per la determinazione della base imponibile relative al prelievo o all’utilizzazione di beni e alla prestazione di servizi per l’uso privato del soggetto passivo, ai sensi degli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, della sesta direttiva, quando peraltro tale Stato membro non ha seguito la procedura prevista all’art. 27 della sesta direttiva per ottenere l’autorizzazione a introdurre siffatta misura derogatoria a detta regola generale.
Il governo spagnolo reputa che fosse legittimo per uno Stato membro stabilire, in circostanze quali quelle che prevedeva l’art. 79, n. 5, della legge 37/1992, una base imponibile diversa dalla base imponibile generale prevista all’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva. Tale disposizione nazionale avrebbe rispettato i principi di neutralità fiscale e di parità di trattamento e sarebbe stata conforme alla sesta direttiva, dal momento che il suo obiettivo era la lotta alla frode fiscale. Esso afferma inoltre che la facoltà per gli Stati membri di introdurre misure derogatorie di questo tipo è stata loro offerta dalla direttiva 2006/69 e persiste con la direttiva 2006/112.
Per contro, la Campsa e la Commissione europea sono del parere che, prima della modifica apportata dalla direttiva 2006/69, la sesta direttiva non consentisse agli Stati membri di disporre, in circostanze analoghe a quelle che prevedeva l’art. 79, n. 5, della legge 37/1992, una regola per la determinazione della base imponibile diversa da quella prevista all’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva senza avere ottenuto l’autorizzazione di cui all’art. 27 della medesima direttiva per introdurre siffatta misura derogatoria.
A tale proposito occorre rammentare, da un lato, che la possibilità di qualificare un’operazione come «operazione a titolo oneroso» ai sensi dell’art. 2 della sesta direttiva presuppone unicamente l’esistenza di un nesso diretto tra la cessione di beni o la prestazione di servizi ed il corrispettivo effettivamente percepito dal soggetto passivo. Pertanto, la circostanza che un’operazione economica sia effettuata ad un prezzo superiore o inferiore al prezzo di costo, e dunque a un prezzo superiore o inferiore al prezzo normale di mercato, è irrilevante rispetto a tale qualificazione (v., in tal senso, sentenza 20 gennaio 2005, causa C-412/03, Hotel Scandic Gåsabäck, Racc. pag. I-743, punto 22). Lo stesso dicasi per il nesso che può eventualmente sussistere tra i soggetti partecipanti all’operazione.
Dall’altro lato, secondo il tenore stesso degli artt. 5, nn. 6 e 7, e 6, nn. 2 e 3, della sesta direttiva, che equiparano talune operazioni per le quali non viene percepito dal soggetto passivo alcun corrispettivo effettivo a prestazioni effettuate a titolo oneroso, le regole per la determinazione della base imponibile previste all’art. 11, parte A, n. 1, lett. b)-d), della sesta direttiva sono applicabili solo a operazioni effettuate a titolo gratuito (v., in tal senso, sentenza Hotel Scandic Gåsabäck, cit., punto 24).
Ne consegue che, ove un corrispettivo sia stato concordato ed effettivamente versato al soggetto passivo come contropartita diretta per il bene ceduto o il servizio prestato, tale operazione dev’essere qualificata come operazione a titolo oneroso, anche nel caso in cui essa sia effettuata tra soggetti collegati e il prezzo concordato ed effettivamente versato sia manifestamente inferiore al prezzo normale di mercato. La base imponibile di un’operazione di questo tipo deve, di conseguenza, essere determinata conformemente alla regola generale stabilita dall’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva.
Orbene, secondo una giurisprudenza costante, conformemente a tale regola generale, la base imponibile per la cessione di un bene o la prestazione di un servizio, effettuate a titolo oneroso, è costituita dal corrispettivo effettivamente ricevuto a tal fine dal soggetto passivo. Tale corrispettivo costituisce quindi il valore soggettivo, ossia realmente percepito, e non un valore stimato secondo criteri oggettivi. Inoltre, tale corrispettivo deve poter essere espresso in denaro (sentenza Hotel Scandic Gåsabäck, cit., punto 21 e la giurisprudenza citata).
A tale proposito, come ricordato dal governo spagnolo, è certamente corretto affermare che il principio di parità di trattamento, di cui il principio di neutralità fiscale è un’espressione particolare a livello del diritto derivato dell’Unione e nel settore specifico della fiscalità, impone di non trattare in modo diverso situazioni analoghe, salvo che una differenza di trattamento sia obiettivamente giustificata (sentenze 10 aprile 2008, causa C-309/06, Marks & Spencer, Racc. pag. I-2283, punti 49 e 51, nonché 29 ottobre 2009, causa C-174/08, NCC Construction Danmark, Racc. pag. I-10567, punto 44).
Ciononostante, poiché le operazioni quali quelle di cui trattasi nella causa principale, in cui è stato concordato un prezzo manifestamente inferiore al prezzo normale di mercato, costituiscono pur sempre operazioni a titolo oneroso in cui è stato ricevuto un corrispettivo effettivo che può servire come base per l’imposizione fiscale, il principio della parità di trattamento non è idoneo, da solo, a imporre di applicare le regole per la determinazione della base imponibile previste per le operazioni effettuate a titolo gratuito e dirette a stimare, in assenza di un qualsivoglia corrispettivo effettivo, tale base imponibile secondo criteri obiettivi, in quanto questi due tipi di operazioni non sono paragonabili.
Peraltro, a tale proposito occorre anche ricordare che il legislatore dell’Unione ha previsto che, conformemente all’art. 27 della sesta direttiva, gli Stati membri possono, se del caso, essere autorizzati a derogare alle regole dettate da tale direttiva e, in particolare, a quella contenuta nell’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della stessa (v., in particolare, sentenza Hotel Scandic Gåsabäck, cit., punto 26).
La Corte ha tuttavia già dichiarato che misure particolari nuove, in deroga alla sesta direttiva, sono conformi al diritto dell’Unione purché, da un lato, restino nell’ambito degli scopi contemplati dall’art. 27, n. 1, di detta direttiva e, dall’altro, siano state notificate alla Commissione e autorizzate dal Consiglio, tacitamente o espressamente, secondo le modalità precisate nei nn. 1-4 dell’articolo medesimo (sentenze 13 febbraio 1985, causa 5/84, Direct Cosmetics, Racc. pag. 617, punto 24, e 6 luglio 1995, causa C-62/93, BP Soupergaz, Racc. pag. I-1883, punto 22). Inoltre, uno Stato membro non può, senza violare il Trattato CE (divenuto Trattato FUE), opporre a un contribuente una disposizione di deroga al sistema della sesta direttiva, istituita in violazione dell’obbligo di notificazione imposto dall’art. 27, n. 2, di detta direttiva (v., in tal senso, sentenze Direct Cosmetics, cit., punto 37, e 15 giugno 2006, causa C-494/04, Heintz van Landewijck, Racc. pag. I-5381, punto 48).
Si deve necessariamente constatare che una disposizione come l’art. 79, n. 5, della legge 37/1992 costituisce una nuova misura di deroga ai sensi dell’art. 27, n. 1, della sesta direttiva. Invero, sebbene tale art. 79, n. 5, come sostenuto in udienza dal governo spagnolo, corrisponda a una disposizione che è stata introdotta nel diritto spagnolo con la legge 2 agosto 1985, n. 30, relativa all’imposta sul valore aggiunto (Ley 30/1985 del Impuesto sobre el Valor Añadido) (BOE n. 190 del 9 agosto 1985, pag. 25214), con la quale il Regno di Spagna ha segnatamente recepito nel diritto interno la sesta direttiva, in vista della sua adesione alle Comunità europee, l’adozione di tale disposizione è comunque posteriore al 1° gennaio 1977.
Orbene, in caso di adesione, un rinvio ad una data prevista nel diritto dell’Unione, in assenza di una disposizione contraria nell’Atto di adesione o in qualunque altro atto dell’Unione, vale anche per lo Stato che aderisce, anche se tale data è anteriore a quella dell’adesione (sentenza 21 giugno 2007, causa C-366/05, Optimus – Telecomunicações, Racc. pag. I-4985, punto 32). Per quanto concerne il Regno di Spagna, tale data del 1° gennaio 1977 non è stata oggetto di adattamento né nell’Atto relativo alle condizioni d’adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese e agli adattamenti dei Trattati (GU 1985, L 302, pag. 23), né in altri atti. Non è quindi possibile ritenere che una disposizione quale l’art. 79, n. 5, della legge 37/1992 possa rientrare nell’ambito dell’art. 27, n. 5, della sesta direttiva.
Ne consegue che l’adozione dell’art. 79, n. 5, della legge 37/1992 da parte del Regno di Spagna rientrava nell’ambito della procedura prevista all’art. 27, nn. 1-4, della sesta direttiva, e doveva quindi essere notificata e autorizzata conformemente a tale procedura. Orbene, è pacifico che, alla data dei fatti della causa principale, tale disposizione nazionale non era stata oggetto di una siffatta notificazione e autorizzazione, e non è dimostrato che la situazione sia stata diversa per quanto riguarda la disposizione corrispondente che sarebbe stata contenuta nella legge 30/1985. Di conseguenza, il fatto che tale misura derogatoria, a detta data, non fosse stata notificata né autorizzata conformemente alla procedura prevista all’art. 27, nn. 1-4, della sesta direttiva è sufficiente al fine di dichiarare che essa non può essere applicata da uno Stato membro e opposta a un contribuente.
Certamente, come osservato dal governo spagnolo in udienza, la Corte ha dichiarato, al punto 50 della citata sentenza Heintz van Landewijck, che una notificazione tardiva di una misura derogatoria non può comportare, in materia di opponibilità, le stesse conseguenze di una mancata notifica. Tuttavia, tale affermazione, in primo luogo, si riferiva a una situazione in cui la misura derogatoria in discorso, da un lato, rientrava nell’ambito dell’art. 27, n. 5, della sesta direttiva, situazione che la Corte ha distinto da quella di una misura disciplinata dal n. 1 del medesimo articolo, e, dall’altro, era stata notificata senza rispettare il termine di notificazione stabilito all’art. 27, n. 5, della sesta direttiva, ma anteriormente ai fatti che avevano dato luogo alla controversia di cui era stato investito il giudice nazionale, e, in secondo luogo, rispondeva alla questione se una tale misura derogatoria dovesse rimanere inapplicabile anche dopo tale notificazione tardiva (v. sentenza Heintz van Landewijck, cit., punti 47-51).
Tali circostanze non sono paragonabili a quelle di cui alla causa principale. Pertanto, dalla richiamata sentenza non si può dedurre che, poiché una misura nazionale rientrante nell’ambito dell’art. 27, n. 1, della sesta direttiva è stata oggetto di una notificazione alla Commissione e di un’autorizzazione da parte del Consiglio posteriormente ai fatti della causa principale, tale disposizione nazionale dovrebbe poter essere applicata a fatti anteriori alla sua notificazione.
Occorre anche rammentare che il rischio di frode fiscale che, secondo il governo spagnolo, l’art. 79, n. 5, della legge 37/1992 avrebbe dovuto combattere poteva dare luogo soltanto a una domanda, basata sull’art. 27 della sesta direttiva, concernente l’introduzione, da parte dello Stato membro interessato, di misure derogatorie al fine di evitare talune frodi o evasioni fiscali (v., in tal senso, sentenza Hotel Scandic Gåsabäck, cit., punto 26), domanda che è stata presentata solo posteriormente ai fatti della causa principale.
Da ultimo, la circostanza, rilevata in particolare dal giudice del rinvio e dal governo spagnolo, per cui, dopo l’entrata in vigore della direttiva 2006/69, gli Stati membri hanno la facoltà, senza che occorra chiedere un’autorizzazione preventiva e al fine di prevenire la frode o l’evasione fiscale, di adottare misure affinché la base imponibile sia costituita dal valore normale dell’operazione in determinate situazioni, ove esista un collegamento tra i soggetti che partecipano all’operazione, è irrilevante rispetto al fatto che, all’epoca dei fatti della causa principale, la sesta direttiva non concedesse loro siffatta facoltà al di fuori della procedura prevista all’art. 27, nn. 1-4, di tale direttiva.
Da quanto precede risulta che la sesta direttiva dev’essere interpretata nel senso che osta a che uno Stato membro applichi alle operazioni quali quelle di cui alla causa principale, effettuate tra soggetti collegati che abbiano concordato un prezzo manifestamente inferiore al prezzo normale di mercato, una regola per la determinazione della base imponibile diversa dalla regola generale prevista all’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), di tale direttiva, estendendo loro l’applicazione delle regole per la determinazione della base imponibile relative al prelievo o all’utilizzazione di beni e alla prestazione di servizi per l’uso privato del soggetto passivo, ai sensi degli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, di detta direttiva, quando peraltro tale Stato membro non ha seguito la procedura prevista all’art. 27 della medesima direttiva al fine di ottenere l’autorizzazione a introdurre siffatta misura derogatoria a detta regola generale.
Sulle spese
Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:
La sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, dev’essere interpretata nel senso che osta a che uno Stato membro applichi alle operazioni quali quelle di cui alla causa principale, effettuate tra soggetti collegati che abbiano concordato un prezzo manifestamente inferiore al prezzo normale di mercato, una regola per la determinazione della base imponibile diversa dalla regola generale prevista all’art. 11, parte A, n. 1, lett. a), di tale direttiva, estendendo loro l’applicazione delle regole per la determinazione della base imponibile relative al prelievo o all’utilizzazione di beni e alla prestazione di servizi per l’uso privato del soggetto passivo, ai sensi degli artt. 5, n. 6, e 6, n. 2, di detta direttiva, quando peraltro tale Stato membro non ha seguito la procedura prevista all’art. 27 della medesima direttiva al fine di ottenere l’autorizzazione a introdurre siffatta misura derogatoria a detta regola generale.
Firme
* Lingua processuale: lo spagnolo.